Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29384 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2020, (ud. 21/10/2020, dep. 23/12/2020), n.29384

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. r.g.17835/2013 proposto da:

S.S., nella qualità di liquidatore e di socio della Vico

s.r.l., V.A., B.M.L.P.,

V.L.B., C.P.M., F.D.E.,

F.G.A.L., F.L. tutti elettiva mente domiciliati

in Roma, c.so Vittorio Emanuele II n. 287 presso lo studio dell’Avv.

Iorio Antonio e rappresentati e difesi, per procura in calce al

ricorso, dall’Avv. Falcone Giuseppe;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12 preso gli

Uffici dell’Avvocatura Generale di Stato dalla quale è

rappresentata e difesa;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 71/11/13 della Commissione

tributaria regionale della Lombardia, depositata il 23 aprile 2013.

Udita la relazione delle cause svolta nella camera di consiglio del

21 ottobre 2020 dal relatore Cons. Crucitti Roberta.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

L’Agenzia delle entrate, con avviso di accertamento notificato al liquidatore e ai singoli soci, rettificava, ai fini dell’Ires e dell’Irap, in danno della Vico s.r.l., i redditi dell’anno 2006 in cui la Società era stata posta in liquidazione volontaria e, poi, cancellata dal Registro delle imprese. Altro avviso di accertamento, relativo all’Iva della stessa annualità, veniva notificato sempre al liquidatore e ai singoli soci.

Avverso gli atti impositivi il liquidatore della società e i soci proponevano distinti ricorsi che, previa riunione, venivano parzialmente accolti dalla Commissione tributaria provinciale. In particolare il Giudice di prima istanza annullava l’accertamento nei confronti del liquidatore e accertava il residuo debito dei soci nella misura del riparto conseguito nella liquidazione finale.

Avverso la decisione proponevano appello i soci della cessata Vico s.r.l. e appello incidentale l’Agenzia delle entrate.

La Commissione tributaria regionale della Lombardia (d’ora in poi per brevità C.T.R.), con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello incidentale e rigettava quello principale, confermando la piena legittimità e fondatezza degli accertamenti in capo al liquidatore e ai singoli soci.

Avverso la sentenza S.S., nella qualità di liquidatore e di socio della estinta Vico s.r.l. e gli altri soci, come specificamente indicati in epigrafe, propongono ricorso, su sei motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Il ricorso è stato fissato, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., in camera di consiglio, in prossimità della quale i ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di legge, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, consistita nell’illegittima conferma da parte della C.T.R. dei due accertamenti notificati al liquidatore ed ai soci di una società di capitali, cancellata ed estinta oltre quattro anni prima. Secondo la prospettazione difensiva la C.T.R. aveva confermato tali responsabilità, pur non contenendo gli avvisi impugnati alcun riferimento alle norme relative (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36 e art. 2495 c.c.), per essere stati gli stessi emessi in applicazione delle norme concernenti gli accertamenti nei confronti di società operativa. Inoltre, con gli avvisi impugnati erano state applicate le sanzioni malgrado le stesse fossero intrasmissibili agli eredi (soci).

2. Con il secondo motivo si denuncia la sentenza impugnata di omessa, insufficiente, apparente motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in ordine ai presupposti specifici di fatto e di diritto previsti dall’art. 2495 c.c., necessari per confermare i due avvisi di accertamento notificati al liquidatore e ai soci di una società estinta.

3. Con il terzo motivo si ripropongono le medesime doglianze del mezzo di impugnazione precedente sotto la rubrica omesso esame di un fatto decisivo secondo la vigente disposizione dell’art. 360 c.p.c., comma 1.

4. Con il quarto mezzo si denuncia la sentenza impugnata di omessa pronuncia, con violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 111 Cost, non avendo la C.T.R. emesso alcuna pronuncia e fornito alcuna risposta in relazione alla questione della mancata esibizione dei listini OMI ed alla questione dei vari errori di fatto esposti nell’appello in relazione alle valutazioni.

5. Le stesse circostanze vengono dedotte con il quinto motivo (indicato sub 6) sotto la rubrica omessa, insufficiente, apparente motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in ordine alla mancata allegazione da parte dell’Ufficio dei listini OMI ed in ordine agli errori denunciati dagli appellanti principali e con il sesto motivo (indicato sub 7) sotto la rubrica omesso esame di un fatto fondamentale e decisivo quale la censura relativa alla mancata allegazione dei listini OMI secondo la vigente disposizione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

6. I primi tre motivi, involgenti la stessa questione, possono essere trattati congiuntamente.

6.1 In fatto è pacifico che gli avvisi di accertamento, notificati nel 2011 al liquidatore e ai soci e a loro intestati, hanno avuto ad oggetto la rideterminazione dei redditi e delle operazioni imponibili relative alla Vico s.r.l., società cancellata dal registro delle imprese dal 2007. Da quanto emergente in atti, rilevato dai ricorrenti (e non specificamente contestato dall’Agenzia controricorrente), gli avvisi di accertamento non contenevano alcun riferimento alla particolare ipotesi di responsabilità prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36.

