Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2942 del 07/02/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 2942 Anno 2013
Presidente: DE RENZIS ALESSANDRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

SENTENZA
sul ricorso 7322-2010 proposto da:
CESARE FIORUCCI S.P.A. 04731980969, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MARIANNA DIONTGI 17, presso
lo studio dell’avvocato MAMMUCARI MOIRA, rappresentata
e difesa dagli avvocati SCHITTONE NICOLO’, ZAZZERA
2012

FILIPPO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

3946
contro

MILANO ASSICURAZIONI S.P.A. 00957670151, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 07/02/2013

domiciliata in ROMA, VIA LEONIDA BISSOLATI N.76,
presso lo studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI
GIORDANO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato CARDANI BRUNO, giusta delega in atti;
controricorrente –

ORLANDINI GABRIELE RLNGRL56C14G337B;

intimato

Nonché da:
ORLANDINI GABRIELE RLNGRL56C14G337B,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio
dell’avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZIVERI
MARCELLO, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

CESARE FIORUCCI S.P.A. 04731980969, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 17, presso
lo studio dell’avvocato MAMMUCARI MOIRA, rappresentata
e difesa dagli avvocati SCHITTONE NICOL0′, ZAZZERA
FILIPPO, giusta delega in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale nonchè contro

MILANO ASSICURAZIONI S.P.A. 00957670151;
– intimata –

nonchè contro

avverso la sentenza n. 121/2009 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 12/03/2009 r.g.n1267/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/11/2012 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES;
udito l’Avvocato COZZOLINO FABIO MASSIMOcet A’
uditi gli avvocati FASOLA ENRICA per delega SPINELLI
GIORDANO TOMMASO (per Milano Assicurazioni), IONATA
STEFANIA per delega ROMANELLI GUIDO FRANCESCO (per
Orlandini);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE, che ha concluso per
il rigetto del ricorso, in subordine accoglimento del
primo motivo; assorbimento del ricorso incidentale
condizionato.

1V+ N‘LoL;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Orlandini Gabriele — dipendente della Cesare Fiorucci s.p.a. con mansioni
di operaio manutentore — a seguito di infortunio sul lavoro occorsogli in
data 27 febbraio 1993 nello stabilimento di Langhirano conveniva in
giudizio innanzi al Tribunale di Parma in funzione di giudice del lavoro la
predetta società chiedendo il risarcimento del danno biologico e morale
subito. Nel costituirsi la Cesare Fiorucci, oltre a resistere alla domanda,

Assicurazioni s.p.a. presso la quale era assicurata per essere garantita ai
sensi dell’art. 1917 c.c.. La compagnia assicuratrice si costituiva
eccependo la inoperatività della polizza essendo la garanzia riferita ai danni
previsti dagli artt. 10 e 11 del DPR n. 11 25/1965 .
L’adito giudice, dichiarata la civile responsabilità della Cesare Fiorucci
s.p.a. per il predetto infortunio sul lavoro, la condannava e, in accoglimento
della domanda di manleva, per essa la Milano Assicurazioni s.p.a. al
risarcimento del danno in favore dell’Orlandini quantificato in euro
36.385,00 per danno biologico da invalidità permanente del 18%, euro
4.125,00 per invalidità temporanea — totale e parziale- e nella misura della
metà del danno biologico per il danno morale.
Avverso tale decisione proponevano autonomi appelli

‘1 \,

la Milano

Assicurazioni s.p.a. e la Cesare Fiorucci s.p.a. ( quest’ultima anche
appello incidentale) decisi, previa riunione, dalla Corte di appello di
Bologna con sentenza del 12 marzo 2009 che rigettava l’appello incidentale
proposto dalla Cesare Fiorucci s.p.a. e, accogliendo il gravame della
Milano Assicurazioni, in parziale riforma dell’impugnata decisione, rigettava
la domanda di nrianleva proposta dalla Cesare Fiorucci s.p.a. condannando
quest’ultima alla restituzione in favore della detta compagnia assicuratrice
della somma di euro 145.080,52 oltre interessi dalla data del pagamento al
saldo.
In sintesi, la Corte, riguardo all’appello incidentale della Cesare Fiorucci
s.p.a. aveva ritenuto: a) che la responsabilità della azienda per il verificarsi
dell’infortunio sul lavoro de quo era stata affermata correttamente dai primo
giudice non sulla scorta del giudicato formatosi nel giudizio penale – che
aveva visto il preposto alla sicurezza dello stabilimento di Langhirano e
direttore dello stesso condannato in primo grado per il delitto di lesioni
personali colpose gravi aggravato dalla violazione delle norme di cui agli
artt. 4 e 19 del DPR n. 547/1955 in danno dell’Orlandini reato, poi,

