Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29379 del 14/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 14/11/2018, (ud. 13/09/2018, dep. 14/11/2018), n.29379

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12850/2014 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NIZZA 22,

presso lo studio dell’avvocato ENRICO BRENCIAGLIA, rappresentato e

difeso dall’avvocato CESARE COSTA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ EDITRICE IL TEMPO S.R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANTONIO BERTOLONI 24, presso lo studio dell’avvocato GUIDO ZINGONI,

che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6502/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/09/2013 R.G.N. 6053/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/09/2018 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo del ricorso;

udito l’Avvocato CESARE COSTA;

udito l’Avvocato ANTONELLA MIGLIACCIO per delega verbale Avvocato

GUIDO ZINGONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 6502/2013, depositata il 12 settembre 2013, la Corte di appello di Roma confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Viterbo aveva respinto il ricorso di B.A. volto a ottenere, nei confronti della Società Editrice Il Tempo S.r.l., l’accertamento della sussistenza, per il periodo dall’1 luglio 2000 al 14 dicembre 2006, di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di natura giornalistica, con la qualifica di redattore ordinario, e il pagamento delle conseguenti differenze retributive, con la compensazione delle spese del secondo grado di giudizio.

2. La Corte osservava in primo luogo che, poichè la domanda era stata proposta nel senso dell’accertamento del rapporto di lavoro come redattore ex art. 1 C.C.N.L. Giornalisti, le era preclusa la verifica dell’eventuale sussistenza della diversa fattispecie del rapporto di lavoro quale collaboratore fisso (ex art. 2 del medesimo contratto); rilevava, quindi, che era da escludersi l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato secondo le connotazioni specifiche previste dall’art. 1, avuto riguardo agli esiti delle dichiarazioni testimoniali acquisite al giudizio.

3. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il B. con tre motivi, assistiti da memoria, cui ha resistito la società con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, deducendo la violazione dell’art. 2094 c.c. e art. 1 contratto nazionale di lavoro giornalistico (art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti (art. 360, n. 5) e la nullità della sentenza (art. 360, n. 4), il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la Corte di appello escluso che nel caso di specie fosse configurabile l’attività propria del redattore ordinario e ciò senza tener conto delle risultanze istruttorie, da cui era emersa assiduità di presenza in redazione e continuità delle prestazioni.

2. Al riguardo si deve rilevare che il giudice di merito è pervenuto ad escludere l’esistenza di un rapporto di lavoro giornalistico secondo le connotazioni specifiche della qualifica di redattore ordinario sulla base di una pluralità di elementi desunti dal materiale probatorio acquisito al giudizio, in particolare osservando come nessuno dei testimoni avesse potuto confermare che vi fosse per il ricorrente l’obbligo di rispettare un orario di lavoro, nonchè l’obbligo di frequentazione della redazione, e come fosse stata esclusa la partecipazione dello stesso ricorrente a talune tipiche attività redazionali, come le riunioni di redazione: in conclusione, l’istruttoria consentiva, secondo la Corte territoriale, di ritenere avvenuta “la redazione” da parte del ricorrente “di articoli in un settore specifico” (quello della cronaca giudiziaria e della cronaca “nera”) “mentre la sua frequentazione della redazione si configurava quale una situazione meramente fattuale finalizzata unicamente alla scrittura del “pezzo” giornalistico ma senza che esistesse un preciso vincolo giuridico di presenza ed orario” (cfr. sentenza, p. 4).

3. In sostanza, la Corte di merito, pur dando implicitamente atto dell’emersione in sede probatoria di elementi di fatto suscettibili di valutazione ai fini del riconoscimento di un rapporto di lavoro con qualifica di collaboratore fisso (ex art. 2 del contratto collettivo), ha ritenuto insussistente il requisito della “quotidianità” della prestazione giornalistica, quale tratto distintivo dell’apporto conferito dal redattore ordinario alla struttura della redazione e al lavoro redazionale, in tal modo conformandosi alla giurisprudenza di legittimità consolidatasi sulle caratteristiche proprie delle due figure professionali (Cass. n. 8260/1995; conforme, fra le altre, Cass. n. 3037/2011).

5. Peraltro tale accertamento di fatto non risulta correttamente censurato con il motivo in esame, il quale non si conforma al modello legale del nuovo vizio di motivazione, quale risultante a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, a fronte di sentenza depositata in data successiva all’entrata in vigore della riforma, non indicando quale fatto debba considerarsi omesso dalla Corte di merito nella sua ricostruzione della vicenda e la sua eventuale “decisività”, nè ottemperando agli oneri di deduzione ex artt. 366 e 369 c.p.c., intrinsecamente connessi alla diversa configurazione normativa del vizio (cfr. da ultimo Cass. n. 9253/2017).

6. Il primo motivo risulta conseguentemente inammissibile.

7. Con il secondo motivo, deducendo la violazione dell’art. 2094 c.c. e dell’art. 2 del medesimo contratto collettivo, nonchè vizio di motivazione e nullità della sentenza, il ricorrente censura la sentenza per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto che la proposizione della domanda nel senso dell’accertamento di un rapporto subordinato di lavoro giornalistico con la qualifica di redattore ordinario le precludesse la possibilità di verificare la sussistenza di un rapporto di lavoro con la diversa qualifica di collaboratore fisso e di attribuire le conseguenti differenze retributive.

8. Il motivo è fondato e deve essere accolto.

9. E’ infatti consolidato e risalente, nella giurisprudenza di questa Corte, l’orientamento, secondo il quale non osta all’accertamento dell’esistenza di un rapporto subordinato di collaborazione fissa la circostanza che il ricorrente abbia chiesto di essere qualificato come redattore ordinario, in quanto l’individuazione della qualifica, nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato del quale è stato domandato l’accertamento, è compito del giudice, il quale ben può, a fronte di una richiesta di qualifica superiore (come quella di redattore ai sensi dell’art. 1 del contratto giornalistico), ritenere sussistente una qualifica diversa (come quella di collaboratore fisso ai sensi dell’art. 2 dello stesso contratto): cfr., fra le molte, Cass. n. 3168/1990.

10. Nell’accoglimento del secondo resta assorbito il terzo motivo, con il quale il ricorrente si duole dell’omessa pronuncia sul motivo di gravame concernente il regolamento delle spese del primo grado di giudizio e della violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., da parte della Corte territoriale.

11. In definitiva, l’impugnata sentenza della Corte d’appello di Roma deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla medesima Corte in diversa composizione, la quale, nel procedere a nuovo esame della fattispecie dedotta, avrà cura di attenersi al principio di diritto sopra richiamato al n. 9.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il primo e assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2018

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