Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29421 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. I, 23/12/2020, (ud. 12/10/2020, dep. 23/12/2020), n.29421

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17397/2016 r.g. proposto da:

M.R.F., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e

difeso, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso,

dall’Avvocato Carlo Martuccelli, presso il cui studio è

elettivamente domiciliato in Roma, Viale Bruno Buozzi n. 36.

– ricorrente –

contro

UNICREDIT MANAGEMENT BANK, GUBER s.p.a. (quale procuratrice di

DEUTSCHE BANK), L.E. E ISI s.r.l.;

– intimati –

avverso le sentenze della Corte di appello di Catanzaro n. 383/2014

(depositata in data 13.3.2014, sentenza non definitiva) e n.

1039/2014 (depositata in data 30 luglio 2015,sentenza definitiva);

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/10/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Tribunale di Catanzaro, con decreto monitorio n. 599/1988, ha ingiunto a L.E. e M.R.F. il pagamento della somma pari a Lire 860.089.462 in favore della Banca Nazionale del Lavoro, nonchè il pagamento della somma pari a Lire 19.569.866 in favore di ISI srl e dell’ulteriore somma pari a Lire 70.000.000 (a carico del M.R.) e della somma pari a Lire 288.196.857 (sempre a carico di L.E. e M.R.F.), crediti derivanti, invero, da scoperti di conto corrente e da prestiti agrari.

Proposta opposizione al predetto provvedimento monitorio da parte di L.E. e M.R.F., il Tribunale di Catanzaro, con sentenza datata 3.4.2008, ha rigettato l’opposizione, confermando, pertanto, il decreto ingiuntivo opposto.

Avverso la predetta sentenza ha proposto appello M.R.F. e la Corte di appello, con sentenza non definitiva depositata in data 13.3.2014, accogliendo il gravame e in riforma della sentenza impugnata, ha revocato il decreto ingiuntivo opposto, rigettando la domanda di pagamento proposta da BNL nei confronti di M.R.F., in forza dei contratti di conto corrente n. (OMISSIS), n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS), e ha rimesso la causa sul ruolo per la determinazione della situazione debitoria in relazione ai contratti di prestito agrario.

Con la sentenza definitiva impugnata la Corte di Appello di Catanzaro ha accolto parzialmente l’appello proposto da M.R.F., rideterminando il credito dovuto in favore della Unicredit Management nella diversa e minor somma pari ad Euro 385.507,74.

La corte del merito ha in primo luogo ricordato che: a) in relazione ai contratti di prestito agrario, la sentenza non definitiva aveva chiarito che erano intervenuti sette diversi rapporti di finanziamento, rispetto ai quali M.R.F. aveva assunto il ruolo di garante; b) sempre la sentenza non definitiva non era riuscita a determinare quanto dovuto dal M.R.F., in relazione ai predetti rapporti perchè risultava che in data 26.4.1993 quest’ultimo aveva effettuato un versamento di Lire 450.000.000, somma che tuttavia il C.t.u. aveva imputato in modo errato, senza rispettare i criteri normativi dettati dagli artt. 1193 c.c. e segg.; c) la sentenza non definitiva aveva chiarito che, tuttavia, l’unico versamento da tenere in considerazione per la determinazione del quantum debeatur dovesse essere quello da ultimo citato, posto che non risultava documentato in atti il secondo versamento ammontante a Lire 250.000.000; d) con la sentenza non definitiva era stata accertata l’esistenza dei crediti vantati dall’istituto bancario nei confronti del M., relativi ai sette prestiti agrari sopra ricordati, e che il C.t.u. avrebbe dovuto scomputare, secondo i criteri di legge, il solo versamento pari a Lire 450.000.000.

La corte di appello, dopo aver ammesso ulteriore consulenza tecnica d’ufficio, ha rideterminato il credito nella diversa e minor somma pari ad Euro 385.507,07, specificando, peraltro, che il calcolo alternativo effettuato dal C.t.u. (tenendo conto anche del secondo versamento) non potesse essere preso in considerazione in sede di decisione definitiva, in assenza di un’impugnazione da parte dell’appellante della specifica statuizione sul punto emessa dalla Corte territoriale nella sentenza non definitiva e nel rispetto di quanto statuito dall’art. 279 c.p.c., commi 2 e 4.

