Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29399 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2020, (ud. 22/10/2020, dep. 23/12/2020), n.29399

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita Bianca – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25024/2018 proposto da:

Comune di Forio (NA) (C.F.: (OMISSIS)), in persona del sindaco pro

tempore Dott. D.D.F., elettivamente domiciliato per la

carica in (OMISSIS) (c/o palazzo municipale di Forio), rappresentato

e difeso, giusta Det. 04 luglio 2018, n. 802 del responsabile del

settore tributi del Comune di Forio, nonchè procura speciale in

calce al ricorso, dall’Avv. Vincenzo Acunto (C.F.: (OMISSIS)) del

foro di Napoli, con studio in Forio (NA) alla Via G. Castellaccio n.

41/C ed in Roma alla Via Teulada n. 38/A presso l’Avv. Giovanni

Mechelli, presso il quale elettivamente elegge domicilio;

– ricorrente –

contro

Villa Franca S.n.c. di R.R. & C., con sede legale in

(OMISSIS) (P.IVA: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

p.t. R.R., rappresentata e difesa, in virtù di procura

conferita su atto separato e da intendersi in calce al

controricorso, dall’Avv. Carmine Bernardo (C.F.: (OMISSIS)) ed

elettivamente domiciliata in Roma, al Viale Angelico n. 70, presso

lo studio dell’Avv. Paolo Palma;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4961/2018 emessa dalla CTR Campania in data

23/05/2018 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Penta

Andrea.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza depositata il 21.9.2015, la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli rigettava il ricorso presentato da Villa Franca di R.R. & C. s.n.c. avverso l’avviso di contestazione ed irrogazione sanzioni n. (OMISSIS). Il primo giudice riteneva che legittimamente il Comune avesse rinnovato tale avviso, dopo l’annullamento giurisdizionale a causa di carenza motivazionale di altro per il medesimo periodo di imposta, ravvisando l’idoneità di quello rinnovato a sostenere la pretesa tributaria e recependo le argomentazioni svolte nella decisione relativa ad una controversia per l’annualità precedente.

Ricorreva in appello il contribuente, evidenziando come non vi fossero sostanziali differenze tra l’atto già annullato e quello oggetto del presente ricorso, formulando eccezione di intervenuto giudicato.

Il Comune non si costituiva.

Con sentenza del 23.5.2018 la CTR Campania accoglieva l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

1) il raffronto tra l’avviso di pagamento n. 6968 del 13.5.2011, annullato con sentenza n. 839/91/19 della CTP di Napoli, confermata con sentenza n. 11191/47/2014 della CTR Campania, definitiva, e l’avviso n. 15537 in data 13.6.2016, oggetto del presente contenzioso, conduceva a ravvisare l’insussistenza di sostanziali differenze di contenuto e motivazione tra i due atti;

2) invero, anche il secondo si limitava a richiamare genericamente risultanze catastali e/o di altro genere agli atti del Comune, senza enunciarle espressamente e senza consentire, più del precedente, il controllo dell’iter logico sfociato nell’accertamento emesso;

3) pertanto, pur riconoscendosi in astratto la legittimità del nuovo esercizio della potestà impositiva, lo stesso risultava inficiato dagli stessi vizi del precedente, risultando dunque non idoneo a superare i limiti imposti dall’intervenuta formazione del giudicato;

4) le spese seguivano la soccombenza e si liquidavano in base ai parametri fissati con D.M. Giustizia 10 marzo 2014, n. 55 (in G.U. n. 77 del 2.4.2014), tabella n. 24 dell’Allegato, tenuto conto che non si ravvisavano nella procedura le fasi istruttoria e cautelare.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Comune di Forio, sulla base di tre motivi.

La Villa Franca s.n.c. di R.R. & C. ha resistito con controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 307 e 327 c.p.c., con riferimento al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, con conseguente nullità della sentenza, per non aver la CTR rilevato l’errore commesso dalla contribuente-appellante nell’indicare il numero della sentenza impugnata e l’inammissibilità dell’appello per tardività.

1.1. Il motivo è palesemente inammissibile, atteso che, in violazione del principio di specificità, omette finanche di indicare quando sarebbe stata depositata la sentenza di primo grado e quando sarebbe stato consegnato all’ufficiale giudiziario il plico contenente l’atto di appello.

