Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29403 del 13/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 13/11/2019), n.29403

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 25186/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore

p.t., rapp.ta e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

elettivamente domiciliata in Roma alla v. dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

C.C. (CF (OMISSIS)), rapp.to e difeso per procura a margine

del controricorso dall’avv. Fabio Pace, presso il quale

elettivamente domicilia in Milano, al Corso di Porta Romana, n.

89/b;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5138/4/15 depositata il 2 ottobre 2015 della

Commissione Tributaria Regionale di Roma;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 18 settembre 2019 dal relatore Dott. Ceniccola Aldo.

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza n. 5138/4/15 la CTR di Roma, pronunciandosi in sede di rinvio, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il diritto di C.C. al rimborso Irpef, per imposte non dovute in conseguenza della ritenuta operata dal sostituto d’imposta sull’importo spettante al contribuente in ragione della sua iscrizione al fondo Pia; poichè il ricorrente aveva beneficiato di una polizza assicurativa, convertita successivamente in un trattamento di pensione integrativa aziendale (Pia), in sede di liquidazione del trattamento l’Agenzia delle Entrate aveva applicato la tassazione Irpef sull’intero importo liquidato, equiparandolo al Tfr, operazione contestata dal contribuente che aveva avanzato la richiesta di rimborso dell’intero o, in subordine, la richiesta di tassazione al 12,50%;

tale ricorso veniva accolto dalla CTP con riguardo alla richiesta subordinata ed avverso la successiva sentenza della CTR, che aveva accolto in parte l’appello dell’Agenzia, veniva proposto ricorso per cassazione definito con sentenza n. 14380/2013 che rimetteva la causa al giudice di merito;

osservava la Corte che nel giudizio di merito non era stato compiuto un accertamento sulla natura e quantità del rendimento che sarebbe stato liquidato a favore del contribuente, mancando la verifica dell’impiego sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato e del rendimento conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,50%. Sicchè il ricorso doveva essere parzialmente accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione perchè accertasse, in coerente applicazione con il principio enunciato, il rendimento derivante dall’impiego sul mercato del capitale costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati al Fondo dal datore di lavoro e dal lavoratore;

con la citata sentenza n. 5138/4/2015 la CTR di Roma, onde verificare l’effettivo rendimento sul mercato degli accantonamenti del fondo Pia, ricorreva ad un calcolo matematico, ponendo a base di esso da una parte gli accantonamenti annuali, riferibili al lavoratore e al datore di lavoro, e, dall’altra, i risultati conseguiti dall’Enel nei rispettivi anni, come attestati in termini sintetici dalla documentazione Enel del 14.10.2005, ritenendo sussistente una sostanziale equiparazione tra il rendimento calcolato con tali modalità per il fondo Pia e quello risultante dal mercato con gestione separata;

secondo la CTR, dunque, l’istanza di rimborso del contribuente andava accolta e l’aliquota del 12,50% andava applicata alle somme costituenti il rendimento conseguito dal Fondo;

avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo;

il contribuente ha depositato controricorso e memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo (rubricato “violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 63 e art. 384 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”) l’Agenzia delle Entrate si duole della violazione, da parte della CTR, del vincolo derivante dalla sentenza di rinvio, nella quale questa Corte aveva evidenziato la necessità di verificare se vi fosse stato (e quale fosse stato) l’impiego sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato, costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati al fondo dal datore di lavoro e dal lavoratore, e quale (e quanto) fosse stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego.

1.2. Secondo la ricorrente, la CTR si sarebbe discostata da tale principio, avendo fatto ricorso ad operazioni matematiche, ponendo a base da un lato gli accantonamenti riferibili al lavoratore ed al datore e dall’altro i risultati conseguiti dall’Enel nei rispettivi anni (rendimenti risultanti, in termini sintetici, dalla certificazione Enel del 14 ottobre 2005 e confermato dalla perizia in atti).

1.3. In tal modo la CTR, condividendo la perizia di parte, avrebbe determinato il preteso rendimento non sulla base degli utili maturati attraverso gli investimenti effettuati sul mercato (totalmente mancanti nel caso in esame), ma sulla base dell’incremento della riserva matematica operata annualmente dall’Enel e quindi, in definitiva, mediante la semplice sottrazione ai contributi versati dell’indennità finale liquidata dal conto.

2. Il motivo è fondato.

2.1. Come recentemente chiarito da questa Corte in numerose fattispecie analoghe (cfr. ad esempio Cass. n. 16663/2019), il principio di diritto affermato da Cass., Sez. Un., n. 13642/2011 implica la necessità di una ricostruzione dell’impiego delle somme sul mercato non necessariamente finanziario, come precisato da ultimo da Cass. n. 4943/2018 -, con apposita verifica se vi sia stato “l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato” e quale sia stato “il rendimento di gestione conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,50%”.

