Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29421 del 07/12/2017


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Cassazione civile, sez. II, 07/12/2017, (ud. 13/10/2017, dep.07/12/2017),  n. 29421

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con atto notificato in data 24 settembre 1996 la Edilres s.r.l. citava a comparire innanzi al Tribunale di Lecce la (OMISSIS) s.r.l., il SanPaolo Banco di Napoli s.p.a., il M.P.S. Gestione Crediti Banca s.p.a., il Gruppo Ceramiche Ricchetti s.p.a., I.L., titolare dell’omonima ditta, E.G., titolare della ditta EL.COS., la (OMISSIS) s.r.l., la (OMISSIS) s.r.l., M.W. e R.G..

Esponeva che con atto a rogito notar Ma. in data 29 ottobre 1993 aveva acquistato dalla (OMISSIS) s.r.l. un porzione di terreno di mq. 16.027 in agro di (OMISSIS) ed in zona P.E.E.P., comparto “F”; che il prezzo della vendita, fissato in Lire 1.000.000.000, era stato pattuito a misura e non corpo; che più esattamente il prezzo era stato concordato sulla scorta del valore prudenziale di Lire 67.667 a metro cubo, correlato alla volumetria complessiva di 15.000 mc. che sarebbe stata assegnata a fini edificatori ad essa attrice in dipendenza della prevista destinazione edilizia del suolo; che dunque il corrispettivo la cui corresponsione era stata programmata mercè il versamento di tre rate, la prima da Lire 400.000.000, la seconda e la terza da Lire 300.000.000 ciascuna, rispettivamente alle scadenza di undici, dodici e tredici mesi a decorrere dal dì della stipula dell’atto di acquisto sarebbe stato determinato “sulla base dei metri cubi assegnati definitivamente in proprietà dal Comune di Lecce alla parte acquirente in virtù del P.E.E.P. approvato”, tant’è che nel rogito era stata inserita la seguente clausola: “naturalmente, per effetto dell’assegnazione definitiva in proprietà da parte del Comune, il prezzo di cui sopra potrà essere superiore o inferiore; la differenza dovrà essere regolata alle scadenze di cui innanzi salvo conguaglio”.

Esponeva altresì che l’implicita dichiarazione di indifferibilità ed urgenza delle opere previste nel P.E.E.P. era atta a comportare il sostanziale spossessamento o, quanto meno, la sostanziale indisponibilità dei suoli da parte dei rispettivi proprietari, come tali abilitati unicamente a partecipare al concorso per l’assegnazione – in parte in proprietà ed in parte in proprietà superficiaria – dei medesimi suoli se in possesso dei requisiti previsti nel bando.

Esponeva che nondimeno essa attrice era risultata priva del primo dei requisiti postulati dal bando emesso, successivamente alla conclusione del contratto di acquisto, in data 18 novembre 1994 in attuazione della delibera del consiglio comunale 20 marzo 1990, n. 128 ovvero era sfornita del requisito dell'”iscrizione all’albo nazionale dei costruttori, categ. 2, per l’importo di Lire 1.500.000.000″; che conseguentemente “non aveva titolo utile ad ottenere l’assegnazione in proprietà dei suoli compresi nel P.E.E.P. ed alcuna cubatura”.

Esponeva inoltre che la lettera del contratto rendeva “evidente la volontà delle parti di subordinare la determinazione del prezzo ed il relativo pagamento all’effettiva assegnazione della proprietà del suolo e della cubatura all’interno del comparto”, che le parti cioè “avevano presupposto l’accessibilità al concorso da parte dell’Edilres”, cosicchè, risultando preclusa la determinazione del prezzo e dunque l’esecuzione della prestazione gravante su di essa acquirente, era venuto meno il vincolo sinallagmatico ovvero “il contratto era invalido ed inefficace e la (OMISSIS) non avrebbe potuto esigere il pagamento del prezzo, indeterminato ed indeterminabile”.

Esponeva ulteriormente che la (OMISSIS) aveva ceduto per frazioni di diverso ammontare il credito che nei suoi confronti asseriva di vantare – ovvero il complessivo importo di Lire 1.429.000.000 – agli ulteriori soggetti convenuti in giudizio, i quali, pur consapevoli dell’inesigibilità del credito, avevano imprudentemente chiesto ed ottenuto ingiunzioni di pagamento in suo danno e, su tale scorta, avevano successivamente atteso all’iscrizione di ipoteche ovvero, per giunta, siccome nel caso dell’Istituto Bancario SanPaolo di Torino, alla trascrizione di atti di pignoramento; che conseguentemente sia essa attrice sia le altre società del gruppo di cui era partecipe, avevano subito la revoca degli affidamenti bancari ed in pari tempo, unitamente ai fideiussori, erano state fatte segno di azioni esecutive gravemente lesive in termini patrimoniali e morali.

Chiedeva, quindi, all’adito giudice di:

1) accertare e dichiarare che alla Edilres s.r.l. non è stata ancora assegnata, dal Comune di Lecce, in proprietà, alcuna porzione del suolo rientrante nel comparto in cui ricade l’immobile oggetto della prestazione a carico della (OMISSIS) s.r.l. prevista nel contratto di compravendita per atto Ma. del 29-10-93, nè alcuna cubatura;

2) dichiarare che la determinazione del prezzo di compravendita dell’immobile di cui al contratto medesimo ed il relativo pagamento non possono avvenire per il motivo indicato sub 1);

3) accertare e dichiarare presupposta come essenziale, nel contratto di compravendita suddetto, la prestazione dell’assegnazione in proprietà del suolo e della cubatura nel Comparto F – Piano P.E.E.P. di Lecce, in cui ricade il suolo stesso;

4) pronunciare la nullità o annullare il contratto stesso per non essersi verificata la presupposta assegnazione del suolo in proprietà e relativa cubatura, per indeterminabilità del prezzo e del relativo pagamento e per essere venuto meno il sinallagma proprio del contratto di compravendita;

5) in via del tutto subordinata pronunciare la risoluzione del contratto stesso per impossibilità sopravvenuta della prestazione a carico del venditore, per gli stessi motivi innanzi detti, dichiarando indeterminabile ed inesigibile il prezzo di vendita;

6) in via ancora più subordinata dichiarare inesigibile il prezzo di vendita per non essersi ancora verificata la condizione presupposta di assegnazione del suolo, ricadente nel Comparto F Zona P.E.E.P., in proprietà della Edilres s.r.l. e relativa cubatura;

7) pronunciare l’invalidità e l’inefficacia di tutte le cessioni di credito effettuate dalla (OMISSIS) s.r.l. a tutte le altre parti convenute, e, comunque, l’inesigibilità delle somme relative al ceduto credito;

8) ordinare la cancellazione delle ipoteche iscritte dai convenuti, che a tanto hanno proceduto, e condannarli in solido al risarcimento di ogni danno;

9) condannare i convenuti in solido alle spese e competenze processuali.

Si costituivano la (OMISSIS) s.r.l., il SanPaolo Banco di Napoli s.p.a., il M.P.S. Gestione Crediti Banca s.p.a., il Gruppo Ceramiche Ricchetti s.p.a., I.L., M.W. e R.G..

Instavano tutti per il rigetto delle avverse pretese.

Non si costituivano E.G., titolare della ditta EL.COS., la (OMISSIS) s.r.l. e la (OMISSIS) s.r.l..

Dichiarato il fallimento della (OMISSIS), la società attrice attendeva alla riassunzione del processo.

Indi, disattese le istanze istruttorie all’uopo formulate, con sentenza in data 2 maggio 2005 il Tribunale adito accoglieva parzialmente la domanda di parte attrice e, per l’effetto, dichiarava “inesigibile il prezzo di vendita della zona di suolo ricadente nel Comparto F, in proprietà della Edilres, per non essersi ancora verificata la condizione presupposta di assegnazione del suolo e relativa cubatura”; rigettava ogni ulteriore domanda e compensava integralmente ovvero dichiarava integralmente irripetibili le spese di lite.

2. – Interponeva appello la Edilres s.r.l..

Resistevano il curatore del fallimento della (OMISSIS) s.r.l., il SanPaolo Banco di Napoli s.p.a., il M.P.S. Gestione Crediti Banca s.p.a., il Gruppo Ceramiche Ricchetti s.p.a. e I.L..

Il curatore del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. esperiva altresì appello incidentale.

In particolare con lo spiegato gravame incidentale il curatore evidenziava l’errore in cui era incorso il Tribunale nel ritenere l’assegnazione del suolo come condizione presupposta non ancora verificatasi e, conseguentemente, inesigibile il corrispettivo; che l’unico elemento affidato al futuro era l’eventuale variazione del prezzo rispetto al corrispettivo – Lire 1.000.000.000 – comunque stabilito in contratto.

Non si costituivano e venivano dichiarati contumaci E.G., la (OMISSIS) s.r.l., la (OMISSIS) s.r.l., M.W. e R.G..

Con sentenza n. 42/2011 la Corte d’appello di Lecce rigettava l’appello principale, accoglieva l’appello incidentale, in tal guisa respingendo le domande tutte esperite in prime cure dalla Edilres s.r.l., condannava la medesima appellante principale a rimborsare al curatore del fallimento della (OMISSIS) s.r.l., al Banco di Napoli s.p.a., al M.P.S. Gestione Crediti Banca s.p.a., al Gruppo Ceramiche Ricchetti s.p.a. ed a I.L. le spese del doppio grado.

Premetteva la Corte territoriale che si imponeva “una verifica dell’effettivo contenuto del contratto in esame, dovendosi accertare attraverso la sua corretta interpretazione se nel caso di specie l’evento futuro – assegnazione del terreno da parte del Comune di Lecce all’acquirente – che l’appellante principale afferma essere stato presupposto da entrambe le parti abbia i tratti caratterizzanti la presupposizione”.

