Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29416 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. II, 28/12/2011, (ud. 26/10/2011, dep. 28/12/2011), n.29416

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.M.S. (C.F.: (OMISSIS)), S.

S. (C.F.: (OMISSIS)), S.D.

((OMISSIS)), elettivamente domiciliati in Roma, viale

Mazzini n. 6, presso lo studio dell’Avvocato Pierpaolo Magi,

rappresentati e difesi dall’Avvocato Politi Corrado per procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.S. (C.F.: (OMISSIS)) e C.D.

R. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentate e difese, la prima

in forza di procura speciale in calce al controricorso e la seconda

in forza di procura speciale notarile in atti, dall’Avvocato Panuccio

Alberto, presso lo studio del quale in Roma, via Sistina n. 121, sono

elettivamente domiciliate;

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Reggio

Calabria n. 169 del 2009, depositata in data 21 maggio 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26

ottobre 2011 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per le resistenti, l’Avvocato Alberto Panuccio;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

SGROI Carmelo, il quale ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con citazione del novembre 1971, C.S. e C.D. R. convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Reggio Calabria, S.R. esponendo che in data (OMISSIS) era deceduto L.G.B.; che con verbale del 27 febbraio 1962, su richiesta di L.M., moglie del L.G., era stato pubblicato un testamento dello stesso che appariva redatto in forma pubblica dal notaio Menichini; che con detto atto era stata istituita erede universale L.M..

Tanto premesso le istanti chiedevano accertarsi la falsità del testamento, sostenendo che lo stesso era stato certamente confezionato dal notaio sulla base di istruzioni della L., unica beneficiaria delle disposizioni.

Le attrici deducevano inoltre che anche la L. era deceduta nell'(OMISSIS) e che con testamento olografo del (OMISSIS) dello stesso anno aveva istituito erede un estraneo conosciuto negli ultimi giorni di vita, tale S.R., il quale doveva ritenersi legittimato passivo rispetto alla querela di falso del testamento redatto dal notaio Menichini il 7 febbraio 1962, sicchè la successione del Lo Giudice sarebbe dovuta avvenire secondo le norme sulla successione legittima, della quale avrebbero beneficiato esse attrici.

Concludevano pertanto chiedendo che il Tribunale dichiarasse la falsità e quindi l’inesistenza e nullità del testamento pubblico di L.G.B. redatto il (OMISSIS); dichiarasse conseguentemente che la successione del Lo Giudice era devoluta per legge ai suoi eredi legittimi; che venisse esclusa dalla successione la moglie del L.G., L.M., in quanto indegna ai sensi dell’art. 463 c.c., n. 6, e per essa l’erede S. R..

Quest’ultimo, costituendosi in giudizio, contestava la fondatezza delle domande delle quali chiedeva il rigetto.

Con sentenza del 13 luglio 1999 l’adito Tribunale, in accoglimento integrale della domanda, dichiarava la falsità del testamento pubblico; dichiarava aperta la successione legittima del L. G.; dichiarava L.M. indegna di succedere al marito, con le conseguenze di legge in ordine ai lasciti testamentari dalla stessa eventualmente effettuati ed aventi ad oggetto beni dell’eredità L.G..

Avverso questa sentenza proponevano appello C.T., S.M.S., S.S., S.D., quali eredi di S.R..

Nella resistenza delle appellate, e integrato il contraddittorio nei confronti del p.m., la Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza depositata il 21 maggio 2009, ha rigettato l’appello condannando gli appellanti in solido alla rifusione delle spese processuali.

Per la cassazione di questa sentenza S.M.S., S.S. e S.D. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo; C.S. e C.D.R. hanno resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione in forma semplificata.

Con l’unico motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. I ricorrenti rilevano che non si comprenderebbe bene se i giudici di merito hanno ritenuto falso il testamento perchè il testatore, attese le sue condizioni di salute, non era in grado di elaborare quel tipo di atto, ovvero per le prove testimoniali che avrebbero evidenziato un rapporto conflittuale con la coniuge Lazzaroni. Si dolgono altresì che la Corte d’appello non abbia disposto una nuova consulenza tecnica d’ufficio finalizzata a chiarire alcuni aspetti rimasti oscuri dopo l’espletamento di una prima consulenza nel corso del giudizio di primo grado.

Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366-bis.

Invero, posto che il provvedimento impugnato è stato depositato il 21 maggio 2009, trova piena applicazione il disposto di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ. – recante una specifica disciplina circa la formulazione dei motivi di ricorso per cassazione – ancorchè successivamente abrogato ad opera della L. n. 69 del 2009, applicabile però ai giudizi proposti avverso decisioni pubblicate a far data dal 4 luglio 2009.

Nella giurisprudenza di questa Corte si è chiarito, con riferimento, in particolare, ai motivi di ricorso con i quali – come nella specie – si denuncia vizio di motivazione, che l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, e che la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass., S.U., n. 20603 del 2007) . In particolare, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366-bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (Cass., n. 16002 del 2007).

Nella specie, l’unico motivo di ricorso deduce un vizio di motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria, senza che, tuttavia, risulti chiaramente individuato il fatto controverso e decisivo per la soluzione della controversia, e senza che siano esplicitate le ragioni per le quali si assume che la motivazione della sentenza impugnata sia omessa, insufficiente e contraddittoria;

senza dire che la stessa deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 con la contestuale denuncia della omissione, della insufficienza e della contraddittorietà della motivazione rende di per sè inammissibile il motivo.

Si deve solo aggiungere che non rileva la circostanza che il ricorso sia stato notificato quando la L. 18 giugno 2009, n. 69, che ha abrogato l’art. 366-bis cod. proc. civ., era già stata pubblicata ed entrata in vigore.

Infatti, alla stregua del principio generale di cui all’art. 11, preleggi comma 1, secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè del correlato specifico disposto della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5 in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (4 luglio 2009), l’abrogazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi della citata L. n. 69 del 2009, art. 47) è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per quelli proposti – come nella specie – contro provvedimenti pubblicati antecedentemente (e dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) tale norma è da ritenere ancora applicabile (Cass. n. 22578 del 2009; Cass. n. 7119 del 2010).

Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei ricorrenti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 26 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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