Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29392 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2020, (ud. 22/10/2020, dep. 23/12/2020), n.29392

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10158-2019 proposto da:

NARDINI ARREDAMENTI SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

GAETANO FILANGIERI N. 4, presso lo studio dell’avvocato CESARE

CARDONI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MONTEFIASCONE, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA NIZZA 22, presso lo studio

dell’avvocato STEFANO BRENCIAGLIA, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARZIA FIORUCCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6355/2018 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 24/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/10/2020 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

La controversia concerne l’impugnazione, da parte della Nardini Arredamenti s.r.l., degli avvisi d’accertamento con i quali il Comune di Montefiascone richiedeva il pagamento della TARSU per le annualità 2011, 2012, e del TARES per l’annualità 2013, in relazione ad una maggiore superficie dei locali ove veniva svolta l’attività di vendita di arredamenti della parte intimata.

La CTP di Viterbo accoglieva i riuniti ricorsi proposti dalla contribuente con decisione poi riformata dalla CTR del Lazio che, con sentenza n. 6355/18, depositata il 24/9/2018, accoglieva l’appello del Comune, ribadendo la legittimità degli atti impugnati, trattandosi di rifiuti speciali assimilati, per i quali non trova applicazione il regime fiscale per i rifiuti speciali, restando essi nell’ambito del servizio comunale di raccolta e smaltimento dei rifiuti, “la tassa è comunque dovuta, anche se il contribuente si è avvalso di ditte di smaltimento esterne”.

Aggiungeva il giudice di appello che per gli “avvisi di accertamento n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS), relativi alla TARES/TIA 2011 e 2012, trova applicazione l’art. 12, comma 3, del regolamento comunale TARES approvato con la deliberazione del Consiglio comunale n. 40 del 26.11.203, in base al quale ” la riduzione deve essere deve essere richiesta annualmente dall’interessato (…) entro il 30 gennaio dell’anno successivo.”, che pertanto le “richieste di riduzione esenzione della tariffa per il 2011 ed il 2012 (unitamente a quelle per il 2013) risultando esse inoltrate con le note 27 gennaio 2014 e 30 dicembre 2014″ risultavano intempestive, e che anche la richiesta di riduzione relativa a TARES 2013, ancorchè tempestivamente presentata entro il 30 gennaio 2014, non risultava accoglibile, non essendo la contribuente in regola con pagamenti e denunce della superficie tassabile.

La contribuente ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, davanti a questa Corte di Cassazione, sulla base di tre motivi, cui il Comune resiste con controricorso; le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Con il primo motivo di ricorso deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, comma 2, per non avere la CTR considerato che l’assimilazione ai rifiuti urbani degli imballaggi in genere, effettuata dal Comune con la delib. consiliare n. 42/98, sulla base della previsione contenuta nella delib. CIPE del 27 luglio 1984, non contempla alcun riferimento ai limiti quantitativi, e che spetta al giudice di merito il potere/dovere di valutare incidenter tantum la legittimità della delibera comunale di assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani.

Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 5 e 3, carenza di motivazione in ordine ad un punto decisivo della causa circa la mancata dimostrazione, da parte dell’ente territoriale, dello svolgimento del servizio, e violazione, del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 59, essendo rimasto acclarato in corso di causa che la società contribuente aveva affidato ad una ditta specializzata il ritiro e lo smaltimento dei rifiuti speciali assimilati agli urbani, e che il Comune non aveva invece dimostrato di aver effettivamente svolto il servizio di raccolta dei predetti rifiuti speciali.

Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, carenza di motivazione in ordine ad un punto decisivo della causa circa la regolarità della contribuente nei pagamenti della TARES, per non avere la CTR considerato che l’ulteriore superficie di mq. 3.700 circa, da individuarsi in quella dell’immobile attiguo a quello denunciato, era diventata utilizzabile, e come tale soggetta a tributo, solamente a seguito del rilascio del permesso di agibilità, avvenuto il 23/12/2014, dopo il completamento delle dovute finiture dei locali, funzionali all’esercizio all’interno dell’attività d’impresa.

Le censure sono infondate per le ragioni che seguono, destinate ad integrare – per quanto possa occorrere – la motivazione della impugnata sentenza.

Secondo il consolidato orientamento espresso da questa Corte: ” In tema di tassa per lo smaltimento di rifiuti urbani, la dichiarazione di assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi a quelli urbani, previsto dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 21, comma 2, presuppone necessariamente la concreta individuazione delle caratteristiche, non solo qualitative, ma anche quantitative dei rifiuti speciali poichè l’impatto igienico ed ambientale di un materiale di scarto non può essere valutato a prescindere dalla sua quantità.” (Cass. n. 30719 del 2011, n. 9631 del 2012, n. 18018 del 2013).

