Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29426 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/12/2020, (ud. 12/11/2020, dep. 23/12/2020), n.29426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19067-2019 proposto da:

M.C., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato VITTORIO MENDITTO;

– ricorrente –

contro

TELECOM ITALIA SPA, (OMISSIS), in persona del procuratore speciale

dell’avv. Agatino di Bartolomeo, elettivamente domiciliata in ROMA,

V.LE BRUNO BUOZZI 107, presso lo studio dell’avvocato ENRICO ELIO

DEL PRATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3614/2018 del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA

VETERE, depositata in data 11/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA

SCRIMA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.C. convenne, in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Arienzo, Telecom Italia S.p.a. e Intesa MedioFactoring S.p.a. e chiese di dichiarare non dovuta a Intesa MedioFactoring S.p.a. la somma di Euro 281,06, chiesta dalla predetta società, per conto di TIM Italia S.p.a. (ora Telecom Italia S.p.a.), a titolo di penale per il recesso anticipato da un contratto di telefonia intercorso con TIM Italia S.p.a. nonchè di accertare la vessatorietà della clausola contrattuale predisposta da TIM che prevedeva tale penale, in quanto vessatoria, richiamando il D.L. 31 gennaio 2007, n. 7, art. 1, comma 3, (c.d. decreto Bersani bis) a tutela della libertà di recesso dai contratti con operatori telefonici ed il combinato disposto del D.Lgs. n. 206 del 2005, artt. 33 e 36, (Codice del Consumo) e, in sede di comparsa conclusionale, gli artt. 1341-1342 c.c..

Telecom Italia S.p.a., nel costituirsi, eccepì preliminarmente l’improcedibilità o l’improponibilità della domanda per non aver il M. provveduto ad espletare, prima dell’introduzione del giudizio, l’obbligatorio tentativo di conciliazione, oltre alla incompetenza territoriale dell’A.G. adita e, nel merito, il rigetto della domanda.

Il Giudice di Pace, rigettate entrambe le eccezioni di improponibilità (o improcedibilità) e di incompetenza territoriale sollevate da Telecom Italia S.p.a., dichiarò la nullità per vessatorietà della clausola contrattuale relativa all’addebito di una penale per l’esercizio anticipato del diritto di recesso dal contratto di utenza telefonica e dichiarò che nulla era dovuto dall’attore alle parti convenute per il recesso anticipato.

Avverso la sentenza del giudice di primo grado Telecom Italia S.p.a. propose appello nei confronti soltanto di M.C., ribadendo l’eccezione di improponibilità o improcedibilità della domanda e l’eccezione di incompetenza territoriale e contestando nel merito la domanda.

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza n. 3614/2018, ritenne, tra l’altro, che nella specie trattavasi di cause inscindibili, con conseguente applicazione dell’art. 332 c.p.c., sicchè l’atto di appello nei confronti del solo M. doveva ritenersi validamente proposto, e che il giudice del gravame non poteva fissare alcun termine per la notificazione dell’atto di appello in quanto l’impugnazione era ormai preclusa, e, in accoglimento dell’appello presentato da Telecom Italia S.p.a., dichiarò improcedibile l’azione proposta in primo grado dal M.. In particolare, quel Giudice osservò che, pur se, al momento dell’instaurazione del giudizio al già stato istituito Co.Re.Com Campania, competente a gestire i tentativi di conciliazione in materia di telecomunicazioni sul territorio, non erano state ancora delegate le necessarie funzioni, il tentativo di conciliazione, in attesa dell’operatività della suddetta delega, avrebbe potuto, e dovuto, essere proposto davanti ad altri organismi.

Avverso la sentenza del Giudice di appello ha proposto ricorso per cassazione il M., sulla base di tre motivi.

Ha resistito con controricorso Telecom Italia S.p.a..

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 249 del 1997, art. 1, della Delib. dell’Autorità per le Garanzie nelle Telecomunicazioni, n. 182/02/CONS, art. 1, comma 3, del regolamento di procedura relativo alle controversie fra organismi di conciliazione ed utenti, art. 3, comma 1, e art. 12, adottato con la citata Delib. n. 182/02/CONS.

In particolare il ricorrente lamenta che il Tribunale – non applicando correttamente la suddetta normativa, come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità nelle sentenze n. 2536 del 21/2/2012 e n. 14103 del 27/6/2011 – abbia erroneamente ritenuto che, prima della delega delle funzioni al Co.Re.Com Campania, fosse obbligatorio, per poter proporre una domanda giudiziale in materia di telecomunicazioni, promuovere preliminarmente il tentativo di conciliazione presso organismi alternativi di conciliazione e sostiene che la mancanza di delega di funzioni al Co.Re.Com Campania, al momento dell’introduzione del giudizio di primo grado, non sarebbe stato censurato dall’attuale controricorrente nei suoi scritti difensivi sicchè sul punto si sarebbe formato il giudicato.

