Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29387 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. II, 28/12/2011, (ud. 19/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29387

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11856-2006 proposto da:

MINISTERO ECONOMIA FINANZE in persona del Ministro pro tempore

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

BI in persona del legale rappresentante pro tempore, S.

G.;

– intimati –

sul ricorso 14449-2006 proposto da:

S.G., (OMISSIS) rappresentato e difeso da se

medesimo ex art. 86 c.p.c., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

VALADIER 44, presso il suo studio;

– controricorrente ricorrente incidentale –

e contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE in persona del Ministro pro tempore, BI in

persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimati –

avverso il decreto RG 54161/05 c.c. della CORTE D’APPELLO di ROMA

depositata il 27/2/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/12/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito l’Avvocato GIANSANTE Roberto, con delega depositata in udienza

dall’Avvocato S.G., che ha chiesto il rigetto del

ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio che ha concluso per il rigetto del ricorso principale,

inammissibilità ricorso incidentale.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ricorre per cassazione, con unico motivo deducente violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, comma 2 ed apparenza della motivazione, avverso il decreto della Corte d’Appello di Roma in data 11/27.2.06, con il quale è stato accolta,per ritenuta tardività della contestazione, l’opposizione di S.G., partecipante al capitale della Banca Modenese, avverso il D.M. 19 maggio 2005, n. 910672 irrogante la sanzione di Euro 6.000,00 per l’illecito amministrativo di cui al R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375art. 20, commi 1 e 4 e art. 140, T.U.B., per omissioni e ritardi nella trasmissione di segnalazioni relative alla suddetta partecipazione.

Ha resistito il S. con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato. La Banca d’Italia non ha svolto attività in questa sede.

Ritiene la Corte che il ricorso principale, con il quale essenzialmente si lamenta la mancata osservanza del principio giurisprudenziale, secondo cui il temine della contestazione per gli illeciti in questione decorra dal momento in cui l’amministrazione sia venuta in possesso di sufficienti dati per l’accertamento degli estremi soggettivi ed oggettivi della violazione, non meriti accoglimento.

L’opposizione, invero, è stata accolta ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 14 per la ravvisata tardività della contestazione dell’illecito, avvenuta nel settembre del 2004, in relazione al termine perentorio di gg. 90, che si è ritenuto decorrente dalla data del 21.5 dello stesso anno, quando la Banca d’Italia, già a conoscenza degli estremi essenziali dell’illecito, aveva richiesto al S. una serie di informazioni aggiuntive, che tuttavia non erano necessarie alla configurazione di quello in precedenza già compiutamente accertato,concretatosi in una semplice omissione di comunicazioni entro i termini previsti ma riguardavano altre possibili violazioni. Tale ultima e decisiva argomentazione non è oggetto di specifica confutazione nel mezzo d’impugnazione, con il quale,richiamando (peraltro senza riportarne il preciso contenuto, con palese inosservanza dell’onere di autosufficienza) un carteggio intervenuto tra il 17/9 ed il 12/10/04 tra l’organo di vigilanza ed il ritenuto trasgressore, di cui non è traccia nella decisione impugnata, senza nemmeno precisare quali sarebbero stati gli ulteriori specifici dati funzionali all’accertamento dell’illecito de quo (e non ad eventuali altri), inammissibilmente si censura l’insindacabile valutazione di merito compiuta dal giudice,adeguatamente motivata in considerazione dell’estrema semplicità dell’accertamento in questione,attinente al mancato rispetto di precisi termini, per i quali nessuna ulteriore indagine si palesava necessaria. Palesemente infondato è poi il profilo di censura,secondo cui il superamento del termine di contestazione di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 14 non sarebbe perentorio,tenuto conto dell’espressa previsione di cui all’ultimo comma di tale articolo (prevedente l’estinzione dell’obbligazione di pagamento), norma speciale e prevalente, in tema di applicazione di sanzioni amministrative, rispetto a quelle contenute nella disciplina generale del procedimento amministrativo. Al rigetto del ricorso principale conseguono l’assorbimento di quello incidentale condizionato e la condanna della soccombente amministrazione alle spese.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il principale,dichiara assorbito l’incidentale e condanna la ricorrente amministrazione al rimborso delle spese al controricorrente, in misura di complessivi Euro 1.200,00 di cui 200 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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