Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2943 del 16/02/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 2943 Anno 2016
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: TRICOMI IRENE

SENTENZA

sul ricorso 27819-2010 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, V.LE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
4864

contro

GIANNOTTI MAURO C.F. GNNMRA71R31B354P, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che lo rappresenta e

Data pubblicazione: 16/02/2016

difende giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 627/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 16/11/2009 R.G.N.5204/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

TRICOMI;
udito l’Avvocato ANNA BUTTAFOCO per delega verbale
avvocato LUIGI FIORILLO;
udito l’Avvocato ROBERTO RIZZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udienza del 10/12/2015 dal Consigliere Dott. IRENE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 627/09, depositata il 16
novembre 2009, accoglieva l’appello proposto ad Giannotti Mauro nei confronti di
Poste italiane spa, in ordine alla sentenza emessa il 23 giugno 2005 tra le parti dal
Tribunale di Roma, dichiarava la sussistenza tra le parti in causa di un rapporto di
lavoro subordinato a tempo indeterminato, con decorrenza dall’8 giugno 1998, e
condannava la società al pagamento delle retribuzioni maturate dal 2 aprile 2003,

commisurate all’ultima retribuzione percepita, oltre accessori di legge.
2. Il Giannotti aveva adito il Tribunale di Roma esponendo di essere stato
assunto da Poste italiane spa con contratti di lavoro a tempo determinato, dal 13
ottobre 1997 al 31 gennaio 1998 e dall’8 giugno 1998 al 30 settembre 1998, con
mansioni relative &l’ area operativa.
I contratti venivano stipulati, rispettivamente, il primo

per “esigenze

eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti
occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi
produttivi, sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del
progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”, il secondo per
“sostituzione personale in ferie”.
Chiedeva, quindi, accertarsi la nullità del termine apposto e la costituzione di
un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con le conseguenze di legge.
Il Tribunale riteneva che il termine apposto al secondo contratto era
illegittimo, in quanto quest’ultimo era stato stipulato oltre il 31 dicembre 1997,
termine di scadenza del contratto collettivo 26 novembre 1994, che aveva previsto
tale ipotesi.
3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre Poste
italiane spa prospettando un motivo di ricorso.
4. Resiste il lavoratore con controricorso, assistito da memoria depositata in
prossimità dell’udienza pubblica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente,

va disattesa l’eccezione di tardività del ricorso

prospettata dal lavoratore. Ed infatti, la senten7 2 di appello veniva depositata il 16
novembre 2009 ed il ricorso per cassazione veniva spedito per la notifica 1’11
novembre 2010, nel termine di rito, atteso che è alla spedizione, e non alla ricezione
della notifica (andata a buon fine il 17 novembre 2010, come esposto dallo stesso
3

controricorrente),

che occorre fare riferimento per la tempestività

dell’impugnazione.
2. Sempre in via preliminare, devono essere disattese le eccezione di
inammissibilità del ricorso prospettate dal controricorrente, atteso che il motivo di
ricorso coglie la rogo decidendi della sentenza impugnata, senza introdurre questioni
nuove, né implica un accertamento di fatto, ed espone in modo compiuto le censure,
che, come si dirà in prosieguo, non sono limitate al vizio di motivazione ma

attengono anche all’art. 360, comma 1, n. 3, cpc.
Si osserva, altresì, che non trova applicazione nella specie l’art. 366-bis cpc,
introdotto dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, e contenente la previsione della
formulazione del quesito di diritto, come condizione di ammissibilità del ricorso per
cassazione, in quanto lo stesso si applica “rationae temporis” ai ricorsi proposti
avverso sentenze e provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 (data di
entrata in vigore del menzionato decreto), e fino al 4 luglio 2009, data dalla quale
opera la successiva abrogazione della norma, disposta dall’art. 47 della legge 18
giugno 2009, n. 69 (Cass., n. 24597 del 2014). Nella specie, come si è ricordato, la
sentenza della Corte d’Appello di Roma è stata pubblica il 16 novembre 2009.
3. L’unico motivo di ricorso proposto da Poste italiane spa è rubricato quale
vizio di omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio
(art. 360, n. 5, cpc).
Tuttavia, quantunque la ricorrente si limiti a denunciare, nella rubrica dei
motivi, il vizio di omessa motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il
giudizio, e ad evocare l’art. 360, n. 5, cpc, il contenuto della contestazione riguarda
anche il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Difatti, dalla
esposizione della censura, chiaramente si desumono le ragioni di diritto per cui, ad
avviso di Poste italiane spa, le statuizioni in punto di scadenza della vigenza del
contratto collettivo del 1994, avrebbero violato le norme e le disposizioni
contrattuali, nonché i principi giuridici di volta in volta indicati.
Come questa Corte ha già avuto modo di osservare (Cass., n. 7981 del 2007),
in tema di ricorso per cassazione, la configurazione formale della rubrica del motivo
di gravame non ha contenuto vincolante per la qualificazione del vizio denunciato,
-.

