Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29433 del 07/12/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 29433 Anno 2017
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: SPENA FRANCESCA

ORDINANZA

sul ricorso 28525-2012 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
2890

AVERSA SIMONA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DELLA GIULIANA 85, presso lo studio dell’avvocato
ANTONIO TALLADIRA, rappresentata e difesa
dall’avvocato ANTONIO ROSARIO BONGARZONE, giusta
delega in atti;

Data pubblicazione: 07/12/2017

- controricorrente

avverso la sentenza n. 9239/2011 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/12/2011 R.G.N.

6765/2008.

PROC. nr . 28525/2012 RG

RILEVATO
che con sentenza in data 30.11.2011-14.12.2011 (nr. 9239/2011) la
Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di
Frosinone ( in data 24.5-10.7.2007), che aveva accolto la domanda
proposta da SIMONA AVERSA per la dichiarazione di nullità del termine

dall’1.10.2002 al 31.12.2002 «per sostenere il livello del servizio di recapito
durante la fase di realizzazione dei processi di mobilità, tuttora in fase di
completamento, di cui agli accordi del 17,18 e 23 ottobre, 11 dicembre
2001,11 gennaio 2002,13 febbraio e 17 aprile 2002, 30 luglio e 18
settembre 2002»;

che avverso tale sentenza ha proposto ricorso la società POSTE
ITALIANE spa, affidato a cinque motivi, al quale ha opposto difese SIMONA
AVERSA con controricorso ;

CONSIDERATO
che la società ricorrente ha impugnato la sentenza deducendo:
-con il primo motivo— ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.—
violazione e falsa applicazione degli artt.1, co.1 e 2 D.L.vo 368/2001, 4
co.2 D.L.vo 368/2001, 12 disp.prel. cod.civ., 1362 e ss. cod.civ., 1325 e ss.
cod civ., per avere la sentenza ritenuto la genericità della causale senza
considerare la specificazione compiuta per relationem,

in riferimento al

contenuto degli accordi sindacali indicati in contratto;
-con il secondo motivo — ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.—
violazione e falsa applicazione degli artt. 4 co.2 D.Lvo 368/2001, 2697
cod.civ., 115,116,244,253,421 co.2 cod.proc.civ., per avere la sentenza
posto a carico del datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza delle
ragioni legittimanti la clausola del termine, prova che comunque era stata
offerta con la produzione degli accordi richiamati in contratto e con la
richiesta, reiterata in appello, della prova orale, articolata al fine di
evidenziare che i processi organizzativi avevano coinvolto anche l’unità
produttiva di applicazione della lavoratrice;

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apposto al contratto di lavoro stipulato con POSTE ITALIANE spa nel periodo

PROC. nr . 28525/2012 RG

– con il terzo motivo —ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ.— omesso
esame circa un fatto decisivo per il giudizio, sempre sul punto della
affermata genericità della causale, in quanto ritenuta anche in ragione della
presenza di più ragioni giustificative senza considerare la compatibilità tra le
esigenze indicate in contratto e senza esaminare il contenuto degli accordi

– con il quarto motivo— ai sensi dell’articolo 360 nr. 5 cod.proc.civ.—
omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di
discussione tra le parti nonché — ai sensi dell’articolo 360 nr. 3
cod.proc.civ.— violazione e falsa applicazione degli artt. 253, 420 e 421
cod.proc.civ. Con il motivo viene denunziato l’omesso esame delle
dichiarazioni rese alla udienza dell’8 giugno 2006 del teste signor
GIANPIERO LA STARZA, responsabile delle risorse umane presso la filiale di
Frosinone, il quale aveva confermato che la lavoratrice era stata assunta
per sostenere il livello del servizio di recapito mentre erano in fase di
definizione le procedure di mobilità degli addetti al recapito. Viene
censurato, altresì, l’omesso esercizio da parte del giudice del merito del suo
potere istruttorio nonché di integrazione probatoria ex artt. 253,420 e 421
cod.proc.civ. ;
– con il quinto motivo — ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ.—
omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di
discussione tra le parti nonché —ai sensi dell’articolo 360 nr. 3
cod.proc.civ.— violazione e falsa applicazione dell’articolo 32 legge
183/2010, per non avere la sentenza applicato l’articolo 32 legge 183/2010
nonostante la articolazione di uno specifico motivo di appello ( il quarto)
volto a censurare il capo della sentenza di primo grado sul risarcimento del
danno; la società in ogni caso ha dedotto che si trattava di statuizione
dipendente rispetto a quella principale sulla nullità del termine e, dunque,
non idonea a passare autonomamente in giudicato;
che ritiene il Collegio si debba accogliere il quinto motivo di ricorso;
che, infatti:
– il primo motivo ed il terzo motivo sono inammissibili giacchè non
conferenti alla ratio decidendi della sentenza impugnata, fondata non già

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in esso richiamati;

