Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29420 del 15/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 15/11/2018, (ud. 19/09/2018, dep. 15/11/2018), n.29420

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17037-2017 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI, LIDIA CARCAVALLO, SERGIO

PREDEN, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

U.M.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1332/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 12/05/2017 R.G.N. 1400/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/09/2018 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato LUIGI CALIULO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Lecce, con sentenza del 12 maggio 2017, ha rigettato il gravame dell’Inps e confermato la sentenza con la quale l’Istituto era stato condannato al pagamento in favore di U.M.G. dei ratei della pensione anticipata di vecchiaia a decorrere dal 27 luglio 2014 (data del compimento del cinquantacinquesimo anno di età) essendo stata verificata la sussistenza dei requisiti contributivi e sanitari ed esclusa l’applicabilità delle cosiddette finestre mobili D.L. n. 201 del 2011, ex art. 24, comma 5.

2. A fondamento della pronuncia la Corte osservava che il sistema delle finestre, introdotto dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12 convertito in L. n. 122 del 2010, non si potesse riferire – per motivi letterali e logici – alla categoria dei lavoratori gravemente invalidi e quindi alla pensione di vecchiaia anticipata e si applicasse, invece, soltanto a coloro che acquisiscono il diritto a pensione di vecchiaia al raggiungimento di determinati requisiti anagrafici, stante l’evidente esclusione, dalla sfera di applicazione, di coloro che possono conseguire la pensione di vecchiaia in età diversa perchè invalidi in misura non inferiore all’80 per cento; la peculiare condizione sanitaria dei predetti soggetti portava, inoltre, ad affermare che il limite di età, per la pensione anticipata, non fosse slittato neppure in dipendenza dell’adeguamento dei requisiti di accesso agli incrementi delle speranze di vita secondo la disciplina dettata, in proposito, dal citato D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 12-bis.

3. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Inps con un motivo, illustrato da memoria; U.M.G. è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con l’unico motivo di ricorso l’Inps, denunciando la violazione del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12 convertito nella L. 30 luglio 2010, n. 122 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), assume che la norma, che ha disposto in via generale lo slittamento di dodici mesi per il conseguimento del diritto al trattamento di vecchiaia, si riferiva non solo ai soggetti che maturano, a far tempo dal gennaio 2011, il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia a 60 anni se donne ed a 65 anni se uomini, ma anche, come ricavato dal dato testuale, a tutti gli altri assicurati che maturano il diritto alle diverse età previste dalle norme di riferimento, compresi i pensionati di vecchiaia anticipata.

5. Ad avviso dell’ente previdenziale, il legislatore aveva previsto espressamente le deroghe relative allo slittamento del conseguimento del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia, con il D.L. n. 78 del 2010, art. 12, commi 4 e 5 fra le quali non rientrava il caso della pensione di vecchiaia anticipata e dei lavoratori invalidi, sicchè la Corte salentina non si era data carico di analizzare le deroghe previste dalla disciplina citata così pervenendo alla scorretta conclusione che la categoria dei soggetti aventi titolo alla pensione di vecchiaia anticipata non sarebbe stata incisa dal differimento di 12 mesi per il conseguimento del diritto al trattamento, pur non rientrando in alcuna delle ipotesi di deroga espressamente contemplate nei successivi commi 4 e 5.

6. Il ricorso è fondato, per le ragioni di seguito esposte.

7. Il D.L. n. 78 del 2012, art. 12 convertito con modificazioni dalla L. n. 122 del 2010 stabilisce:

“1. I soggetti che a decorrere dall’anno 2011 maturano il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le lavoratrici del settore privato ovvero all’età di cui al D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 22-ter, comma 1, convertito con modificazioni con L. 3 agosto 2009, n. 102 e successive modificazioni e integrazioni per le lavoratrici del pubblico impiego ovvero alle età previste dagli specifici ordinamenti negli altri casi, conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico:

a) coloro per i quali sono liquidate le pensioni a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti, trascorsi dodici mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti;

b) coloro i quali conseguono il trattamento di pensione a carico delle gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti nonchè della gestione separata di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 26, trascorsi diciotto mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti;

c) per il personale del comparto scuola si applicano le disposizioni di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, comma 9.

2. Con riferimento ai soggetti che maturano i previsti requisiti a decorrere dal 1 gennaio 2011 per l’accesso al pensionamento ai sensi della L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 6 e successive modificazioni e integrazioni, con età inferiori a quelle indicate al comma 1, conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico:

a) coloro per i quali sono liquidate le pensioni a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti, trascorsi dodici mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti;

b) coloro i quali conseguono il trattamento di pensione a carico delle gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti nonchè della gestione separata di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26, trascorsi diciotto mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti;

c) per il personale del comparto scuola si applicano le disposizioni di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, comma 9.