chiamava in causa, a seguito di autorizzazione del giudice, la Milano

dichiarato estinto per prescrizione dalla Corte di Appello territoriale con
sentenza divenuta definitiva — ma sulla base di una autonoma valutazione
delle risultanze del procedimento penale e di quanto era emerso dalla
attività istruttoria specificamente espletata nel processo civile; b) che la
responsabilità della società trovava fondamento nel non aver previsto che
una operazione pericolosa quale quella compiuta dall’Orlandini fosse
eseguita con uno strumento ( scala a pioli) non idoneo a consentire al
lavoratore di operare in condizioni di sicurezza e, quindi, nel non aver

predisposto quelle misure atte a prevenire rischi di infortuni anche
riconducibili ad imprudenza, imperizia e negligenza del lavoratore la cui
condotta poteva comportare l’esonero totale da responsabilità per il datore
di lavoro solo ove avesse presentato i caratteri dell’abnormità, inopinabilità
ed esorbitanza riferiti al procedimento lavorativo “tipico” ed alle direttive
ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento, caratteri questi
ultimi che nel caso in esame non ricorrevano nel comportamento tenuto
dall’Orlandini; e, comunque, la società non aveva provato di avere impartito
al dipendente una adeguata formazione sia sulle operazioni di
manutenzione sia in merito al controllo ed alla vigilanza sul rispetto delle
procedure aziendali di sicurezza.
In merito all’appello della Milano Assicurazioni la Corte riteneva che il
richiamo esplicito agli art. 10 e 11 DPR n. 1124/1965 – in difetto di una
espressa manifestazione di volontà delle parti intesa ad estendere il rischio
coperto dalla polizza anche al danno biologico – comportava che il rischio
assicurato non potesse che essere limitato alle prestazioni rientranti
nell’ambito delle predette norme.
Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso la Cesare
Fiorucci s.p.a. affidato a cinque motivi.
Resistono con controricorso la Milano Assicurazioni s.p.a. e l’Orlandini il
quale propone ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del ricorso
principale affidato a tre motivi cui resiste con controricorso la Cesare
Fiorucci s.p.a..
La Cesare Fiorucci s.p.a. e la Milano Assicurazioni s.p.a. hanno
presentato memorie ex art. 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente i ricorsi vanno riuniti perché proposti avverso la medesima
sentenza ( art. 335 c.p.c.).

2

Sempre “in limine” si rileva la infondatezza della eccezione di
inammissibilità del controricorso e contestuale ricorso incidentale
condizionato di Orlandini Gabriele per nullità della procura “ad litem”
sollevata dalla Cesare Fiorucci s.p.a.. Ed infatti la procura apposta a
margine dell’atto contenente il detto controricorso ed il ricorso incidentale
non può che essere successiva alla sentenza impugnata ( cfr. per tutte da
ultimo Cass. n. 5554 del 09/03/2011).
Passando, quindi, all’esame del ricQrso_principale, con il primo motivo si

deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’ad. 112 c.p.c. ( art. 360 1 °
co. nn. 3 e 4)
Si rileva che la Milano Assicurazioni né in sede di appello principale né in
quello incidentale aveva chiesto la condanna della Fiorucci alla restituzione
di quanto eventualmente pagato in conseguenza della sentenza del
Tribunale di Parma ragion per cui la Corte di appello era incorsa nel vizio
di ultrapetizione. Viene formulato quesito di diritto.
Il motivo è parzialmente fondato.
Dall’esame diretto degli atti del giudizio di merito, potere riconosciuto al
giudice di legittimità ove sia denunciato un ”error in procedendo” ( cfr.
Cass. 10/11/2011 n. 23420; 14/01/2010 n. 488; 22/07/2009 n. 17109;
Cass., nn. 11755/2004, 254/2006, 409/2006) emerge che nel corso del
giudizio di secondo grado, a seguito del pagamento all’Orlandini della
somma di euro 145.080,52 in esecuzione dell’impugnata sentenza, la
Milano Assicurazioni ebbe ad integrare le conclusioni originariamente
formulate — di rigetto della domanda di manleva — chiedendo anche la
condanna della Fiorucci alla restituzione di detta somma. E’ di tutta
evidenza che tale domanda non poteva essere proposta se non dopo il
detto pagamento. Occorre a questo punto precisare che la Milano
Assicurazione ha chiesto la condanna alla restituzione solo della predetta
somma e non anche degli interessi legali sulla stessa.
Orbene, con riferimento a quest’ultimo punto vale ricordare che gli
interessi, sia quelli moratori che quelli corrispettivi o compensativi, possono
essere attribuiti soltanto se la parte ne abbia fatto espressa richiesta, e non
possono essere liquidati di ufficio, come nella ipotesi di credito di valore.
Infatti ,quando il credito è di valore, gli interessi, mirando a scongiurare il
pregiudizio che deriva al creditore dal ritardato conseguimento
dell’equivalente monetario del danno, costituiscono una componente del
danno stesso e nascono dal medesimo fatto generatore dell’obbligazione
3