2. Con il secondo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denuncia violazione del regolamento di procedura in relazione alle controversie fra organismi di conciliazione ed utenti, art. 3, comma 1, adottato con Delib. dell’Autorità per le Garanzie nelle Telecomunicazioni, n. 182/02/CONS, art. 3, comma 1.

Sostiene il ricorrente che il Tribunale – non applicando e comunque erroneamente interpretando la suddetta disposizione abbia ritenuto che la controversia rientrasse nell’ambito di quelle soggette al tentativo di conciliazione previste dalla norma denunciata, non avendo il ricorrente lamentato la violazione di un diritto o interesse protetti da un accordo privato o dalle norme in materia di telecomunicazioni, senza considerare che il M. avesse in effetti dedotto non la violazione del citato art. 3, comma 1, ma la violazione del D.L. 31 gennaio 2007, n. 7, sulle liberalizzazioni, del Codice di consumo, nonchè degli artt. 1341- 1342 c.c..

3. Con il terzo motivo, formulato in via subordinata, il ricorrente denuncia la violazione della Delib. dell’Autorità per le garanzie nelle Telecomunicazioni, n. 182/02/CONS, art. 1, comma 3, del regolamento di procedura in relazione alle controversie fra organismi di conciliazione ed utenti, art. 4, comma 2, adottato con la citata Delib. n. 182/02/CONS.

Il ricorrente assume che la declaratoria di improcedibilità della domanda proposta in primo grado non avrebbe dovuto condurre al rigetto della domanda ma il Giudice di appello avrebbe dovuto assegnare alle parti un termine per iniziare il tentativo di conciliazione, salvaguardando, in tal modo, la validità della domanda giudiziale proposta agli effetti sostanziali e processuali.

4. Il primo motivo è fondato, alla luce di quanto già affermato in analoghe fattispecie, con motivazione pienamente condivisibile, da Cass. n. 14103 del 2011 e da Cass. n. 2536 del 2012 e ribadito recentemente da Cass., sez. un., 28/0472020, n. 8241.

4.1. Si applicano ratione temporis al caso in esame la Delib. dell’AGCOM, n. 182/02/CONS, ed il regolamento adottato dalla citata delibera e volto a regolare la procedura delle controversie tra organismi di telecomunicazione ed utenti, in quanto il successivo regolamento, adottato con la Delib. n. 173/07/CONS, e sostitutivo del precedente, è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 25 maggio 2007, n. 120, ed è entrato in vigore il trentesimo giorno successivo alla sua pubblicazione, quindi il 24 giugno 2007, mentre l’atto di citazione introduttivo del presente giudizio è stato notificato il 20 marzo 2007 (v. sentenza impugnata in questa sede, p. 2).

4.2. Le Sezioni Unite di questa Corte, con il recente arresto sopra richiamato, hanno analiticamente esaminato la normativa applicabile pure nel caso di specie nei termini che seguono.

4.2.1. La predetta Delib. n. 182/02/CONS, art. 1, comma 3, adottata – in funzione dell’attuazione della L. 31 luglio 1997, n. 249, art. 1, comma 11, – dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni il 19 giugno 2002 e recante, nell’Allegato A, il Regolamento di procedura relativo alle controversie fra organismo di telecomunicazione ed utenti, prevedeva che “Le disposizioni di cui alla Sezione 2 del Regolamento di cui all’allegato A, fatte salve quelle di cui agli artt. 5 e 12, che trovano immediata applicazione, si applicano dalla data di effettivo esercizio delle funzioni delegate, secondo quanto previsto dalle convenzioni con i Comitati regionali per le comunicazioni previste dalla Delib. 28 aprile 1999, n. 53 del 1999, art. 2, Allegato A”.

La Sezione II era diretta alla disciplina del “tentativo obbligatorio di conciliazione”.

Tale tentativo era quello previsto davanti al Co.Re.Com..

Il citato comma 3, nel prevedere che le disposizioni della sezione in discorso trovassero applicazione “dalla data di effettivo esercizio delle funzioni delegate”, comportava che, fino a quando i Co.Re.Com non fossero divenuti funzionanti, il regolamento e, quindi, all’interno di esso, la previsione del tentativo di conciliazione obbligatorio, di cui all’art. 3, dell’Allegato, davanti al Co.Re.Com, non potesse operare e che, pertanto, l’utente potesse agire senza doverlo esperire.