6.2. Per giurisprudenza, ormai consolidata, di questa Corte, a partire dalla sentenza n. 6070 del 12.3.2013 delle Sezioni Unite, l’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, determina un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono, venendo altrimenti sacrificato ingiustamente il diritto dei creditori sociali – ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti “pendente societate”; deve, invece escludersi la legittimazione “ad causam” del liquidatore della società estinta il quale può essere destinatario di un’autonoma azione risarcitoria ma non della pretesa attinente al debito sociale (cfr.Cass.n. 16362 del 30/07/2020; id. n. 21188 del 2014, n. 23365 del 2019, n. 7676 del 2012).

6.3 In linea con tale principio, in tema di sanzioni, si è, altresi, statuito (cfr. Cass.n. 9094 del 07/04/2017) che: “a seguito dell’estinzione della società, le sanzioni amministrative a carico di quest’ultima per la violazione di norme tributarie non sono trasmissibile ai soci ed al liquidatore, trovando applicazione il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 8, che sancisce l’intrasmissibilità delle stesse agli eredi, in armonia con il principio della responsabilità personale, codificato dal detto decreto, art. 2, comma 2, nonchè, in materia societaria, con il D.L. n. 269 del 2003, art. 7, comma 1, conv., con modif., in L. n. 326 del 2003, che ha introdotto la regola della riferibilità esclusiva alle persone giuridiche delle sanzioni amministrative tributarie (cfr. Cass. n. 13730 del 2015; n. 15067 del 2008)

6.4 Alla luce di tali principi, cui si intende dare continuità, la censura avanzata con il primo motivo è parzialmente fondata, dovendosi escludere la legittimazione passiva del liquidatore e l’applicabilità ai soci delle sanzioni irrogate, i quali invece risponderanno quali successori delle obbligazioni tributarie della Società, nei limiti di quanto percepito in fase di liquidazione. In tal senso va corretta la motivazione della sentenza impugnata conforme a diritto, sul punto.

6.5 L’accoglimento del primo motivo assorbe l’esame del secondo e del terzo.

7. Il quarto motivo è infondato. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ribadita, di recente da Cass. n. 5730 del 03/03/2020 ” poichè il vizio di omessa pronuncia si concreta nel difetto del momento decisorio, per integrare detto vizio occorre che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, ciò che si verifica quando il giudice non decide su alcuni capi della domanda, che siano autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte, ovvero quando pronuncia solo nei confronti di alcune parti. Per contro, il mancato o insufficiente esame delle argomentazioni delle parti integra un vizio di natura diversa, relativo all’attività svolta dal giudice per supportare l’adozione del provvedimento, senza che possa ritenersi mancante il momento decisorio”.

7.1. Nel caso in esame non sussiste il vizio denunciato giacchè la C.T.R. ha, comunque, pronunciato affermando, tra l’altro, che la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi per l’ultimo periodo della liquidazione e la valutazione del costo degli immobili compravenduti giustificano l’accertamento dell’Ufficio che correttamente, come previsto dalla normativa, ha valutato gli immobili venduti al prezzo di mercato, con riferimento ai prezzi forniti dal listo OMI, rilevando un reddito tassabile.

8. Il quinto e il sesto motivo sono, invece, inammissibili.

Premesso che al ricorso si applica pacificamente il nuovo disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (per essere stata la sentenza impugnata depositata nel maggio 2013), con il sesto motivo non si individua, come da insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. Sez. U. n. 8053/2014) un fatto il cui esame sia stato omesso quanto piuttosto la mancata valutazione di una questione in diritto.

9.Alla stregua delle complessive considerazioni che precedono, va, quindi, parzialmente accolto il primo motivo di ricorso, nei termini sopra esposti, e vanno rigettati i restanti.

La sentenza impugnata va cassata, nei limiti del motivo accolto, con rinvio al Giudice di merito perchè provveda al riesame, adeguandosi ai superiori principi, e liquidi le spese di questo giudizio.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione, e rigetta i restanti.

Cassa la sentenza impugnata, nei limiti del motivo accolto, e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

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