Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29399 del 15/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 15/11/2018, (ud. 03/10/2018, dep. 15/11/2018), n.29399

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18943/2013 proposto da:

ANAS S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo

studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MAURIZIO SANTORI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI VALERI

1, presso lo studio dell’avvocato MAURO GERMANI, che lo rappresenta

e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1222/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 06/03/2013, R.G.N. 8325/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/10/2018 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MAURO GERMANI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 6.3.2013, la Corte di appello di Roma respingeva il gravame proposto dall’Anas s.p.a. avverso la decisione del Tribunale capitolino che aveva accolto la domanda proposta da C.A. diretta ad ottenere il riconoscimento del diritto ai compensi dovuti per la partecipazione alle commissioni giudicatrici per l’affidamento di lavori pubblici e la condanna dell’azienda al pagamento della somma di Euro 69.473,86.

2. Osservava la Corte che la L. n. 109 del 1994, art. 21, Legge Quadro sui lavori pubblici, si riferiva a commissioni di gara composte anche da membri interni all’organico dell’amministrazione e che lo svolgimento dell’incarico di membro di commissione giudicatrice di gara non risultava compreso nelle mansioni e qualifica di appartenenza (quadro) del C., non comprendendosi, diversamente, il motivo per il quale vi era stato il conferimento di incarico anche al predetto, con specifica previsione della successiva fissazione del compenso per la commissione e Segreteria. Aggiungeva che il compenso non era stato mai determinato e che, poichè lo stesso era comunque determinabile, correttamente il giudice di prime cure l’aveva liquidato con riferimento a quanto previsto nel parere del consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, reso su quesito dell’Ordine degli Ingegneri, in caso contrario determinandosi un illecito vantaggio per l’azienda. La Corte rilevava, infine, che il C. aveva elaborato conteggi non contestati dall’Azienda e che la prescrizione era stata validamente interrotta.

3. Trovava, invece, accoglimento l’appello incidentale del C., volto alla condanna dell’ANAS al pagamento degli interessi legali e della rivalutazione monetaria sulla somma liquidata in primo grado.

4. Di tale decisione domanda la cassazione l’ANAS con ricorso affidato a due motivi, illustrati nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui resiste, con controricorso, il C..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, sono dall’ANAS spa denunziate violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1362 e segg.) e di contratti collettivi, con riferimento alla declaratoria Quadri A 1 prevista dal c.c.n.l. applicato al personale dipendente ANAS 1998-2001 e 2002-2005, violazione e falsa interpretazione della L. n. 109 del 1994, art. 21, D.P.R. n. 554 del 1999, artt. 17 e 92, sul rilievo che tra i compiti dei quadri, in base alla lettura delle declaratorie (tenore letterale: compiti di istruzione, predisposizione diretta di atti o procedure su materie di significativa complessità e funzioni che prevedono anche la gestione di rapporti aventi rilevanza esterna), rientravano attività quali quelle espletate attraverso la partecipazione a commissioni, e che la L. n. 104 del 1994, art. 21, diversamente da quanto sostenuto in sentenza, disciplinava, anche attraverso anche il regolamento di attuazione, i compensi dei componenti esterni, poichè l’attività svolta dai membri di commissione dipendenti della stazione appaltante rientrava nell’ambito delle rispettive mansioni e funzioni, in difetto di peculiari condizioni che ne giustificassero il compenso, quali la maggiore gravosità della prestazione rispetto a quella ordinaria.

2. Con il secondo motivo, si lamenta vizio di omesso esame circa fatto decisivo, assumendosi che il compenso non poteva essere determinato sulla base dei criteri individuati dal Consiglio Superiore dei Lavori pubblici per non appartenere il C. a nessuna delle due categorie professionali cui il parere si riferiva.

3. Il primo motivo di ricorso è fondato.

4. La lettura fornita dai giudici (di primo e) secondo grado non è conforme alla corretta interpretazione delle norme dei c.c.n.l.. Ed invero, a differenza di quanto si sostiene in controricorso, la declaratoria dell’area Quadri prevede che nella stessa rientrino, tra gli altri, i dipendenti con: a) compiti di istruzione e predisposizione diretta di atti o procedure su materie di significativa complessità; e) funzioni che prevedono anche la gestione di rapporti aventi rilevanza esterna. In relazione alla posizione organizzativa ed economica A, cui apparteneva il C., la declaratoria ha riguardo, tra le altre, ad attività gestionali aventi anche rilevanza esterna (lett. b) in particolare prevedendosi nel medesimo ccnl, con riguardo alle peculiarità di alcuni profili professionali ricompresi nella stessa area di appartenenza del controricorrente, l’espletamento di funzioni di segretario di comitati, commissioni con autonomia organizzativa, partecipazione ad organi collegiali in rappresentanza dell’ANAS.

5. Ciò consente di ritenere fondato il rilievo di parte ricorrente circa la possibilità di ricomprensione dell’incarico di membro interno della Commissione giudicatrice nelle mansioni e qualifica di appartenenza della declaratoria contrattuale del C., avendosi a tal proposito riguardo ai principi affermati da questa Corte in tema di ius variandi che consente al datore di adibire il lavoratore a mansioni molteplici ma di eguale livello senza che ciò comporti un diritto a compenso maggiore di quello dovuto nel caso in cui l’impiego delle energie lavorative si concentri nell’espletamento di una sola delle mansioni stessi, dovendosi escludere la configurabilità di un diritto ad un supplemento di retribuzione ai sensi dell’art. 2099 c.c. e dell’art. 36 Cost., salvo che si dimostri che tale cumulo comporti per il lavoratore un maggiore impegno qualitativo o quantitativo rispetto a quello caratteristica della qualifica rivestita (cfr. Cass. 13.9.1995 n. 9678; Cass. 21.12.1998 n. 12763).