Indi assumeva che “deve escludersi che nel caso in esame ricorra una ipotesi di presupposizione”.

In particolare esplicitava che, “come risulta con chiarezza dal tenore letterale delle espressioni utilizzate nel contratto, nella previsione dei contraenti l’evento futuro dell’assegnazione del terreno ad opera del Comune venne preso in considerazione prescindendo del tutto dalla proprietà dello stesso”; che “Edilres, dunque, al momento della conclusione del contratto aveva sì intenzione di porsi come soggetto interessato all’assegnazione del terreno appena acquistato, ma non in quanto proprietario dello stesso, bensì quale soggetto esercente attività di impresa nel settore delle costruzioni”; che, del resto, se ne traeva conferma alla stregua del rilievo per cui nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado la Edilres aveva lamentato “di non aver neanche potuto partecipare direttamente al concorso per l’assegnazione, non possedendo il primo dei requisiti richiesti dal bando di concorso e cioè l’essere iscritta “all’albo dei costruttori, categoria 2, per l’importo di Lire 1.500.000.000”; che “in realtà, il bando non pregiudicava affatto – almeno in astratto – la partecipazione di Edilres, in quanto prevedeva che la domanda di assegnazione poteva essere presentata da “tutti gli aventi diritto a norma di legge” e, dunque, come espressamente indicato, da imprese di costruzioni e consorzi di imprese, cooperative edilizie e loro consorzi (…) e, in ogni caso, dai proprietari delle aree”; che conseguentemente “viene a cadere qualsiasi collegamento funzionale tra il contratto di compravendita e l’assegnazione del terreno acquistato, giacchè la Edilres avrebbe potuto partecipare al concorso quale impresa di costruzioni della L. n. 457 del 1978, ex art. 46, senza bisogno di acquistare la proprietà delle aree di cui sperava di ottenere l’assegnazione”; che, difatti, la L. n. 457 del 1978, art. 46, aveva ampliato la previsione della L. n. 865 del 1971, art. 35, disponendo che le aree destinate alla costruzione di case economiche e popolari “possono essere altresì cedute ad imprese di costruzione e loro consorzi”; che “è allora assolutamente improponibile lo schema concettuale proposto dall’appellante secondo cui il contratto di compravendita aveva come presupposto condizionante la sua efficacia l’assegnazione delle aree compravendute, poichè (…) secondo la volontà delle parti contraenti esplicitata attraverso il richiamo alla L. n. 457 del 1978, art. 46, la qualità di proprietario della Edilres non aveva alcuna diretta incidenza nella possibilità di ottenere l’assegnazione”.

Esplicitava ulteriormente che non incideva sulla correttezza dell’affermata conclusione la specifica regolamentazione del prezzo predisposta dai contraenti; che infatti il corrispettivo dell’alienazione era stato “fissato in misura ben determinata ed agganciato ad un elemento di valutazione (…) che vale a fissarlo in Lire 1.000.000.000”.

3. – Avverso tale sentenza proponeva ricorso la Edilres s.r.l., sulla base di dieci motivi.

Il curatore del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. depositava controricorso; svolgevano altresì attività difensiva mediante controricorso: il Banco di Napoli s.p.a.; il M.P.S. Gestione Crediti Banca s.p.a.; e il Gruppo Ceramiche Ricchetti s.p.a..

4. – La Corte di cassazione, Seconda Sezione civile, con sentenza 22 settembre 2015, n. 18663, ha così provveduto:

“rigetta i motivi primo, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo e nono del ricorso; accoglie il decimo motivo, cassa la sentenza n. 42/2011 della Corte d’appello di Lecce limitatamente al motivo accolto e, decidendo nel merito, elimina dalla statuizione di seconde cure la condanna della Edilres s.r.l. a rimborsare al Banco di Napoli s.p.a., al M.P.S. Gestione Crediti Banca s.p.a., al Gruppo Ceramiche Ricchetti s.p.a. ed a I.L. le spese e le competenze tutte relative al giudizio di primo grado;

compensa integralmente le spese del presente grado di legittimità con riferimento al rapporto tra la Edilres s.r.l., da un lato, ed il Banco di Napoli s.p.a., il M.P.S. Gestione Crediti Banca s.p.a. ed il Gruppo Ceramiche Ricchetti s.p.a., dall’altro;

condanna la Edilres s.r.l. a rimborsare al controricorrente, curatore del fallimento della (OMISSIS) s.r.l., le spese del grado di legittimità, che si liquidano in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge”.

5. – La sentenza della Corte di Cassazione n. 18663 del 2015 è così motivata:

“Con il primo motivo la ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione agli artt. 1353,1460 e 2697 c.c.. Omessa pronuncia sul punto di fatto controverso e decisivo per il processo attinente alla dichiarata mancanza di condizioni di efficacia del contratto e per l’adempimento della prestazione di pagamento del prezzo. Nullità della sentenza. Omessa o, almeno, insufficiente e contraddittoria motivazione riguardo alla mancanza di alcuna condizione di efficacia del contratto e di adempimento dell’obbligo di pagare il prezzo. Violazione dei principi sull’onere della prova (Art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5)” (così ricorso, pag. 25).

Adduce che la corte di merito “ha completamente omesso di pronunciare sulla (…) inammissibilità e (…) infondatezza dell’appello proposto in via incidentale dal fallimento della (OMISSIS) s.r.l. (…) anche per inadempimento di detta società consistente nel non (aver provato di) avere provveduto alla cancellazione dell’ipoteca che gravava sull’immobile oggetto del contratto, secondo la clausola in questo prevista” (così ricorso, pag. 25), ipoteca iscritta in favore della Edil Scavi s.r.l. con sede in (OMISSIS); che la corte leccese “ha del tutto ignorato tale punto, (…) ha (…) ingiustamente accolto l’appello incidentale della Curatela del Fallimento della (OMISSIS) s.r.l., (…) non ha esaminato gli altri motivi d’appello in particolare (…) il motivo attinente all’inesigibilità del prezzo rispetto al mancato adempimento all’onere della prova, a carico della (OMISSIS) s.r.l., della cancellazione dell’ipoteca iscritta sul suolo compravenduto a favore della Edil Scavi s.r.l.” (così ricorso, pag. 26); che “comunque, mai l’ipoteca è stata cancellata ed anzi la Edil Scavi (…) ha avanzato pretese di pagamento del debito della (OMISSIS) s.r.l. verso la curatela del fallimento di questa” (così ricorso, pag. 27).

Il motivo non merita seguito.

Va senz’altro condivisa l’eccezione formulata dalla curatela controricorrente secondo cui “la doglianza (…) è stata introdotta irritualmente, per la prima volta, con la comparsa conclusionale in appello (vedi foglio 20)” (così controricorso del curatore del fallimento della (OMISSIS) s.r.l., pagg. 30 – 31; analogamente cfr. controricorso Banco di Napoli s.p.a., pag. 19; controricorso M.P.S. Gestione Crediti Banca s.p.a., pag. 19).

Si rileva invero che, alla stregua delle conclusioni che ebbe a formulare nell’atto introduttivo di prime cure (così come riprodotte alle pagg. 12, 13 e 14 del ricorso a questa Corte ed in precedenza pedissequamente trascritte) nonchè delle conclusioni che ebbe a rassegnare in seconde cure (vedasi sentenza d’appello, pagg. 3 – 4), la Edilres s.r.l. ebbe a sollecitare – in via del tutto subordinata – la risoluzione del contratto di compravendita per notar Ma. del 29.10.1993 per impossibilità sopravvenuta della prestazione a carico del venditore “per gli stessi motivi innanzi detti”, dunque, di certo, non già per asserito inadempimento da parte della venditrice (OMISSIS) dell’obbligo di adoperarsi ai fini della cancellazione dell’ipoteca iscritta a favore della Edil Scavi s.r.l..

Al contempo si rappresenta che, in ossequio al canone di cosiddetta autosufficienza del ricorso per cassazione, quale positivamente sancito all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), (al riguardo cfr. Cass. 20.1.2006, n. 1113, secondo cui il ricorso per cassazione – in forza del principio di cosiddetta “autosufficienza” – deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito), ben avrebbe dovuto la ricorrente, onde consentire a questa Corte il debito riscontro delle sue prospettazioni, riprodurre più o meno testualmente l’atto d’acquisto per notar Ma. del 29.10.1993 e non limitarsi a enuclearne singoli stralci.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce “ulteriore violazione dell’art. 112 c.p.c.. Omessa pronuncia sul punto decisivo attinente all’eccezione di inammissibilità dell’appello incidentale anche in relazione all’inammissibilità della riconvenzionale di risoluzione del contratto, mai tempestivamente proposta, entrambi proposti dalla (OMISSIS) s.r.l.. Nullità della sentenza. (Art. 360 c.p.c., n. 4)” (così ricorso, pag. 29).

Adduce che aveva eccepito “l’inammissibilità dell’appello incidentale della (OMISSIS) s.r.l. – Fallimento – per novità ed anche per inammissibilità della affermata proposizione della domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto, mai, in realtà, dalla stessa tempestivamente proposta in primo grado” (così ricorso, pag. 29); che tuttavia la corte di merito “non ha pronunciato alcuna decisione al riguardo” (così ricorso, pag. 29).

Il motivo è immeritevole di seguito.

Alla stregua delle conclusioni rassegnate in grado d’appello (e quali riprodotte nel corpo della sentenza di seconde cure, alle pagg. 4 e 5) il curatore del fallimento della (OMISSIS) ebbe esclusivamente in via subordinata ad invocare con l’appello incidentale all’uopo esperito l’accoglimento della domanda di risoluzione del contratto di compravendita per notar Ma. del 29.10.1993 per inadempimento della Edilres.