I soggetti di cui al presente comma che maturano i previsti requisiti per il diritto al pensionamento indipendentemente dall’età anagrafica conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico con un posticipo ulteriore di un mese dalla data di maturazione dei previsti requisiti rispetto a quello stabilito al primo periodo del presente comma per coloro che maturano i requisiti nell’anno 2012, di due mesi per coloro che maturano i requisiti nell’anno 2013 e di tre mesi per coloro che maturano i requisiti a decorrere dal 10 gennaio 2014, fermo restando per il personale del comparto scuola quanto stabilito alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 39, comma 9 e successive modificazioni (periodo introdotto dalla L. n. 111 del 2011, art. 18, comma 22-ter).

3…. (omissis).

4. Le disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici vigenti prima della data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi nei confronti dei:

a) lavoratori dipendenti che avevano in corso il periodo di preavviso alla data del 30 giugno 2010 e che maturano i requisiti di età anagrafica e di anzianità contributiva richiesti per il conseguimento del trattamento pensionistico entro la data di cessazione del rapporto di lavoro;

b) lavoratori per i quali viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa per raggiungimento di limite di età.

5. Le disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici vigenti prima della data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi, nei limiti del numero di 10.000 lavoratori beneficiari, ancorchè maturino i requisiti per l’accesso al pensionamento a decorrere dal 1 gennaio 2011, di cui al comma 6:

a) ai lavoratori collocati in mobilità ai sensi della L. 23 luglio 1991, n. 223, artt. 4 e 24 e successive modificazioni, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 30 aprile 2010 e che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità di cui alla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 7, commi 1 e 2; (lettera così modificata dalla L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 37, lett. a));

b) ai lavoratori collocati in mobilità lunga ai sensi della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 7, commi 6 e 7, e successive modificazioni e integrazioni, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010;

c) ai lavoratori che, all’entrata in vigore del presente decreto, sono titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore di cui alla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 28.

8. Va osservato, quanto alla questione dibattuta in questo giudizio, che, com’è dato rilevare dal tenore letterale sopraindicato, la disposizione dell’art. 12, comma 1, individua in modo ampio l’ambito soggettivo di riferimento al quale applicare il regime delle finestre ivi regolato e, dunque, lo slittamento di un anno dell’accesso alla pensione di vecchiaia.

9. Si tratta non solo dei “soggetti che a decorrere dall’anno 2011 maturano il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le lavoratrici del settore privato”, secondo la lettura riduttiva accolta dai giudici di merito, ma anche – oltre alle lavoratrici del pubblico impiego pure contemplate nella norma – di tutti gli altri soggetti che “negli altri casi” maturano il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia “alle età previste dagli specifici ordinamenti”.

10. Dal punto di vista letterale, per l’ampia proposizione dettata dalla legge, nel perimetro normativo rientrano i soggetti che, essendo invalidi in misura non inferiore all’80 per cento, hanno diritto alla pensione di vecchiaia anticipata secondo la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 502 del 1993, art. 1 in relazione allo stesso settore privato.

11. Quest’ultima normativa, com’è noto, al comma 1 ha subordinato il diritto alla pensione di vecchiaia “…al compimento della età indicata, per ciascun periodo, nella tabella A allegata”, secondo la quale l’età pensionabile è stata portata a 65 anni per l’uomo e 60 anni per la donna; il medesimo art. 1, al comma 8 ha poi espressamente escluso gli invalidi in misura non inferiore all’80 per cento dall’ambito di applicazione dei più elevati limiti di età, con la conseguenza che per essi l’accesso al trattamento di vecchiaia è consentito all’età di 55 anni per le donne e di 60 anni per gli uomini.

12. D’altra parte la pensione di vecchiaia anticipata va considerato un normale trattamento di vecchiaia (che matura sulla base dei requisiti contributivi) e costituisce la risultante di una semplice deroga all’applicazione di una norma generale concernente l’innalzamento della soglia dell’età pensionabile prima in vigore, nell’ipotesi in cui i beneficiari versino in uno stato di invalidità non inferiore all’80 per cento.

