Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29411 del 15/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 15/11/2018, (ud. 12/09/2018, dep. 15/11/2018), n.29411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14787-2015 proposto

RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A. ((OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, CORSO VITTORIO 2018 EMANUELE II 326, presso lo studio

dell’avvocato CLAUDIO SCOGNAMIGLIO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARZIALE 47,

presso lo studio dell’avvocato GIAN LUIGI BARONE, che lo rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5512/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/09/2014,R.G.N. 5608/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/09/2018 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RITA SANLORENZO che ha concluso per il rigetto,

udito l’Avvocato CLAUDIO SCOGNAMIGLIO;

udito l’Avvocato GIANLUIGI BARONE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.1. Con sentenza n. 5512/2014 la Corte d’appello di Roma, decidendo sull’impugnazione proposta da M.L. nei confronti della RAI (Radiotelevisione Italiana) S.p.A., in riforma della decisione del Tribunale di Roma n. 11541/2007, riconosceva il diritto del M. all’inquadramento superiore nella qualifica di redattore ordinario ai sensi dell’art. 11 del c.c.n.l. giornalisti con decorrenza dal 21/10/2005 e condannava la RAI al pagamento in suo favore delle differenze retributive relative al periodo 3/4/2001-31/3/2014 pari ad Euro 118,687,68 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

1.2. Riteneva la Corte territoriale che l’attività di grafico svolta dal M. presso la redazione della testata giornalistica multimediale (OMISSIS) e realizzata su tre campi – le sigle, i fillers (cioè i riempitivi dei palinsesti), i titoli – fosse connotata, sia pure attraverso lo strumento della grafica, da creatività nella scelta e nell’ideazione delle notizie da pubblicare.

Sottolineava che le caratteristiche dell’informazione in tempo reale e la celerità del servizio differenziavano il canale di (OMISSIS) dagli altri, ciò specialmente per la tecnologia utilizzata e per i rapporti continui con i grafici.

Evidenziava che i titoli predisposti dal M., al 90%, andavano in onda senza ulteriore controllo del giornalista e che ugualmente avveniva per il montaggio delle immagini e per la scelta delle musiche.

Aggiungeva che l’appellante provvedeva ad elaborare le informazioni da comunicare con contributo di pensiero personale rispetto all’argomento/fatto indicato dalla linea di redazione e si occupava, altresì della redazione del fillers, essendo anche questo un lavoro “ragionato”.

2. Per la cassazione della sentenza ricorre la RAI S.p.A. con quattro motivi.

3. M.L. resiste con controricorso.

4. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, la RAI denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 69 del 1963 in relazione all’art. 2575 c.c. ed alla L. n. 633 del 1941, art. 1 nonchè dei principi enunciati dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte in tema di qualificazione dell’attività giornalistica. Evidenzia che la Corte territoriale non avrebbe esaminato la questione se l’attività del M. potesse dirsi effettivamente di mediazione tra il fatto e la notizia e se il ricorrente avesse partecipato o meno all’attività di acquisizione delle notizie e dei fatti oggetto dell’informazione offerta dal canale ed avrebbe altresì omesso di considerare la connessione con l’attualità, necessaria per affermare la natura giornalistica.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che ha formato oggetto di discussione tra le parti nelle fasi di merito. Rileva che la Corte d’appello avrebbe trascurato di considerare che fillers, e cioè le immagini anche con testi scritti e con accompagnamento musicale, non avessero affatto valenza informativa ma solo funzione riempitiva e di autopromozione.

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che ha formato oggetto di discussione tra le parti nelle fasi di merito. Anche in questo caso rileva che la Corte territoriale non avrebbe considerato la reale natura dei titoli e delle sigle, aventi la mera funzione di identificare particolari tematiche della testata e non certo una valenza informativa.

Egualmente sarebbe stata trascurata l’effettiva incidenza quantitativa dell’attività espletata dal M. in relazione ai titoli.

4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2103 c.c.. Sostiene che la Corte territoriale non avrebbe verificato se l’attività lavorativa del M. ed articolata nei tre profili dallo stesso dedotti (sigle, titoli, fillers) fosse stata non soltanto di natura giornalistica ma altresì prevalente.

5. I primi tre motivi, da trattarsi congiuntamente in ragione dell’intrinseca connessione, sono infondati.

Va innanzitutto premesso che alla valutazione del contenuto dell’attività giornalistica va attribuita natura di accertamento di fatto, come tale insuscettibile di sindacato in sede di legittimità (v. Cass. 27 maggio 2008, n. 13814).

