Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2942 del 10/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 10/02/2010, (ud. 08/01/2010, dep. 10/02/2010), n.2942

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4282-2005 proposto da:

COMUNE DI LATINA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA SALARIA 400 INT 2/A, presso lo studio

dell’avvocato SCOPELLITI SILVIA, rappresentato e difeso dall’avvocato

MANCHISI CESARE, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

V.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 625/2003 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 29/12/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato MANCHISI, che si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO WLADIMIRO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

V.G. impugnava l’avviso di liquidazione relativo al pagamento dei canoni e consumi idrici – servizio acquedotto, depurazione, fognatura – relativi all’anno 1997, e pertinenti ad un campeggio di cui il V. era titolare, emessi dal Comune di Latina a seguito del mancato pagamento di una fattura relativa alla stesso periodo.

La Commissione Tributaria Provinciale di Latina dichiarava il proprio difetto di giurisdizione relativamente al canone per il consumo idrico, ed accoglieva nel resto il ricorso.

Appellava il Comune, e la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, Sez. staccata di Latina, lo rigettava, confermando la sentenza impugnata.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Comune, con tre motivi.

Il contribuente non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo, complesso, motivo, il Comune ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., non avendo la Commissione Regionale preso in considerazione capi della domanda in appello, ed in particolare le domande svolte dal Comune in via subordinata dirette ad ottenere il pagamento dei canoni di fognatura e depurazione delle acque nella misura quantificata nell’anno precedente ovvero nel minimo tariffario. Con tale omissione, si era creato un ingiusto profitto all’utente, che aveva usufruito gratuitamente del servizio pubblico, in violazione della L. n. 319 del 1976, art. 16.

Deduce anche difetto di motivazione su punto decisivo della controversia, in quanto il giudice di secondo grado non aveva considerato che l’avviso di liquidazione e pagamento notificato dal Comune portava tutti gli estremi utili (indicazione utenza, numero contatore, periodo di riferimento, letture del contatore, estremi della fattura) idonei alla piena conoscenza della natura e del contenuto della pretesa impositiva, tali da consentire all’utente una adeguata possibilità di difesa, e ciò a prescindere dalla previa consegna della fattura.

Con il secondo motivo deduce violazione della L. n. 319 del 1976, difetto di motivazione ed ultrapetizione ex art. 112 c.p.c., in quanto il Giudice di appello, rimanendo ferma la carenza di giurisdizione in ordine al pagamento dei canoni idrici, statuita dal primo giudice, aveva ritenuto legittimo il giudizio di congruità relativa al consumo idrico dell’anno 1996, operato dal medesimo giudice al fine di ritenere inattendibile il consumo idrico riferito al 1997, assai più alto, dato rilevante essendo il canone di fognatura collegato al consumo di acqua; giudizio che da un lato configurava il vizio di ultrapetizione, dall’altro costituiva una valutazione su una materia sottratta alla propria giurisdizione.

Con il terzo motivo deduce falsa applicazione di norme di diritto, carenza di motivazione, violazione del principio di uguaglianza ed imparzialità, per non avere espresso motivazioni in ordine al mancato accoglimento delle domande svolte in via subordinata, di cui al primo motivo. Per motivi di priorità logica, occorre prendere in considerazione la censura svolta nel primo motivo, relativa alla carenza di motivazione della sentenza in ordine al decisivo punto della esistenza o meno di una valida motivazione dell’avviso di accertamento, ritenuta carente dal primo giudice con decisione confermata da quello del gravame; punto che costituisce la ratio decidendi della sentenza impugnata, La censura, nei termini di cui sopra, è fondata.

Premesso infatti che il contribuente affermava di non avere mai ricevuto la fattura relativa al periodo in contestazione, sostenendo altresì che il Comune non aveva provato di averla recapitata, in relazione (così si ricava in modo implicito ma univoco dal testo del provvedimento) alla eccezione del Comune della irrilevanza del fatto del recapito o meno della fattura, in quanto nell’avviso di accertamento erano sposti in modo esauriente tutti gli elementi identificativi della pretesa impositiva, il Giudice del gravame testualmente afferma: “il contenuto dell’avviso impugnato non consente di individuare i criteri in base a quali sono stati calcolati gli importi richiesti” senza alcuna ulteriore specificazione. E’ evidente che tale frase, del tutto apodittica, non correlata ad indicazione della presenza o assenza di elementi giustificativi riscontrabili nell’avviso, e, in caso ve ne fossero, dei motivi della loro carenza intrinseca ed inidoneità al fine di consentire al contribuente la conoscenza della natura e del contenuto della pretesa impositiva, anche sotto il profilo dei criteri di calcolo dei canoni, integra vizio di omessa motivazione rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto non consente di cogliere l’iter logico-giuridico su si fonda la decisione (v. Cass. n. 24985 del 2006). In accoglimento di tale censura, la sentenza deve essere cassata.

Tutti gli altri motivi di impugnazione, che non riguardano la domanda principale, bensì domande svolte in via subordinata, ovvero questioni di ordine secondario rispetto alla ratio decidendi sopra considerata, quali la congruità o meno dei consumi di acqua addebitati dal Comune, rimangono assorbiti.

La causa deve essere rinviata per nuovo esame a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che provvedere anche sulle spese di questa fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, il 8 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2010

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