Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29396 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2020, (ud. 22/10/2020, dep. 23/12/2020), n.29396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita Bianca – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11042/2017 proposto da:

Rosati Amberto di R.R. & C. S.a.s., con sede in

(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), in persona di R.R., Socio

Accomandatario e legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli

Avv.ti Altieri Giorgio del Foro di Roma (C.F.: (OMISSIS)) e Ravone

Vincenzo del Foro di Firenze (C.F.:. (OMISSIS)) ed elettivamente

domiciliato presso lo studio dell’Avv. Giorgio Altieri

(Tonucci&Partners) in Roma, alla Via Principessa Clotilde n. 7,

come da procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Alia s.p.a., in persona dell’Amministratore Delegato e legale

rappresentante pro tempore Dott. G.L., con sede in

(OMISSIS) (P.IVA: (OMISSIS)), incorporante di A.S.M. Ambiente

Servizi Mobilità s.p.a., rappresentata e difesa, giusta procura a

margine del controricorso, dall’Avv. Marco Baldassarri (C.F.:

(OMISSIS)) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del Prof.

Avv. Michel Martone (C.F.: (OMISSIS)) in Roma, al Lungotevere

Arnaldo Da Brescia n. 11;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1780/2016 emessa dalla CTR Toscana in data

17/10/2016 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Andrea

Penta.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Rosati Amberto & C. s.a.s. proponeva appello avverso la sentenza di rigetto n. 56/2014 emessa dalla CTP di Prato, eccependo una palese violazione, a suo dire, da parte dei primi giudici, del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, comma 2, lett. e), per non essere quest’ultimo stato attuato a causa della mancata emanazione dei regolamenti da parte del Ministro dell’Ambiente. Richiamava, a tal fine, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che aveva ritenuto illegittimo il regolamento del Comune sul punto in cui prevede l’assimilabilità ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali da utenze non domestiche, sicchè dovevano, a suo dire, essere dichiarati illegittimi gli avvisi d’accertamento Tia 2012 e gli avvisi di pagamento Tia 2012 e Tares 2013.

In via devolutiva riproponeva: 1) la nullità dell’avviso novembre 2012 per il pagamento della Tia 2012, in quanto non preceduto dalla notifica del relativo avviso d’accertamento; 2) l’eccezione di omessa motivazione dell’avviso di pagamento, non essendo stati esplicitati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche sottese alla sua emissione; 3) l’eccezione di omessa motivazione sulla richiesta di disapplicare gli atti amministrativi illegittimi e, nello specifico, il regolamento comunale per la sopra indicata violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195; 4) l’eccezione di omessa motivazione sulla circostanza che la contribuente aveva sempre prodotto rifiuti speciali provvedendo in proprio allo smaltimento (come da schede prodotte agli atti); 5) l’omessa motivazione per quanto riferito alla violazione, da parte dell’ente, dei precetti sulla correttezza e buon andamento dell’azione amministrativa, non avendo dato riscontro all’istanza di riesame e ridesta di annullamento in autotutela.

A.S.M. Ambiente Servizi Mobilità s.p.a. si costituiva in giudizio, precisando che i locali dove la contribuente svolgeva l’attività erano di 3460 mq, e non 2560 come indicato dalla contribuente. Richiamava il D.Lgs. n. 23 del 2011, secondo cui continuano ad applicarsi i regolamenti comunali fino alla revisione della disciplina. In ordine alla nullità dell’atto per omessa notifica dell’accertamento, sosteneva che gli avvisi di pagamento contenevano i presupposti richiesti dalla normativa ed erano stati inviati sulla base dell’originaria dichiarazione resa dalla contribuente.

Con sentenza del 17.10.2016 la CTR Toscana rigettava l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

1) la L. n. 214 del 2011, art. 14, comma 46 (c.d. “Salva Italia”) aveva abrogato le parole da “ai rifiuti assimilati” fino a “la predetta tariffazione”, contenute nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, comma 2, lett. e), facendo così venire meno un importante limite alla potestà regolamentare dei Comuni in ordine all’assimilazione, in attesa del, decreto dei Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che doveva definire (entro novanta giorni) i criteri per l’assimilabilità ai rifiuti urbani;

2) poichè il decreto ministeriale, nonostante il decorso degli anni, non era sopraggiunto, nelle more della completa attuazione delle disposizioni recate dal D.Lgs. n. 152 del 2006 e, quindi, in materia di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, continuavano ad applicarsi le disposizioni del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 18, comma 2, lett. d), e art. 57, comma 1;

3) anche il D.L. n. 201 del 2011, art. 14, che aveva introdotto il nuovo tributo TARES, consentiva ai Comuni di poter estendere la tariffa anche ai rifiuti industriali prodotti nelle aree produttive, creando, quindi, un potenziamento della capacità impositiva municipale;

