Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29403 del 15/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 15/11/2018, (ud. 30/05/2018, dep. 15/11/2018), n.29403

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annnalisa – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3367-2013 proposto da:

A.S., C.f. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GERMANICO 197, presso lo studio

dell’avvocato ALFREDO GALASSO, che li rappresenta e difende giusta

delega in atti;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA, C.F. (OMISSIS), in persona

del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1954/2011 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 23/01/2012 R.G.N. 87/2010.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’Appello di Palermo, a conferma della sentenza del Tribunale, ha rigettato la domanda di A.S. e altri, tutti docenti dell’Accademia di Belle Arti, rivolta a sentir dichiarare il loro diritto a ricevere un trattamento economico corrispondente a quello dei professori universitari di pari livello e fascia o, comunque, a vedersi adeguato il trattamento economico alla quantità e qualità del lavoro svolto, con assunzione dei parametri retributivi dei professori universitari di corrispondente livello e fascia, stante la tendenziale omologazione tra le Università e le Istituzioni di Alta Cultura, nell’ambito delle quali sono ricomprese le Accademie di Belle Arti, così come stabilito dalla L. n. 508 del 1999;

la decisione ha evidenziato come la normativa speciale contenuta nella L. n. 508 ha previsto la contrattualizzazione dei rapporti del personale docente delle Accademie di Belle Arti, rinviando al D.Lgs. n. 29 del 1993 che, all’art. 45, comma 1, demanda alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento economico complessivo dei dipendenti;

ha rimarcato come, di contro, il rapporto d’impiego dei professori universitari sia sottratto alla disciplina contrattuale, di tal che nessun contrasto sarebbe ravvisabile con il principio di parità di trattamento invocato dagli appellanti, per la sostanziale incomparabilità dei rispettivi statuti giuridici ed economici, disciplinati da fonti non omogenee;

ha sostenuto che le scelte compiute dalla contrattazione collettiva sono frutto di un potere insindacabile da parte del Giudice, ed attribuito alle parti sociali in via esclusiva per regolamentazione di interessi collettivi;

ha escluso l’esistenza di un contrasto della L. n. 508 del 1999 con gli artt. 3 e 36 Cost., rilevando che, un eventuale annullamento della norma speciale non determinerebbe, comunque, l’applicabilità diretta della disciplina prevista per i docenti delle Università in capo agli appellanti;

per la cassazione di tale decisione ricorrono A.S. e gli altri litisconsorti con tre censure illustrate da memoria. Resiste il Miur con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si contesta “Violazione e falsa applicazione ed errata interpretazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 e degli artt. 3 e 36 Cost., conseguente erronea determinazione in ordine all’inoperatività del principio di parità di trattamento in presenza di parità di mansioni”; i ricorrenti sostengono che l’esiguità della retribuzione corrisposta ai docenti delle Accademie di Belle Arti rispetto a quella erogata ai docenti delle Università determinerebbe una violazione dei principi fondamentali di rango costituzionale, a fronte della quale si imporrebbe la disapplicazione della disciplina contrattuale;

con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si lamenta “Omessa e insufficiente motivazione in merito alla questione di costituzionalità della L. n. 508 del 1999, art. 5 e D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 40 e 45 in relazione agli artt. 3,36 e 97 Cost.”; la censura insiste nella lettura unitaria del sistema dell’Alta formazione, nell’ambito del quale alla funzione docente non potrebbe non essere attribuita la stessa valenza rispetto a quella universitaria, attenendo allo stesso livello e categoria culturale. Sotto questo profilo, la sentenza gravata sarebbe, oltre che lacunosa, altresì sommaria nel valutare l’infondatezza dell’eccezione di costituzionalità prospettata dagli odierni ricorrenti. La corrispondenza giuridica di posizioni tra i docenti dell’Accademia e i professori delle Università, renderebbe palesemente illegittima la disciplina dello status economico dei primi, producendo un’ingiustificata disparità di trattamento, per situazioni sostanzialmente corrispondenti;

con il terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, parte ricorrente lamenta “Omessa motivazione in ordine alla condanna alle spese”; il Giudice dell’Appello avrebbe omesso di pronunciare sulla domanda di compensazione delle spese del giudizio di merito formulata dai ricorrenti in ragione della complessità della materia oggetto di causa;