13. Questa Corte (cfr. Cass. 8 giugno 2015, n. 11750) ha già avuto modo di chiarire che la regolamentazione della pensione di vecchiaia in oggetto comporta “una anticipazione dei normali tempi di perfezionamento del diritto alla pensione attuata attraverso un’integrazione ex lege del rapporto assicurativo e contributivo, che consente, in presenza di una situazione di invalidità, una deroga ai limiti di età per il normale pensionamento. Lo stato di invalidità costituisce, dunque, solo la condizione in presenza della quale è possibile acquisire il diritto al trattamento di vecchiaia sulla base del requisito di età vigente prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 503 del 1992 ma non può comportare lo snaturamento della prestazione che rimane un trattamento diretto di vecchiaia (diretto a coprire i rischi derivanti dalla vecchiaia), ontologicamente diverso dai trattamenti diretti di invalidità (…diretti a coprire i rischi derivanti, appunto, dall’invalidità) previsti dalla L. n. 222 del 1984”.

14. Il significato inclusivo dell’espressione “alle età previste dagli specifici ordinamenti negli altri casi” è inoltre confermato dal raffronto con l’analoga formula adottata nella precedente normativa sulle finestre introdotta con la L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 5 la quale prevedeva appunto uno slittamento dell’accesso “per i soggetti che accedono…al pensionamento di vecchiaia con i requisiti previsti dagli specifici ordinamenti”.

15. Ora, il fatto che in questo caso, l’espressione utilizzata nella L. n. 247 del 2007 fosse tale da ricomprendere pacificamente – tutte le pensioni di vecchiaia, ivi comprese quelle anticipate, spettanti agli invalidi all’80 per cento, e che sussista una evidente similitudine con l’espressione utilizzata dal D.L. n. 78 del 2010 convertito in L. n. 122 del 2010 (il riferimento ai requisiti prima è divenuto poi all’età, ma sempre in quanto previsti “dagli specifici ordinamenti”) conferma, a giudizio di questa Corte, che pure quest’ultima normativa abbia inteso fare rinvio a tutte le norme, anche speciali, dettate in materia di accesso alle pensioni di vecchiaia.

16. D’altra parte se alla formula utilizzata dal legislatore (età previste dagli specifici ordinamenti negli altri casi) non venisse assegnato un valore residuale rispetto alle ipotesi prima specificamente individuate nella stessa disposizione, non si potrebbero comprendere nel differimento dell’accesso alla pensione di vecchiaia nemmeno i lavoratori di sesso maschile del pubblico impiego, posto che la norma si riferisce nella sua prima parte soltanto alle “lavoratrici del pubblico impiego”.

17. Vanno fatte salve, ovviamente, le specifiche deroghe, che nel caso del D.L. n. 78 del 2010 risultano previste dall’art. 12, comma 4 e comma 5 prima citato, deroghe nelle quali, però, non sono compresi i trattamenti di vecchiaia anticipata che riguardano la controversia che qui si giudica.

18. In altri termini, è sbagliato, ad avviso del Collegio, sostenere che per includere le pensioni di vecchiaia anticipate nel meccanismo delle finestre la legge avrebbe dovuto esplicitarlo espressamente, dato che esse rientrano nell’ampio disposto (“alle età previste dagli specifici ordinamenti negli altri casi”) utilizzato, in via residuale, dal legislatore nello stesso art. 12 cit. (e già impiegato, in termini simili ed in via generale, dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 5).

19. Va poi considerato che nemmeno vengono qui in rilievo cogenti principi di ordine costituzionale tali da consentire di sindacare scelte normative che sono chiaramente ispirate alla necessità di contenimento della spesa pubblica ed al riequilibrio del sistema previdenziale.

20. D’altra parte si tratta di scelte che non hanno nemmeno posto in discussione, anche per la loro temporaneità – le finestre in questione sono state superate dalla L. 22 dicembre del 2011, n. 214 di conversione del D.L. n. 201 del 2011 – la disciplina di favore stabilita a monte con il D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 1, comma 8 il quale tuttora consente ai soggetti invalidi in misura non inferiore all’80 per cento l’anticipazione dell’accesso al pensionamento di vecchiaia ad un limite di età decisamente più favorevole rispetto a quello previsto per la generalità dei cittadini.

21. Inoltre, lo stesso slittamento della pensione di vecchiaia, previsto dalla norma in oggetto, non comporta necessariamente l’abbandono del posto di lavoro durante l’anno di attesa dell’apertura della “finestra”, dato che in tale periodo l’assicurato invalido potrebbe, come qualsiasi altro lavoratore, continuare a lavorare; ed anche accedere, medio tempore, ai trattamenti di invalidità previsti in caso di totale o parziale incapacità lavorativa.

22. In forza delle ragioni fin qui esposte il ricorso deve essere accolto.

23. La sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la Corte, decidendo nel merito, rigetta la domanda svolta da U.M.G..

24. In considerazione della novità della questione e della complessa ricostruzione normativa sussistono i presupposti per la compensazione delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di U.M.G.; spese compensate dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio, il 18 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2018

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