Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2941 del 10/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 10/02/2010, (ud. 08/01/2010, dep. 10/02/2010), n.2941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27953-2004 proposto da:

COMUNE DI CIVITAVECCHIA in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA FRACASSINI 18, presso lo studio

dell’avvocato VENETTONI ROBERTO, rappresentato e difeso dall’avvocato

PALA GESUALDO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

O.Q., D.G.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 68/2004 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata l’11/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO WLADIMIRO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

O.Q. e D.G.S. impugnavano gli avvisi di liquidazione emessi dal Comune di Civitavecchia relativi alla Imposta Comunale sugli Immobili per l’anno 1994, fondati sulla differenza tra le rendite effettive e quelle presunte precedentemente da essi dichiarate.

Sostenevano che le rendite definitive non erano state loro in precedenza notificate, ed asserivano di avere impugnato la rendita determinata dall’UTE, con instaurazione di un procedimento che assumevano come pregiudiziale.

La Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso,sotto il profilo della mancata notificazione ai contribuenti della rendita definitiva.

Appellava il Comune sostenendo in punto di fatto la avvenuta notificazione della rendita nel 1998, e , nel merito, la legittimità della pretesa impositiva.

La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza N. 68/05/04 in data 4-10-2004, depositata l’I 1-10-2004, dava atto della avvenuta notifica della rendita, ma respingeva il gravame in forza della ritenuta irretroattività della medesima.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Comune, con due motivi.

I contribuenti intimati non svolgono attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il Comune deduce la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, (art. 112 c.p.c.). Osserva che la Commissione Provinciale aveva accolto il ricorso dei contribuenti sul rilievo che gli avvisi fossero da ritenersi “illegittimi perchè emessi in assenza di notifica individuale della nuova rendita catastale definitiva”.

La Commissione Tributaria Regionale, nella sentenza impugnata, dopo avere dato atto che la notifica della rendita era stata effettuata ai contribuenti nel 1998, come affermato dal Comune, aveva respinto il gravame sulla base di una motivazione (irretroattività della rendita) del tutto nuova, sia rispetto ai motivi di appello, sia in relazione ai motivi di impugnazione degli avvisi svolti dai contribuenti nel ricorso introduttivo.

La Commissione era quindi incorsa nel vizio di extrapetizione di cui all’art. 112 c.p.c., con conseguente nullità della sentenza.

Con il secondo motivo, deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 1; L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 2; D.Lgs. n. 540 del 1992, art. 5, comma 4.

Sostiene che la Commissione ha errato ritenendo che la rendita definitiva, notificata nel 1998, non poteva esplicare rilievo in ordine all’anno 1994, non essendo retroattiva.

In realtà, la rendita applicata dai contribuenti nel 1994 era una “rendita presunta” dagli stessi determinata con riferimento “alla rendita di fabbricati similari già iscritti” che era suscettibile di conguaglio ai sensi del D.Lgs. n. 540 del 1992, art. 11, comma 1, una volta attribuita la rendita, in relazione alle annate in cui l’immobile ne era privo.

La rendita era quindi retroattiva, come confermato dalla L. n. 342 del 2000, art. 74, con riferimento alle rendite attribuite anteriormente al 1 gennaio 2000. per cui è stata unicamente prevista la eliminazione di sanzioni ed interessi (come operato dal Comune successivamente ala entrata in vigore di detta norma).

Il primo motivo è fondato.

Corrisponde al vero, come testualmente dimostrato dal Comune ricorrente in ricorso, che nè il contribuente in sede di ricorso introduttivo, nè il Comune in sede di appello avverso la sentenza di I grado avevano dedotto come motivo di illegittimità degli avvisi la non retroattività della rendita definitiva attribuita all’immobile di cui si tratta.

Come è noto, il giudice può ricostruire la vicenda di fatto in modo difforme da quella operata dalle parti, purchè tratta da elementi già acquisiti in causa, od applicare alla fattispecie concreta regole normative diverse da quelle invocate dalle parti medesime, ove ritenute applicabili, non potendo tuttavia travalicare i limiti costituiti dal “petitum” in relazione alla “causa petendi”. Nel caso di specie, la causa della illegittimità degli avvisi di liquidazione del Comune era stata ravvisata dai contribuenti nella mancata notificazione della rendita definitiva anteriormente alla notificazione degli avvisi stessi e tale tesi era stata accolta dal giudice di I grado; il giudice di appello, accogliendo la tesi dell’appellante della avvenuta tempestiva notificazione della rendita, non aveva la facoltà di porre alla base della decisione un principio totalmente diverso, quale una asserita irretroattività della rendita in effetti notificata.

Anche il secondo motivo è fondato.

Invero, la tesi in diritto della Commissione di 2^ grado è erronea.

In caso di fabbricati originariamente privi di rendita catastale, trova applicazione il D.Lgs. n. 440 del 1992, art. 5, comma 4, nella formulazione vigente “ratione temporis” secondo cui il contribuente assolve l’imposta sulla base di un valore “determinato con riferimento alla rendita dei fabbricati similari già iscritti”. Tale valore, appunto di natura provvisoria, è suscettibile di conguaglio una volta che TUTE abbia determinato la rendita definitiva, ai sensi dell’art. 11 comma 1, stesso D.Lgs. (v. Cass. n. 4310 del 2005).

L’assunto del Comune ricorrente è convalidato dalla L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 2, il quale fa salvi gli atti impositivi già notificati anteriormente al 1 gennaio 2000, salva la eliminazione degli interessi (prescrizione cui il Comune si è uniformato in corso di causa).

Il ricorso deve quindi essere accolto e la sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con reiezione del ricorso introduttivo del contribuente (rimanendo salva la eliminazione degli interessi, di cui sopra).

In relazione alle incertezze giurisprudenziali di merito, si compensano le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo dei contribuenti. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 8 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2010

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