Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29409 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 28/12/2011, (ud. 13/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29409

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FELICETTI Francesco – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

R.E. C.F. (OMISSIS) rappresentato e difeso, in

virtù di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avv.ti

Mittiga Zandri Patrizia e Renato Notari ed elettivamente domiciliato

presso lo studio della prima, in Roma, Lungotevere Michelangelo, 9;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso “ex lege” dall’Avvocatura

Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi Uffici in Roma, alla

via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 438 del 2010 del Tribunale di

Potenza, depositata il 22 aprile 2010 (e notificata il 15 maggio

2010).

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13 dicembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

sentito l’Avv. Patrizia Mittiga Zandri per il ricorrente;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. PATRONE Ignazio che nulla ha osservato in ordine alla

relazione predisposta in virtù dell’art. 380 bis c.p.c..

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 11 ottobre 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “Con ricorso depositato il 21 novembre 2007, il sig. R.E. proponeva opposizione dinanzi al giudice di pace di Lagonegro, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22 avverso il verbale n. (OMISSIS) (e notificato il 29 settembre 2007) elevato nei suoi confronti dalla Polstrada di Potenza in relazione alla violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 9 del 1992.

Nella costituzione dell’opposto Ministero dell’Interno, il suddetto giudice di pace, con sentenza n. 89 del 2008, accoglieva il ricorso ed annullava l’impugnato verbale di accertamento.

Formulato appello da parte dell’indicato Ministero e nella dichiarata contumacia dell’appellato, il Tribunale di Potenza, con sentenza n. 438 del 2010 (depositata il 22 aprile 2010 e notificata il 15 maggio 2010), accoglieva il gravame e, per l’effetto, rigettava l’opposizione avanzata nell’interesse di R.E., compensando le spese giudiziali i complessive. A sostegno dell’adottata decisione, il giudice di secondo grado, dato atto della contumacia dell’appellato, rilevava nel merito che l’appello era da ritenersi fondato nella parte in cui il giudice di prima istanza aveva ritenuto prescritto il diritto al pagamento della sanzione da parte del menzionato Ministero, dovendo, invece, considerarsi che lo stesso Ministero aveva fornito la prova che la mancata notifica del verbale di accertamento al trasgressore nel termine di cui all’art. 201 C.d.S. era dipesa da causa non imputabile alla medesima Amministrazione.

Con ricorso, notificato il 1 luglio 2010 e depositato il 19 luglio successivo, ha proposto impugnazione per cassazione avverso la sentenza di appello il R.E., articolato su due motivi.

L’intimato Ministero si è costituito in questa fase con controricorso.

Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 330 c.p.c., nonchè la nullità del giudizio e della sentenza impugnata per difetto del contraddittorio.

Con il secondo motivo lo stesso ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione (con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3) dell’art. 201 C.d.S., commi 1 e 5 del 1992 in relazione all’erronea applicazione del principio di diritto, enucleato dalla giurisprudenza, del diverso momento perfezionativo delle notificazioni per il notificante ed il notificato.

Rileva il relatore che sembrano sussistere i presupposti per ritenere manifestamente fondati entrambi i riportati motivi e pervenire, quindi, al possibile accoglimento de proposto ricorso.

Con riferimento alla prima doglianza (che investe, in effetti, un aspetto processuale, con la conseguente legittimità dell’accesso agli atti processuali anche nella presente sede) il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 330 c.p.c. in ordine alla notificazione dell’atto di appello, sostenendo che, malgrado avesse ritualmente eletto domicilio nel giudizio di primo grado nella circoscrizione del giudice investito del processo presso lo studio dell’avv. Bonafine, non aveva ricevuto alcuna notifica del gravame nè presso il procuratore costituito, nè presso il domicilio eletto nè personalmente, con la conseguenza che non era stato posto nelle condizioni di venire a conoscenza della proposizione dell’impugnazione e di potersi, perciò, legittimamente costituire in secondo grado. Dall’esame degli atti processuali, invero, emerge che, in effetti, il R. non aveva ricevuto alcuna notifica dell’atto di appello e, dovendo in detto grado osservarsi le norme ordinarie che disciplinano il giudizio di cognizione in primo grado dinanzi al Tribunale ai sensi dell’art. 359 c.p.c. (v. Cass., SS.UU., ord. n. 23285 del 2010), sarebbe stato necessario osservare le formalità prescritte dall’art. 330 c.p.c.. Del resto la giurisprudenza di questa Corte è – anche ai fini di cui all’art. 360 bis c.p.c., n. 1 – concorde nel rilevare che, in tema di sanzioni amministrative,la notificazione dell’appello all’opponente in primo grado deve essere effettuata in aderenza alla sistematica generale delle notificazioni quale è formulata da codice di rito, secondo cui il luogo di notificazione delle impugnazioni alla parte che non sia costituita a mezzo di procuratore è specificamente disciplinato dall’art. 330 c.p.c. – il quale prevede la notificazione dell’impugnazione nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio, e, in mancanza, personalmente alla parte ai sensi dell’art. 137 e segg.

c.p.c., al fine di assicurare quella effettività del diritto di difesa che l’art. 24 Cost. rende obbligo inderogabile del legislatore e dell’interprete (v. Cass. n. 7526 del 2001 e Cass. n. 7675 del 2004).