PROC. nr . 28525/2012 RG

sulla mancanza di specificità della causale del termine indicata nel contratto
di lavoro ma sulla mancanza di prova della relazione tra tale causale e la
concreta assunzione operata;
– il secondo motivo è infondato. Questa Corte si è già ripetutamente
pronunziata nel senso che l’onere di provare le ragioni obiettive poste a

lavoro e deve essere assolto sulla base delle istanze istruttorie dallo stesso
formulate ( Cass. n. 10742/2016; Cass. n. 2279/10; Cass. 21 maggio 2008
n. 12985), rilevando come anche anteriormente alla esplicita introduzione
del comma «premesso« dalle L. 24 dicembre 2007, n. 247, art. 39 (secondo
cui «il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo
indeterminato») il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, ha confermato il principio
generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a
tempo indeterminato, costituendo pur sempre l’apposizione del termine una
ipotesi derogatoria. La attribuzione dell’onere probatorio al datore di lavoro
trova conferma, poi, nel dato relativo alla «vicinanza» al datore di lavoro
delle situazioni che consentono la deroga, anch’essa elemento normalmente
significativo del conseguente carico probatorio in giudizio. Le deduzioni,
subordinate in via logica, circa l’adempimento di POSTE ITALIANE all’onere
probatorio sono inammissibili perché assertive e generiche laddove una
censura sul punto avrebbe dovuto essere proposta nei termini specifici
indicati dall’articolo 360 nr. 5 cod.proc.civ.
– il quarto motivo è infondato. Il giudice del merito ha affermato che le
allegazioni difensive contenute nella memoria di costituzione di POSTE
ITALIANE spa e le istanze istruttorie non dimostravano il collegamento fra la
assunzione della lavoratrice

e la situazione di riorganizzazione
ed inoltre che dalle deposizioni

rappresentata negli accordi prodotti

testimoniali acquisite nel primo grado risultava che l’ufficio di applicazione
della AVERSA non era affatto interessato dalla riorganizzazione e che,
piuttosto, ella aveva operato in sostituzione di personale in ferie ed in
malattia, come emergente anche dal modello 70P in atti ( pagina 4 della
sentenza, in fine).

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giustificazione della clausola appositiva del termine grava sul datore di

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Il giudizio di fatto così espresso non è stato censurato con la
allegazione di un preciso fatto storico decisivo non esaminato in sentenza—
ovvero esaminato in modo insufficiente e contraddittorio— ma
contrapponendo agli elementi di prova valorizzati dal giudice del merito le
dichiarazione di un teste, sig. LA STARZA, confermative dell’assunto di

teste genericamente riferito dei processi in corso, premettendo di non
potere riferire alcunchè sulla posizione individuale ( si veda il verbale della
prova prodotto) . La denunzia relativa al mancato esercizio dei poteri
istruttori di ufficio del giudice del merito è inammissibile, in quanto a fronte
di una attività istruttoria svolta ed ad una prova positivamente acquisita la
società ricorrente neppure indica quale indagine ulteriore avrebbe potuto e
dovuto essere compiuta dal giudice dell’appello;
– quanto alle statuizioni sul risarcimento del danno, sussiste il vizio di
mancata applicazione dell’articolo 32 legge 183/2010,come dedotto con il
quinto motivo. Questa Corte, nell’arresto a sezioni Unite del 27/10/2016 n.
21691, ha chiarito che se la sentenza si compone di più parti connesse tra
loro in un rapporto per il quale l’accoglimento dell’impugnazione nei
confronti della parte principale determinerebbe necessariamente anche la
caducazione della parte dipendente, come nel caso del rapporto esistente
tra la statuizione di invalidità della clausola del termine e le statuizioni
economiche consequenziali, la impugnazione proposta nei confronti della
prima impedisce, per il sol fatto di essere proposta, il passaggio in giudicato
anche della parte dipendente. La Corte di merito avendo ritenuto la
inapplicabilità dello ius superveniens di cui all’art. 32 L. 183/2010, in quanto
il motivo d’appello investiva la decorrenza e non la quantificazione delle
retribuzioni, non si è attenuta a siffatto principio.
La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata in accoglimento
del quinto motivo e gli atti rinviati ad altro giudice che si individua nella
Corte di appello di Roma in diversa composizione affinchè provveda a
rinnovare il giudizio sul danno in applicazione dello ius superveniens
Il giudice del rinvio provvederà anche alla disciplina delle spese del
presente grado

POSTE ITALIANE . Tali dichiarazioni appaiono prive di decisività per avere il

PROC. nr . 28525/2012 RG

PQM
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, rigettati gli altri. Cassa la
sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le
spese, alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 22.6.2017

, 2tinzionario Giedìzr,ria
tt. Giovc.n ,-.; n;

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SOPREVADI CASSAZIOW P
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IL PRESIDENTE

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