Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29427 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 28/12/2011, (ud. 25/11/2011, dep. 28/12/2011), n.29427

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – rel. Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25670-2010 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS), in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione e Legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE MAZZINI 134, presso lo studio

dell’Avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresentata e difende, giusta

procura speciale ad litem a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio dell’Avvocato RIZZO ROBERTO, che

la rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1947/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

11/03/2009, depositata il 29/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/11/2011 dal Presidente relatore Dott. BRUNO BATTIMIELLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. MARIO FRESA.

Fatto

IN FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata alla odierna udienza camerale ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c..

“Poste Italiane spa chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Roma, n. 1947/09 pubblicata il 29 ottobre 2009, che ha confermato la decisione con la quale il Tribunale di Roma aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto a tempo determinato stipulato tra Poste italiane e P.A. con decorrenza 1 febbraio 2000 per esigenze eccezionali, con i provvedimenti consequenziali.

“Poste italiane propone un ricorso articolato in due motivi, tutti concernenti la legittimità della apposizione del termine in base a quanto previsto dalla contrattazione collettiva.

“Non vengono formulate censure in ordine alla materia del risarcimento del danno.

“La lavoratrice si è difesa con controricorso.

“La posizione articolata da Poste italiane non è conforme alla giurisprudenza costante di questa Corte in controversie del tipo di quella in esame: contratto a termine, stipulato ai sensi dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, dopo la data del 30 aprile 1998.

“Cass. n. 18272 del 2006; Cass. n. 13728 del 2009 e una lunga serie di altre decisioni ricordano che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, rt.

23 nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 e successive modifiche nonchè dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis convertito con modificazioni dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco all’autonomia collettiva, la quale, pertanto, non è vincolata all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (principio ribadito dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte con sentenza 2 marzo 2006 n. 4588), e che in forza della sopra citata delega in bianco le parti collettive hanno individuato, quale nuova ipotesi di contratto a termine, quella di cui al citato accordo integrativo del 25 settembre 1997.

“Partendo da questo principio la giurisprudenza di questa Corte, dopo aver ribadito la legittimità della formula adottata nell’accordo integrativo, caratterizzata, in particolare, dalla mancata previsione di un termine finale, ha ritenuto tuttavia viziate le decisioni dei giudici di merito che avevano affermato la natura meramente ricognitiva dei cd. accordi attuativi e conseguentemente il carattere non vincolante degli stessi quanto alla determinazione della data entro la quale era legittimo ricorrere a contratti a termine, atteso che con tale interpretazione dei suddetti accordi si sono discostate dal chiaro significato letterale delle espressioni usate – ed in particolare di quella secondo cui … per far fronte alle predette esigenze si potrà procedere ad assunzioni di personale straordinario con contratto a tempo determinato fino al 30/4/98 (cfr. accordo del 16 gennaio 1998); ciò, fra l’altro, in violazione del principio secondo cui nell’interpretazione delle clausole dei contratti collettivi di diritto comune, nel cui ambito rientrano sicuramente gli accordi sindacali sopra riferiti, si deve fare innanzitutto riferimento al significato letterale delle espressioni usate e, quando esso risulti univoco, è precluso il ricorso a ulteriori criteri interpretativi, i quali esplicano solo una funzione sussidiaria e complementare nel caso in cui il contenuto del contratto si presti a interpretazioni contrastanti (cfr., ex plurimis, Cass. n. 28 agosto 2003 n. 12245, Cass. 25 agosto 2003 n. 12453).

“La stessa giurisprudenza ha ritenuto inoltre la sussistenza, nelle suddette sentenze, di una violazione del canone ermeneutico di cui all’art. 1367 cod. civ. a norma del quale, nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possano avere qualche effetto, anzichè in quello per cui non ne avrebbero alcuno; ed infatti la statuizione secondo cui le parti non avevano inteso introdurre limiti temporali alla previsione di cui all’accordo del 25 settembre 1997 implica la conseguenza che gli accordi attuativi, così definiti dalle parti sindacali, erano “senza senso” (così testualmente Cass. n. 14 febbraio 2004 n. 2866).

“La giurisprudenza di questa Suprema Corte (cfr., ex plurimis, Cass. 23 agosto 2006 n. 18378) ha, per contro, ritenuto corretta, nella ricostruzione della volontà delle parti come operata dai giudici di merito, l’irrilevanza attribuita all’accordo del 18 gennaio 2001, in quanto stipulato dopo circa due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioè quando il diritto del soggetto si era già perfezionato; ed infatti, ammesso che le parti abbiano espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti comunque di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25 settembre 1997 (scaduto in forza degli accordi attuativi), la suddetta conclusione deve comunque ritenersi conforme alla regula iuris dell’indisponibilità dei diritti dei lavoratori già perfezionatisi, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non più legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12 marzo 2004 n. 5141).” La controricorrente ha depositato memoria.

Il collegio condivide il contenuto della relazione; e pertanto, non avendo la società ricorrente offerto elementi nuovi, non considerati da questa Corte, per mutare orientamento, il ricorso va rigettato, con le conseguenze di legge in ordine alle spese, da distrarsi in favore dell’avv. Roberto Rizzo, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alle spese, in Euro 30,00 per esborsi e in Euro 2000,00 per onorario, oltre a spese generali, IVA e CPA, da distrarsi in favore dell’avv. Roberto Rizzo.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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