Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29382 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. II, 28/12/2011, (ud. 16/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29382

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 481-2009 proposto da:

P.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CESARE PASCARELLA 23, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLI

ANDREA, rappresentato e difeso dall’avvocato STRADELLA FURIO;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), (OMISSIS), in persona

dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato TRICERRI LAURA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ABEATICI GABRIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 172/2008 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 05/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2011 dal Presidente Dott. ROBERTO MICHELE TRIOLA;

udito l’Avvocato Marco MERLINI con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Laura TRICERRI, difensore del resistente che ha chiesto

di riportarsi;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.F., con ricorso depositato in da La 14 ottobre 2000, impugnava davanti al Tribunale di Trieste le Delib. 11 agosto 2000, assunte dall’assemblea del condominio in (OMISSIS), del quale faceva parte, aventi ad oggetto il rendiconto dell’esercizio 1999-2000 e la ripartizione delle spese tra i condomini.

Il condominio resisteva alla domanda, che veniva in parte accolta dal Tribunale di Trieste con sentenza in data 29 dicembre 2004.

P.F. proponeva appello, che veniva rigettato dalla Corte di appello di Trieste, con sentenza in data 5 giugno 2008.

In relazione alla dedotta invalidità della approvazione del rendiconto in quanto non preventivamente sottoposto al parere del consiglio di condominio, i giudici di secondo grado così motivavano:

… osserva la Corte come l’impugnata sentenza si sottragga alla denunciata censura, avendo essa correttamente ritenuto che ciò che rileva, in definitiva, è unicamente il fatto che il consiglio di condominio, che a norma dell’art. 7 del regolamento condominiale deve solo procedere alla “revisione” dei conti, sia stato informato di tutti i dati che concernevano la gestione del precedente esercizio, anche attraverso la documentazione esistente presso l’ufficio dell’amministratore, della quale i singoli consiglieri furono invitati a prendere visione, con la conseguenza che, in definitiva, è stata assicurata quella trasparenza che è alla base della citata disposizione regolamentare. Quest’ultima, infatti, viene interpretata dal P. in termini molto restrittivi, ma una lettura che sia in linea con lo scopo che essa mira ad assicurare – cioè quello di consentire che all’esame dell’assemblea giungano pure gli eventuali rilievi da parte di un organo di revisione dei conti – porta, invece, alla conclusione che, a tal fine, non era necessaria ai fini della ratio della suddetta disposizione, una riunione tra i singoli consiglieri, quanto piuttosto che gli stessi potessero prendere visione dei dati contabili e muovere le loro eventuali osservazioni.

In sostanza, il fatto che la riunione non vi sia stata, costituisce, al massimo, una semplice irregolarità, che non ha effetti invalidanti, non comportando alcuna deroga agli incombenti prescritti dal regolamento.

I giudici di secondo grado ritenevano anche che infondatamente P. F. sosteneva di nulla dovere per le spese per il riscaldamento in considerazione del cattivo funzionamento dell’impianto centralizzato, così motivando:

l’impugnata sentenza ha fatto corretta applicazione dei principi affermati dalla Suprema Corte, secondo cui l’obbligo del condomino di contribuire alle spese necessarie al godimento e alla conservazione delle parti comuni, nonchè alla prestazione dei servizi resi nell’interesse di tutti i condomini trova la sua unica fonte nella comproprietà delle parti comuni dell’edificio, e non in un rapporto contrattuale di natura sinallagmatica, con la conseguenza che ove l’impianto centralizzato di riscaldamento non eroghi sufficiente calore, il condomino non è esonerato dal contribuire alle relative spese (cfr. Cass., sez. un., n. 10492 del 1996).

In sostanza, l’esonero dal pagamento dei contributi è consentito solo se l’impianto centralizzato, per ragioni strutturali, escluda totalmente il condomino dal servizio di riscaldamento, mentre, nel diverso caso – com’è quello in esame – in cui venga dedotto un insufficiente grado di riscaldamento dell’unità immobiliare, a causa di una colpevole inerzia del condominio nel provvedere alla riparazione o all’adeguamento dell’impianto centralizzato, il condomino che si ritiene da ciò danneggiato, può pretendere solo il risarcimento del danno, ma non di essere esonerato dal pagare la propria quota,o la restituzione di quanto già pagato negli esercizi precedenti, dato che il servizio, magari entro certi limiti, gli è stato comunque fornito (cfr., Cass. n. 12956 del 2006).

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, illustrati da memoria, P.F..

Resiste con controricorso il condominio di (OMISSIS).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente ribadisce la tesi che il semplice fatto del mancato preventivo esame del rendiconto da parte del consiglio di condominio comportava la invalidità della delibera che tale rendiconto aveva approvato.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto il ricorrente non ha riportato il testo dell’art. 7 del regolamento di condominio, di cui propugna una interpretazione diversa da quella alla quale ha aderito la sentenza impugnata.

Con il secondo motivo P.F. deduce che i giudici di merito non avrebbero ben compreso il senso delle sue richieste connesse al mancato funzionamento dell’impianto di riscaldamento.

In particolare, il ricorrente deduce che non avrebbe contestato che la prestazione del servizio di riscaldamento non rientra nella sinallagma contrattuale e quindi non è soggetta alla applicazione dell’art. 1460 c.c., per cui le decisioni di questa S.C. citate dalla sentenza impugnata non sarebbero pertinenti, ma ha sostenuto che avrebbe avuto diritto ad una riduzione delle spese per il servizio di riscaldamento, ai sensi dell’art. 1123 c.c., comma 2, non avendo pienamente goduto di tale servizio.

Il motivo è infondato.

E’ sufficiente, in proposito osservare che l’art. 1123 c.c., comma 2 stabilisce che se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne.

Tale norma, per la sua applicazione, presuppone che si tratti di servizi i quali siano di per sè strutturati in modo da fornire utilità diverse ai singoli condomini, come appunto il servizio di riscaldamento centralizzato, per cui è fuori della sua previsione l’ipotesi in cui il servizio, correttamente strutturato, non funzioni come dovrebbe per un condomino.

Il ricorso, in definitiva, va rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida nella complessiva somma di Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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