Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29387 del 13/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 13/11/2019), n.29387

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7833/2012 R.G. proposto da:

D.S.L., rappresentata e difesa dall’Avv. Giancarlo Zoppini,

dall’Avv. Giuseppe Russo Corvace e dall’Avv. Giuseppe Pizzonia, con

domicilio eletto presso il loro studio, in Roma, Via della Scrofa,

n. 57, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

presso i cui uffici è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n.

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 62/44/2011, depositata il 4 aprile 2011.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 28 giugno

2019 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate, con l’utilizzo del metodo sintetico ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, emetteva avviso di accertamento nei confronti di D.S.L., per l’anno 2001, avendo la stessa venduto il 5-11-2001 un terreno con un fabbricato rurale alla Impresa Edile Bottesin s.n.c., per il prezzo dichiarato di Lire 400.000,00, ma in realtà, avendo ricevuto la somma di Lire 1.000.000,00, come risultava dalla dichiarazioni resa dal titolare della impresa B., nell’ambito di una diversa verifica fiscale, oltre che da quella resa da B.G.B., titolare del diritto di prelazione agraria, quale affittuario, che aveva ammesso di avere ricevuto dall’impresa la somma di Lire 200.000.000 per rinunciare alla prelazione. Entrambi i dichiaranti avevano, poi, definito la loro posizione con il fisco, pagando le relative imposte.

2.Con il ricorso la contribuente evidenziava che, in realtà, i terreni non erano edificabili, che le erano pervenuti per successione ereditaria, che erano inclusi nel vigente Piano regolatore generale nella area agricola E2, che, quindi, non erano assoggettabili a tassazione le plusvalenze ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67.

3. La Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dalla contribuente avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva respinto il ricorso introduttivo, evidenziando che i terreni erano, comunque, edificabili seppure nei limiti di cui all’inserimento nella zone E 2 (“aree di importanza primaria per la funzione agricola produttiva”), come da delib. n. 67 del 31-10-2000 del Comune ed in base alla L.R. Veneto n. 24 del 1985. Tali terreni non erano, quindi, non edificabili, mentre le norme citate disciplinavano gli interventi edificatori su tali aree stabilendo anche le modalità di attuazione, tanto che la ditta acquirente aveva già eseguito alcune opere edilizie sui terreni, per stessa ammissione della contribuente.

4. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la contribuente, depositando anche memoria scritta.

5. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di impugnazione la contribuente deduce “nullità della sentenza impugnata nella parte in cui non si è pronunciata sul motivo relativo alla nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione. La sentenza è “in parte qua” viziata per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4″, in quanto sin dal ricorso introduttivo la contribuente ha eccepito il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, con successiva riproposizione dello stesso nell’appello, senza che la Commissione regionale esaminasse la doglianza.

1.1. Tale motivo è infondato.

Invero, il giudice di appello ha rigettato in toto il gravame proposto dalla contribuente, confermando integralmente la pronuncia di prime cure e, quindi, ritenendo legittimo l’avviso di accertamento.

Infatti, non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (Cass., n. 20718/2018).

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente si duole della “illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui i Giudici di seconde cure hanno respinto, nel merito, l’appello della contribuente, ritenendo che il terreno oggetto di cessione costituisca un’area edificabile. La sentenza è “in parte qua” illegittima per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″, in quanto oggetto della compravendita del 5-11-2001 erano un fabbricato rurale ed un terreno agricolo, pervenuti per successione ereditaria nel 1998, sicchè, trattandosi di aree inedificabili, la plusvalenza non era assoggettabile a tassazione ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b). I terreni si trovavano nella zona (OMISSIS) del vigente piano regolatore, sicchè, anche in base alla L.R. n. 24 del 1985 (artt. 3 e 4), erano consentiti solo alcuni interventi edificatori, con possibilità di ampliamento degli edifici esistenti fino a mc 800 (ma il fabbricato rurale presente già superava tale limite) oltre che ristrutturazione del volume residenziale esistente senza aumento di volumetria. Le norme tecniche ed ambientali di attuazione del piano regolatore del Comune consentivano, poi, solo una modesta possibilità di edificazione (1,5%) di case di abitazione soltanto se in funzione delle esigenze abitative dell’imprenditore agricolo. Per il giudice di appello, dunque, è assoggettabile ad imposizione la plusvalenza relativa a terreni suscettibili, seppure solo limitatamente, di possibilità edificatoria, al momento della cessione.

3. Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui i Giudici di seconde cure hanno respinto nel merito l’appello della contribuente, ritenendo corretto l’accertamento della plusvalenza nella misura di lire 1.000.000.000,0, sul presupposto che la somma di lire 600.000.000 era stata incassata in nero. La sentenza è “in parte qua” illegittima, per insufficienza della motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5″, in quanto la sentenza del giudice di appello non ha tenuto conto di vari elementi. In particolare, in motivazione non si è considerato che l’impresa B. aveva tutto l’interesse a dichiarare di avere effettuato il pagamento in nero di Lire 600.000.000, in quanto, in tal modo, giustificava parte dei costi sostenuti “in nero” e non contabilizzati, nell’ambito dell’accertamento tributario a suo carico. Ai fini dell’imposta di registro, poi, il fabbricato, il cui valore era stato indicato in Lire 396.000.000, era stato valutato in Lire 495.000.000 (cfr. certificato di definitiva valutazione dell’Agenzia delle entrate di Valdagno), quindi in una somma inferiore a quella contenuta nell’avviso di accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, mentre il valore agricolo del terreno non era stato modificato. I terreni erano classificati nella zone (OMISSIS) – Agricola, quindi con limitata possibilità di edificazione, come previsto sia dal piano regolatore generale, come modificato da delib. del Commissario ad acta n. 67 del 3110-2000, sia dalla L.R. n. 24 del 1985. Nè si è tenuto conto delle due dichiarazioni del Comune di Castelgomberto allegate in atti, in data 17-2-2009 (cfr. pag. 56 del ricorso per cassazione) ed in data 15-12-2010 (cfr. pag. 58 del ricorso per cassazione), con la precisazione che l’edificabilità era limitata al solo servizio delle esigenze del fondo, con una volumetria del fabbricato esistente superiore a quella prevista dal piano regolatore, essendo possibile solo la ristrutturazione del fabbricato.

4. Con il quarto motivo di impugnazione (rubricato come n. 3.1. a pagina 72 del ricorso per cassazione) la ricorrente si duole della “illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui i Giudici di seconde cure, nel respingere nel merito l’appello della contribuente, hanno ritenuto legittima/corretta l’azione fiscale esercitata dall’Agenzia delle entrate – Ufficio di Milano 3. La sentenza è “in parte qua” illegittima per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″, in quanto il giudice di appello ha fondato il suo convincimento solo sulle affermazione della società acquirente in ordine al pagamento in nero e dell’affittuario prelazionario, senza considerare che la dichiarazione del conduttore non poteva che riguardare solo la sua posizione, e senza valutare i documenti prodotti in giudizio (certificato di definitiva valutazione; certificato di destinazione urbanistica; dichiarazioni rese dal Comune di Castelgomberto), quindi in violazione dell’art. 2697 c.c.. Le affermazioni della contribuente, infatti, costituivano vere e proprie eccezioni, rispetto alle quali, l’Ufficio, non aveva fornito alcun elemento di controprova per superarle.

4.1. I motivi secondo, terzo e quarto, che vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondati.

4.2. Invero, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b, prevede che “sono redditi diversi…le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione…”. Inoltre, si chiarisce che “sono redditi diversi…nonchè, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.