risarcitoria, contemporaneamente e inscindibilmente; in tutti gli altri casi,
invece, gli interessi, siano essi moratori, corrispettivi o compensativi,
avendo un fondamento autonomo rispetto a quello dell’obbligazione
pecuniaria,

possono essere attribuiti solo su espressa domanda

dell’avente diritto (Cass. sent. n.877/1999; Cass. 12 ottobre 1979 n. 5333;
Cass. 30 luglio 1983 n. 5242; Cass. 28 giugno 1989 n. 3154). Nel caso in
esame, essendo il credito della Milano Assicurazioni di valuta in quanto
avente ad oggetto una determinata somma di denaro, gli interessi

avrebbero dovuto essere espressamente richiesti e non potevano essere
riconosciuti in mancanza di una specifica domanda in tal senso.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione elo falsa
applicazione degli artt. 1362 e ss. in relazione alla polizza assicurativa n.
503.705 operante dal 31 dicembre 1988 con particolare riferimento alla
clausola 2.1. lettera B. (secondo cui “la Società si obbliga a tenere indenne
l’assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare (capitale, interessi e
spese) quale civilmente responsabile ai sensi del D.P.R. 30 giugno 1965, n.
1124, artt. 10 e 11 per gli infortuni sofferti dai prestatori di lavoro da lui
dipendenti”), nonché omessa , insufficiente e/o contraddittoria motivazione
circa un fatto decisivo per il giudizio ( art. 360, co. 1° nn. 3 e 5 c.p.c.).
Si assume che la Corte di merito , nel ritenere la non operatività della
garanzia assicurativa in riferimento alle somme dovute dall’assicurato per
danno biologico e morale, aveva violato i principi di ermeneutica
contrattuale,

in particolare quello che stabilisce che nel ricercare la

comune volontà delle parti occorre non limitarsi al senso letterale delle
parole, ma deve aversi riguardo anche al comportamento complessivo
tenuto dalle parti anche posteriormente alla conclusione del contratto.
Viene formulato quesito di diritto e sintesi del motivo relativo al denunciato
vizio di motivazione.
Il motivo è infondato.
Osserva il Collegio che la motivazione dell’impugnata sentenza sul punto
è ampia ed esaustiva ed ha interpretato la clausola contrattuale in
questione secondo il suo contenuto letterale che, proprio perché chiaro e
non equivoco, non consentiva alcuna ermeneusi di segno diverso (Cass. 4
maggio 2005 n. 9284). Né detta clausola risulta essere contraddetta o
ampliata da altra disposizione contrattuale, peraltro neppure indicata, da
cui poter ricavare una diversa volontà delle parti.
4

Al riguardo, vale ricordare che, secondo la costante giurisprudenza di
questa Corte, l’interpretazione del contratto, concretandosi
nell’accertamento della volontà dei contraenti, si traduce in una indagine di
fatto affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo per
il caso di insufficienza o contraddittorietà della motivazione, tale da non
consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla
decisione, o per violazione di regole ermeneutiche, con la conseguenza
che deve essere ritenuta inammissibile ogni critica della ricostruzione della

volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca soltanto nella
prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto
vagliati dal predetto giudice di merito (tra le molte, Cass. n. 5507 del
18/03/2004 ex plurirnis Cass. n. 1632 marzo 1996;).
Va, inoltre, ricordato che in tema di interpretazione di clausole dello stesso
tenore di quella qui in esame la giurisprudenza assolutamente prevalente di
questa Corte ha avuto modo di chiarire che, secondo la disciplina di cui al
d.P.R. n. 1124 del 1965, applicabile per il periodo antecedente all’entrata in
vigore del decreto legislativo 23 febbraio 2000 n. 38 (che, all’art. 13, ha
inserito il danno biologico nella copertura assicurativa pubblica),
l’indennizzo previsto in caso di infortunio sul lavoro si riferisce
esclusivamente alla riduzione della capacità lavorativa e, anche in base
all’interpretazione della Corte costituzionale (sentenze n. 319 del 1981, n.
87 e 356 del 1991), non comprende una quota volta a risarcire il danno
biologico, atteso che la configurabilità concettuale della duplice
conseguenza (patrimoniale e non patrimoniale) del danno alla persona non
significa che il diritto positivo prevedesse un “danno biologico previdenziale
patrimoniale”.
Ne consegue che la richiesta di indennizzo del danno biologico e morale,
quali voci non ricomprese nell’assicurazione obbligatoria ma eventualmente
risarcibile per il lavoratore infortunato, porta dette voci complementari fuori
dal sistema risarcitorio ex art. 10 e 11 tu. e, quindi, per quanto qui
interessa, fuori dell’ambito di operatività della polizza che fa riferimento ad
una responsabilità civile su questi ultimi espressamente modellata, in luogo
di quella codicistica ex art. 2043 c.c.. ( tra le più recenti: Cass. n. 25860 del
21/12/2010; Cass. n. 22608 del 26 ottobre 2009; Cass. n. 28834 del 5
dicembre 2008, conformi a Cass. n. 5507 del 18/03/2004; Cass. n. 11146
del 11/06/2004).
5

E’ stato anche da questa Corte, a più riprese, precisato che il richiamo,
nella clausola contrattuale, degli artt. 10 ed 11 citati, non può essere
considerato alla stregua di un “rinvio formale”, che tenga conto delle
diverse interpretazioni di tali norme succedutesi nel tempo, atteso che nel
caso di polizza assicurativa, la copertura garantita non può essere variata
nel corso del rapporto, a seconda delle mutevoli interpretazioni
giurisprudenziali o dottrinali (Cass., 22.6.2011 n. 13681; Cass. 5.10.2007 n.
20890; Cass., 10.3.2004 n. 4920; Cass., 29.9.1998 n. 9730).

Con il terzo
_ motivo viene denunciata omessa e/o insufficiente
motivazione in ordine alla valutazione dei fatti sulla scorta degli
accertamenti compiuti in sede penale ( art. 360 co.1° n. 5 c.p.c.) nonché
violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in ordine alla valutazione
delle prove acquisite ( art. 360 co.1° n. 3 c.p.c..)
In particolare si evidenzia che la Corte di merito, dopo aver rilevato che
non era condivisibile l’affermazione contenuta nella decisione del tribunale
in ordine alla certezza della responsabilità del direttore dello stabilimento di
Langhirano per effetto della declaratoria di non doversi procedere per
estinzione del reato per prescrizione, poi, contraddittoriamente, aveva
affermato che correttamente il primo giudice aveva proceduto ad un
autonomo accertamento della responsabilità civile della Cesare Fiorucci a
seguito dell’espletamento di una specifica attività istruttoria ed anche sulla
base delle acquisizioni ottenute in sede penale. Inoltre, non potendosi
riconoscere alcuna efficacia extra penale alle sentenze di non doversi
procedere per essere il reato estinto per prescrizione, era del tutto errato
l’aver “tollerato” da parte della Corte di appello che le prove raccolte nel
procedimento penale potessero essere poste a fondamento della decisione
di primo grado.
Viene, altresì, evidenziata la violazione del disposto dell’art. 116 c.p.c.
consistita in una errata valutazione delle prove testimoniali assunte in sede
civile.
Il motivo è inammissibile oltre che infondato.
In primo luogo va rilevato che nessuna contraddizione è individuabile nel
ragionamento seguito dalla Corte di merito in quanto l’affermazione
secondo la quale dalla sentenza di non doversi procedere per estinzione
del reato per prescrizione non poteva derivare la certezza della
responsabilità del direttore dello stabilimento di Langhirano non è in
contrasto logico con l’aver valutato anche gli accertamenti compiuti in sede
6