L’espressione “fatte salve quelle di cui agli artt. 5 e 12, che trovano immediata applicazione” implicava (per quello che qui rileva) l’applicabilità immediata della seguente disposizione recata dall’art. 12 dell’Allegato: “Gli utenti hanno la facoltà di esperire, in alternativa al tentativo di conciliazione presso i Co.Re.Com di cui alla presente Sezione, un tentativo di conciliazione dinanzi agli organi non giurisdizionali di risoluzione delle controversie in materia di consumo che rispettino i principi sanciti dalla Raccomandazione della Commissione 2001/310/CE”.

L’immediata applicabilità dell’art. 12, comportava che la norma in esso contenuta dovesse trovare applicazione comunque, cioè nonostante l’eventuale mancanza delle condizioni di applicabilità delle altre e, quindi, di quella dell’art. 3 sul tentativo obbligatorio davanti al Co.Re.Com..

Tale immediata applicabilità comportava che l’efficacia della norma di cui si dispone l’applicazione immediata debba essere intesa secondo il senso fatto comune dalle parole con cui è espressa. Ora, l’art. 12, dell’Allegato, prevedeva la conciliazione presso altri organi come mera facoltà alternativa al tentativo di conciliazione presso il Co. Re.Com..

A regime, quindi, la norma prevedeva per l’utente una facoltà alternativa di adempimento di un obbligo, quello di esperire il tentativo di conciliazione di cui all’art. 3. Ne discende che, fintanto che l’obbligo di cui a tale norma non fosse divenuto effettivo, cioè fino a quando l’assunzione delle funzioni da parte del Co.Re.Com nella singola realtà territoriale non si fosse verificata, la norma dettata dall’art. 12, non poteva funzionare come previsione di una modalità alternativa di adempimento di un obbligo principale non sorto, ma poteva funzionare soltanto come previsione di una mera facoltà dell’utente.

Per farle assumere nel periodo transitorio il valore non più di modalità di adempimento alternativa dell’obbligo di cui all’art. 3, bensì di obbligo essa stessa, l’Autorità avrebbe dovuto dettare una specifica norma diretta ad attribuirle questo diverso significato.

4.3. Poichè nella specie, come pure in quella esaminata dalle Sezioni Unite, non è stato posto in discussione, in sede di appello, che, sebbene il Co.Re.Com. Campania fosse già stato istituito (con L.R. 1 luglio 2002, n. 9), esso non fosse ancora abilitato alla gestione dei tentativi di conciliazione in materia di telecomunicazioni, non essendogli ancora state delegate le relative funzioni quando la domanda è stata introdotta, l’obbligo di esperire preventivamente il tentativo obbligatorio di conciliazione non era ancora operativo.

4.4. Va, pertanto, ribadito, in accoglimento del primo motivo di ricorso, il principio di diritto già espresso da Cass. n. 14103 del 2011 e Cass. n. 2536 del 2012 (richiamate dalla successiva Cass. n. 26913 del 2018, che esamina il diverso profilo della piena alternatività degli organismi ai quali rivolgersi per espletare il tentativo di conciliazione, dopo l’attivazione dei Co.Re.Com) e riaffermato recentemente dalle Sezioni Unite con la sentenza 28/04/2020, n. 8241, e così da ultimo ufficialmente massimato: “In tema di controversie tra gli organismi di telecomunicazione e gli utenti, nel regime introdotto dalla Delib. dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, n. 182/02/CONS, art. 1, comma 3, laddove prevede che l’art. 12, dell’annesso Allegato A, entri in vigore immediatamente ancorchè non siano funzionanti i Comitati regionali per le comunicazioni e, di conseguenza, che non sia esperibile il tentativo di conciliazione obbligatorio previsto dall’art. 3, dello stesso Allegato, va interpretato nel senso che detto tentativo è meramente facoltativo dinanzi agli organismi alternativi ai Co.Re.Com. fino al funzionamento effettivo di questi ultimi”.

5. L’accoglimento del primo motivo conduce all’assorbimento del secondo e del terzo motivo, quest’ultimo, peraltro, formulato in via subordinata.

6. In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo e il terzo, la sentenza impugnata va cassata e la causa deve essere rinviata al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in diversa composizione, perchè decida anche sulle spese del presente giudizio di legittimità, attenendosi al principio di diritto sopra richiamato.

7. Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo e il terzo; cassa la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

 

 

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