Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2943 del 07/02/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 2943 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA
sul ricorso 3497-2007 proposto da:
RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., (già FERROVIE DELLO
STATO S.P.A.), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA

CAVOUR 19, presso lo studio (TOFFOLETTO – DE LUCA
TAMAJO RAFFAELE),

2012

rappresentata e difesa dall’avvocato

DE LUCA TAMAJO RAFFAELE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

4239

contro

VEROLINO RAFFAELE,

SIMEOLI ANTONIO,

elettivamente

domicillatt in ROMA, CORSO TRIESTE 56/A, presso lo

Data pubblicazione: 07/02/2013

studio dell’avvocato
difesi dall’avvocato

-PENNA CARLO, rappresentati e
MARZIALE GIUSEPPE,

giusta delega

in atti;
– controricorrenti nonchè contro

avverso la sentenza n. 98/2006 del

intimati

TRIBUNALE

di

NAPOLI, depositata il 23/01/2006 R.G.N. 46958/99;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/12/2012 dal Consigliere Dott. DANIELA
BLASUTTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per il
rigetto dei_ ricorso.

SBRIGLIA CLAUDIO, SPAMPANATO FRANCESCO;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I lavoratori indicati in epigrafe, dipendenti o ex
dipendenti delle Ferrovie dello Stato, erano negli anni ’80

Bruna in Torre del Greco, ove fino al marzo 1987 venivano
effettuate operazioni di rimozione dell’amianto da vagoni
ferroviari, mentre successivamente la società aveva affidato
tali operazioni all’esterno, restando in proposito alle
Officine il compito di procedere, in un’area dedicata (Zona A
e, eccezionalmente Zona B), unicamente a lavori di rimozione
di eventuali residui di amianto, prima di effettuare le
necessarie riparazioni e manutenzioni dei vagoni.
In tale contesto operativo, già nel maggio-giugno 1988, i
lavoratori dell’Officina avevano ripetutamente chiesto, anche
astenendosi temporaneamente dalle lavorazioni da effettuare a
contatto con l’amianto, interventi aziendali di bonifica
degli impianti, effettivamente poi realizzati dall’ente tra
il giugno e il novembre dei medesimo anno.
Ritenendo, anche a seguito della conoscenza di un verbale di
sopralluogo del 1^ dicembre 1988 sugli impianti da parte del
medico e dell’ufficiale sanitario delle Ferrovie, che
l’ambiente lavorativo non presentasse ancora sufficiente
sicurezza per la salute degli addetti, le organizzazioni
sindacali interne avevano in data 8 febbraio 1989 riproposto
all’ente ferrovie dello Stato la richiesta di immediata
sospensione dei lavoro nei settori ritenuti pericolosi per
procedere a più risolutivi interventi.
Al diniego da parte del datare di lavoro, i lavoratori
avevano deciso di astenersi dal 14 febbraio 1989 a tempo
indeterminato dalle sole lavorazioni di bonifica
dell’amianto, timbrando ogni giorno il cartellino all’entrata
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Udienza 11/12/2012
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addetti alle Officine grandi riparazioni di Santa Maria La

e quindi restando in attesa di eventuali richieste di lavori
diversi.
La situazione descritta si era protratta fino al 31 marzo
1989, data nella quale, anche a seguito di un provvedimento
denuncia di alcuni dipendenti – di immediata chiusura dei
capannoni di lavorazione dei rotabili esistenti presso lo
stabilimento, con prescrizioni relative ad una serie di
modifiche agli impianti e ai sistemi di lavorazione
(capannoni poi riaperti su provvedimenti del Pretore di
Firenze del 21 giugno 1989 – dichiarato dalla Cassazione
incompetente in ordine al procedimento penale avviato – e del
Pretore di Torre del Greco del 24 giugno 1989), l’astensione
era cessata.
Poiché, a seguito di tali accadimenti, l’allora ente F.S.
non aveva corrisposto ai partecipanti all’astensione la
retribuzione nei giorni dal 14 febbraio al 31 marzo 1989, gli
odierni intimati, sostenendo di avere con l’astensione
reagito in propria autoresponsabilità all’inadempimento della
datrice di lavoro agli obblighi sulla stessa incombenti in
materia di sicurezza, adirono il Pretore di Napoli per
ottenere la condanna del datore di lavoro al pagamento della
retribuzione a titolo di risarcimento del danno, originato a
loro carico da tale inadempimento.
Le domande dei ricorrenti vennero accolte dal Pretore con
sentenza successivamente confermata in appello con sentenza
del Tribunale di Napoli depositata il 23 gennaio 2006.
Pur dando atto che in precedenti procedimenti penali il
responsabile delle Officine era stato assolto dai Pretore di
Torre del Greco per non aver commesso il fatto dalla
imputazione di lesioni colpose ai danni di alcuni dipendenti