La corte di Lecce, dal canto suo, ha respinto l’appello principale proposto dalla Edilres, così negando ogni seguito alle ulteriori domande dalla medesima s.r.l. spiegate in prime cure e già rigettate dal primo giudice, ed ha accolto l’appello incidentale formulato dal curatore del fallimento della (OMISSIS), così rigettando la domanda azionata in prime cure dalla Edilres, già accolta in primo grado e di cui al punto 4) delle conclusioni dalla stessa attrice rassegnate in primo grado (“pronunciare la nullità o annullare il contratto stesso per non essersi verificata la presupposta assegnazione del suolo in proprietà e relativa cubatura, per indeterminabilità del prezzo e del relativo pagamento e per essere venuto meno il sinallagma proprio del contratto di compravendita”).

E’ ben evidente, pertanto, che la corte di merito, giacchè ha accolto la domanda principale esperita con l’impugnazione incidentale, nulla ha statuito in ordine alla domanda di risoluzione fatta valere dal curatore, sì, con l’appello incidentale, ma unicamente in via subordinata.

In questi termini il motivo in disamina, propriamente, non si correla alla ratio decidendi.

Con il terzo motivo la ricorrente deduce “ulteriore violazione dell’art. 112 c.p.c.. Omessa pronuncia sul punto decisivo della controversia attinente all’invalidità ed inefficacia del contratto per indeterminabilità del prezzo di vendita. Nullità della sentenza. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1325 c.c., n. 3, artt. 1346,1418 e 1470 c.c.. Tutto in relazione al primo motivo d’impugnazione, punti sub 1, 2 e 4 pag. 22 – 23 dell’atto di appello (Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4)” (così ricorso, pag. 29).

Adduce che “l’intera motivazione della sentenza è dedicata al profilo della presupposizione dell’assegnazione del suolo e della cubatura alla Edilres, ma in nessuna parte di essa si fa riferimento alla invalidità del contratto per indeterminabilità del prezzo e per essere venuto meno l’essenziale sinallagma proprio della compravendita” (così ricorso, pag. 30); che “è un fatto non contestato e non contestabile (…) che (…) il prezzo superiore o inferiore a Lire 1.000.000.000 non poteva e non può essere determinato. Quindi esso era ed è indeterminabile” (così ricorso, pag. 31).

Il motivo non merita seguito.

Va debitamente ribadito che la ragione di censura in esame risulta espressamente ed univocamente formulata ed ancorata – al di là dell’incongruo riferimento alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), anche – alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Su tale scorta si rimarca che la corte di Lecce ha rigettato il gravame principale ed, in tal guisa, ha reputato immeritevoli di seguito pur il primo motivo d’impugnazione, “punti sub 1, 2 e 4 pag. 22 – 23 dell’atto di appello principale” (così ricorso, pag. 29).

E’ da escludere, dunque, che omessa pronuncia vi sia stata.

Invero questa Corte spiega che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; il che non si verifica quando la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti il rigetto di tale pretesa anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (cfr. Cass. 6.4.2000, n. 4317; Cass. 16.5.2012, n. 7653; Cass. 11.4. 1975, n. 1397).

In ogni caso – ossia ancorchè la ricorrente non abbia correlato, così come avrebbe dovuto, la censura de qua alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – è da escludere recisamente che al riguardo la motivazione sia stata omessa ovvero che risulti deficitaria od incongrua.

La corte distrettuale ha dato atto – il che è quanto basta ai fini dell’esigenza di una esaustiva e coerente motivazione – che il corrispettivo dell’alienazione era stato “fissato in misura ben determinata ed agganciato ad un elemento di valutazione (…) che vale a fissarlo in Lire 1.000.000.000 con pagamenti, dilazionati nel tempo, a partire dalla stipula, di Lire 400.000.000 a undici mesi, Lire 300.000.000 a dodici mesi, Lire 300.000.000 a tredici mesi” (così sentenza d’appello, pag. 13).

Anzi la corte ha debitamente soggiunto che “in contratto si prevede che detti termini debbano comunque essere rispettati, indipendentemente dal fatto che prima di essi venga definito il procedimento di assegnazione, la cui conclusione viene richiamata solo in quanto elemento idoneo ad incidere sul pagamento – in aumento o in diminuzione – (…)” (così sentenza d’appello, pag. 13).

Con il quarto motivo la ricorrente deduce “ulteriore violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda di risoluzione del contratto di compravendita per impossibilità sopravvenuta della prestazione connessa alla definitiva indeterminabilità ed inesigibilità del prezzo di vendita, in relazione al punto 5 del primo motivo d’appello, e per grave inadempimento della (OMISSIS) s.r.l., in relazione all’espressa conclusione formulata per l’appellante nell’udienza del 09-12-2008, per non avere, la (OMISSIS) s.r.l., provveduto alla cancellazione dell’ipoteca che gravava sull’immobile oggetto del contratto, secondo la clausola in questo prevista. Nullità della sentenza. Violazione degli artt. 1256,1463 e 1453 c.c. (Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4)” (così ricorso, pagg. 31 – 32).

Adduce che “anche la domanda di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione non è stata affatto degnata di alcuna attenzione da parte della Corte del merito, nonostante essa fosse stata espressamente formulata in primo grado e riformulata in appello” (così ricorso, pag. 32); che “era evidente che (…) la prestazione del pagamento di un determinato prezzo era divenuta oggettivamente impossibile per l’indeterminabilità di esso conseguente alla mancata assegnazione della cubatura” (così ricorso, pag. 32); che “era anche divenuta impossibile l’altra prestazione consistente nella cessione di cui alla L. 5 agosto 1978, n. 457, art. 46, che era stata espressamente contemplata come finalità essenziale del contratto” (così ricorso, pag. 32).

Il motivo è immeritevole di seguito.

La censura in disamina risulta analogamente formulata ed ancorata – al di là, anche in tal caso, dell’inappropriato riferimento alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, altresì – alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Anche al riguardo evidentemente va ribadito che la corte distrettuale ha rigettato il gravame principale ed, in tal guisa, ha reputato immeritevole di seguito pur il punto 5 del primo motivo d’appello.

E’ da negare, quindi, che omessa pronuncia vi sia stata.

In ogni caso – ossia benchè la ricorrente non abbia riconnesso, così come avrebbe dovuto, la censura in esame alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), – è da escludere recisamente, alla luce della motivazione assunta e quale dapprima testualmente riprodotta, che la corte salentina non abbia dato congruamente conto della determinabilità e della conseguente esigibilità del prezzo della vendita, sì da indurre a disconoscere qualsivoglia supposta ipotesi di impossibilità sopravvenuta (del resto l’impossibilità che rileva sia in rapporto alla previsione dell’art. 1463 c.c., sia in rapporto alla previsione dell’art. 1256 c.c., è da intendere in senso assoluto ed obiettivo e consiste nella sopravvenienza di una causa, non imputabile al debitore, che impedisce definitivamente l’adempimento: cfr. Cass. 16.3.1987, n. 2691).

Per altro verso, il vizio di autosufficienza in rapporto all’atto d’acquisto per notar Ma. del 29.10.1993 in precedenza posto in risalto rileva pur in sede di disamina del motivo de quo, propriamente in relazione al profilo dell’asserita omessa pronuncia sulla domanda di risoluzione del contratto di compravendita per grave inadempimento della (OMISSIS) s.r.l. per non avere atteso alla cancellazione dell’ipoteca gravante sull’immobile oggetto del contratto (e, ben vero, a prescindere dalla irrituale introduzione da parte della Edilres, per la prima volta, della domanda di risoluzione de qua con la comparsa conclusionale in appello).

Con il quinto motivo la ricorrente deduce “ulteriore violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al quarto motivo d’appello sulla domanda d’inefficacia ed invalidità delle cessioni del credito verso la Edilres s.r.l. della (OMISSIS) s.r.l. per il prezzo di vendita del contratto per atto Ma. a tutte le altre parti processuali. Violazione degli artt. 1260 e seg. in relazione all’art. 1325 c.c., n. 3 e artt. 1346,1418,1470,1256,1463 e 1453 c.c. ed all’art. 186 ter c.p.c. (ordinanza d’ingiunzione provvisoriamente esecutiva) (Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4)” (così ricorso, pag. 34).

Adduce che la corte di merito ha altresì del tutto eluso il motivo d’appello concernente la invalidità ovvero l’inefficacia – in dipendenza della invalidità ovvero dell’inefficacia dell’atto d’acquisto in data 29.10.1993 – delle cessioni del credito asseritamente vantato operate dalla (OMISSIS) s.r.l..

Con il sesto motivo la ricorrente deduce “ulteriore violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sul punto decisivo della controversia attinente al quinto motivo d’appello, riguardo all’ottava domanda dell’atto introduttivo riproposta in secondo grado, sulla cancellazione delle ipoteche iscritte sugli immobili della Edilres da parte dei convenuti ed al risarcimento del danno conseguente anche alle successive esecuzioni forzate. Violazione degli artt. 2043 e 1228 c.c. (Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4)” (così ricorso, pag. 36).

Adduce che “la domanda di cancellazione delle ipoteche iscritte e dei pignoramenti eseguiti dalle controparti sui beni immobili della Edilres non è stata tenuta in alcuna considerazione” (così ricorso, pag. 36); che dall’iscrizione delle ipoteche e dalla trascrizione dei pignoramenti è derivato ad essa ricorrente, ai suoi soci, alle società collegate e ai fideiussori l’enorme danno, fonte di responsabilità ex art. 2043 c.c., correlato al blocco dell’attività produttiva conseguente alla revoca degli affidamenti bancari.

Si giustifica la disamina congiunta del quinto e del sesto motivo di ricorso.

I motivi anzidetti invero sono strettamente connessi.

Ambedue i motivi comunque sono destituiti di fondamento.