La L.R. Veneto 5-3-1985, n. 24, art. 3 (tutela ed edificabilità delle zone agricole) prevede che ” l’edificazione di case di abitazione nelle zone agricole è concessa alle seguenti condizioni: 1) che sia in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze abitative dell’imprenditore agricolo, singolo o associato e degli addetti all’azienda, coadiuvanti e/o dipendenti della stessa; 2) che costituiva o venga a costituire un unico aggregato abitativo e sia istituto un vincolo di destinazione d’uso dei fabbricati….; 3) che il fondo rustico presenti, in rapporto alla qualità delle singole colture, le seguenti superfici minime con i seguenti indici di densità edilizia….”.

La stessa legge regionale, art. 4, (restauro e ampliamento) dispone che “Per le costruzioni esistenti nelle zone agricole sono ammessi la manutenzione ordinaria e straordinaria, i restauri e la ristrutturazione, nonchè…la demolizione e la ricostruzione in loco per inderogabili motivi di staticità o di tutela della pubblica incolumità; per le residenze stabilmente abitate da almeno 7 anni è ammesso anche l’ampliamento fino al volume massimo, compreso l’esistente, di mc 800”. Si aggiunge che “in ogni caso l’ampliamento del volume residenziale deve essere realizzato utilizzando l’eventuale parte rustica contigua all’edificio”.

Pertanto, in base alla legge regionale ed al piano regolatore generale i terreni oggetto della compravendita del 5-11-2001 sono inseriti nella zona (OMISSIS), agricola, ma con possibilità, sia pure limitata e funzionale alle esigenze del fondo agricolo, di edificazione.

4.3. Il D.L. 4 luglio 2006, art. 36 comma 2, convertito in L. 4 agosto 2006, n. 248, infatti, prevede, come norma di interpretazione autentica, che “…un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”. Per questa Corte la norma citata ha accolto la tesi sostanzialistica propugnata dall’amministrazione finanziaria, in quanto l’adozione dello strumento urbanistico, anche prima della approvazione definitiva della Regione, con inserimento di un terreno con destinazione edificatoria, imprime al terreno una qualità che è recepita dalla generalità dei consociati come qualcosa di “già esistente e di difficile reversibilità e, quindi, è sufficiente a far venire meno la presunzione del rapporto proporzionale tra reddito dominicale risultante in catasto e valore del terreno, posto a base della valutazione automatica”.

Sono, infatti, diverse le finalità della legislazione urbanistica rispetto alla legislazione fiscale. La prima, infatti, tende a garantire il corretto uso del territorio urbano e, quindi, lo ius aedificandi non può essere esercitato se non quando gli strumenti urbanistici siano perfezionati (garantendo la compatibilità degli interessi individuali con quelli collettivi); mentre la seconda mira ad adeguare il prelievo fiscale alle variazioni dei valori economici dei suoli, con distinzione tra jiu aedificandi e jus valutandi.

Lo ius valutandi poggia, non sul perfezionamento della procedura di adozione della variante al PRG, ma sull’avvio di tale procedura. La legislazione fiscale, dunque, valuta la mera aspettativa dello ius aedificandi fino al perfezionamento dello stesso.

Tale interpretazione ha ricevuto recenti conferme giurisprudenziali (Cass. Civ., 21 maggio 2014, n. 11182; Cass. Civ., 20 febbraio 2014, n. 4116; Cass.Civ., 10 agosto 2016, n. 16936).

L’art. 36 comma cit., poi, dispone che l’interpretazione imposta vale anche per l’applicazione delle disposizioni relative all’iva, al Tuir, all’Ici ed all’imposta di registro.