6. D’altronde, anche in ambito pubblico è pacifico, secondo svariate sentenze della giustizia amministrativa che, laddove il componente della commissione giudicatrice, all’atto della nomina, rivesta la qualifica di dirigente della stazione appaltante, per di più addetto all’ufficio direttamente competente all’istruttoria della procedura selettiva in questione, correttamente l’amministrazione nega le competenze professionali spettanti quale componente della commissione giudicatrice” (cfr., tra le altre, Cons. di Stato, n. 3592 dell’8 luglio 2013, TAR Puglia-Bari. Sez. 1, sent. n. 235/2005, ed anche, in senso conforme, TAR Campania-Salerno, sez. 2, n. 145/2007 relativamente a controversia sollevata da dipendente comunale nominato componente di una commissione giudicatrice di appalto concorso, Corte dei Conti, sez. Puglia, 5 ottobre 1994 n. 93, che ribadiscono, per i componenti interni, sia pure nell’ambito del pubblico impiego, il principio dell’onnicomprensività della retribuzione, nel rispetto dei principi di trasparenza, ragionevolezza, imparzialità e proporzionalità con giusta parametrazione alle prestazioni richieste, e dei valori di economicità e sana gestione, prevedendo, invece, per i membri esterni, una differente disciplina).

7. Ciò rende ragione delle critiche rivolte alla sentenza impugnata, che, anche in relazione alla portata delle norme di legge che disciplinano la nomina della commissione per l’aggiudicazione degli appalti, L. n. 109 del 1994, art. 21 e relativo Regolamento di attuazione, artt. 17 e 92, ha ancorato la decisione favorevole al C. al rilievo che la normativa de qua non prevedesse che in materia di lavori pubblici la commissione di gara fosse composta da membri esterni all’organico dell’amministrazione.

8. Tale ratio decidendi risulta poi ripresa laddove, in sentenza si assume che, se fosse vero il contrario, non si comprenderebbe la necessità di conferimento di specifico incarico per tutti, con la precisazione di una successiva determinazione del compenso per la Commissione e per la Segreteria. La detta proposizione assume tuttavia una valenza meramente rafforzativa delle affermazioni effettuate in ordine all’interpretazione della normativa, sicchè non rileva ai fini dell’ammissibilità del motivo la circostanza della mancata censura rivolta anche a tale ragione della decisione.

9. Anche in relazione alla lettura delle norme di legge e di regolamento richiamate deve rilevarsi che l’interpretazione effettuatane dalla Corte non è rispettosa dei criteri dettati dalla legge, posto che la L. n. 109 del 1994, art. 21, che disciplina i criteri di aggiudicazione degli appalti e l’attività e la composizione della commissione giudicatrice in ipotesi di aggiudicazione mediante appalto-concorso o affidamento di concessioni mediante licitazione privata, nulla dispone circa i compensi dei componenti, limitandosi a prevedere, al comma 8 che “le spese relative alla commissione siano inserite nel quadro economico del progetto tra le somme a disposizione dell’amministrazione”.

A sua volta l’art. 92 del Regolamento prevede, al comma 3, che l’atto di nomina di membri della commissione (il comma 2 dispone che con sorteggio, ad eccezione del Presidente, i relativi nominativi siano proposti dagli ordini professionali, dalle facoltà universitarie e dalla stazione appaltante) ne determina il compenso e fissa il termine per l’espletamento dell’incarico. L’art. 17, prevede, poi, che i quadri economici prevedano, tra le altre, le “eventuali spese per commissioni giudicatrici”.

10. Il tenore letterale delle norme su riportate non chiarisce se il compenso previsto dall’art. 92 sia riferito ai membri esterni o anche a quelli interni. Pur non essendo consentito pertanto attribuire alla legge il senso palesato dal significato proprio delle parole che formano la norma, di per sè non chiarificatrici, anche secondo la loro connessione, deve, tuttavia, ritenersi che l’interpretazione datane dalla Corte del merito non abbia attribuito il necessario rilievo anche ad un criterio che privilegi l’interpretazione logica e sistematica in funzione dell’intenzione del legislatore, in modo tale che la sua applicazione sia conforme alle finalità per cui essa è stata emanata (criterio teleologico).

11. Al riguardo, in coerenza con quanto già evidenziato in relazione alle questioni affrontate prioritariamente, deve invero anche qui rimarcarsi che nessuna norma di legge prevede una diversa obbligazione retributiva per lo svolgimento, da parte dei membri interni della commissione giudicatrice, dei compiti tipici del livello professionale di appartenenza (eventualmente anche nello stesso orario di lavoro) e che la previsione di spese, definite solo eventuali, e della determinazione del compenso collegato all’incarico non debba necessariamente essere riferita a tutti i membri della commissione indistintamente.

12. Alla stregua di tali considerazioni, che evidenziano come i criteri ermeneutici in tema di interpretazione di norme di c.c.n.l. e di legge non siano stati adeguatamente applicati dalla Corte di appello di Roma, la sentenza va cassata, in accoglimento del motivo scrutinato, che determina l’assorbimento del secondo con il quale si censura unicamente la determinazione del compenso attribuito.

13. La causa va pertanto rinviata alla Corte designata in dispositivo – che provvederà anche alle spese del presente giudizio – per un nuovo esame conforme ai principi richiamati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche alla determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2018

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