poiché è solo la esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce
e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura.

4

La ricorrente, nel richiamare la giurisprudenza di legittimità in materia,
censura la statuizione del giudice di secondo grado di illegittimità del termine,
deducendo la ultrattività del CCNL in questione, e affermando che spetta al giudice
di merito l’accertamento dell’esistenza di un accordo in tal senso.
Nella specie, una serie di circostanze evidenziavano l’intenzione delle parti
sociali di applicare la normativa collettiva in esame oltre il termine di scadenza del
contratto collettivo; così gli accordi collettivi (quale l’accordo del settembre 1997)

intervenuti e formalizzati dalle parti sociali non solo a ridosso, ma anche
successivamente alla scadenza naturale del contratto del 1994, nel testo dei quali si
dava atto della perdurante vigenza del CCNL.
4. Il motivo è fondato e deve essere accolto.
Deve premettersi che, secondo l’orientamento già espresso da questa Corte di
legittimità (cfr., Cass. 10 dicembre 2009 n. 25934; Cass. 1 marzo 2011 n. 4990),
orientamento che deve essere in questa sede pienamente ribadito, l’ipotesi
legittimante la stipulazione di contratti a termine per necessità di espletamento del
servizio in concomitanza di assenze per ferie ha conservato la propria vigenza anche
dopo la data (31 dicembre 1997) di scadenza del CCNL 26 novembre 1994, ed è
rimasta pienamente applicabile, anche per i periodi feriali successivi, fino alla
stipulazione del nuovo contratto collettivo avvenuta nel gennaio 2001. Ed infatti, a
prescindere dal rilievo che l’accordo del 25 settembre 1997, nell’aggiungere l’ipotesi
delle esigenze eccezionali fra le clausole legittimanti l’apposizione del termine, ha
confermato la volontà congiunta delle parti stipulanti di ritenere tuttora

legittimamente operanti le altre ipotesi, tra cui quella dell’assenza per ferie, previste
dall’art. 8 del CCNL del 1994, è stato correttamente sottolineato che tale volontà di
ritenere vigente quest’ultima ipotesi a prescindere da limitazioni di carattere
temporale ha trovato esplicita conferma nell’accordo 27 aprile 1998 che estende al
mese di maggio il periodo di ferie di cui all’art. 8 del CCNL del 1994 (inizialmente
fissato al periodo giugno – settembre).
Ciò premesso, deve osservarsi che, come più volte affermato da questa Corte
(cfr., ad esempio, Cass. 28 febbraio 2012 n. 3029 e, Cass. 17 marzo 20114 n. 6097) il
limite temporale del 30 aprile 1998, non riguarda i contratti stipulati ex art. 8 CCNL
26 novembre 1994 per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di
assenze per ferie. Ciò in quanto l’accordo sindacale sottoscritto in data 16 gennaio
1998, che fissa il suddetto limite temporale del 30 aprile 1998, riguarda
5

esclusivamente i contratti stipulati in base all’accordo sindacale del 25 settembre
1997, integrativo dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994 (esigenze eccezionali
conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodubzione degli assetti occupazionali
in corso … in attesa di attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio
delle risorse umane); ciò si evince chiaramente dal testo del suddetto accordo del 16
gennaio 1998 con il quale le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della

conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in
corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998.
5. la ricorso va accolto. La senten7i3 deve essere cassata con rinvio, anche per
le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa
composizione, perché provveda uniformandosi ai principi richiamati.
PQM
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenzA impugnata e rinvia anche per le
spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 dicembre 2015

Il Presidente

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