Le censure de quibus similmente sono state formulate ed ancorate – al di là, anche in tal caso, dell’improprio riferimento alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) pur – alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Anche in proposito pertanto va reiterato che la corte d’appello ha rigettato il gravame principale ed, in tal modo, ha giudicato immeritevoli di seguito anche il quarto ed il quinto motivo d’appello.

E’ da disconoscere, perciò, che omessa pronuncia vi sia stata.

In ogni caso – ossia quantunque la ricorrente non abbia agganciato, così come avrebbe dovuto, la censura de qua alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – il giudice di seconde cure ha opinato, sulla scorta di un’interpretazione – siccome si dirà – in toto inappuntabile, per la piena validità ed efficacia del contratto d’acquisto a rogito notar Ma. del 29.10.1993 e su tale premessa ha affermato che, appunto, “l’accertata piena efficacia del contratto e l’esigibilità del prezzo comportano, ovviamente, l’infondatezza di tutte le pretese fatte valere da Edilres con riferimento alle cessioni del credito relativo al prezzo, cessioni che sono del tutto legittime e dalle quali non può farsi derivare alcun danno” (così sentenza d’appello, pag. 13)

Il che – altresì in parte qua agitur – è quanto basta ai fini dell’esigenza di una esaustiva e coerente motivazione.

Con il settimo motivo la ricorrente deduce “insufficiente e contraddittoria motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio attinente alla presupposizione, per entrambe le parti, dell’assegnazione del suolo in proprietà della Edilres e della cubatura da parte del Comune di Lecce, ai fini della cessione di cui alla L. n. 457 del 1978, art. 46. Violazione degli artt. 1362 c.c. e segg., sull’interpretazione del contratto. Violazione della L. n. 865 del 1971, art. 52 e del D.L. n. 115 del 1974, art. 3 (Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)” (così ricorso, pag. 37).

Adduce che la compravendita non fu conclusa onde commutare un dato cespite immobiliare con un importo pecuniario, sibbene onde consentire, siccome la (OMISSIS) s.r.l. era ben consapevole, ad essa ricorrente, esercente attività d’impresa nel settore delle costruzioni, di ricevere l’assegnazione del suolo e della relativa cubatura da parte del comune di Lecce, “nella ragionevole presupposizione che il successivo bando di concorso (del 18-11-94) non avrebbe fissato requisiti non posseduti dall’acquirente, non previsti nella precedente Delib. Consiglio Comunale Lecce 20 marzo 1990, n. 128” (così ricorso, pag. 39); che del resto “persino il prezzo di vendita avrebbe dovuto essere determinato in base alla cubatura che sarebbe stata assegnata insieme al suolo su cui l’impresa edile Edilres avrebbe realizzato gli edifici da destinare all’edilizia economico – popolare” (così ricorso, pag. 39); che “al contrario di quanto affermato dalla Corte salentina, questo è il tipico esempio di presupposizione, bilateralmente assunta al momento della conclusione del contratto, che successivamente non si è verificata a seguito di una imprevista normativa amministrativa contenuta nel bando emanato più di un anno dopo la conclusione del contratto” (così ricorso, pag. 40).

Adduce altresì che nel bando “al contrario di quanto è stato affermato nella sentenza, non era prevista la legittimazione della categoria dei proprietari dei suoli ricadenti nel comparto F del P.E.E.P.” (così ricorso, pagg. 42 – 43), cosicchè essa ricorrente “non avrebbe potuto partecipare come proprietaria del suolo acquistato, ma solo come impresa” (così ricorso, pag. 43); che, al contempo, non sarebbe stato di certo possibile ricomprenderla nella categoria, pur legittimata alla stregua del bando, dei “singoli cittadini” interessati all’assegnazione in qualità di proprietari di singole aree.

Adduce inoltre che, “pur ammesso che le parti abbiano concluso il contratto al fine di consentire alla Edilres di inoltrare l’istanza di cui alla L. n. 167 del 1962, art. 35, oppure di ottenere la cessione dell’area da parte del Comune di Lecce ai sensi della L. n. 457 del 1978, art. 46 e di consentire all’acquirente di conseguire un titolo preferenziale rispetto agli altri richiedenti, tutto venne preordinato nella previsione che l’emanando bando di concorso avrebbe consentito il conseguimento di tale finalità” (così ricorso, pag. 44); che “invece ogni auspicio venne vanificato dal successivo bando di concorso (…) che costituisce mancato avveramento delle previsioni presupposte” (così ricorso, pagg. 44 – 47).

Adduce ulteriormente che l’affermazione della corte d’appello “secondo la quale il corrispettivo era ben determinato e che la variazione in diminuzione o in aumento fosse solo un particolare trascurabile non influente sulla determinazione del prezzo è (…) in contrasto con la lettera e la logica del contratto, con la ragione economico sociale dello scambio, con le finalità perseguite dalle parti e, in particolare, dalla Edilres, con l’equilibrio sinallagmatico delle prestazioni” (così ricorso, pag. 50); che “ovviamente l’oggettiva indeterminabilità del prezzo di vendita per effetto della mancata assegnazione dei metri cubi alla Edilres determina la nullità della vendita (…) e l’inesigibilità del pagamento” (così ricorso, pag. 50).

Il motivo non merita seguito.

Si premette che pur ai fini del vaglio della censura de qua riveste valenza il vizio di “autosufficienza” – di cui dapprima si è dato atto – in rapporto al rogito per notar Ma. del 29.10.1993.

Nondimeno, vizio di “autosufficienza” si registra anche con riferimento al bando di concorso del 18.11.1994 ed alla Delib. Consiglio Comunale Lecce 20 marzo 1990, n. 128.

E siffatto ultimo difetto di “autosufficienza”, segnatamente in relazione al bando di concorso del 18.11.1994, riveste peculiare valenza, se si tiene conto, siccome la stessa ricorrente prospetta, che il bando “prevedeva specificamente i soggetti legittimati a partecipare al concorso” (così ricorso, pag. 42) e le sue risultanze varrebbero a smentire gli assunti di cui al dictum di seconde cure (“al contrario di quanto è affermato in sentenza”: così ricorso, pag. 42).

E’ innegabile in ogni modo che le censure che il settimo motivo di ricorso veicola, si risolvono propriamente in una quaestio ermeneutica, specificamente afferente al riscontro dell’asserita “condizione non sviluppata o inespressa” correlata all’atto per notar Ma. del 29.10.1993.

Intese in tal guisa (in linea, d’altronde, con le prefigurazioni della ricorrente: “sono state violate tutte le norme sull’interpretazione del contratto per i seguenti motivi: (…)”: così ricorso, pag. 51), non possono che esplicar valenza gli insegnamenti di questo Giudice del diritto.

Ovvero, l’insegnamento secondo cui l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).

Ovvero, l’insegnamento secondo cui nè la censura ex n. 3) nè la censura ex n. 5) dell’art. 360 c.p.c., comma 1, possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione; d’altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimità, sotto entrambi i cennati profili, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).

In ogni caso, nel segno delle enunciate indicazioni nomofilattiche l’interpretazione patrocinata dalla corte distrettuale è in toto inappuntabile, giacchè, per un verso, non si prospetta in spregio ad alcun criterio ermeneutico legale, giacchè, per altro verso, risulta sorretta da motivazione esaustiva, congrua e logica.

In particolare, se è vero, siccome è vero – alla stregua della previsione della L. n. 457 del 1978, art. 46, comma 1 – che “le aree di cui alla L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35, comma 11, possono essere, altresì, cedute ad imprese di costruzione e loro consorzi”, sicchè la Edilres poteva tout court in tale veste divenir senz’altro cessionaria delle medesime aree, ne consegue, ulteriormente, che non vi era alcuna necessità che la stessa s.r.l. si rendesse acquirente col rogito Ma. delle aree di proprietà della (OMISSIS) s.r.l.; in altre parole, così come ha argomentato la corte territoriale, “la qualità di proprietario della Edilres non aveva alcuna diretta incidenza nella possibilità di ottenere l’assegnazione” (così sentenza d’appello, pag. 12).

E’ difficile ipotizzare pertanto che il possesso dei requisiti necessari onde ottenere, in qualità, in veste di imprenditore, l’assegnazione delle aree de quibus, possa esser stato assunto da ambedue le parti contraenti in guisa di presupposto – non sviluppato ed inespresso condizionante la stipulazione dell’atto ” Ma.”, traslativo del diritto di proprietà: se l’acquisto non era necessario, se “la Edilres non era affatto interessata all’acquisto della proprietà del suolo, ma all’assegnazione del suolo P.E.E.P. ed alla relativa cubatura” (così ricorso, pag. 39), ne discende che la medesima ricorrente non può di certo pretendere di caratterizzare a mò di “mancato avveramento delle previsioni presupposte” (così ricorso, pag. 47) il sopravvenuto fattore ostativo correlato allo status legittimante di titolare di impresa di costruzioni e costituito dalla “iscrizione all’albo dei costruttori, categoria 2, per importo di Lire 1.500.000.000” (così ricorso, pag. 43).

Con l’ottavo motivo la ricorrente deduce “insufficiente e contraddittoria motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio attinente all’inesigibilità del credito oggetto di cessioni della (OMISSIS) s.r.l. a tutte le altre parti indicate in epigrafe. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1260 e segg., anche in relazione all’art. 1325 c.c., n. 3, agli artt. 1346,1418,1470,1256,1463 e 1453 c.c. ed all’art. 186 ter c.p.c. (ordinanza d’ingiunzione provvisoriamente esecutiva). Violazione degli artt. 1218 e 2043 c.c. (Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)” (così ricorso, pag. 54).

