Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29399 del 13/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 13/11/2019), n.29399

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22207/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12

– ricorrente –

contro

R.P., rappresentato e difeso dall’Avv. Xavier Santiapichi,

elettivamente domiciliato in Roma, presso il suo studio, Via Antonio

Bertoloni nn. 44-46, giusta procura speciale su foglio separato

materialmente congiunto;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Sicilia, sezione distaccata di Catania, n. 1487/17/2016, depositata

il 15-4-2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 settembre

2019 dal Consigliere Dott. D’Orazio Luigi.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, che aveva respinto l’appello proposto dalla Agenzia nei confronti della sentenza della Commissione tributaria provinciale che aveva accolto il ricorso proposto da R.P. avverso il silenzio rifiuto sulla richiesta di rimborso da lui avanzata per ottenere la restituzione del 90 % delle somme pagate a titolo di Irpef per gli anni 1990, 1991 e 1992. Il giudice di appello confermava la sentenza di primo grado in quanto la legge di “stabilità 2015” aveva riconosciuto il diritto al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che fosse stata presentata la relativa istanza nel termine di due anni decorrenti dall’entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 (nel caso in esame in data 20-2-2009).

2.Resiste con controricorso il contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con un unico motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “violazione di legge: L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, O.P.C.M. 21 dicembre 1990, art. 1”, in quanto la L. 23 dicembre 2014, 190, art. 1, comma 665 ha previsto che i soggetti colpiti dal sisma del dicembre 1990, che “hanno versato” le imposte nel triennio 1990-92 per un importo superiore al 10 previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività di impresa, per i quali l’applicazione è sospesa nelle more della verifica di compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione della presentazione della istanza di rimborso entro due anni dalla data di entrata in vigore della L. n. 31 del 2008. Pertanto, deve intendersi escluso il “sostituito” perchè non obbligato ex lege al versamento delle ritenute. Soltanto il “sostituto” di imposta, per i redditi da lavoro dipendente, è obbligato al versamento all’erario delle ritenute d’acconto, sicchè solo il “sostituito” è legittimato in astratto a chiedere il rimborso, mentre il “sostituto” non ha diritto ad alcun rimborso.

1.1.Tale motivo è infondato.

Invero, per questa Corte (Cass., 29 luglio 2015, n. 16105; Cass., sez.un., 26 giugno 2009, n. 15032), in tema di rimborso delle imposte sui redditi, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, sono legittimati a richiedere all’Amministrazione finanziaria il rimborso della somma non dovuta e ad impugnare l’eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario sia il soggetto che ha effettuato il versamento (cd. “sostituto d’imposta”), sia il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (cd. “sostituito”).

Si è, inoltre, affermato che, in materia di condono fiscale, la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, che consente al contribuente di recuperare il 90 per cento di quanto dovuto e versato per imposte (con esclusione dell’I.V.A., la cui condonabilità è incompatibile con il diritto comunitario), in deroga al principio per cui la sanatoria generalmente non comporta la possibilità di ottenere rimborsi dallo Stato, costituisce una disposizione rispondente ad una logica del tutto particolare e diversa rispetto agli altri provvedimenti di sanatoria, che mira ad indennizzare i soggetti coinvolti in eventi calamitosi (Cass., 12083/2012; Cass., 26 settembre 2016, n. 18905).

Pertanto, il diritto al rimborso deve ritenersi attribuito al soggetto passivo dell’imposta in senso sostanziale, e non anche al mero sostituto d’imposta, apparendo al riguardo non vincolante il diverso parere contenuto nelle circolari dell’Amministrazione (Cass., 26 settembre 2016, n. 18905).

Del resto, la L. n. 123 del 2017, art. 16 octies, comma 1, lett. b), di conversione del D.L. n. 91 del 2017, ha modificato la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, specificando espressamente che “i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, (…), che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, e successive modificazioni, compresi i titolari di redditi di lavoro dipendente, nonchè i titolari di redditi equiparati e assimilati a quelli di lavoro dipendente in relazione alle ritenute subite, hanno diritto….. al rimborso di quanto indebitamente versato, nei limiti della spesa autorizzata del presente comma….”. Si prevede espressamente, quindi, che il diritto al rimborso spetta proprio ai titolari di redditi di lavoro dipendente.

2.Le spese del giudizio di legittimità vanno poste, per il principio della soccombenza, a carico del ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

3.Non opera a carico dell’Agenzia ricorrente il raddoppio del contributo unificato (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550; Cass., n. 889/2017).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a rimborsare in favore del contribuente le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 1.500,00, oltre accessori di legge e rimborso spese generali nella misura forfettaria del 15 %.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 13 novembre 2019

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