2. La sentenze, pubblicate il 13.3.2014 (sentenza non definitiva) e il 30 luglio 2015 (sentenza definitiva), sono state impugnate da M.R.F. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

La UNICREDIT MANAGEMENT BANK, GUBER spa (quale procuratrice di DEUTSCHE BANK), L.E. E ISI s.r.l. non hanno svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatti decisivi in relazione al profilo del numero dei rapporti di prestito agrario imputabili. Si evidenzia che nell’atto di appello si era specificato che il M. non era il titolare dell’azienda agricola (cui inerivano i predetti rapporti di prestito agrari) e che, pertanto, i predetti rapporti debitori non erano imputabili al M., se si esclude quello di cui al n. 3 del decreto ingiuntivo, e che non potevano neanche considerarsi non controversi i menzionati rapporti negoziali in quanto non contestati, come, invece, statuito nella sentenza non definitiva qui anch’essa impugnata.

2. Con il secondo mezzo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c., in relazione alla mancata dimostrazione della legittimazione passiva del M. in ordine ai rapporti di prestito agrario, ritenuti non contestati e invece oggetto di puntuale contestazione da parte dell’odierno ricorrente.

3. Il terzo mezzo articola, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di omesso di un fatto decisivo, in riferimento alla mancata considerazione del versamento della somma di Euro 250.000 da portare in detrazione del credito vantato dalla banca.

4. Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 279 c.p.c., sempre in relazione al mancato accertamento del versamento della somma di Euro 250.000, nonostante quanto verificato dal C.t.u..

5. Il ricorso è inammissibile.

5.1 Il primo e secondo motivo – che possono essere esaminati congiuntamente (in ragione dell’identità delle questioni trattate, pur nella diversità del vizio denunciato) sono inammissibili, posto che, per un verso, non colgono la ratio decidendi della motivazione impugnata che (almeno per una parte dei rapporti creditori sulla cui base era stato richiesto ed ottenuto il provvedimento monitorio poi opposto) fonda la condanna dell’odierno ricorrente sulla base di un incontestato rapporto di garanzia cui il M. avrebbe prestato il consenso (in riferimento ai dedotti prestiti agrari) e non già sulla base della contestata titolarità dell’azienda agricola cui si riferisce la contrazione dei menzionati finanziamenti agrari; per altro verso, la inammissibilità della doglianza deriva dall’evidente genericità della censura che, nel non cogliere la predetta ratio decidendi della decisione impugnata, non specifica neanche a quale dei sette finanziamenti, richiamati nelle sentenze impugnate, si riferisca il rapporto di mera rappresentanza negoziale richiamato nella doglianza e per quali ragioni debba ritenersi, invece, insussistente il negozio di garanzia, sulla cui base era stato condannato, nel provvedimento monitorio, l’odierno ricorrente.

Ne consegue che i fatti – del cui omesso esame si denuncia la violazione, ai sensi del richiamato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – non possono certo ritenersi decisivi, nel senso voluto dal ricorrente. E ciò proprio in ragione della diversa qualificazione giuridica (garante e non titolare del rapporto negoziale da cui era scaturito il credito), in base alla quale il M. era stato condannato al pagamento in favore dell’istituto di credito.

5.2 Il terzo e quarto motivo sono, invece, inammissibili perchè richiedono alla Corte di legittimità un diverso apprezzamento dei fatti e delle prove documentali (e ciò con particolare riferimento alla prova del versamento della somma di Euro 250.000 da parte del M.) sulla cui base era stato accertato il credito restiturio, di cui era gravato il ricorrente in relazione ai prestiti agrari, già sopra più volte descritti.

Sul punto, non è inutile ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, la deduzione avente ad

oggetto la persuasività del ragionamento del giudice

di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione ed è, pertanto, inammissibile ove trovi applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione novellata dal D.L. n. 83 del 2012, conv., con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012 (cfr., anche, Sez. 65, Ordinanza n. 11863 del 15/05/2018).

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da separato dispositivo.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della contro ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

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