Com’è noto, nell’ambito del lavoro giornalistico, nè la Legge professionale del 3/2/1963, n. 69 nè il contratto collettivo giornalisti definiscono il contenuto dell’attività giornalistica, ragion per cui, nel corso degli anni, la giurisprudenza di questa Corte – chiamata a dirimere controversie tra editori e giornalisti – ha svolto una vera e propria attività di elaborazione di tale contenuto in virtù della evidente (e voluta) lacuna legislativa. Sin nei più datati precedenti si è evidenziato, infatti, che il legislatore si sarebbe consapevolmente astenuto dal definire l’attività giornalistica, non già per cristallizzare la sua concezione tradizionale ma proprio per consentire di applicare il sistema di tutela normativa a qualsiasi forma qualificata del pensiero svolgentesi non solo attraverso lo scritto (stampa) o la parola (servizi giornalistici della radio o della televisione) ma anche attraverso immagini idonee ad assolvere, in via di completamento e di sostituzione degli altri mezzi espressivi, la medesima funzione informativa (v. ab initio Cass. 2 luglio 1985, n. 3998).

Si è in tal modo privilegiata una nozione elastica di giornalista da adattarsi alla rapida evoluzione della professione ed al cambiamento dell’ordinaria concezione del giornalismo oltre che dello stesso modo di intendere, realizzare e leggere un giornale.

Così si è fatto ricorso a criteri di comune esperienza stabilendosi che l’attività giornalistica si contraddistingue in primis per l’elemento della creatività di colui che, con opera tipicamente (anche se non esclusivamente) intellettuale, raccoglie, commenta ed elabora notizie volte a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione, ponendosi il giornalista quale mediatore intellettuale tra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso attraverso un messaggio (scritto, verbale, grafico o visivo), con il compito di acquisire la conoscenza dell’evento, valutarne la rilevanza in relazione ai destinatari e confezionare il messaggio con apporto soggettivo e creativo (v. Cass. 20 febbraio 1995, n. 1827; Cass. 5 luglio 1997, n. 6083; Cass. 22 novembre 2010, n. 23625; Cass. 29 agosto 2011, n. 17723).

Quanto ai criteri per la concreta individuazione dell’attività giornalistica, è stato precisato che deve trattarsi di informazione e critica su determinati avvenimenti, destinata alla generalità dei cittadini ovvero ad un numero indeterminato di essi, attraverso giornali, agenzie di stampa, emittenti radio-televisive e, più in generale, ogni strumento idoneo ad assicurare la diffusione dell’informazione. Il mezzo espressivo utilizzato può essere lo scritto, la parola, la grafica, l’immagine.

Quanto al ruolo del giornalista nella produzione dell’informazione, lo stesso, è stato individuato nella raccolta, selezione, elaborazione, presentazione e commento delle notizie, con le caratteristiche qualitative dell’autonomia e della creatività. Assumono, inoltre, rilievo la continuità o periodicità del servizio nel cui ambito il lavoro è utilizzato, nonchè l’attualità delle notizie e la tempestività dell’informazione (v. Cass. 29 agosto 2011, n. 17723; Cass. 1 febbraio 2016, n. 1853).

E’ stato altresì ritenuto che anche la scelta di “adoperare un certo carattere tipografico e non altro ovvero riportare il fatto in una determinata colonna od in una determinata pagina (e non in altre)”, possa qualificarsi come espressione di quel carattere creativo necessario ad assumere natura giornalistica, costituendo, “quale mediazione fra fatto e comunicazione, un contributo al contenuto del messaggio: un’interpretazione” (v. Cass. 5 marzo 2008, n. 5926; Cass. 19 gennaio 2016, n. 838).

Egualmente si è ritenuto con riferimento a chi svolge la medesima mediazione, facendo ricorso ad altri (e più complessi) strumenti comunicativi. Cosi è stato precisato che costituisce attività giornalistica – intesa come prestazione di lavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento e alla elaborazione di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione attraverso gli organi di informazione – l’attività svolta dal grafico il quale, mediante l’espletamento di attività inerenti la progettazione e la realizzazione della pagina di giornale come la collocazione del singolo pezzo giornalistico e la scelta delle immagini e dei caratteri tipografici con i quali lo stesso viene riportato sulla pagina, esprime – pur nell’eventuale presenza delle scelte e delle indicazioni degli autori degli articoli e del direttore – un personale contributo di pensiero ed una valutazione sulla rilevanza della notizia, valutazione rapportata ad un giudizio sulla idoneità del fatto ivi riferito ad incidere sul convincimento del lettore, in ciò differenziandosi dall’attività del poligrafico il cui contributo si esaurisce nella mera trasposizione grafica della notizia da comunicare (Cass. 1 febbraio 1996, n. 889; Cass. 12 marzo 2004, n. 5162; Cass. 5 marzo 2008, n. 5926 cit.; Cass. 25 giugno 2009, n. 14913; Cass. 18 marzo 2016, n. 5456).