2.2. Di conseguenza, gravando sul contribuente che impugni il rigetto di una istanza di rimborso – quale attore in senso sostanziale – l’onere di provare il fondamento della sua pretesa, questi è tenuto a dimostrare quale sia la parte dell’indennità ricevuta ascrivibile a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento, non senza che detto onere probatorio possa ritenersi sufficientemente assolto tramite il mero rinvio “al conteggio proveniente dall’Enel, prodotto dal contribuente, non contenente alcuna specificazione sui criteri utilizzati per la quantificazione della voce rendimento, così da chiarire se si trattasse effettivamente di incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercato” (ex aliis, Cass. n. 31222/2017).

2.3. Nella fattispecie in esame, pertanto, a fronte della radicale contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria della pretesa restitutoria avanzata dal contribuente, l’onere probatorio su quest’ultimo gravante non può ritenersi assolto, come invece ritenuto dalla CTR, mediante la produzione in giudizio della certificazione rilasciata dall’Enel, nè dal deposito della relazione tecnica di parte, la quale costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio (Cass. n. 16552/2015).

2.4. Va, poi, ribadito che è da escludere che il requisito dell’imputabilità del rendimento alla gestione sul mercato del capitale accantonato possa considerarsi soddisfatto dall’essere il rendimento corrispondente alla redditività ottenuta sul mercato dell’intero patrimonio dell’Enel (rapporto tra il margine operativo lordo e il capitale investito). Tale coerenza (del rendimento ottenuto dal capitale accantonato con quello ottenuto dal patrimonio dell’Enel) costituisce, infatti, comunque un dato estrinseco e non causale, nel senso che il primo non può comunque considerarsi frutto dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato, come richiesto perchè abbia a configurarsi il reddito da capitale della specie richiesta, essendo al contrario esso stesso dipeso da un predeterminato calcolo di matematica attuariale (cfr. Cass. n. 4943/2018, cit.).

2.5. Nello stesso senso si è espressa, di recente, anche Cass. n. 14640/2019 che ha innanzitutto confermato che, secondo gli ordinari criteri di ripartizione dell’onere della prova, grava sul contribuente che pretende il rimborso ed impugna il rigetto della sua istanza, l’onere di dimostrare il fondamento della pretesa fatta valere in giudizio, ossia provare quale sia la parte dell’indennità ricevuta ascrivibile in concreto a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento; in secondo luogo ha precisato che tale onere non può considerarsi assolto tramite il mero rinvio al conteggio proveniente dall’Enel, prodotto dal contribuente, il quale non chiarisce se il rendimento indicato si riferisca effettivamente all’incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercato (Cass. n. 720/2017; Cass. ord. n. 13278/2017 e n. 13281/2017; Cass. n. 16116/2018 che, in motivazione, richiama la relazione n. 32/99 della Corte dei Conti – sezione del controllo sugli enti – proprio sul bilancio consuntivo dell’Enel relativo all’esercizio finanziario 1997; Cass. nn. 16117, 16118 e 16123 del 2018).

3. Nel caso in esame è pacifico che il ricorrente risultava iscritto al Fondo previdenziale denominato Pia già in epoca antecedente al 28 aprile 1993 e che le prestazioni in somma capitale gli sono state erogate in data antecedente al 31 dicembre 2000; poichè, pertanto, si discute solo di capitali rinvenienti dall’accantonamento in Pia, la certificazione prodotta dai contribuenti, e sulla quali i giudici di merito hanno fondato il loro convincimento, non è idonea a far ritenere raggiunta la prova che il rendimento ottenuto sulle somme accantonate nel fondo di previdenza integrativa sia stato ricavato dal loro investimento sul mercato (Cass. n. 10285/2017; Cass. n. 4941/2018) e, di conseguenza, non è possibile fare applicazione del regime fiscale agevolato, ossia dell’aliquota del 12,5% prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6.

3.1. Del resto la CTR, evidenziando che, ai fini dell’aliquota agevolata applicabile, sussisterebbe una sostanziale equiparazione tra il rendimento calcolato con il criterio matematico per il fondo Pia “e quello risultante dal mercato con gestione separata”, innanzitutto non spiega quali siano le ragioni della ritenuta “equivalenza” ed in secondo luogo implicitamente ammette che il rendimento riguardante il fondo Pia non è stato calcolato tenendo conto in via diretta dei risultati dell’investimento sul mercato finanziario (risultati presi in considerazione in modo specifico solo con riferimento alla gestione separata).

4. In conclusione, il ricorso deve essere accolto e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (stante l’assoluta carenza di elementi idonei a dimostrare ih concreto l’impiego sul mercato finanziario, da parte del Fondo, del capitale accantonato), va rigettata l’originaria domanda del contribuente.

Il recente formarsi della giurisprudenza, in materia, giustifica la compensazione delle spese del presente grado e dei precedenti gradi di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese del giudizio di legittimità e dei precedenti gradi di giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 13 novembre 2019

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