Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29434 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/12/2020, (ud. 12/11/2020, dep. 23/12/2020), n.29434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1928-2019 proposto da:

M.G., M.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

TUSCOLANA, 1256, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO PAOLUCCI,

che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE

N. 22, presso lo studio dell’avvocato ANDREA MANCINI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1918/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 20/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO

FRANCESCO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Treviso, Sezione specializzata agraria, A. e M.G. convennero in giudizio G.G. chiedendo che fosse accertata la scadenza del contratto di affitto agrario esistente tra le parti per la data del 10 novembre 2016, con conseguente ordine di rilascio del fondo.

A sostegno della domanda esposero di avere stipulato un contratto di affitto agrario, in data 11 novembre 2003, con G.A., padre di G., convenendo la durata di cinque anni, in deroga alla previsione legale; di avere successivamente, con variazione del 26 ottobre 2005, modificato la durata del contratto, spostando la scadenza al 10 novembre 2016; e di avere infine pattuito, con atto del 28 gennaio 2012, il subentro di G.G. in luogo del padre, concordando con l’affittuario la risoluzione automatica alla scadenza del termine del 10 novembre 2016. Specificarono che lo stesso affittuario aveva comunicato di voler rilasciare il fondo alla data del 10 novembre 2016, ma che aveva poi cambiato idea.

Aggiunsero che in tutte e tre le stipulazioni suddette entrambe le parti erano state assistite da un unico rappresentante sindacale, facente parte dell’Associazione nazionale produttori agricoli.

Si costituì in giudizio il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda principale e proponendo domanda riconvenzionale per la restituzione della somma di Euro 2.000 e per il pagamento di Euro 56.000 a titolo di migliorie apportate al fondo.

Il Tribunale dichiarò inammissibile la domanda di rilascio fondata sulla lettera di disdetta del convenuto, rigettò la domanda principale per nullità della clausola di deroga rispetto alla durata legale, dichiarò assorbita la domanda riconvenzionale e condannò gli attori al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata dagli attori soccombenti e la Corte d’appello di Venezia, Sezione specializzata agraria, con sentenza del 20 luglio 2018, ha rigettato l’appello, confermando la sentenza impugnata ed aggiungendo l’indicazione della futura scadenza del contratto (fissata al 10 novembre 2026).

Ha osservato la Corte territoriale, per quanto di interesse in questa sede, che nel caso in esame le parti avevano dato atto, stipulando il contratto in data 28 gennaio 2012, che il sig. C. dell’ANPA di Treviso aveva assistito entrambi i contraenti nella sottoscrizione dell’accordo in deroga. Conseguiva da ciò che detto rappresentante aveva agito tutelando contemporaneamente le posizioni di tutte e due le parti, non essendo stato dimostrato che il C. avesse rappresentato solo gli interessi di G.G.. Non era, perciò, significativo il fatto che detto rappresentante facesse parte di un’organizzazione di produttori agricoli, posto che ciò non dimostrava che egli avesse tutelato solo gli interessi dell’affittuario. Ma poichè era da reputare necessaria la presenza di due diversi soggetti, tali da evitare la presunzione di conflitto di interessi nella conclusione dei patti in deroga, doveva trovare conferma la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato la nullità della clausola di deroga per il vizio derivante dalla mancata assistenza.

Quanto, poi, alla disdetta che il G. avrebbe inviato ai proprietari, la Corte d’appello ha ritenuto che la stessa fosse riferita al contratto di affitto stipulato in data 26 ottobre 2005, e non a quello oggetto di novazione in data 28 gennaio 2012.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Venezia ricorrono A. e M.G. con unico atto affidato a due motivi.

Resiste G.G. con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e il controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio rileva, innanzitutto, che è infondata l’eccezione del controricorrente secondo cui il ricorso sarebbe tardivo.

Vero è, infatti, che la sentenza è stata pubblicata in data 20 luglio 2018 e non, come vorrebbe il controricorrente, in data 4 luglio 2018, giorno in cui venne soltanto letto pubblicamente il dispositivo, come si conviene nelle cause agrarie, che vengono trattate col rito del lavoro. Poichè ai fini della tempestività del ricorso conta, ovviamente, la data nella quale è resa nota la motivazione della sentenza, e non il solo dispositivo della medesima, e poichè il ricorso è stato notificato in data 10 gennaio 2019, ne deriva che l’eccezione di tardività è priva di fondamento.

La cadenza temporale ora richiamata, d’altronde, dimostra che la sentenza impugnata non è stata depositata con motivazione contestuale ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c., per cui il precedente richiamato nel controricorso è inconferente (ordinanza 7 giugno 2018, n. 14724).