Ed in tema di tariffa di igiene ambientale (TIA), è stato anche precisato che “qualora la delibera comunale di assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi a quelli urbani sia illegittima per violazione del criterio qualitativo o per l’omessa previsione dell’ulteriore criterio quantitativo, di cui al D.Lgs. 22 del 1997, art. 21, comma 2, il giudice tributario, ha il potere-dovere di disapplicare, anche d’ufficio, la delibera presupposta, senza che ne derivi che detti rifiuti siano, di per sè, esenti dalla tassa, in quanto essi restano soggetti alla disciplina stabilita per i rifiuti speciali dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, (applicabile “ratione temporis”), che rapporta la stessa alle superfici dei locali occupati o detenuti, con la sola esclusione della parte della superficie nella quale, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali non assimilati.” (Cass. n. 11035 del 2019, n. 1975 del 2018).

Predeterminare se un rifiuto è assimilabile o meno per qualità e quantità, quindi, rappresenta un accertamento preliminare indispensabile per la corretta individuazione del trattamento tributario applicabile.

Infatti, nel caso in cui la potestà di assimilazione attribuita dalla norma di legge ai Comuni sia stata correttamente esercitata, il contribuente non potrà mai beneficiare di una esenzione totale dal tributo, sebbene l’intera superficie imponibile sia produttiva di rifiuti assimilati e si avvalga per l’intero dello smaltimento, ma avrà soltanto diritto ad una riduzione della tariffa, prevista dal decreto Ronchi, art. 49, comma 14 e dal D.P.R. n. 158 del 1999, art. 7, comma 2.

Nel caso – che qui ricorre – in cui l’assimilazione non sia stata legittimamente disposta dall’ente locale, per violazione del criterio qualitativo, o anche per l’omessa previsione dell’ulteriore criterio quantitativo, non si rientrerà nel campo di operatività del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21 e, previa disapplicazione della delibera comunale illegittima per contrasto con il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, comma 2, lett. g), troverà invece applicazione la pregressa disciplina, che in tema di rifiuti speciali prevede, al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, la possibilità di una esenzione o riduzione delle superfici tassabili.

E’ noto che il potere-dovere del giudice tributario di disapplicare gli atti amministrativi costituenti il presupposto dell’imposizione è espressione del principio generale dell’ordinamento, contenuto nella L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, allegato E, dettato dall’interesse, di rilevanza pubblicistica, all’applicazione in giudizio di tali atti solo se, ed in quanto, legittimi.

Ne consegue che detto potere deve essere esercitato – purchè gli atti in questione siano stati investiti dai motivi di impugnazione dedotti dal contribuente in relazione all’atto impositivo impugnato – anche d’ufficio, ed indipendentemente dall’avvenuta impugnazione dell’atto avanti al giudice amministrativo, con il solo limite dell’eventuale giudicato amministrativo diretto di affermata legittimità dell’atto. (Vedi Cass. Sez. U n. 6265 del 2006; Cass. n. 9631 del 2012 e n. 1942 del 2019).

Benchè il Comune di Montepulciano, con la citata deliberazione consiliare n. 42/98, abbia proceduto all’assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi senza stabilire alcuna reale limitazione quantitativa, cionondimeno la decisione impugnata non merita di essere cassata.

Il mancato riconoscimento di una esenzione o riduzione delle superfici tassabili, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, è stato giustificato, infatti, quanto alle annualità TARSU, dall’intempestività della richiesta presentata dalla contribuente, gravata dall’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle superfici tassabili, anche alla luce delle disposizioni regolamentari, stante l’esigenza per l’ente impositore di effettuare i necessari controlli, e, quanto all’annualità TARES, per l’infedele denuncia, da parte della società contribuente, della superficie tassabile, circostanza che impediva l’esatta individuazione della superficie dei locali dove i rifiuti speciali si formano.

Spetta al contribuente allegare e provare i presupposti che escludono o limitano il concorso alla spesa del servizio comunale di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, cui sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel relativo territorio (Cass. n. 11035 del 2019 cit.)

Sul punto, il Collegio condivide l’orientamento della S.C. che pone a carico di colui che invoca l’esenzione l’onere della prova circa l’esistenza di superfici per le quali il tributo non è dovuto. (In tal senso, non solo, Cass. n. 9214 del 2018, ma anche n. 15083 del 2004, n. 4766 del 2004, n. 775 del 2011, n. 627 del 2012, n. 16235 del 2015, n. 4793 del 2016).

E’ appena il caso di osservare che non è revocabile in dubbio che, una volta adottata la dichiarazione di assimilabilità, il Comune abbia l’obbligo di provvedere allo smaltimento anche dei rifiuti “assimilati” ai rifiuti urbani, ed il correlativo diritto di applicare la tassa o la tariffa con riferimento alla superficie dei locali dove questi si formano, ma che, nel caso di specie, tale profilo resti assorbito da quanto in precedenza esposto in ordine al mancato assolvimento degli oneri gravanti sulla contribuente, con accertamento di fatto della CTR non censurabile in questa sede.

Le spese del presente giudizio seguono il principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la contribuente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre rimborso e spese forfettarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

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