4.4. Costituisce, però, principio consolidato di questa Corte quello per cui l’edificabilità di un terreno sussiste anche se la possibilità edificatoria è soltanto limitata, ma non annullata del tutto. Ciò si ricava anche dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b, ove si fa riferimento “utilizzazione edificatoria”, ma non alla “utilizzazione edificatoria residenziale”, sicchè anche la possibilità di edificare solo in parte comporta l’applicazione della disciplina della tassazione delle plusvalenze in caso di cessione di terreni anche solo parzialmente edificabili. Nel caso di cessione di terreni edificabili, poi, non conta che gli stessi siano giunti al venditore da successione mortis causa, che invece impedisce la tassazione per la cessione di terreni non edificabili. Infatti, per l’art. 67 tuir “in ogni caso” sono redditi diversi, soggetti a tassazione, le plusvalenze realizzate a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria.

Pertanto, si è affermato che, in tema di Irpef, la ricorrenza di vincolo ambientale ai sensi del D.Lgs. n. 490 del 1999 non esclude, in senso assoluto, l’edificabilità di un terreno, consentendo, sia pure entro determinati limiti, di realizzare nuove costruzioni, con conseguente imponibilità, nell’ipotesi della sua cessione, della plusvalenza ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 67, comma 1, lett. b), atteso che tale disposizione assoggetta a tassazione la plusvalenza derivante dalla cessione di terreno su cui lo strumento urbanistico vigente permetta, a qualunque titolo e per qualunque scopo, di edificare, non rilevando cosa ed a qual fine si costruisca (Cass., 23 novembre 2016, n. 23845; Cass., 23316/2013 che consente la tassabilità della plusvalenza per i terreni edificabili e con destinazione agricola; Cass., 15 luglio 2016, n. 14503, che ha ritenuto edificabile un’area inclusa in zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico, quali parcheggi, strade e verde pubblico attrezzato; Cass., 16 ottobre 2015, n. 20950, in cui si è ritenuta edificabile un’area inserita in zona F destinata d attrezzature ed impianti di interesse generale, assoggettabile solo ad opere di manutenzione ordinaria e straordinaria; Cass., 15 aprile 2016, n. 7513, con edificabilità dell’area classificata come agricola o di rispetto, ma con la concreta possibilità di chiedere la variazione in modo da poter destinare parte di essa alla costruzione di immobili necessari a tale attività; Cass., 29183/2017, per la quale rientra nella piena discrezionalità del legislatore non tassare la plusvalenza solo quando la stessa ha ad oggetto terreni agricoli e non suscettibili in alcun modo di utilizzazione edificatoria; Cass., 30 ottobr(OMISSIS)018, n. 27604, ove si è ritenuta imponibile la plusvalenza, in quanto il terreno, pur se inserito nello strumento urbanistico in una zona vincolata a fini pubblicistici, al momento della cessione faceva parte di un progetto che, in base al nuovo regolamento urbanistico, consentiva la realizzazione di un complesso sportivo). Nella specie, la possibilità edificatoria, sia pure nei limiti dello svolgimento dell’attività agricola, è previsto, non solo dal piano regolatore generale, ma anche dalla legge regionale, artt. 3 e 4, benchè i terreni siano inseriti in zona E2.

4.5. Il giudice di appello ha congruamente motivato la sua decisione, tenendo conto, ai fini dell’utilizzo del metodo sintetico di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, delle dichiarazioni rese dal legale rappresentante della impresa acquirente, il quale ha riferito di avere effettuato un pagamento in nero della somma di di Lire 600.000.000 (dall’atto risultava pagata solo la somma di Lire 400.000.000,00), oltre che dalle dichiarazioni dell’affittuario del fondo che ha riferito di avere ricevuto in nero dalla società la somma di Lire 200.000.000 per rinunciare al proprio diritto di prelazione. Sia l’acquirente che il rinunciante alla prelazione hanno poi definitivo le loro rispettive posizioni con il fisco, provvedendo al pagamento delle relative imposte.

