Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29397 del 13/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2019, (ud. 10/07/2019, dep. 13/11/2019), n.29397

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25131/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12M

– ricorrente –

contro

C.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Sergio Guastella,

come da procura speciale in calce al ricorso, elettivamente

domiciliato presso lo studio dell’Avv. Marcello Magnano di San Lio,

in Roma, Via dei Gracchi n. 187;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia, sezione distaccata di Palermo, n. 3025/34/2015, depositata

il 13 luglio 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 luglio

2019 dal Consigliere Dott. D’Orazio Luigi.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. C.A. presentava in data 31-12-2004 istanza di rimborso diretta ad ottenere la restituzione del 90 % delle somme versate in eccesso per gli anni 1990, 1991 e 1992, quale contribuente residente nel territorio (Ragusa) colpito fagli eventi sismici del 13-12-1990, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, in quanto i residenti che non avevano versato le imposte, usufruendo della sospensione ex lege dei termini di versamento, avevano successivamente, per lo ius superveniens, pagato solo il 10 % del dovuto.

2.La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso del contribuente proposto avverso il provvedimento di diniego del rimborso.

3.La Commissione tributaria regionale rigettava l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate.

4.Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

5.Resiste con controricorso il contribuente.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, dell’art. 295 c.p.c., degli artt. 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’unione Europea e degli artt. 11 e 12 del regolamento Ce n. 659/1999 del 22-3-1999 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non aver ritenuto la pregiudizialità necessaria dell’indagine avviata dalla commissione Europea e per non aver disposto, di conseguenza, la sospensione del giudizio”, in quanto con decisione C (2012) 7128 final, del 17-10-2012, la Commissione Europea ha avviato, ai sensi dell’art. 108 TFUE, la procedura formale di indagine finalizzata a verificare la compatibilità dell’aiuto di Stato con il mercato interno ed, in particolare, con il disposto dell’art. 107 TFUE. Durante la fase di indagine formale la Commissione ha intimato allo Stato di sospendere l’erogazione dell’aiuto, sicchè la Commissione regionale avrebbe dovuto sospendere il giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c..

1.1.Tale motivo è inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto la Commissione Europea si è ormai pronunciata sulla questione con decisione C/2015-5549 final del 14-8-2015, impugnata dinanzi al Tribunale di I grado UE, che l’ha confermata con sentenza del 26-1-2018 e che, quindi, è vincolante per il giudice nazionale, che deve darvi attuazione anche attraverso la disapplicazione delle norme con essa contrastanti (Cass., 17199/2019).

2.Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “violazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665 (legge di stabilità) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto dal 1 gennaio 2015 si prevede che i rimborsi spettano ai soggetti che hanno versato imposte per il triennio 19901992, ma con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione della agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea. Per la ricorrente il C. ha svolto attività di impresa, come risulta dalle dichiarazioni dei redditi prodotte in giudizio.

2.1.Tale motivo è fondato.

2.2.Invero, questa Corte, con decisioni univoche, cui si intende dare seguito, ha ritenuto che, in tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, essa può avvenire con due modalità: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10 per cento del dovuto da effettuarsi entro il 16 marzo 2003; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90 per cento di quanto versato al medesimo titolo. Ciò per effetto dell’intervento normativo citato, cui va riconosciuto il carattere di “ius superveniens” favorevole al contribuente, tale da rendere quanto già versato non dovuto “ex post”(Cass.Civ., 22 febbraio 2018, n. 4291; Cass.Civ., 1 ottobre 2007, n. 20641; Cass.Civ., 11247/2010 con riferimento ai contributi previdenziali dovuti dai soggetti colpiti dall’alluvione della città di Alessandria del novembre 1994; Cass.Civ., 3832/2012, in relazione ai soggetti colpiti dall’alluvione del Piemonte).

La L. n. 123 del 2017, art. 16 octies, comma 1, lett. b), di conversione del D.L. n. 91 del 2017, ha modificato la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, specificando espressamente che “i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, (…), che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, e successive modificazioni, compresi i titolari di redditi di lavoro dipendente, nonchè i titolari di redditi equiparati e assimilati a quelli di lavoro dipendente in relazione alle ritenute subite, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, nei limiti della spesa autorizzata del presente comma….”.

2.3.Non sono però ricompresi tra i fruitori del beneficio gli imprenditori.

