Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29398 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2020, (ud. 22/10/2020, dep. 23/12/2020), n.29398

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita Bianca – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23947/2017 proposto da:

M.L., nato a Lari (Pi) il (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));

MA.CA., nata a Vecchiano (Pi) il (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));

entrambi residenti in (OMISSIS), rappresentati e difesi, anche

disgiuntamente, dagli Avv.ti CARLO ROSA (C.F.: (OMISSIS)) e VOLPE

GIUSEPPE (C.F.: (OMISSIS)) ed elettivamente domiciliati presso lo

studio dell’avv. CARLO Rosa, in Roma, 00178, alla Via Al Quarto

Miglio n. 50, giusta procura alle liti in calce, al ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)) in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale

dello Stato (C.F.: (OMISSIS)), presso i cui uffici è domiciliata in

Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1591/2017 emessa dalla CTR Toscana in data

23/06/2017 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Penta

Andrea.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con ricorso alla competente Commissione Tributaria Provinciale di Pisa i contribuenti impugnavano la cartella di pagamento n. (OMISSIS) emessa in materia di IRPEF, ILOR ed altro, eccependo il difetto di motivazione dell’atto per non essere stati indicati le aliquote applicate agli imponibili nè il criterio di calcolo delle sanzioni.

Instaurato il contraddittorio, la Commissione Tributaria di prime cure accoglieva il ricorso, confermando la sussistenza dell’asserito difetto di motivazione della cartella denunciato dai contribuenti.

Proponeva appello avverso tale decisione l’Ufficio, sostenendo la correttezza del proprio operato e la sufficienza della motivazione a sostegno della pretesa.

Si costituiva parte appellata, contestando le avverse deduzioni e chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

Con sentenza del 23.6.2017 la CTR Toscana accoglieva l’appello e, per l’effetto, confermava la cartella di pagamento impugnata, sulla base delle seguenti considerazioni:

1) quanto all’asserita carenza di motivazione, riscontrata dal giudice di primo grado, tale vizio non sembrava attingere l’impugnata cartella, atteso che per la validità della stessa non è indispensabile l’indicazione degli estremi identificativi o della data di notifica dell’accertamento precedentemente emesso nei confronti del contribuente ed al quale la riscossione faccia riferimento, essendo, al contrario, sufficiente l’indicazione di circostanze univoche ai fini dell’individuazione di quell’atto, così che resti soddisfatta l’esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti;

2) inoltre il difetto di motivazione della cartella esattoriale, che faccia rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione senza indicarne i relativi estremi in modo esatto, non poteva condurre alla dichiarazione di nullità, allorchè la cartella sia stata impugnata dal contribuente, il quale abbia dimostrato, in tal modo, di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli puntualmente contestati;

3) premesso che la motivazione deve essere ampia se riferita a un atto di accertamento, di rettifica e, in determinati casi, ad un avviso di liquidazione, ai fini dell’esigenza di tutela del contribuente nell’ottica dell’esercizio del diritto di difesa, mentre l’obbligo della motivazione è mitigato in rapporto ad una cartella di pagamento che reca l’indicazione dell’atto di conferimento da cui ha tratto origine la pretesa tributaria contenuta della cartella stessa, nel caso in esame le “lacune” riscontrate attenevano in realtà ad elementi dell’imposta (aliquote) desumibili dalla legislazione (ad es.: interessi calcolati al tasso legale D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 20), per cui, non trattandosi di circostanze impositive rimesse alla discrezionalità dell’Ufficio, la parte contribuente era sicuramente in grado di verificarne la corretta applicazione.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso M.L. e Ma.Ca., sulla base di un unico motivo.

L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione e/o falsa applicazione D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2, L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 1 (con riferimento alla motivazione della cartella di pagamento) e L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1 (in ordine alla chiarezza e motivazione degli atti), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR ritenuto che la cartella indicasse con dettaglio gli importi dovuti all’ente creditore.

2. Con nota del 24.1.2019 i contribuenti, dopo aver dedotto di aver aderito, in base al D.L. n. 148 del 2017 convertito in L. n. 172 del 2017 e con dichiarazione del 21.3.2018, alla definizione agevolata dei carichi affidati all’Agenzia delle Entrate-Riscossione e di aver proceduto al pagamento del debito rateizzato, hanno dichiarato di rinunciare, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 390 c.p.c., al ricorso, chiedendo compensarsi le spese di lite. Con nota del 28.3.2019 l’Agenzia delle Entrate, pur dando atto dell’avvenuta presentazione dell’istanza di definizione agevolata e del regolare pagamento delle rate fino al 30.11.2018, ha evidenziato che l’importo residuo dovuto, come previsto dalla normativa di riferimento, è stato ripartito in ulteriori 10 rate a partire dal mese di luglio del 2019, ragion per cui non era ancora possibile attestare l’integrale pagamento, da parte dei contribuenti, di quanto dovuto.

2.1. Nelle more del giudizio, la ricorrente ha depositato atto di rinuncia al ricorso, che risulta debitamente notificato al procuratore/domiciliatario ex lege dell’Agenzia delle entrate, ma non risulta vistato dall’avvocatura erariale.

Va comunque dichiarata l’inammissibilità del ricorso stesso, secondo il principio di diritto che “A norma dell’art. 390 c.p.c., u.c., l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione deve essere notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto; ne consegue che, in difetto di tali requisiti, l’atto di rinuncia non è idoneo a determinare l’estinzione del processo, ma, poichè è indicativo del venir meno dell’interesse al ricorso, ne determina comunque l’inammissibilità” (Sez. U, Sentenza n. 3876 del 18/02/2010).

Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate tra le parti, trattandosi di rinuncia determinata dall’adesione alla definizione agevolata di cui al D.L. n. 148 del 2017 (c.d. rottamazione cartelle bis”; cfr. Sez. 6-5, 5497/2017).

Invero, nell’ipotesi di rinuncia al ricorso per cassazione da parte del contribuente per adesione alla definizione agevolata (nella specie, di cui al D.L. n. 148 del 2017, conv., con modif., dalla L. n. 172 del 2017), non sussistono i presupposti per condannare lo stesso al pagamento del cd. “doppio contributo unificato”, di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove il presupposto per la rinuncia e, quindi, la causa di inammissibilità del ricorso sia, come nel caso di specie, sopravvenuta rispetto alla proposizione del medesimo (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14782 del 07/06/2018).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

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