Nella specie la Corte territoriale, senza peraltro incorrere in alcun omesso esame, ha correttamente applicato tutti gli indicati principi ad una fattispecie di giornale “parlato” e “veduto” a mezzo della televisione, laddove, sulla base di una approfondita disamina delle risultanze di causa, ha ritenuto che l’attività svolta dal M. attraverso le stesse modalità di presentazione della notizia, e così attraverso le sigle (aventi la funzione di identificare particolari tematiche della testata), i fillers (consistenti in immagini, con funzione di riempitivo di spazi vuoti del palinsesto ovvero di autopromozione del canale, accompagnate da testi scritti e da brani musicali) e titoli, realizzasse una forma di selezione, di elaborazione e di commento tale da assumere particolare importanza nella comunicazione al pubblico della notizia e nell’espressione di una valutazione della medesima; ciò specie in un contesto caratterizzato da una informazione in tempo reale del notiziario, offerta h24 e resa attraverso la particolare celerità del servizio, che non consentiva una più approfondita ed ulteriore discussione sul prodotto e lasciava perciò spazio ad autonome valutazioni sulla base di meri contatti informali.

Ad avviso dei giudici d’appello l’attività del M., avente ad oggetto notizie così attuali da richiedere una diffusione in tempo reale, non si esauriva nel mero conferimento di una forma ai messaggi da comunicare, e quindi nella mera trasposizione grafica delle notizie stesse, ma ne diventava contenuto attraverso una specifica attività di acquisizione ed elaborazione delle informazioni (con contributo di pensiero).

Quindi, pur tenendo conto delle indicazioni della linea giornalistica il M., sulla base degli argomenti delle notizie, determinava in modo del tutto autonomo sia il contenuto dei titoli (non limitato quindi alla sistemazione logica o grafica delle parole) sia il testo che li accompagnava, così da attribuire più o meno risalto presso l’utente e catturarne immediatamente – “a colpo d’occhio” – l’attenzione, intensificando l’efficacia del mezzo e conferendo alle notizie medesime un valore comunicativo ulteriore. In tal modo egli partecipava al servizio di informazione (significativa è, sul punto, l’affermazione della Corte territoriale secondo cui: “l’informazione era sostanzialmente resa proprio attraverso le icone e la grafica”).

Come altresì evidenziato dalla Corte territoriale, la pressochè totalità dei titoli predisposti dal M. andava, poi, in onda senza ulteriori controlli.

Analogo apporto creativo vi era nell’attività predisposizione dei fillers, confezionati in piena autonomia sia per quanto riguardava la scelta delle immagini sia quella dei brani musicali ed il relativo montaggio.

Dalle emergenze processuali la Corte capitolina ha tratto, dunque, la convinzione che vi fosse stata sicuramente quella specifica acquisizione ed elaborazione dell’informazione tipica del giornalista realizzata attraverso la scelta delle modalità di presentazione delle notizie (sintetizzate, a seconda dei casi, attraverso la predisposizione di soli titoli ovvero di icone, comprendenti immagini e testo, ovvero ancora di un mix di testo scritto, immagini, grafica e accompagnamento musicale) tali da sottolinearne la rilevanza o la pertinenza e da incidere sulla qualità ed il valore della comunicazione, concorrendo, con apporto creativo e personale contributo di pensiero, a quella rappresentazione complessiva della realtà che è il risultato ultimo, quanto incessante, dell’attività informativa.

Il ragionamento è del tutto logico e coerente e resiste, pertanto, alle censure della società.

6. Anche il quarto motivo (che riprende, altresì, parte della doglianza di cui al terzo motivo relativa alla incidenza quantitativa dell’attività espletata dal M. in relazione ai titoli) è infondato.

L’accertamento della Corte di merito è stato ad ampio raggio ed ha avuto ad oggetto nel complesso tutta l’attività svolta dal M. costituita come detto dal confezionamento dei messaggi con apporto soggettivo e creativo attraverso la predisposizione dei titoli, delle sigle, dei fillers (e cioè attraverso modalità espressive che, pur differenti, avevano tutte, come si legge nella sentenza impugnata, valenza informativa ed erano adottate proprio in funzione della peculiare caratteristica dell’informazione resa).

4. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

5. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo.

6. Va dato atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge e rimborso forfetario in misura del 15 %.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2018

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