Adduce che, contrariamente a quanto affermato dalla corte distrettuale, “il credito non poteva essere fatto valere neppure dai cessionari, i quali erano a conoscenza dell’inesigibilità di esso per aver avuto dal cedente il testo del contratto di compravendita (…) ed aver appreso che il prezzo non sarebbe stato esigibile sino al momento della cancellazione dell’ipoteca a favore della Edil Scavi o del pagamento del relativo debito e sino al momento dell’assegnazione della cubatura” (così ricorso, pagg. 54 – 55); che “invece, con dolo o colpa grave, hanno chiesto l’ingiunzione esecutiva ed hanno iscritto le ipoteche ed eseguito i pignoramenti, mantenendo le prime ed i secondi e determinando la revoca dei fidi alla Edilres” (così ricorso, pag. 55); che dunque “è evidente la violazione degli artt. 1218 e 2043 c.c. e del principio del neminem laedere” (così ricorso, pag. 55).

Con il nono motivo la ricorrente deduce “omessa pronuncia sulla domanda di ammissione delle richieste istruttorie. Violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. (Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)” (così ricorso, pag. 55).

Adduce che la corte territoriale “ha anche implicitamente rigettato le istanze istruttorie ingiustamente escludendo ogni possibilità di prova sui fatti e sul danno, nonchè sulla valutazione del danno” (così ricorso, pag. 55); che, inoltre, del tutto ingiustificatamente non ha dato corso alla formulata richiesta di c.t.u..

Lottavo ed il nono motivo sono evidentemente correlati.

Il che ne suggerisce il vaglio contestuale.

Entrambi i motivi comunque sono destituiti di fondamento.

Rilevano al riguardo talune delle argomentazioni svolte in sede di disamina del quinto e del sesto motivo a supporto del relativo rigetto.

Più esattamente, riveste valenza concludente quanto si è dapprima rimarcato, ovvero che la corte di Lecce ha opinato – ineccepibilmente – per la validità ed efficacia dell’atto d’acquisto in data 29.10.1993 e su tale scorta ha correttamente e condivisibilmente concluso per “l’infondatezza di tutte le pretese fatte valere da Edilres con riferimento alle cessioni del credito relativo al prezzo, cessioni che sono del tutto legittime e dalle quali non può farsi derivare alcun danno” (così sentenza d’appello, pag. 13).

Al contempo non può non darsi atto, segnatamente in ordine al nono motivo, del vizio di “autosufficienza” che lo inficia specificamente in ordine alle istanze di prova ed alla richiesta di c.t.u. ingiustificatamente – si argomenta – disattese dalla corte di merito.

Con il decimo motivo la ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e segg., anche in relazione all’art. 112 c.p.c., cioè del principio di soccombenza riguardo alle parti del processo che non hanno impugnato la sentenza di primo grado e del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Omessa o, almeno, insufficiente e contraddittoria motivazione riguardo alle spese processuali di primo grado (Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)” (così ricorso, pag. 56).

Adduce che, eccezion fatta per la (OMISSIS) s.r.l., “tutte le altre parti convenute in appello non hanno impugnato la sentenza di primo grado ed hanno solo richiesto il rigetto dell’appello proposto dalla Edilres” (così ricorso, pag. 56); che perciò non si giustifica la sua condanna “alle spese di primo grado nei loro confronti” (così ricorso, pag. 57).

Il motivo è fondato e meritevole di accoglimento.

Invero il primo giudice aveva integralmente compensato tra le parti costituite le spese del primo grado (cfr. sentenza d’appello, pag. 8).

Avverso la statuizione di prime cure unicamente il curatore del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. aveva esperito appello incidentale.

Il SanPaolo Banco di Napoli s.p.a., il M.P.S. Gestione Crediti Banca s.p.a., il Gruppo Ceramiche Ricchetti s.p.a. e I.L., pur costituitisi in sede di gravame, si erano limitati ad instare per il rigetto dell’impugnazione principale.

Nei confronti del SanPaolo Banco di Napoli s.p.a., del M.P.S. Gestione Crediti Banca s.p.a., del Gruppo Ceramiche Ricchetti s.p.a. e di I.L. si era, pertanto, determinata la preclusione correlata al giudicato interno susseguente alla mancata impugnazione – mercè appello incidentale – del capo del dictum di prime cure con cui era stata disposta la compensazione delle spese di lite.

In accoglimento del decimo motivo del ricorso la sentenza n. 42/2011 della corte d’appello di Lecce va dunque cassata limitatamente al motivo accolto.

E’ ben evidente, tuttavia, che in parte qua agitur non si prospetta la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, di guisa che nulla osta a che, in esito all’accoglimento del decimo motivo, questa Corte provveda nel merito – giusta la previsione dell’art. 384 c.p.c., comma 2, seconda parte – e conseguentemente espunga dalla statuizione di seconde cure la condanna della Edilres s.r.l. a rimborsare al Banco di Napoli s.p.a., al M.P.S. Gestione Crediti Banca s.p.a., al Gruppo Ceramiche Ricchetti s.p.a. ed a I.L. le spese e le competenze tutte relative al giudizio di primo grado.

L’accoglimento del ricorso, seppur limitatamente al decimo motivo, suggerisce la compensazione integrale delle spese del presente grado di legittimità con riferimento al rapporto processuale tra la Edilres s.r.l., da un lato, ed il Banco di Napoli s.p.a., il M.P.S. Gestione Crediti Banca s.p.a. ed il Gruppo Ceramiche Ricchetti s.p.a., dall’altro (il circoscritto accoglimento del ricorso vale a qualificare, al contempo, come del tutto ingiustificata la domanda risarcitoria ex art. 96 c.p.c., formulata Gruppo Ceramiche Ricchetti s.p.a.).

Il rigetto dei primi nove motivi di ricorso giustifica, viceversa, la condanna della ricorrente Edilres s.r.l. al rimborso in favore del curatore del fallimento della (OMISSIS) s.r.l., delle spese del grado di legittimità.

La liquidazione segue come da dispositivo.

I.L., E.G., il curatore del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. (poi denominata (OMISSIS) s.r.l.), la (OMISSIS) s.r.l., M.W. e R.G. non hanno svolto difese.

Nessuna statuizione nei loro confronti va pertanto assunta in ordine alle spese”.

6. – Per la revocazione della sentenza della Corte di Cassazione n. 18663 del 2015 la Edilres s.r.l. ha proposto ricorso, con atto notificato il 29 luglio 2016, sulla base di nove motivi.

Hanno resistito, con separati controricorsi, la curatela del fallimento (OMISSIS) s.r.l., il Banco di Napoli s.p.a. e Italfondiario s.p.a., quale procuratrice di Sestino Securitisation s.r.l., avente causa dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. (MPS).

Nessuno degli altri intimati ha svolto attività difensiva in questa sede.

La ricorrente ha depositato una memoria illustrativa in prossimità dell’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo (erronea assegnazione, per la discussione nella pubblica udienza, alla Seconda Sezione civile, dopo che il ricorso era stato esaminato e delibato, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., dalla Sesta Sezione, poichè le norme di rito non prevedono per la cognizione piena l’assegnazione ad un diverso collegio, dopo che il ricorso sia stato delibato in Camera di consiglio ai sensi di detta norma) la ricorrente sostiene che l’erronea assegnazione della causa alla Seconda Sezione civile avrebbe comportato valutazioni diverse: “il collegio della Sesta Sezione avrebbe dovuto essere ricostituito per quanto possibile dagli stessi componenti che avevano esaminato il ricorso ex art. 380-bis c.p.c., che avrebbe dovuto decidere nella cognizione piena e soprattutto relatore avrebbe dovuto essere il Dott. P., che aveva svolto tale funzione nella camera di consiglio”. L’assegnazione ad altra Sezione avrebbe comportato la violazione del principio di immutabilità del giudice e, quindi, la nullità della sentenza.

2.1. – Il motivo è inammissibile.

In primo luogo perchè l’errore ipotizzato dalla ricorrente concerne una nullità procedimentale che si sarebbe verificata nella trattazione e nella decisione del ricorso da parte del collegio della sezione ordinaria, laddove la revocazione di una sentenza della Corte di cassazione può essere domandata solo ove sia dedotto che la decisione sia frutto di un errore di fatto che dia luogo ad un indiscutibile contrasto tra quanto in essa rappresentato e le oggettive risultanze processuali (Cass. Sez. 2, 6 giugno 2017, n. 14002).

Si è pertanto al di fuori dello statuto dell’errore di fatto revocatorio, che consiste in un errore di percezione che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto decisivo che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa (Cass., Sez. lav., 10 giugno 2009, n. 13367).

In ogni caso, non sussiste la nullità processuale lamentata dalla ricorrente, perchè nel processo civile di cassazione – una volta che la causa sia rinviata alla pubblica udienza della sezione semplice per non avere il collegio della sezione-filtro (la sesta sezione civile) ritenuto ricorrente l’ipotesi di definizione in Camera di consiglio ipotizzata dal relatore con la proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nessuna disposizione, nè ordinamentale nè processuale, prescrive che relatore della causa sia il medesimo giudice che ha formulato la proposta di definizione per la camera di consiglio dinanzi all’apposita sezione nè, tanto meno, che l’intero collegio dell’udienza pubblica sia composto dagli stessi giudici che si sono precedentemente riuniti in adunanza camerale. Nè rileva il principio dell’immutabilità del collegio: esso, infatti, è inteso unicamente ad assicurare che i giudici che pronunciano la sentenza di cassazione siano gli stessi che hanno assistito alla discussione della causa, cosicchè trova applicazione dall’apertura della discussione ex art. 379 c.p.c., fino alla deliberazione della decisione (Cass., Sez. 1, 15 maggio 2009, n. 11295; Cass., Sez. 6-1, 20 settembre 2013, n. 21667).

2. – Con il secondo motivo di revocazione, la ricorrente deduce che, nel respingere il primo motivo del ricorso per cassazione, la Corte avrebbe “commesso due evidenti errori di fatto”.