Oltretutto, pur volendo considerare la prospettiva dell’Amministrazione controricorrente in relazione alla diversa modalità di proposizione dell’appello nella forma del ricorso, deve rilevarsi che, in ogni caso, dagli atti non emerge che l’atto di appello con il pedissequo decreto di fissazione dell’udienza sia stato notificato al R., poichè la raccomanda a.r. non risulta recapitata al destinatario (per indirizzo inesistente), ragion per cui sarebbe stato preciso obbligo del giudice di secondo grado ordinare la rinnovazione della notificazione rispettando le formalità di legge onde garantire il rispetto del principio del contraddittorio e la salvaguardia del diritto di difesa, adempimento, invece, rimasto inosservato, con la derivante illegittimità della dichiarazione di contumacia dell’appellato. Anche il secondo motivo si prospetta manifestamente fondato poichè, secondo la più recente e maggioritaria giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 9841 del 2010 e Cass. n. 13588 del 2009), che si condivide, in tema di sanzioni amministrative, la consegna del verbale di accertamento all’ufficiale giudiziario per la notifica non è idonea ad interrompere il decorso del termine di prescrizione quinquennale del diritto alla riscossione previsto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 28 dovendosi ritenere che il principio generale – affermato dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte cost. – secondo cui, quale che sia la modalità di trasmissione, la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, dal lato del richiedente, al momento dell’affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario, non si estenda all’ipotesi di estinzione del diritto per prescrizione, in quanto, perchè l’atto produca l’effetto interruttivo del termine, è necessario che lo stesso sia giunto alla conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) del destinatario. Tale principio, per identità di “ratio”, è estensibile anche con riferimento all’ipotesi di estinzione dell’obbligo di pagamento della sanzione dovuta per la violazione se non si sia proceduto alla notificazione, nei confronti del trasgressore, del verbale di accertamento nel termine prescritto (150 giorni nella fattispecie, secondo la disciplina “ratione temporis” applicabile) ai sensi dell’art. 201 C.d.S., comma 5. Pertanto, essendo rimasto accertato che non si era provveduto, nella specie, a notificare effettivamente il verbale di accertamento al R. nel precisato termine decadenziale perentorio (ed a prescindere dalla tempestiva consegna del plico all’organo notificatore), la sentenza di secondo grado si prospetta inficiata dal vizio dedotto nell’interesse del ricorrente. Peraltro, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte (sull’onda di Cass. SS.UU., n. 24851 del 2010), a norma dell’art. 201 C.d.S., comma 1 – nel testo di cui al D.L. 27 giugno 2003, n. 151, art. 4 convertito, con modifiche, nella L. 1 agosto 2003, n. 214, applicabile “ratione temporis” – in caso di impossibilità di procedere all’immediata contestazione della relativa violazione, il verbale deve essere notificato all’effettivo trasgressore entro il termine di centocinquanta giorni, rilevandosi, al riguardo, che, se l’esatto luogo ove eseguire la notificazione risulti anche da una sola delle banche dati richiamate dalla legge – ossia il P.R.A o l’archivio nazionale dei veicoli, la P.A. è messa comunque in condizioni di identificare il trasgressore e non può invocare, a titolo di giustificazione del ritardo, l’ipotesi residuale prevista dall’ultima parte del citato art. 201, destinata ad operare nel caso in cui l’annotazione del luogo dove la notifica va eseguita non risulti nè dal P.R.A., nè dall’archivio nazionale e ciò anche alla luce dell’esistenza di un obbligo di collaborazione tra le amministrazioni tenute alla gestione delle banche dati (v. Cass. n. 6971 del 2011).

In definitiva, alla stregua delle esposte ragioni, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., ritenendosi la manifesta fondatezza del ricorso in questione (con salvezza della eventualità della sua decisione nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2)”.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra con riguardo alla rilevata manifesta fondatezza del primo motivo in rito, dal cui accoglimento – alla stregua della sua pregiudizialità – deriva l’assorbimento della seconda doglianza, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio al Tribunale di Potenza, in composizione monocratica, in persona di altro giudicante, che, nell’attenersi al suddetto principio di diritto statuito con riferimento al primo motivo, provvederà anche sulle spese della presente fase di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Potenza, in composizione monocratica, in persona di altro giudicante.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6^ Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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