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Udienza 11/12/2012
R. F.1 e/Sbriglia + altri

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del Pretore di Firenze – intervenuto il 7 marzo 1989 su

(sentenza del 6 aprile 1998 n. 117) e prosciolto per amnistia
in relazione all’imputazione di violazione delle norme di cui
al D.P.R. n. 303 del 1956, art. 21 e D.P.R. n. 547 del 1955,
art. 354 (sentenza del 25 luglio 1990), il Tribunale,
nell’ambito di quest’ultimo procedimento e acquisite, ha
infatti rilevato una serie di difetti negli impianti e nella
organizzazione del lavoro relativo alle operazioni di
bonifica dall’amianto, ritenuti pericolosi per la salute
degli addetti a tali lavorazioni e che pertanto, a giudizio
del Tribunale, avrebbero giustificato il rifiuto della
prestazione nei relativi ambienti lavorativi da parte degli
appellati, che in tal modo avrebbero reagito
all’inadempimento da parte del datore di lavoro agli obblighi
di cui alle leggi citate e più in generale a quelli nascenti
dall’art. 2087 c.c..
Per la cassazione di tale sentenza, la società Rete
Ferroviaria Italiana s.p.a. propone ricorso, affidato a tre
motivi, illustrati pure con memoria ex art. 378 c.p.c..
Resistono gli intimati lavoratori.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo di ricorso, la società R.F.I. censura la
sentenza impugnata per omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo nonché
per violazione dell’art. 2087 c.c., deducendo che il
contenuto dell’obbligazione di cui all’art. 2087 c.c. va
valutato in relazione alle conoscenze e ai mezzi a
disposizione al tempo cui si riferisce il fatto esaminato e
che il rispetto di tale obbligo si misura alla stregua delle
tecnologie e degli accorgimenti organizzativi e procedurali
generalmente acquisiti e praticati in quel determinato

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Udienza 11/12/2012
R.F.1. c/Sbriglia + altri

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soprattutto sulla base dell’analisi di due perizie svolte

momento storico; la sentenza impugnata avrebbe omesso di
effettuare una tale operazione di storicizzazione dei doveri
imprenditoriali, non considerando in maniera adeguata che nel
periodo oggetto di causa (anno 1989, quando l’uso
ancora stabiliti i valori limite di tollerabilità nei
trattamento dello stesso) le precauzioni adottate dalla
società nella scelta dei macchinari e degli impianti
installati nelle officine e nella relativa organizzazione del
lavoro erano in perfetta sintonia con la legislazione e con
le conoscenze scientifiche del tempo, come del resto
chiaramente accertato nella sentenza del Pretore di Torre del
Greco del 6 aprile 1998.
Col secondo motivo di ricorso la società denuncia vizio di
motivazione della sentenza e violazione dell’art. 1460 c.c.
deducendo che il Tribunale aveva ritenuto legittima
l’eccezione di inadempimento formulata dagli appellati
omettendo peraltro di accertare se effettivamente ciascuno di
essi fosse stato adibito alle lavorazioni ritenute
pericolose.
Col terzo motivo la ricorrente denuncia vizio di
motivazione della sentenza impugnata laddove il giudice di
appello aveva escluso che in realtà gli appellati avevano
posto in essere un’azione di sciopero, operando una

del

ricostruzione solo parziale

loro comportamento nel

periodo considerato; secondo la prassi aziendale, la presenza
in azienda veniva infatti certificata non solo dalla
timbratura del cartellino all’ingresso, ma anche dalla
attestazione di successiva presenza nel reparto di
appartenenza; poiché i lavoratori non si erano mai presentati
in quei giorni nel reparto di appartenenza per porsi