Inoltre, il giudice di appello ha considerato anche l’inserimento dei terreni nella zone (OMISSIS) (“aree di importanza primaria per la funzione agricola produttiva”), la delib. n. 67 del 31-10-2000, la L.R. n. 24 del 1985, con la precisazione che si possa attribuire ai terreni il requisito della edificabilità ove essi “siano suscettibili di interventi edificatori, seppur con precise modalità di attuazione”. La Commissione regionale ha aggiunto che “i terreni ceduti, se pur classificati come agricoli, non sono stati dichiarati non edificabili”, anzi “le norme succitate disciplinano e regolamentano gli interventi edfiiactori su dette aree stabilendo anche le modalità di attuazione”.

Va, poi, aggiunto, che “come ammesso dalla Sig.ra D.S., la ditta B. ha già eseguito alcune opere edilizie sul terreni”. L’edificabilità dei terreni rende irrilevante la circostanza che gli stessi siano pervenuti alla venditrice per successione ereditaria.

Nè v’è stata violazione della norma sul riparto dell’onere della prova ai sensi dell’art. 2697 c.c., in quanto il giudice di appello si è limitato a valutare la correttezza dell’accertamento sintetico, indicando gli elementi che hanno comportato una discrasia di oltre 1/4 tra reddito accertato e reddito dichiarato, ed esaminando la prova contraria della contribuente, che però non è stata ritenuta idonea a superare la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38.

Neppure si può ritenere che il valore del fabbricato di cui all’imposta di registro vincoli in modo automatico l’amministrazione quanto al valore del fabbricato ai fini delle imposte dirette. Infatti, in tema di imposte sui redditi, la norma di interpretazione autentica di cui al D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3, avente efficacia retroattiva, esclude che l’Amministrazione finanziaria possa determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata dalla cessione di immobili e di aziende solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale, dovendo l’Ufficio individuare ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, su cui grava la prova contraria (Cass., n. 12131/2019).

5. Con il quinto motivo di impugnazione (rubricato sub 4 a pagina 77 del ricorso per cassazione) la ricorrente deduce “in subordine, illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui i Giudici di seconde cure, nel respingere nel merito l’appello della contribuente, hanno ritenuto non rilevante la provenienza dei beni oggetto di cessione e, quindi, non hanno corretto l’accertamento della plusvalenza di Lire 1.000.000.000, scomputando il valore fiscalmente riconosciuto del fabbricato. La sentenza è “in parte qua” illegittima, per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″, in quanto, poichè il valore del fabbricato era stato dichiarato nel contratto per Lire 396.000.000, mentre il terreno era stato valutato Lire 4.000.000,00, la plusvalenza eventualmente accertabile era di Lire 604.000.000 (lire 600.000.000 somma corrisposta in nero + Lire 4.000.000,00 prezzo del terreno) e non di Lire 1.000.000.000,00 (400.000.000 dichiarati + 600.000.000 pagati in nero), in quanto la cessione del fabbricato era avvenuta a titolo di successione ereditaria, non potendo, quindi, produrre plusvalenza imponibile.

5.1. Tale motivo è fondato.

Invero, è pacifico tra le parti e risulta documentalmente che con il contratto di compravendita del 5-11-2001 la D.S. ha ceduto il terreno per la somma di Lire 4.000.000 ed il fabbricato insistente sullo stesso per quella di Lire 396.000.000.

Pertanto, la plusvalenza di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, può riguardare soltanto le somme percepite in nero, pari a Lire 600.000.000, nonchè il valore del terreno edificabile, pari a Lire 4.000.000, ma non il fabbricato che è pervenuto alla contribuente per successione ereditaria e, quindi, è esente da plusvalenza ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b.

La plusvalenza deve, allora, essere calcolata sulla somma complessiva di Lire 604.000.000 e non su quella di Lire 1.000.000.000.

6. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, che dovrà pronunciare anche sullo ius superveniens in tema di sanzioni di cui al D.Lgs. 24-9-2015, n. 158, come richiesto dalla contribuente con la memoria scritta depositata, e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il quinto motivo di ricorso; rigetta i motivi primo, secondo, terzo e quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2019

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