(a) La Corte avrebbe, in primo luogo, ritenuto che l’eccezione di inadempimento alla domanda di controparte di pagamento del prezzo di vendita, fondata sulla mancanza delle condizioni di efficacia del contratto, anche per la mancata cancellazione dell’ipoteca iscritta in favore di Edilscavi sull’immobile compravenduto, fosse stata fondata su un fatto (mancata cancellazione dell’ipoteca) dedotto per la prima volta nella conclusionale. Sotto questo profilo, la ricorrente osserva invece che nel verbale di prima udienza del 26 giugno 2007 la circostanza fu dedotta dal difensore di Edilres, e che a pag. 25 del ricorso introduttivo è scritto testualmente che la domanda proposta in primo grado e riformulata in appello (cfr. foglio di conclusioni precisate nell’udienza del 9 dicembre 2008, in contrasto con l’avverso appello incidentale, con cui era stata riproposta l’inammissibile domanda riconvenzionale), era così formulata: “Si pronunci l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello proposto in via incidentale dal Fallimento (OMISSIS) s.r.l. e se ne chiede il rigetto, anche per l’inadempimento di detta società consistente nel non (avere provato di) avere provveduto alla cancellazione dell’ipoteca che gravava sull’immobile oggetto del contratto, secondo la clausola in questo prevista”.

(b) Altrettanto erroneamente la Corte avrebbe ritenuto carente il motivo per violazione del principio di autosufficienza per non avere la ricorrente riportato il testo del contratto: al contrario – si osserva detta clausola sarebbe stata testualmente trascritta nelle pagine 25 e 26 del ricorso ed il testo di essa sarebbe stato già riportato a pag. 4 di esso, nell’esposizione dei fatti.

2.1. – Il motivo è infondato quanto al primo profilo e inammissibile in relazione al secondo.

Sotto il primo profilo (sub a), va rimarcato che è la stessa ricorrente per revocazione (a pag. 37) che, nel ribadire quanto esposto (a pag. 25) nell’originario ricorso per cassazione, deduce che la questione dell’inadempimento della società (OMISSIS) consistente nel non (avere provato di) avere provveduto alla cancellazione dell’ipoteca che (iscritta a favore della Edil Scavi s.r.l.) gravava sull’immobile oggetto del contratto, secondo la clausola in esso prevista, è stata prospettata, in appello, nel verbale di prima udienza del 26 giugno 2007 e nelle conclusioni precisate nell’udienza del 9 dicembre 2008.

Ora, poichè nè l’atto di citazione in primo grado nè l’atto di appello principale della Edilres hanno fatto il minimo riferimento a tale mancata cancellazione, correttamente, e senza incorrere in alcun vizio revocatorio, la Corte di cassazione, con la sentenza qui impugnata, ha escluso il lamentato vizio di omessa pronuncia (articolato con il primo motivo di ricorso per cassazione), giacchè la materia del contendere non era suscettibile di estendersi a profili di inadempimento totalmente nuovi, mai dedotti in primo grado – come risulta dal testo della sentenza del Tribunale di Lecce in data 2 maggio 2005 – e neppure con l’atto introduttivo del giudizio di gravame.

Quanto al secondo profilo (sub b), relativo alla carenza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, la doglianza della ricorrente non coglie la ratio decidendi.

E’ bensì esatto che con il ricorso per cassazione (a pag. 4 e a pag. 26) la Edilres riproduceva il testo della clausola relativa all’obbligo della società venditrice di dimostrare che l’ipoteca iscritta a favore della Edil Scavi “è stata cancellata, oppure che il debito è stato pagato o che la cancellazione è in corso”. Sennonchè, nel richiamare il canone dell’autosufficienza, la sentenza impugnata per revocazione non ha di certo mancato di considerare l’avvenuta trascrizione della clausola, ma ha ravvisato la necessità che la ricorrente riproducesse “più o meno testualmente” l’intero “atto di acquisto per notar Ma. del 29 ottobre 1993”, senza “limitarsi a enuclearne singoli stralci”.

3. – Con il terzo motivo la Edilres prospetta che, anche nel respingere il secondo motivo, la Corte sarebbe incorsa in un errore di fatto. Si assume che la Corte d’appello non ha deciso sull’eccezione di inammissibilità della domanda di risoluzione del contratto, proposta con l’appello incidentale della curatela del fallimento (OMISSIS) s.r.l., senza che fosse stata proposta, in primo grado, alcuna corrispondente domanda. La domanda nuova doveva essere rigettata in appello. La questione – si lamenta – era rilevante per le spese processuali. La motivazione esposta nelle pagine 13-14 della sentenza della Corte di Cassazione non avrebbe alcuna pertinenza con il secondo motivo del ricorso.

3.1. – Il motivo è inammissibile, perchè con esso la ricorrente prospetta, non un errore di fatto revocatorio, ma un presunto errore di giudizio per non avere la Corte di Cassazione censurato l’omessa pronuncia della Corte d’appello sulla eccezione di inammissibilità della domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto, in quanto avanzata (tardivamente) dalla curatela del fallimento (OMISSIS) con l’appello incidentale.

In ogni caso la censura non tiene conto della ragione che sostiene la sentenza impugnata. Essa ben chiarisce infatti che la curatela del fallimento (OMISSIS) aveva proposto, con l’appello incidentale, una richiesta principale e una richiesta subordinata (di accoglimento della domanda di risoluzione contrattuale per inadempimento della Edilres, con condanna alla restituzione dell’immobile e al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede); e poichè la Corte d’appello ha respinto l’appello principale della Edilres mentre ha accolto la prospettazione principale dell’appello incidentale della curatela, correttamente essa si è astenuta dall’esame di ogni profilo di ammissibilità e di merito della richiesta subordinata formulata dall’appellante in via incidentale, avendola ritenuta – evidentemente – assorbita, e quindi avendola reputata superflua per effetto della decisione (di segno positivo) sulla richiesta principale.

4. – Il quarto motivo di ricorso per revocazione si riferisce al terzo motivo di ricorso per cassazione (riguardante l’invalidità e l’inefficacia del contratto di vendita per indeterminabilità del prezzo), respinto sul rilievo che “il giudice d’appello aveva rigettato il gravame principale ed in tal guisa aveva reputato immeritevoli di seguito pur il primo motivo d’impugnazione punti sub 1^, 2^ e 4^ pag. 22-23 dell’atto d’appello”. Secondo la ricorrente, anche questa parte della motivazione conterrebbe errori di fatto. La Corte di cassazione avrebbe erroneamente ritenuto che il secondo giudice avesse deciso al riguardo, laddove, in realtà, mancherebbe nella sentenza di secondo grado qualsiasi riferimento alla questione sulla indeterminabilità del prezzo di vendita e, quindi, sulla nullità del contratto. Sia la Corte di merito che la Corte di cassazione avrebbero trascurato la clausola secondo cui “Naturalmente, per effetto dell’assegnazione definitiva in proprietà da parte del Comune, il prezzo di cui sopra potrà essere superiore o inferiore; la differenza dovrà essere regolata alle scadenze di cui sopra, salvo conguaglio”. Ad avviso della ricorrente, detta clausola “era significativa per la decisione del terzo motivo d’appello perchè se ne evince l’impossibilità di determinazione del prezzo senza l’assegnazione del suolo e della cubatura, anche se i termini della scadenze delle rate del prezzo erano state previste, ma evidentemente condizionate nel quantum alla definitiva determinazione del prezzo, mai avvenuta ed impossibile da avvenire”. La Corte di merito e la Corte di legittimità avrebbero “confuso la scadenza delle rate con la determinazione del prezzo, possibile solo con l’assegnazione del suolo e della cubatura ad Edilres”. La scadenza delle rate previste nel contratto per il pagamento del prezzo sarebbe “elemento del tutto diverso dalla indeterminabilità di esso per la mancata assegnazione, ad Edilres, del suolo e della relativa cubatura”. “Sia nei punti 1^, 2^, 3^ e 4^ dell’atto di appello, che nel terzo motivo del ricorso in cassazione, sono chiaramente indicate le ragioni nell’impossibile determinazione del prezzo definitivo di vendita per la mancata assegnazione del suolo e di alcuna cubatura ad Edilres. In mancanza dell’assegnazione della cubatura, il prezzo non era determinabile e la vendita era nulla”. “La Corte d’appello prima e la Suprema Corte dopo non hanno affatto indicato, in mancanza di assegnazione di alcuna cubatura, da cui dipendeva la determinazione del prezzo, come avrebbe potuto, questo, essere determinato, perchè, al contrario di quanto si è erroneamente presunto, in realtà il suolo non è stato assegnato ad Edilres e mai è stata assegnata alcuna cubatura. Ciò non è stato oggetto di contestazione ed è fatto pacifico, erroneamente non tenuto in alcuna considerazione”. “Nessuna parte della sentenza d’appello era stata dedicata a questo profilo e la contraria affermazione contenuta nella sentenza della Suprema Corte sarebbe erronea nel fatto, contrastante con gli atti del processo”.

4.1. – Il motivo è inammissibile, perchè – sebbene formalmente denunci gli errori di fatto in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata per revocazione – mira in realtà, attraverso il mezzo del ricorso per revocazione, ad una rinnovata decisione di questa Corte, censurando direttamente la formulazione del giudizio reso da questa Corte con riguardo al terzo motivo dell’originario ricorso per cassazione.

Ma il mezzo così articolato, investendo l’attività valutativa e interpretativa del giudice al fine di sollecitare una revisione del precedente giudizio di legittimità, si pone al di là dell’ambito del giudizio di revocazione, sicchè non può avere ingresso (cfr. Cass., Sez. lav., 18 maggio 2006, n. 11657); tanto più che la sentenza impugnata – con puntuale aderenza agli atti processuali – ha inoppugnabilmente evidenziato che la Corte d’appello di Lecce non solo ha rigettato l’appello principale della Edilres (e quindi ritenuto non meritevoli di seguito anche il primo motivo di gravame nei punti sub 1^, 2^ e 4^ pagg. 22-23 dell’atto di appello), ma ha anche spiegato, con una esaustiva e coerente argomentazione (espressa a pag. 13 della sentenza della Corte salentina), che il corrispettivo dell’alienazione era stato fissato in una misura ben determinata ed agganciato ad un elemento di valutazione che valeva a fissarlo in Lire 1.000.000.000 con pagamenti, dilazionati nel tempo, a partire dalla stipula, fissandosi termini in ogni caso da rispettare, indipendentemente dal fatto che prima di essi venisse definito il procedimento di assegnazione.

