Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29377 del 13/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 13/11/2019), n.29377

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7357-2012 proposto da:

D.S.M., D’.PA., elettivamente domiciliati in

ROMA PIAZZA MARCONI 15, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO

D’AMBROSIO, rappresentati e difesi dall’avvocato ENRICO D’ANTRASSI,

giusta procura a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA ENTRATE UFFICIO DI LATINA, elettivamente domiciliata in ROMA

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA GERIT SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 271/2011 della COMM.TRIB.REC.SEZ.DIST. di

LATINA, depositata il 07/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/09/2019 dal Consigliere Dott. CAPRIOLI MAURA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato D’AMBROSIO per delega

dell’Avvocata D’ANTRASSI che si riporta chiede l’accoglimento del

ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato FIANDACA che ha chiesto il

ricetta del ricorso.

Fatto

Con sentenza nr 271/2011 la CTR Lazio, sez. distaccata di Latina, accoglieva l’appello proposto da Agenzia delle Entrate nei confronti di D.S.M. e D’.Pa. avverso la cartella di pagamento nr (OMISSIS), notificata in data 7.2.2007, di complessivi Euro 244.704,56, emessa a seguito di dichiarazione di successione del 27.1.1998.

Il Giudice di appello, facendo proprie le argomentazioni fatte valere dall’Agenzia delle Entrate, riteneva legittima la pretesa tributaria, rilevando che in materia di imposta di successione i termini di decadenza del diritto alla riscossione sono stabiliti dal D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 27, comma 2, ultimo periodo il quale prevede che la liquidazione debba essere notificata nel termine di 3 anni dalla data di presentazione della dichiarazione di successione o di quella sostitutiva; termine questo che, nella specie, era stato rispettato. Osservava in questa prospettiva che l’avviso di pagamento dell’imposta principale era stato notificato il 17.3.2001, entro i tre anni dalla presentazione della dichiarazione.

Evidenziava poi che i termini di prescrizione regolati dal D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 41 prevedono che il credito dell’amministrazione finanziaria si prescriva nel termine di 10 anni e che, nella specie, il ruolo era stato reso esecutivo il 29.11.2006.

Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione D.S.M. e D’.Pa., fondandolo su tre motivi cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Con un primo motivo i contribuenti denunciano la violazione dell’art. 100 c.p.c. per carenza di interesse all’impugnazione.

Affermano infatti che la sentenza della CTP aveva accolto il ricorso dei contribuenti per la tardività della notifica della cartella e quindi per un vizio proprio dell’atto impugnato, in relazione al quale il solo soggetto legittimato ad impugnare sarebbe stata la Gerit, cioè l’ente mandatario per la riscossione coattiva.

Con un secondo motivo denunciano l’improcedibilità della domanda di appello per violazione del litisconsorzio necessario.

Osservano che l’atto di appello era stato notificato nei confronti dei soli contribuenti e non anche nei riguardi dell’ente di riscossione, che era stato parte del giudizio di primo grado, e che pertanto come tale avrebbe dovuto essere evocato nel giudizio di appello quale parte essenziale dello stesso.

Con un terzo motivo denunciano la violazione del disposto di cui al al D.L. n. 106 del 2005, art. 1, commi 5 bis e 5 ter convertito in L. n. 156 del 2005. Il primo motivo è infondato L’agenzia delle entrate,quale titolare del credito posto in riscossione,aveva interesse ad appellare la sentenza che, annullando la cartella impugnata sia pure per un vizio di notifica, l’aveva vista sostanzialmente soccombente sulla pretesa.

Ciò posto si osserva che al giudizio di primo grado aveva partecipato, oltre all’agenzia delle entrate, anche la società di riscossione Equitalia Gerit s.p.a.. nelle rispettive loro qualità di enti impositori o di riscossione.

Quest’ultimo soggetto, come specificato dai ricorrenti sulla base degli atti evincibili dal fascicolo d’ufficio del giudizio davanti alla CTR, non è stato convenuto in appello dall’agenzia delle entrate.

Ora, pur rilevando che tra ente impositore ed agente per la riscossione non sussiste, in effetti, litisconsorzio necessario di natura sostanziale, ben potendo partecipare al giudizio – nell’ipotesi in cui si contesti non soltanto la regolarità dell’azione di riscossione ma anche la fondatezza nel merito della pretesa impositiva – indifferentemente l’uno o l’altro (Cass.SSUU 16412/07 ed altre), altrettanto indubbio è che il vincolo di litisconsorzio avesse nella specie natura prettamente processuale; così da imporre che il giudizio di appello si svolgesse nei confronti di tutte indistintamente le parti del primo grado.

In assenza di ciò, si produce, non l’inammissibilità dell’appello, ma l’esigenza di integrazione del contraddittorio.

Si è in proposito affermato (Cass. n. 27616/18; 10934/15 ed altre) che: “Nel processo tributario, in caso di litisconsorzio processuale, che determina l’inscindibilità delle cause anche ove non sussisterebbe il litisconsorzio necessario di natura sostanziale, l’omessa impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti non determina l’inammissibilità del gravame, ma la necessità per il giudice d’ordinare l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti della parte pretermessa, pena la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che l’ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità” (Cass. 2019 nr 14213).

Va in effetti riscontrata la mancata notificazione dell’appello ad Equitalia Gerit s.p.a.,(parte nel primo grado di giudizio) nei cui riguardi deve essere integrato il contraddittorio; anche in considerazione del fatto che nel presente giudizio non si controverte sulla fondatezza della pretesa fiscale perchè i contribuenti chiedono l’annullamento di atti propri della fase di riscossione in relazione alla affermata decadenza del diritto di riscossione della cartella per violazione del disposto di cui al D.L. n. 106 del 2005, art. 1, commi 5 bis e 5 ter convertito in L. n. 156 del 2005.

Il secondo motivo va accolto con conseguente assorbimento del restante terzo motivo.

La sentenza va cassata e rimessa ad altra sezione della CTR Lazio, affinchè provveda all’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’ente di riscossione. La CTR provvederà anche sulle spese di questa fase.

P.Q.M.

La Corte

accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il terzo;

cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR del Lazio in diversa composizione anche per le spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 13 novembre 2019

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