4) sino all’emanazione del decreto statale sui criteri di assimilazione, i Comuni avevano, quindi, discrezionalità nell’assimilare ai rifiuti urbani quelli speciali: discrezionalità estesa, in virtù delle modifiche apportate al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, comma 2, lett. e), dalla richiamata manovra “Salva Italia”;

5) non poteva essere accolta l’eccezione di carenza di motivazione, in quanto gli avvisi di pagamento erano conseguenti alla dichiarazione iniziale del contribuente e contenevano gli elementi identificativi della pretesa tributaria;

6) in ogni caso, gli elementi presenti avevano consentito al destinatario di contrastare la pretesa con gli strumenti offerti dall’ordinamento e al giudice, investito della relativa controversia, di sindacarne la eventuale fondatezza,

7) in ordine alla richiesta di disapplicare gli atti amministrativi illegittimi e, nello specifico, il regolamento comunale per la sopra indicata violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, il tributo previsto dal regolamento comunale non era illegittimo, non contrastando con i principi della legge, continuando ad applicarsi le disposizioni del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 18, comma 2, lett. d), e art. 57, comma 1.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Rosati Amberto di R.R. & C. s.a.s., sulla base di tre motivi.

La Alia s.p.a. ha resistito con controricorso.

In prossimità dell’adunanza entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Preliminarmente, non è meritevole di accoglimento l’eccezione di inammissibilità del proposto ricorso per violazione dell’art. 365 c.p.c. sollevata dalla resistente.

E’ vero che è inammissibile il ricorso per cassazione allorquando la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ex art. 83 c.p.c., comma 2, contenga espressioni incompatibili con la proposizione dell’impugnazione ed univocamente dirette ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali (così Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18257 del 24/07/2017 in una fattispecie in cui la procura – allegata in calce al ricorso – faceva riferimento al “presente controricorso” e conferiva mandato alle liti al fine di ottenere la conferma, anzichè la riforma, della sentenza di secondo grado).

Tuttavia, questa Corte ha privilegiato una posizione più sostanziale, affermando che è inammissibile il ricorso per cassazione, nell’ipotesi in cui la relativa procura speciale sia conferita su foglio separato rispetto al ricorso, solo allorquando sia privo di data successiva al deposito della sentenza d’appello e di qualche riferimento al ricorso introduttivo, alla sentenza impugnata o al giudizio di cassazione, ossia al consapevole conferimento, da parte del cliente, dell’incarico al difensore per la proposizione del giudizio di legittimità, così risultando incompatibile con il carattere di specialità di questo giudizio. In quest’ottica, Sez. 1, Ordinanza n. 4069 del 18/02/2020 ha ritenuto inammissibile una procura recante indicazioni esclusivamente riferibili ad incombenti processuali tipici dei gradi di merito, essendo così formulata: “Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente procedimento ed in ogni sua fase, stato e grado, compreso l’eventuale appello od opposizione con… più ampia facoltà di legge ed in particolare quella di transigere e conciliare la lite, rinunciare agli atti del giudizio ed accettare rinunce, depositare quietanze ed incassare somme, proporre domande riconvenzionali, appelli principali o incidentali…”.

Nel caso di specie, invece, la procura spillata di seguito al ricorso, per quanto non rechi alcuna data, abiliti formalmente i difensori a proporre “controricorso con ricorso incidentale” ed individui come controparte l’Agenzia delle Entrate (anzichè la società incaricata dal Comune di Prato della gestione dei servizi di igiene urbana), contiene un espresso riferimento alla sentenza impugnata.

2. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, comma 2, lett. e) (nel testo vigente fino al 31.12.2012), con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR escluso che potesse applicarsi all’anno di imposta 2012 la detta disposizione nel testo contenente il divieto di assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani.

2.1. Il motivo è infondato.

Il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in G.U. 06/12/2011, n. 284), convertito con modificazioni dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214 (in G.U. 27/12/2011, n. 300), ha disposto, con l’art. 14, comma 46, e con decorrenza dal 6.12.2011, la modifica del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, comma 2, lett. e).

In particolare, il detto comma 46, dopo aver stabilito che, a decorrere dal 1 gennaio 2013, sono soppressi tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza, ha abrogato, con riferimento al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 195, comma 2, lett. e), le parole da “Ai rifiuti assimilati” fino a “la predetta tariffazione”.

Ragion per cui, da allora la formulazione della menzionata norma è la seguente: “Sono inoltre di competenza dello Stato: (…) e) la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i criteri per l’assimilabilità ai rifiuti urbani.”.