5. – Il quinto mezzo concerne l’errore di fatto” “contenuto nella pag. 17 della sentenza, sul quarto motivo di ricorso”, là dove è scritto: “Per altro verso, il vizio di autosufficienza in rapporto all’atto di acquisto per notar Ma. del 29.10.1993 in precedenza posto in risalto rileva pur in sede di disamina del motivo de quo propriamente in relazione al profilo di omessa pronuncia sulla domanda di risoluzione del contratto di compravendita per grave inadempimento della (OMISSIS) s.r.l. per non avere atteso alla cancellazione dell’ipoteca gravante sull’immobile oggetto del contratto (e, ben vero, a prescindere dalla irrituale introduzione da parte della Edilres, per la prima volta, della domanda di risoluzione de qua con la comparsa conclusionale in appello)”.

Contrariamente a quanto scritto nella sentenza, “nel quarto motivo di ricorso è espressamente riferita la domanda, formulata non già per la prima volta nella comparsa conclusionale, ma prima dell’udienza del 26 giugno 2007 e poi sul foglio allegato al verbale di udienza del 9 dicembre 2008 di precisazione delle conclusioni, ad ulteriore specificazione dei motivi di risoluzione del contratto per grave inadempimento anche per non avere la (OMISSIS) s.r.l. provveduto alla cancellazione dell’ipoteca che gravava sull’immobile oggetto del contratto, secondo la clausola in essa prevista”. Riportando quanto scritto nel verbale di udienza del 26 giugno 2007, la ricorrente deduce che “le controparti non contestavano la circostanza” (il non avere la Edil Scavi cancellato l’ipoteca sul fondo oggetto di causa): “essa era rilevante non solo come motivo d’inesigibilità del prezzo di vendita per tutte le controparti, compresi cessionari, secondo la relativa clausola innanzi riportata, ma anche come fondata eccezione d’inadempimento della prestazione dovuta dalla (OMISSIS) s.r.l.”. Sarebbe “evidente l’errore materiale su una circostanza non contestata, su un’eccezione ammissibile e sulla causa petendi della domanda di Edilres, per la quale è stato accettato il contraddittorio, la cui correzione non può non comportare la revocazione della sentenza”. Riguardo all’autosufficienza del ricorso, la ricorrente osserva che “risulta dal testo di esso, sia nella narrazione dei fatti, che nel primo motivo di impugnazione, che la clausola inerente l’obbligo di cancellazione dell’ipoteca in favore di Edil Scavi è stata integralmente e testualmente riportata e, quindi, nella motivazione sul punto si riferisce una circostanza diversa da quanto risulta dagli atti”.

5.1. – Il motivo è infondato, per la parte in cui non è inammissibile.

Occorre rilevare che è la stessa ricorrente per revocazione (a pag. 40) a dedurre che la mancata cancellazione dell’ipoteca sul fondo oggetto di causa (vantando ancora la Edil Scavi il relativo credito) è stata prospettata, in appello, nel verbale di prima udienza del 26 giugno 2007 e nelle conclusioni precisate nell’udienza del 9 dicembre 2008.

Ora, poichè nè l’atto di citazione in primo grado nè l’atto di appello principale della Edilres hanno fatto il minimo riferimento a tale mancata cancellazione, correttamente, e senza incorrere in alcun vizio revocatorio, la Corte di Cassazione, con la sentenza qui impugnata, ha escluso il lamentato vizio di omessa pronuncia, stante la irrituale e tardiva introduzione da parte della Edilres nel corso del giudizio di appello della domanda di risoluzione del contratto di compravendita per grave inadempimento della (OMISSIS) s.r.l. per non avere atteso alla cancellazione dell’ipoteca gravante sull’immobile oggetto del contratto.

Quanto al secondo profilo relativo al difetto di autosufficienza, la doglianza della ricorrente non coglie la ratio decidendi.

Come già esposto retro, sub 2.1., è certamente esatto che con il ricorso per cassazione la Edilres riproduceva il testo della clausola relativa all’obbligo della società venditrice di dimostrare che l’ipoteca iscritta a favore della Edil Scavi “è stata cancellata, oppure che il debito è stato pagato o che la cancellazione è in corso”. Sennonchè, nel richiamare il canone dell’autosufficienza, la sentenza impugnata per revocazione non ha di certo mancato di considerare l’avvenuta trascrizione della clausola, ma ha ravvisato la necessità che la ricorrente riproducesse l’intero “atto di acquisto per notar Ma. del 29 ottobre 1993”, senza limitarsi a enuclearne singoli stralci.

6. – Con il sesto motivo di ricorso per revocazione la ricorrente deduce che “il rigetto dei motivi quinto e sesto è consequenziale all’errore di fatto che ha determinato il rigetto dei motivi terzo e quarto ed è anche in evidente erronea sconnessione con l’accoglimento del decimo motivo del ricorso”. Invero – lamenta la Edilres – “se la sentenza d’appello non ha pronunciato sull’invalidità del contratto di vendita per indeterminabilità del prezzo, nessuna coerente pronuncia è avvenuta in appello ed in cassazione sulla domanda d’invalidità delle cessioni di un contratto nullo e sulla conseguente responsabilità dei cessionari per avere messo in esecuzione i titoli esecutivi, costituiti dalle ordinanze d’ingiunzione provvisoriamente esecutive, con iscrizioni ipotecarie, pignoramenti immobiliari ed atti d’intervento in essi ai danni di Edilres”. D’altra parte, “se è vero, come è vero, che i cessionari del presunto credito di (OMISSIS) s.r.l. non hanno impugnato la sentenza di primo grado ed hanno fatto acquiescenza ad essa, non vi è dubbio che nei loro confronti si è formato il giudicato sull’inesigibilità di esso e, quindi, è implicito che essi non avrebbero potuto chiedere le ordinanze d’ingiunzione per un credito inesigibile, iscrivere ipoteca sui beni di Edilres e promuovere azioni esecutive”.

6.1. – Il motivo è inammissibile.

Esso muove, innanzitutto, dal presupposto, inesatto, che il rigetto del quinto e del sesto motivo dell’originario ricorso per cassazione derivi da un errore di fatto revocatorio compiuto dalla Corte di Cassazione nello scrutinio del terzo e del quarto motivo del ricorso. Poichè tuttavia tali supposti errori revocatori non sono configurabili nella decisione relativa al terzo ed al quarto motivo di ricorso per cassazione (per le ragioni espresse retro, sub 4.1. e 5.1.), è da escludere il denunciato vizio revocatorio per propagazione o per conseguenzialità.

Inoltre, il motivo deduce come motivo di revocazione il contrasto tra l’erroneo rigetto del quinto e del sesto motivo e l’accoglimento del decimo motivo: ma ciò attiene, semmai, ad un preteso vizio di contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, non riconducibile all’errore di fatto di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4 e art. 391-bis c.p.c..

7. – Il settimo motivo denuncia un ulteriore errore di fatto riguardante il settimo motivo di ricorso, “che si fonda innanzi tutto sul principio di autosufficienza del ricorso, perchè non sarebbe stato riportato il bando che prevedeva specificamente i soggetti legittimati a partecipare al concorso”. Prospetta la ricorrente, al contrario, che: (a) il bando di concorso del 18 novembre 1994 è stato prodotto sia nel fascicolo di primo grado che in quello di appello e, quindi, il giudice del merito e quello di legittimità erano in grado di esaminarlo; (b) l’autosufficienza del ricorso non include la trascrizione integrale del bando, atto amministrativo generale con valore normativo per i partecipanti alla gara; (c) è fatto pacifico che Edilres non aveva avuto alcuna assegnazione di suolo, nè alcuna cubatura per non possedere i requisiti del bando di concorso 18 novembre 1994; (d) detto bando “al contrario di quanto erroneamente presupposto dalla Corte di merito” e dalla “Corte della legittimità” – “non aveva affatto previsto la categoria di proprietari espropriati… come titolo preferenziale per l’assegnazione del suolo e della cubatura”; (e) sarebbe irragionevole applicazione del principio di “autosufficienza”, contrastante con quello di sinteticità del ricorso, “affermare che si sarebbe dovuto trascrivere l’intero bando (pur allegato ai due fascicoli di parte delle fasi di merito) per dimostrare che non prevedeva la categoria dei proprietari espropriati come titolo legittimante e/o preferenziale per la partecipazione al concorso”; (f) il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, è rispettato quanto la parte indichi con precisione in quale atto (di parte o di ufficio) si riscontra quanto essa va chiedendo o affermando.

La ricorrente deduce che “le censure contenute nelle ben 19 pagine dedicate al settimo motivo di ricorso sono state liquidate con la scarna motivazione contenuta in una sola pagina (due righi della pag. 22 e la pag. 23 meno tre righi) della sentenza della Suprema Corte, in cui è sostanzialmente e pedissequamente riportata la motivazione della Corte salentina e null’altro, ampiamente censurata nelle 19 pagine del settimo motivo di ricorso con specifici riferimenti a norme, a fatti ed a logiche presunzioni”.