3.1.Con riferimento al beneficio di cui alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, prima parte, la Commissione UE, con la decisione 14 agosto 2015, n. 5549 (confermata dal Tribunale di primo grado UE, con sentenza del 26 gennaio 2018, vincolante per il giudice nazionale, che deve darvi attuazione anche attraverso la disapplicazione delle norme interne con essa contrastante – Cass. n. 15354 del 2014 e n. 22377 del 2017), ha stabilito, in via generale, che “Le misure di aiuto di Stato in oggetto, che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art. 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono incompatibili con il mercato interno”, salvo che si tratti di “aiuto individuale” che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014”, ovvero dei regolamenti che prevedono gli aiuti c.d. de minimis (art. 2 della decisione) o che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione dell’art. 1 del regolamento (CE) n. 994/98” (del 7 maggio 1998, sull’applicazione degli artt. 92 e 93 (ora 87 e 88) del trattato che istituisce la Comunità Europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali) “o da ogni altro regime di aiuti approvato”), ma “fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti” (art. 3).

3.2. La Commissione UE ha, inoltre, precisato che “una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sè aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perchè il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perchè il beneficio individuale è in linea con il regolamento de minimis applicabile oppure perchè il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esenzione)” (p. 134 della “decisione”).

3.3.Pertanto, spetta al giudice di merito verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (artt. 2 e 3 dec. cit.), “tenendo conto, in specie, che la regola de minimis stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1 TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza” (Cass., n. 22377/2017, cit.; conf. n. 29905/2017, cit.; anche Cass., 25 gennaio 2019, n. 2208). Per il rispetto del principio de minimis, non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. sez. lav., 09/06/2017, n. 14465).

3.4.In difetto, va valutata la sussistenza delle condizioni che, secondo la suddetta decisione della Commissione UE, fanno ritenere comunque compatibili gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’art. 107, par. 2, lett. b) TFUE, ovvero che si tratti di “aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale” (par. 150, lett. b), dec. cit.), sempre che sussista “un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame” (par. 136 dec. cit.); il che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovracompensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o da altre misure di aiuto (par. 148 dec. cit.). La prova delle suddette circostanze è a carico del soggetto che invoca il beneficio. In conformità con quanto affermato da questa Corte (Ord. n. 22377 del 2017), l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla vincolante decisione della Commissione UE (sopravvenuta nel corso del giudizio), e la sua diretta incidenza sulla decisione della lite, nel determinare la cassazione della sentenza delle commissione regionale, consentono alle parti l’esibizione, in sede di rinvio, di quei documenti prima non ottenibili, ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica. Al fine di individuare se il contribuente sia o meno titolare di un reddito di impresa in quanto tale escluso dal rimborso richiesto, (salvo la prova – a carico del contribuente – che i rimborsi richiesti corrispondono ad un danno effettivamente subito e provato, ovvero in linea con il regolamento “de minimis”), il giudice del rinvio dovrà attenersi alla nozione “comunitaria” di impresa, secondo cui il rimborso di imposta di cui alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, a favore dei soggetti colpiti dal sisma siciliano del 13 e 16 dicembre 1990 a seguito dell’intervento della Commissione UE con la decisione del 14 agosto 2015, C (2015) 5549, non è applicabile ai soggetti che esplicano attività di “impresa comunitaria”, rispetto alla quale rileva esclusivamente lo svolgimento di attività economica volta a fornire beni o servizi, essendo invece irrilevante l’elemento soggettivo, sia sotto il profilo della qualifica dell’attività (di impresa o professionale, di lavoro autonomo e di esercente attività c.d. protette), sia sotto il profilo della struttura propria del soggetto (persona fisica o ente collettivo, soggetto di diritto privato o pubblico), rilevando esclusivamente lo svolgimento di una attività economica volta a fornire beni o servizi (Cass., sez 6-5, ordinanza n. 29905 del 13/12/2017).

4. Alla stregua delle superiori considerazioni la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria della Sicilia, in diversa composizione, per verificare se il contribuente è titolare di reddito di impresa per il quale il diritto al rimborso è escluso dalla norma nazionale, che applica la decisione della Commissione 14-8-2015 n. 5549. Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il primo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 luglio 2019.

Depositato in cancelleria il 13 novembre 2019

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