penale unitamente agli elementi emersi dalla istruttoria svolta in sede civile.
Si tratta, infatti, di un’operazione consentita per costante giurisprudenza di
questa Corte che ha, in varie occasioni, affermato che il giudice civile (a
differenza di quello penale) può trarre argomenti di prova da tutti gli
elementi in suo possesso, compresa la sentenza di patteggiamento e gli
altri documenti che provengano dal procedimento penale. Nel giudizio civile
d’altra parte, potevano essere utilizzate come indizi anche le dichiarazioni
rese, in sede penale, nel corso delle indagini preliminari, ancorché non

confermate in sede dibattimentale; come ogni altro genere di indizi,
debbono, però, essere gravi, precise e concordanti.
(Cass Sentenza n. 132 del 08/01/2008). Più specificamente è stato anche
detto che il giudice civile, può utilizzare come fonte del proprio
convincimento le prove raccolte in un giudizio penale, già definito, ancorché
con sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione,
ponendo a base delle proprie conclusioni gli elementi di fatto già acquisiti
con le garanzie di legge in quella sede e sottoponendoli al proprio vaglio
critico, mediante il confronto con gli elementi probatori emersi nel giudizio
civile; a tal fine, egli non è tenuto a disporre la previa acquisizione degli atti
del procedimento penale e ad esaminarne il contenuto, qualora, per la
formazione di un razionale convincimento, ritenga sufficiente le risultanze
della sola sentenza ( Cass., n. 22200 del 29/10/2010) .
Il motivo, poi, finisce per sollecitare una rivalutazione del merito della
controversia non consentita in questa sede e la violazione di legge viene
dedotta mediante la contestazione della valutazione delle risultanze di
causa la cui censura e’ ammissibile, in sede di legittimita’, sotto l’aspetto
del vizio di motivazione ma non sotto il profilo della violazione o falsa
applicazione di legge.
La corte di merito, nel caso in esame, ha valutato in modo analitico e senza
alcuna contraddizione le dichiarazioni rese dai testi escussi innanzi aR
tribunale e tenendo conto anche di quelle raccolte nel procedimento penale
sottoponendole ad un vaglio critico condotto in modo rigorosamente logico.
In effetti quanto argomentato nel motivo in esame integra un dissenso
dalle conclusioni del giudice di merito e sollecita una richiesta di controllo
sulla motivazione che si risolverebbe in una inammissibile duplicazione del
giudizio di merito (cfr. Cass. n. 6288 del 18/03/2011; Cass. 10657/2010,
Cass. 9908/2010, Cass, 27162/2009, Cass. 13157/2009, Cass. 6694/2009,
Cass. 18885/2008, Cass. 6064/2008)
7

Con il quarto motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt.
2087 e 1227 c.c. in relazione all’art. 116 c.p.c. con riferimento alla
esclusione della responsabilità totale o, quantomeno, concorsuale di
Gabriele Orlandini nella causazione dell’infortunio occorsogli il 23 febbraio
1993 ( art. 360 co.1° n. 3 c.p.c.).
In sintesi, si lamenta che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto di
quanto emerso in sede di istruttoria e cioè che la Cesare Fiorucci aveva
adottato ogni utile precauzione volta a garantire la salute del lavoratore e

che l’infortunio si era verificato solo per il comportamento imprudente e
negligente del lavoratore.
Viene formulato quesito di diritto.
Il motivo è infondato oltre che inammissibile.
In tema di infortuni su lavoro questa Corte ha ripetutamente affermato che,
per quanto l’art. 2087 c.c., non configuri una ipotesi di responsabilità
oggettiva, ai fini dell’accertamento della responsabilità del datore di lavoro,
al lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa
svolta, un danno alla salute, incombe l’onere di provare l’esistenza di tale
danno, la nocività dell’ambiente di lavoro e il nesso causale fra questi due
elementi; quando il lavoratore abbia provato tali circostanze, grava sul
datore di lavoro l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele
necessarie ad impedire il verificarsi del danno (cfr. Cass. n. 16881/2006, n.
7328/2004, n. 12467/2003 e numerose altre conformi). È stato altresì
precisato che il datore di lavoro è responsabile dell’infortunio occorso al
lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia
quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente
uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente
all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può
comportare l’esonero totale del datore di lavoro da ogni responsabilità solo
quando presenti i caratteri dell’abnormità e della imprevedibilità rispetto al
procedimento lavorativo “tipico” ed alle direttive ricevute, così da porsi
come cause esclusiva dell’evento (cfr. tra le tante cfr., Cass n. 3786 del
17.2.2009; Cass. n. 9689 del 23 aprile 2009; Cass. n. 19559/2006, n.
5493/2006, n. 4980/2006).
La Corte ha fatto corretta applicazione di detti principi rilevando che la
responsabilità della società trovava fondamento nel non aver previsto che
una operazione pericolosa quale quella compiuta dall’Orlandini fosse
eseguita con uno strumento ( scala a pioli) non idoneo a consentire al
8