Assume la ricorrente che entrambe le parti contraenti nella compravendita avevano presupposto l’assegnazione del suolo e della cubatura come fatto essenziale e condizionante della conclusione del contratto e della determinazione del prezzo. Non si potrebbe ritenere ragionevolmente che la (OMISSIS) s.r.l. potesse contemplare che la Edilres avesse interesse ad acquistare un terreno, già soggetto ad espropriazione per pubblica utilità, al fine di ottenere l’indennità certamente inferiore al prezzo da determinare in base alla cubatura che sarebbe stata assegnata, poichè tale previsione era espressamente contenuta nel contratto. Essa era condizionante sia come presupposizione che come criterio di determinazione del prezzo.

Ad avviso della ricorrente, la Corte non avrebbe affrontato e risolto le questioni analiticamente esposte a sostegno del settimo motivo: “se il motivo del ricorso fosse stato esaminato, la eventuale contraria motivazione sarebbe stata ben più articolata rispetto a quella con la quale è stata soltanto riprodotta la motivazione della sentenza d’appello”.

7.1. – Il motivo è inammissibile, sotto entrambi i profili in cui si articola.

Quanto al primo profilo, relativo all’applicazione (come ratio concorrente della decisione di “non meritevolezza di seguito” del settimo motivo di ricorso) del principio di autosufficienza, per non essere stato riportato nel ricorso il bando del 18 novembre 1984 che prevedeva specificamente i soggetti legittimati a partecipare al concorso, va escluso che possa sostanziare un errore revocatorio l’applicazione del principio di autosufficienza in ordine a uno dei motivi di ricorso, per omessa trascrizione del contenuto di un documento (Cass., Sez. 6-5, 31 agosto 2017, n. 20635). Il motivo di ricorso, infatti, non mette in dubbio la circostanza della non trascrizione nel ricorso del suindicato documento, ma in sostanza contesta la valutazione giuridica circa la necessità della trascrizione medesima (Cass., Sez. lav., 30 agosto 2000, n. 11408; Cass., Sez. 1, 23 maggio 2006, n. 12154).

In ordine al secondo profilo, va rilevato (con riferimento alla seconda ratio decidendi) che la Corte di Cassazione, nel respingere il settimo motivo di ricorso, dopo avere puntualmente richiamato i precedenti della giurisprudenza di legittimità in tema di interpretazione del contratto, ha affermato che “l’interpretazione patrocinata dalla corte distrettuale è in toto inappuntabile, giacchè, per un verso, non si prospetta in spregio ad alcun criterio legale, (e), per altro verso, risulta sorretta da motivazione esaustiva, congrua e logica”.

Ora, la Edilres contesta questa conclusione, rilevando che “le censure contenute nelle ben 19 pagine dedicate al settimo motivo di ricorso sono state liquidate con la scarna motivazione contenuta in una sola pagina” e lamentando che la Corte non avrebbe “affatto affrontato e risolto le questioni analiticamente esposte a sostegno del settimo motivo”. Ma, in questo modo, la ricorrente finisce con il reintrodurre, inammissibilmente, il thema decidendum originario, al fine di sollecitare una revisione del precedente giudizio di legittimità, adducendo come presunti errori di fatto atti a configurare un errore revocatorio quelle che, in realtà, nient’altro sono se non manifestazioni di dissenso e di non condivisione della decisione impugnata.

8. – Con l’ottavo motivo si deduce che l’ottavo e il nono motivo del ricorso “sono stati trattati congiuntamente e sommariamente rigettati con motivazione consequenziale rispetto al rigetto dei precedenti ed in evidente contraddizione con l’accoglimento del decimo motivo in cui è stata dichiarata la formazione del giudicato interno della sentenza di primo grado riguardo ai cessionari del credito di (OMISSIS) s.r.l.”; anche questa volta la Corte di cassazione avrebbe “enunciato, in contrasto con la realtà, che sarebbe stato violato il principio di autosufficienza perchè non sarebbero state riportate le istanze istruttorie avanzate nelle precedenti fasi di merito”. La ricorrente prospetta di avere – al contrario di quanto affermato dalla Corte nella motivazione sul nono motivo – provveduto a pag. 20 del ricorso per cassazione a trascrivere testualmente per intero le richieste istruttorie formulate in primo grado e riformulate in appello. Deduce inoltre che nelle conclusioni rassegnate in appello per Edilres era stato espressamente eccepito che nessuno dei cessionari aveva proposto appello avverso la sentenza di primo grado e che essi vi avevano fatto acquiescenza: il che ne comportava il passaggio in giudicato anche riguardo all’inesigibilità del credito ceduto nei confronti dei cessionari, errore ripetuto anche nella decisione del decimo motivo di ricorso.

8.1. – La censura è inammissibile.

Il rigetto dell’ottavo e del nono motivo del ricorso per cassazione – scrutinati congiuntamente – è dipeso dalla cospirante convergenza di due rationes decidendi.

La prima – indicata come prioritaria, tanto da rivestire “valenza concludente” – è basata sul rilievo che “la Corte di Lecce ha opinato ineccepibilmente – per la validità ed efficacia dell’atto di acquisto in data 29 ottobre 1993 e su tale scorta ha correttamente e condivisibilmente concluso per l’infondatezza di tutte le pretese fatte valere da Edilres con riferimento alle cessioni del credito relativo al prezzo, cessioni che sono del tutto legittime e dalle quali non può farsi derivare alcun danno”.

Con la seconda ratio la Corte di cassazione ha dato atto, “segnatamente in ordine al nono motivo”, “del vizio di autosufficienza che lo inficia specificamente in ordine alle istanze di prova ed alla richiesta di c.t.u. ingiustificatamente – si argomenta – disattese dalla Corte di merito”.

Con l’odierna impugnazione, la ricorrente deduce un errore di fatto revocatorio che inficerebbe (esclusivamente) la seconda ratio decidendi, perchè sarebbe “in contrasto con la realtà” la rilevata violazione del principio di autosufficienza argomentata con il rilievo che non sarebbero state riportate le istanze istruttorie avanzate nelle precedenti fasi di merito.

Con riguardo alla prima ratio decidendi, la ricorrente si limita ad osservare, genericamente, che il rigetto dei motivi sarebbe “in evidente contraddizione con l’accoglimento del decimo motivo in cui è stata dichiarata la formazione del giudicato interno della sentenza di primo grado riguardo ai cessionari del credito di (OMISSIS) s.r.l.”.

Sennonchè, il supposto contrasto tra l’erroneo rigetto dell’ottavo e del nono motivo e l’accoglimento del decimo motivo non integra un vizio revocatorio, dando luogo, semmai, ad un vizio di contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, non riconducibile all’errore di fatto di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4 e art. 391-bis c.p.c..

Essendo inammissibile la censura rivolta alla prima ratio decidendi, diventa inammissibile, per difetto di interesse, quella prospettata nei confronti della seconda. Trova applicazione, al riguardo, il principio secondo cui quando una sentenza di cassazione, impugnata in sede di revocazione, si fonda su distinte ed autonome rationes decidendi ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perchè possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile, da un lato, che il soccombente censuri tutte le riferite rationes, dall’altro che tali censure risultino tutte fondate; ne consegue che, dichiarato inammissibile il motivo che investe una delle riferite argomentazioni, a sostegno della sentenza impugnata, è inammissibile, per difetto di interesse, la restante censura, atteso che anche se quest’ultima dovesse risultare fondata, non per questo potrebbe mai giungersi alla revocazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio ritenuta priva del supposto vizio revocatorio o, comunque, non idoneamente censurata (cfr. Cass., Sez. 3, 24 maggio 2006, n. 12372).

9. – Con il nono motivo la ricorrente lamenta l’errore materiale” occorso nello scrutinio del decimo motivo di ricorso, consistito nell’avere la Corte “dichiarato il giudicato interno della sentenza di primo grado nei confronti delle parti predette, limitandolo, però, alla compensazione delle spese di lite”. Sarebbe evidente, invece, che “se giudicato interno vi è stato sulla sentenza di primo grado nei confronti di tutte le parti diverse dal fallimento (OMISSIS) s.r.l., esso riguarda l’intera sentenza di primo grado cui tutti i cessionari del credito di (OMISSIS) hanno assentito, con gli effetti conseguenti, non solo sotto il profilo delle spese di lite”.

9.1. – Il motivo è inammissibile.

L’erronea presupposizione della inesistenza di un giudicato interno, riveniente dalla sentenza di primo grado, esteso, nei confronti dei cessionari, alla inesigibilità del credito loro ceduto, non integra un errore revocatorio rilevante ex art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. U., 16 novembre 2004, n. 21639; Cass., Sez. 3, 5 maggio 2017, n. 10930), il giudicato, sia esso interno od esterno, costituendo la “regola del caso concreto”, partecipa della qualità dei comandi giuridici, di guisa che, come la sua interpretazione non si esaurisce in un giudizio di fatto, ma deve essere assimilata, per la sua intrinseca natura e per gli effetti che produce, all’interpretazione delle norme giuridiche, così l’erronea presupposizione della sua inesistenza, equivalendo ad ignoranza della regula iuris, rileva, non quale errore di fatto, ma quale errore di diritto, inidoneo, come tale, a integrare gli estremi dell’errore revocatorio contemplato dall’art. 395, n. 4, essendo, in sostanza, assimilabile al vizio del giudizio sussuntivo, consistente nel ricondurre la fattispecie ad una norma diversa da quella che reca, invece, la sua diretta disciplina, e, quindi, ad una falsa applicazione di norma di diritto.

10. – Il ricorso per revocazione è inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

11. – Poichè il ricorso per revocazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti, che liquida, per la curatela del fallimento (OMISSIS) s.r.l., in Euro 7.200, di cui Euro 7.000 per compensi, oltre a spese generali nella misura del 15% e ad accessori di legge, e, per ciascuno degli altri controricorrenti, in Euro 6.200, di cui Euro 6.000 per compensi, oltre a spese generali nella misura del 15% e ad accessori di legge; dichiara – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 – la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 13 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2017

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