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Udienza 11/12/2012
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dell’amianto non era stato ancora vietato e non erano stati

eventualmente a disposizione per l’espletamento di lavori
diversi da quelli in cui era implicato l’amianto, la loro
astensione collettiva avrebbe dovuto essere qualificata come
sciopero e non come reazione al preteso inadempimento della

Il ricorso è infondato.
Osserva il Collegio, preliminarmente, che questa Corte
ha già avuto modo di esaminare le medesime questioni,
sollevate dalla società R.F.I. in identiche controversie
relative ad altri lavoratori interessati dalla stessa
vicenda. Nel confermare, ora, la soluzione adottata con le
sentenze nn. 14948 e 15079 del 2009 e nn. 18921 e 18801 del
2012 si riportano di seguito le relative motivazioni.
In ordine al primo motivo, osserva il Collegio che
secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass.
l^ febbraio 2008 n. 2491 e 14 gennaio 2005 n. 644, ambedue in
materia di cautele contro il rischio da. amianto, anche in
anni tra i ’60 e gli ’80 del secolo scorso), la
responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c., pur non
configurando una ipotesi di responsabilità oggettiva, non è
circoscritta alla violazione di regole di esperienza o di
regole tecniche preesistenti e collaudale, ma deve ritenersi
volta a sanzionare, alla luce delle garanzie costituzionali
del lavoratore, l’omessa predisposizione da parte del datare
di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare
l’integrità psicofisica e la salute del lavoratore sul luogo
di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e
della sua maggiore o minore possibilità di venire a
conoscenza e di indagare sull’esistenza di fattori di rischio
in un determinato momento storico; inoltre, nel caso in cui
il datore di lavoro non adotti, a norma dell’art. 2087 c.c.,

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Udienza 11/12/2012
c/Sbriglia + altri

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società.

tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e le
condizioni di salute del prestatore di lavoro, rendendosi
così inadempiente ad un obbligo contrattuale, questi, oltre
al risarcimento dei danni, ha in linea di principio il
esecuzione possa arrecare pregiudizio alla sua salute (cfr.
Cass. 18 maggio 2006 n. 11664).
La sentenza impugnata non si è discostata da tali principi
nella valutazione delle risultanze istruttorie relative ai
fatti rappresentati in giudizio a sostegno delle domande e
delle eccezioni delle parti; infatti, facendo corretta
applicazione della regola per cui compete al giudice di
merito la valutazione delle risultanze istruttorie,
attingendo a quelle che ritiene più attendibili e idonee a
sostenere i proprio convincimento e fornendo al riguardo una
motivazione che dia conto della formazione di esso sulla base
dell’esame complessivo di tutte le prove (cfr., per tutte
Cass. S.U. 14 dicembre 1999 n. 898), il Tribunale (che in
questa attività valutativa di merito è censurabile in sede di
legittimità unicamente per errori evidenti e vizi logici
cadenti su di uno snodo decisivo di essa) ha anzitutto tenuto
adeguato conto delle considerazioni svolte dal Pretore di
Torre del Greco nella sentenza di assoluzione del 1998,
valutando come scarsamente rilevanti, nel presente
procedimento, gli accertamenti operati in quella sede e posti
alla base delle valutazioni del giudice penale, in ragione
del fatto che essi erano consistiti in sopralluoghi e analisi
della organizzazione aziendale di gran lunga posteriori
all’anno 1989 nonché nella elencazione di macchinari
acquistati nei tempo dalla società per predisporre le tutele
nel settore in esame e tenendo poi contro delle perizie

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Udienza 11/12/2012
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diritto di astenersi dalle specifiche prestazioni la cui

ambientale e medico legale svolte nel luglio 1989, in
prossimità dell’epoca dei fatti, nell’ambito dell’altro
procedimento penale concluso con una sentenza di non doversi
procedere per amnistia, il Tribunale ha evidenziato gravi