lavoratore di operare in condizioni di sicurezza ( in quanto il pavimento sul
quale poggiava era, per espressa ammissione della società, scivoloso) e,
quindi, nel non aver predisposto quelle misure atte a prevenire rischi di
infortuni anche riconducibili ad imprudenza, imperizia e negligenza del
lavoratore. Ha, quindi, precisato: che la condotta tenuta dal lavoratore non
aveva presentato i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza
riferiti al procedimento lavorativo “tipico” ed alle direttive ricevute, così da
porsi come causa esclusiva dell’evento con esonero totale da

responsabilità per il datore di lavoro; che, comunque, la società non aveva
provato di avere impartito al dipendente una adeguata formazione sia sulle
operazioni di manutenzione sia in merito al controllo ed alla vigilanza sul
rispetto delle procedure aziendali di sicurezza.
Il motivo è, inoltre, inammissibile in quella parte in cui investe il merito e
finisce con il sovrapporre una propria opinione a quella espressa dalla
Corte di merito che è giunta all’affermazione della responsabilità della
società sulla scorta di un accurato vaglio di tutte le risultanze istruttorie
seguendo un iter motivazionale rispetto al quale non sono state evidenziate
lacune o contraddizioni, limitandosi il motivo a prospettare una difforme
lettura del materiale probatorio rispetto a quella operata dal giudice di
secondo grado.
Con il quinto ed ultimo motivo si denuncia omessa pronuncia su un motivo
di gravame ( punto n. 3 dell’atto di appello della Fiorucci) con riferimento
alla dedotta non indennizzabilità da parte dell’INAIL del danno biologico in
virtù del combinato disposto di cui agli artt. 10 e 66 del DPR n. 1124 del 30
giugno 1965, nonché nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360
co.1° n. 4 c.p.c. in relazione all’art.112 c.p.c..
In particolare si assume che la Corte di merito non avrebbe esaminato il
motivo di gravame in cui si deduceva la infondatezza della domanda
dell’Orlandini non essendo indennizzabile il danno biologico da lui richiesto
ai sensi del combinato disposto degli artt. 10 e 66 del DPR n. 1124/1965
norme queste in base alle quali la Fiorucci doveva andare esonerata dalla
responsabilità civile per l’infortunio in questione.
Il motivo è infondato oltre inconferente
La Corte nel ritenere fondata la domanda del lavoratore ai sensi dell’art.
2087 c.c. ha individuato in questa norma il fondamento della responsabilità
del datore di lavoro e non certo in quella di cui agli art. 10 e 11 del DPR n.
1124/1965.
9

Da quanto sin qui esposto il ricorso principale della Cesare Fiorucci s.p.a.
può essere accolto parzialmente con riferimento al primo motivo e, per
l’effetto, l’impugnata sentenza va cassata in relazione alla parte del motivo
accolta e la Corte, decidendo nel merito, dichiara non dovuti gli interessi
legali sulla somma di euro 145.080,52.
Il ricorso incidentale dell’Orlandini risulta assorbito dal rigetto degli altri
motivi del ricorso principale.

stante la sua prevalente soccombenza anche nei confronti della Milano
Assicurazioni s.p.a., e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo in
favore della Milano Assicurazioni s.p.a. e di Orlandini Gabriele.
P.Q.M.
La Corte, riunisce i ricorsi, rigetta i motivi da due a cinque del ricorso
principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale; accoglie in parte il primo
motivo del ricorso principale, cassa in relazione al motivo accolto e,
decidendo nel merito, dichiara non dovuti gli interessi legali sulla somma di
euro 145.080,52, rigetta nel resto il motivo; condanna la Cesare Fiorucci
s.p.a. al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in euro
40,00 per esborsi ed in euro 3.500,00 per compensi rispettivamente a
favore di Orlandini Gabriele e della Milano Assicurazioni s.p.a..
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2012
Il Consigliere est.

Il Presidente

Le spese del presente giudizio cagiono a carico della Cesare Fiorucci s.p.a.

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