le prime due censure vanno esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione;

esse sono infondate;

nella recente pronuncia n. 14101 del 2018, resa su fattispecie sovrapponibile, questa Corte ha ricostruito la disciplina degli Istituti di Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM), riformata dalla L. n. 508 del 1999; ha sottolineato che precedentemente la materia era ricompresa nel D.Lgs. n. 297 del 1994, Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado (art. 206, lett. c), mentre la L. n. 508, sganciando gli Istituti AFAM dalle ordinarie istituzioni scolastiche, ha istituito il sistema dell’Alta formazione e specializzazione artistica e culturale, nell’ambito delle istituzioni di Alta cultura, a cui l’art. 33 Cost. attribuisce il diritto di darsi ordinamenti autonomi;

dal programma riformatore avviato con la L. n. 508 del 1999, non è dato riscontrare alcun elemento per sostenere l’assimilazione degli Istituti AFAM alle Università, in quanto diverse ne sono le caratteristiche e le finalità: gli Istituti di Alta formazione artistica e musicale tendono a valorizzare la creatività individuale degli allievi, là dove nelle Università prevale il ruolo della ricerca scientifica nei diversi campi del sapere;

il rapporto di lavoro degli Istituti AFAM, per le due distinte aree del personale docente e non docente è contrattualizzato (L. n. 508 del 1999, art. 2, comma 6) là dove, il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 3 ha mantenuto in capo ai professori delle Università lo status pubblicistico;

fin dal CCNL del 16/2/2005, le parti sociali hanno dettato una compiuta disciplina degli istituti economici e normativi applicabili al personale dipendente degli Istituti di Alta formazione, istituendo all’uopo un apposito comparto negoziale, diverso da quello concernente il personale docente della scuola;

tale essendo il contesto di riferimento, questa Corte, nel recente orientamento richiamato, al quale s’intende dare continuità, ha ritenuto non fondata la pretesa dei ricorrenti di vedersi attribuire lo stesso trattamento economico dei professori delle Università, posto che, sulla base della consolidata giurisprudenza di legittimità, “il principio espresso dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, secondo cui le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale, opera nell’ambito del sistema d’inquadramento previsto dalla contrattazione collettiva e vieta trattamenti migliorativi o peggiorativi a titolo individuale, ma non costituisce parametro per giudicare le differenziazioni operate in quella sede, in quanto la disparità trova titolo non in scelte datoriali unilaterali lesive, come tali, della dignità del lavoratore, ma in pattuizioni dell’autonomia negoziale delle parti collettive, le quali operano su un piano tendenzialmente paritario e sufficientemente istituzionalizzato, di regola sufficiente, salva l’applicazione di divieti legali, a tutelare il lavoratore in relazione alle specificità delle situazioni concrete” (Cass. n. 10105/2013; Cass. n. 1037/2014; Cass. n. 19043/2017);

ha altresì negato il contrasto della L. n. 508 del 1999, art. 2, comma 6, con gli artt. 3 e 33 Cost. ritenendo che la scelta del legislatore di ricomprendere gli Istituti AFAM nell’ampio genus dell’Alta cultura non può voler significare necessariamente che le modalità di funzionamento dell’organizzazione e la disciplina dello stato giuridico ed economico del personale docente debbano essere speculari a quelle previste per i professori delle Università;

in merito all’equipollenza dei titoli di studio rilasciati, questa Corte ritiene che tale previsione valga solo a determinati scopi, segnatamente a fini concorsuali;

anche la terza censura è infondata;

non può ravvisarsi la lamentata omessa motivazione sulla domanda di compensazione delle spese, in quanto il potere di scelta appartiene al Giudice che lo esercita discrezionalmente; da ciò consegue che la doglianza non possa essere formulata come vizio di motivazione; la stessa potrebbe configurarsi, tuttavia, quale violazione di legge, qualora parte ricorrente contesti che il potere di disporre la compensazione delle spese processuali sia stato, in concreto, esercitato contra jus;

in definitiva il ricorso è rigettato;

le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso nei confronti del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5000 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 30 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2018

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