Da ciò consegue che solo la prima modifica apportata ha avuto espressa decorrenza dall’1.1.2013, laddove la seconda, che qui interessa, è entrata in vigore già in data 6.12.2011 e, dunque, era in concreto applicabile alla fattispecie in esame (riferentesi alle annualità 2012 e 2013). Invero, il D.L. n. 201 del 2011, art. 50 è inequivoco nello stabilire, al comma 1, che “Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge”. Ciò in linea con quanto previsto dall’art. 10, comma 1, delle disp. gen., alla cui stregua “Le leggi e i regolamenti divengono obbligatori del decimoquinto giorno successivo a quello della loro pubblicazione, salvo che sia altrimenti disposto”.

Del resto, il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 264, comma 1, stabilisce espressamente che “le vigenti norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all’adozione delle corrispondenti norme adottate in attuazione della parte quarta del presente decreto”.

Correttamente, quindi, la CTR ha affermato che, in mancanza del decreto ministeriale, risulta pienamente operativo il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, attributivo ai Comuni della facoltà di assimilare o meno ai rifiuti urbani quelli derivanti dalle attività economiche, sicchè, a partire dall’annualità d’imposta 2012, assumono decisivo rilievo le indicazioni proprie dei regolamenti comunali circa l’assimilazione dei rifiuti provenienti dalle attività economiche ai rifiuti urbani ordinari.

In quest’ottica, questa Sezione ha già affermato, in una fattispecie assimilabile, che, in tema di TARSU, la mancata tempestiva adozione, da parte del Ministero dell’Ambiente, del decreto di cui all’ultima parte del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, comma 2, lett. e) (in quel caso nella formulazione, applicabile ratione temporis, modificata dal D.Lgs. n. 4 del 2008, art. 2, comma 6) con il quale sono fissati i criteri per l’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani, non fa venir meno il relativo potere regolamentare dei Comuni, poichè la norma transitoria dettata dall’art. 265, comma 1, dello stesso decreto prevede che la normativa previgente continui ad operare fino all’emanazione di quella di attuazione di cui alla parte quarta del medesimo decreto (Sez. 5, Ordinanza n. 1344 del 18/01/2019).

3. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5, artt. 1,10 e 11 preleggi e D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, comma 2, lett. e), nonchè la disapplicazione delle DCC del Comune di Prato nn. 30/2011 e 48/2011, per non aver la CTR considerato che la DCC di Prato n. 22 del 30.3.2010, in costanza del divieto di assimilazione di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, comma 2, lett. e), non poteva derogare alla legislazione nazionale all’epoca vigente ed era, quindi, illegittima.

3.1. Il motivo è infondato per le ragioni già esposte nell’analizzare il primo motivo.

Va qui aggiunto che la ricorrente incorre altresì in palesi contraddizioni nel momento in cui, da un lato, nella rubrica menziona due delibere del 2011 e poi, nella parte espositiva, fa riferimento ad una del 2010 e, dall’altro, mentre nel primo motivo sostiene che della L. n. 214 del 2011, art. 14, comma 46 (che ha abrogato il divieto di assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani) sarebbe entrato in vigore dall’1.1.2013, nel motivo in esame afferma che l’abrogazione operata con il D.L. n. 201 del 2011, poi convertito con L. n. 214 del 2011, avrebbe avuto effetto solo dal 12.8.2012.

4. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, comma 2, lett. e), nonchè l’illegittimità degli avvisi di pagamento impugnati, per non aver la CTR considerato che aveva dimostrato, con relazione tecnica e con schede di “carico e scarico”, quali fossero le superfici strutturalmente destinate alla produzione di rifiuti speciali, nonchè l’effettivo avvio allo smaltimento dei medesimi, e di aver prodotto (tra gli altri rifiuti speciali) “rottami di ferro”, come tali non assimilabili ai rifiuti urbani.

4.1. Il motivo è inammissibile.

Invero, non essendovene cenno nella sentenza impugnata, la ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione in quale fase e con quale atto processuale avesse tempestivamente sollevato la relativa questione.

L’unico profilo indicato nella detta sentenza è quello, che esonda dal motivo di gravame, dell’avvenuto smaltimento in proprio, ad opera della contribuente, dei rifiuti speciali prodotti.

Anche dalle pagine 8 e 9 del ricorso, nelle quali sono stati riprodotti i motivi di appello, non si evince una specifica censura nei termini esposti con la doglianza in esame.

Senza tralasciare che, in presenza di rifiuti consistenti in materiali di ferro o, comunque, ferrosi, che non possono essere assimilati a quelli urbani, solo la parte variabile della T.I.A. andrebbe esclusa (Sez. 5, Sentenza n. 10787 del 25/05/2016).

5. In definitiva, il ricorso non merita accoglimento.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

 

 

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