In ogni caso, mentre per quanto concerne l’errore, contenuto a pagina 1 dell’atto di appello (sì come ammesso dalla resistente), di indicazione della sentenza impugnata (n. 20886, in luogo di n. 20887), si è all’evidenza al cospetto di un mero errore materiale, viepiù se si considera che a pagina 3 dello stesso atto di appello e nella ricevuta consegnata dall’Ufficio al momento dell’iscrizione a ruolo dell’atto di gravame la sentenza era stata correttamente indicata, avuto riguardo alla tempestività con la quale è stato proposto il gravame in secondo gado, trova applicazione il principio consolidato secondo cui, a seguito della sentenza n. 477 del 2002 della Corte costituzionale – secondo cui la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, per il notificante, al momento della consegna del medesimo all’ufficiale giudiziario – la tempestività della proposizione dell’atto di appello esige che la consegna della copia del ricorso per la notifica venga effettuata nel termine perentorio di legge e che l’eventuale tardività della notifica possa essere addebitata esclusivamente a errori o all’inerzia dell’ufficiale giudiziario o dei suoi ausiliari, e non a responsabilità del notificante (Sez. 3, Ordinanza n. 4289 del 02/03/2004; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 2320 del 01/02/2011). Pertanto, a seguito della (successiva) sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 149 c.p.c. e della L. n. 890 del 1982, art. 4, comma 3, nella parte in cui prevedono che la notificazione si perfeziona per il notificante alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario, anzichè a quella antecedente di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, deve ritenersi tempestiva la notificazione del ricorso per cassazione che (mancando la prova della precedente consegna all’ufficiale giudiziario) sia stato spedito a mezzo posta in data anteriore al decorso del termine annuale previsto dall’art. 327 c.p.c., essendo in proposito irrilevante che la ricezione da parte del destinatario sia avvenuta successivamente (Sez. 2, Sentenza n. 5853 del 16/03/2006).

Nel caso di specie, premesso che la sentenza di primo grado è stata pubblicata in data 21.9.2015, risulta tempestiva la notifica dell’atto di appello avvenuta mediante consegna dello stesso all’ufficiale giudiziario in data 18.3.2016.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la “nullità del gravame, mera apparenza, inesistenza della motivazione su altri punti decisivi della controversia”, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), per non aver la CTR rilevato che, avverso la motivazione della decisione pronunciata dalla CTP, secondo cui il secondo avviso di pagamento in rinnovazione integrava un nuovo atto con tutte le informazioni dovute, la contribuente non aveva articolato alcun motivo di gravame, sicchè la decisione della CTR era, sul punto, viziata da ultrapetizione e, per l’effetto, si era formato il giudicato; e per non aver considerato che ad integrazione della motivazione per relationem di un atto impositivo non andavano allegati gli atti di cui il contribuente avesse già integrale e legale conoscenza.

2.1. Il motivo è inammissibile.

Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata, come nel caso di specie, con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19959 del 22/09/2014; conf. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 11603 del 14/05/2018).

Nel caso di specie, inoltre, il ricorrente, in violazione del principio di specificità, ha omesso di trascrivere, almeno nei loro passaggi maggiormente salienti, l’atto di appello proposto dalla società contribuente (al fine di attestare che solo uno dei sei motivi di gravame proposti era “riferibile ad una decisione di primo grado” e, soprattutto, che la Villa Franca s.n.c. non avrebbe sollevato alcuna doglianza avverso la decisione pronunciata dalla CTP, secondo cui il secondo avviso di pagamento in rinnovazione integrava un nuovo atto contenente tutte le informazioni dovute) e l’avviso di contestazione ed irrogazione sanzioni per cui è causa (al fine di far emergere quali fossero gli atti di cui il contribuente aveva già integrale e legale conoscenza e che, come tali, non andavano allegati ad integrazione della motivazione per relationem di un atto impositivo).

D’altra parte, non è dato neppure comprendere quale rilevanza abbia la circostanza che solo uno dei sei motivi di gravame proposti fosse “riferibile ad una decisione di primo grado”, laddove gli altri cinque si riferissero ad un non meglio precisato “provvedimento amministrativo del quale però (…) non sono indicati gli estremi” (cfr. pag. 6 del ricorso).

Nè viene contestata la principale ratio decidendi della pronuncia qui impugnata, secondo cui non vi sarebbero sostanziali differenze di contenuto e di motivazione tra l’originario avviso di pagamento annullato con sentenza n. 839/91/19 della CTP di Napoli (confermata dalla CTR con sentenza n. 11191/47/2014) e l’avviso di contestazione ed irrogazione sanzioni adottato in rinnovazione, con la conseguenza che, essendo anche il secondo connotato da estrema genericità, risultava non idoneo a superare i limiti imposti dall’intervenuta formazione del giudicato sul primo.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR liquidato le spese processuali condannandolo al pagamento delle stesse, senza alcuna motivazione specifica.

3.1. Il motivo è inammissibile ed infondato.

In primo luogo, il ricorrente non ha neppure dedotto in cosa si sostanzierebbe la parziale soccombenza della contribuente che avrebbe giustificato la compensazione delle spese. In realtà, la CTR ha accolto integralmente l’appello proposto dalla Villa Franca, dichiarando, per l’effetto, l’illegittimità dell’avviso di pagamento impugnato. In applicazione del principio di soccombenza, espressamente richiamato nella motivazione, ha poi posto a carico esclusivo del Comune le spese di lite, rapportandole al valore della causa e parametrandole ai criteri fissati con D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

In ogni caso, rappresenta principio consolidato quello per cui, in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (tra le tante, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 24502 del 17/10/2017 e Sez. 5, Ordinanza n. 8421 del 31/03/2017).

4. In definitiva, il ricorso non merita accoglimento.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.000,00, oltre accessori come per legge.

Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

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