2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione della L. 11 febbraio 1971, n. 11, art. 23, comma 3, e della L. 3 maggio 1982, n. 203, artt. 45 e 58.

Sostengono i ricorrenti che la sentenza impugnata avrebbe disatteso il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la nullità della stipula del contratto in deroga per mancata assistenza da parte del sindacato può essere fatta valere solo dalla parte che tale mancanza ha effettivamente patito, e non anche dalla controparte. L’associazione alla quale apparteneva il sig. C. era pacificamente rappresentativa dei coltivatori diretti, per cui il fatto che vi fosse un solo rappresentante sindacale anzichè due non poteva essere fatto valere dall’affittuario, che era stato certamente assistito, ma solo da chi ne aveva interesse, cioè nella specie il proprietario. Per cui la declaratoria di nullità del patto in deroga sarebbe stata dichiarata contra legem.

2.1. Il motivo è fondato.

2.2. La giurisprudenza di questa Corte ha enunciato in questa materia due principi fondamentali: 1) che per la validità del contratto agrario che deroghi alle previsioni imperative di cui alla L. 3 maggio 1982 n. 203, è condizione sufficiente che le parti, al momento della stipula, siano state assistite ciascuna da un rappresentante dell’organizzazione professionale cui aderiscono e che tali rappresentanti siano persone diverse, mentre è irrilevante la circostanza che i due rappresentanti appartengano alla medesima organizzazione, o che quest’ultima non abbia uffici distinti specificamente preposti alla tutela di interessi differenziati (sentenze 26 marzo 2009, n. 7351, e 29 settembre 2016, n. 19260); 2) che la nullità di cui alla L. n. 203 del 1982, art. 45, prevista per l’ipotesi del contratto agrario che deroghi alle previsioni imperative di cui alla stessa legge, art. 58, può essere fatta valere solo dalla parte che, al momento della stipula, non sia stata assistita da un rappresentante dell’organizzazione professionale cui aderisce, trattandosi di una nullità di protezione (sentenze 15 maggio 2013, n. 11763, ordinanze 2 agosto 2016, n. 16105, e 7 maggio 2019, n. 11893).

Dalla lettura delle decisioni ora indicate – cui va aggiunta anche la sentenza 20 ottobre 2009, n. 22185 – emerge che la logica del sistema di cui alla L. n. 203 del 1982, artt. 45 e 58, è nel senso che è consentita la stipula dei contratti in deroga, ma a condizione che le parti siano adeguatamente assistite, cioè siano tutelate da soggetti che, per la loro posizione associativa e sindacale, garantiscano la necessaria informazione. In quest’ottica si è rilevato che non ha importanza il fatto che i due rappresentanti provengano dal medesimo sindacato, perchè “l’organismo professionale può anche essere unico, purchè però le parti siano almeno assistite da due rappresentanti dei rispettivi interessi per evitarne la presunzione di conflitto” (sentenza n. 7351 del 2009). Analogamente, si è detto che la presenza di un solo rappresentante sindacale non determina la nullità della clausola di deroga nel caso in cui detta nullità sia stata rilevata dalla parte che era stata, in concreto, assistita, trattandosi appunto di una nullità di protezione (sentenze n. 22185 del 2009, n. 11763 del 2013 e ordinanza n. 11893 del 2019).

2.3. Applicando tali principi al caso di specie e tenendo presente la ratio che ispira detta giurisprudenza – alla quale va data in sede odierna ulteriore continuità – si ha che la Corte veneziana, pur prendendo le mosse da corretti richiami giurisprudenziali, non ne ha poi compiuto una corretta applicazione. E’ pacifico, infatti, che l’unico rappresentante sindacale che ha assistito entrambe le parti nei tre contratti in deroga stipulati faceva parte dell’associazione dei produttori agricoli; per cui, mentre è esatto affermare che ciò non vuol dire che il C. “tutelasse solo gli interessi dell’affittuario”, è altrettanto certo che questi non poteva ritenersi in alcun modo un’emanazione di un’organizzazione di proprietari agricoli. Il che comporta che il G. non poteva eccepire di non essere stato assistito, spettando in astratto tale facoltà solo ai proprietari; i quali, però, non hanno nella specie fatto valere la nullità di protezione.

3. Consegue da ciò che il primo motivo di ricorso è accolto, con assorbimento del secondo.

La sentenza impugnata è cassata e il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Venezia, Sezione specializzata agraria, in diversa composizione personale, la quale deciderà attenendosi ai principi della presente decisione.

Al giudice di rinvio è demandato il compito di liquidare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione personale, anche per le spese del presente giucli7io di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

 

 

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