Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29419 del 21/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/10/2021, (ud. 26/05/2021, dep. 21/10/2021), n.29419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29579-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

PELCA SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3250/3/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA CALABRIA, depositata il 28/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 26/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE

CAPOZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza CTR Calabria, che aveva dichiarato inammissibile siccome tardivo, l’appello da essa proposto avverso una sentenza della CTP di Cosenza, di accoglimento del ricorso proposto dalla contribuente s.r.l. “PELCA” avverso un avviso di accertamento IRPEG, IVA ed IRAP 2004.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 1, e art. 53, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto erroneamente la sentenza impugnata aveva ritenuto inammissibile il suo appello, per omesso deposito della ricevuta di spedizione postale del gravame, così come prescritto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 1, richiamato dal medesimo testo di legge, art. 53 comma 2; era stata in tal modo negata natura probatoria al documento da essa prodotto e cioè all’elenco delle raccomandate consegnate alle Poste Italiane, le quali, mediante il proprio incaricato, avevano provveduto al ritiro, apponendo il timbro postale sul foglio medesimo in segno di ricevuta ed una sigla; e dalla distinta delle spedizioni depositata in giudizio poteva evincersi la tempestività della proposizione del gravame; e non era condivisibile quanto al riguardo sostenuto dalla CTR, riportare cioè tale distinta una data illegibile; al contrario era pienamente leggibile la data del 19 maggio 2015, di consegna dell’elenco dei plichi raccomandati, fra i quali quello relative all’appello in esame; la sua costituzione in giudizio era quindi tempestiva, come era tempestivo l’appello proposto rispetto ai termini di impugnazione; e la data di spedizione di cui sopra era stata peraltro confermata dall’avviso di ricevimento, depositato in atti e riprodotto ai fini dell’autosufficienza;

che la società contribuente non si è costituita;

che l’unico motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate è inammissibile;

che, invero, la sentenza di primo grado è stata depositata il 4 aprile 2014 e, trattandosi di sentenza non notificata, era ad essa applicabile il termine lungo per impugnare di un anno e giorni 46, atteso che la sua riduzione da anni 1 a mesi 6, introdotto con la L. n. 69 del 2009, art. 46, che ha modificato l’art. 327 c.p.c., comma 1, non è applicabile alla presente controversia, in quanto, ai sensi della citata L. n. 69 del 2009, art. 58, l’entrata in vigore del più breve termine di mesi 6 per impugnare coincideva con il 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della citata L. n. 69 del 2009, senza alcuna previsione di una sua efficacia retroattiva per i procedimenti già pendenti e restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase del giudizio; e la presente controversia è iniziata in primo grado nel 2008 e quindi ben prima del 4 luglio 2009; inoltre, al termine lungo d’impugnazione di mesi 12, occorre aggiungere giorni 46, quale termine di sospensione feriale, all’epoca vigente, prima della modifica introdotta con il D.L. n. 132 del 2014, convertito nella L. n. 162 del 2014, che ha ridotto detto periodo di sospensione dal 1 al 31 agosto e che non è applicabile alla specie in esame, valendo la modifica solo a decorrere dal 2015;

che, pertanto, il termine d’impugnazione veniva a scadere nella specie il 20 maggio 2015;

che, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. SS. UU. nn. 13452 e 13453 del 2017), non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso o dell’appello, notificati direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente o l’appellante, al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché in detto avviso di ricevimento la data di spedizione risulti apposta dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario, essendo in tal caso l’avviso di ricevimento idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione;

che, nella specie in esame, la data di spedizione dell’appello, desumibile dall’avviso di ricevimento prodotto dall’Agenzia ricorrente, non risulta stampigliata con modalità meccanografica ovvero con timbro datario, essendo stata essa apposta con mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica;

che, in tale ipotesi, la tempestività della notifica dell’appello può ugualmente essere accertata, qualora la ricezione del plico venga certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione della sentenza (cfr. Cass. n. 13453 del 2017; Cass. n. 11559 del 2018);

che, nella specie, l’Agenzia ricorrente ha riprodotto, in ossequio al principio dell’autosufficienza del ricorso per Cassazione, una copia della distinta-elenco delle raccomandate consegnate all’ufficio postale, comprensiva anche della raccomandata a.r. n. (OMISSIS), inviata dall’Agenzia delle entrate ad I.M., difensore della società contribuente, sostenendo che detta distinta contenesse un timbro postale con la data del 19 maggio 2015;

che, su tali premesse, il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate va ritenuto inammissibile, per non avere esso aggredito la ratio della decisione impugnata; invero la CTR si è pronunciata sul punto, sostenendo che il timbro a data apposto sulla distinta-elenco anzidetta non era leggibile e non era quindi univocamente riferibile a Poste Italiane; era pertanto onere dell’Agenzia delle entrate ricorrente addurre argomentazioni a favore della leggibilità della data contenuta nel timbro postale apposto sulla distinta-elenco in questione; il che l’Agenzia ricorrente non ha fatto, essendosi limitata ad affermare che la data apposta con timbro postale sulla distinta-elenco fosse quella del 19 maggio 2015;

che, da quanto sopra consegue la declaratoria d’inammissibilità del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, nulla disponendosi in ordine alle spese, non essendosi l’intimata società costituita in giudizio.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, nulla disponendosi in ordine alle spese.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2021

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