ambienti ove avveniva la bonifica dall’amianto.
Tali difetti attenevano all’imperfetto isolamento di tali
ambienti, con conseguente possibile dispersione di polveri e
libre di amianto nelle zone circostanti; al difettoso
trattamento delle acque di lavaggio del sottocassa; al fatto
che le superfici delle pareti della zona deputata alla
bonifica avevano una consistenza tale da rendere difficile
una loro decontaminazione attraverso gli interventi di
pulizia predisposti dalla società, anche nella zona in cui
venivano effettuati operazioni di sostituzione dei filtri ove
quindi potevano trovare sviluppo e dispersione fibre di
amianto; alla inidoneità dell’impianto di immissione e di
estrazione dell’aria in tale ambiente; all’inidoneità del
casco a evitare l’introduzione di fibre di amianto
all’interno di esso.
giudici di merito hanno pertanto valutato che tali
perizie dimostravano che nell’Officina di Santa Maria La
Bruna, nel periodo in questione, si era creato un rischio
ambientale di esposizione ad inalazione di fibre di amianto
per tutti i lavoratori dipendenti e tanto sia per la
colpevole gestione della zona B) sia per le carenze di tutela
nella zona A), coerentemente concludendo nel senso che la
società si era resa inadempiente agli obblighi di cui
all’art. 2087 c.c. non per la mancata applicazione di nuove
tecnologie, ma in ragione della violazione delle norme di
comportamento da essa stessa dettate in materia di

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difetti soprattutto nella organizzazione del lavoro negli

trattamento dell’amianto con la propria circolare del 1″
aprile 1983, quando, a seguito dell’evolvere delle conoscenze
mediche e dell’adozione da parte della Comunità delle
direttive dell’80 dell’82 e dell’83, era ormai divenuto

esposizione alle fibre di amianto.
In proposito, la ricorrente deduce peraltro che i giudici
avrebbero trascurato alcuni elementi delle perizie che
militerebbero nel senso della piena adozione da parte della
società di misure idonee alla salvaguardia della salute dei
lavoratori della officina; tale eccezione è però sostenuta
dalla estrapolazione di alcune frasi o parti di frasi dalle
perizie, delle quali non è pertanto possibile cogliere
completamente il significato, anche alla luce di ciò che di
diverso ampiamente riproduce il testo della sentenza
impugnata, cosicché deve ritenersi che gli altri rilievi non
siano stati ritenuti sufficientemente significativi dal
Tribunale nel contesto della integrale lettura delle
relazioni peritali.
In conclusione, esclusa la erroneità dell’interpretazione
dell’art. 2087 c.c., le censure formulate con il motivo
all’esame non incidono sulla correttezza, sul piano dell’iter
logico seguito e della corrispondenza delle argomentazioni
alle risultanze istruttorie, delle conclusioni dagli stessi
assunte con la sentenza impugnata, onde il motivo va
respinto.
La questione svolta con il secondo motivo non risulta
trattata nella sentenza impugnata, né la ricorrente specifica
i termini e i modi con cui la stessa sarebbe stata devoluta
al Giudice del gravame. Configurandosi quindi come questione
nuova, il motivo deve ritenersi inammissibile.

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pienamente noto il rischio di tumore derivante dalla

Il terzo motivo di ricorso è infondato.
Il Tribunale ha infatti ritenuto che il comportamento dei
ricorrenti, che avevano marcato il cartellino di presenza,
ma poi si erano rifiutati di lavorare nelle zone a rischio,

esprimesse una giustificata reazione all’altrui inadempimento
ai sensi dell’art. 1460 c.c., implicitamente valutando come
irrilevante il fatto che dopo la timbratura all’orologio
marcatempo i lavoratori si fossero trattenuti nelle
vicinanze, senza recarsi ai singoli reparti di produzione, ma
neppure allontanandosi dall’Officina. Trattasi di valutazione
che non appare irragionevole, tenuto conto dei motivi
dell’iniziativa, indicate dal Tribunale nell’avvenuta
conoscenza da parte dei lavoratori del contenuto del verbale
di sopralluogo del medico delle F.S. che riportava notizie
allarmami con riguardo a detto luogo di lavoro e del fatto
che alcuni dipendenti (evidentemente ritenuti diversi da
quelli esposti allo specifico rischio) avevano regolarmente
lavorato.
Concludendo, sulla base delle considerazioni svolte, il
ricorso della società va respinto, con la conseguente
condanna della stessa a rimborsare ai resistenti le spese di.
questo giudizio, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in
euro 3.000,00 per compensi ed euro 40,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, 1’11 dicembre 2012
Il Consigliere est.

Il Presidente

coincidenti con quelle contrassegnate dalla lettere A e B,

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