Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29374 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. II, 28/12/2011, (ud. 05/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29374

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9421-2006 proposto da:

E.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA PORRO 8, presso lo studio dell’avvocato ABBAMONTE

GIUSEPPE, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

ESPOSITO WILLIAM, ZUPPARDI EZIO MARIA;

– ricorrente –

contro

L.M., + ALTRI OMESSI

TUTTI COEREDI DI L.F., elettivamente

domiciliati in ROMA, V.LE G AGRICOLA 33, presso lo studio

dell’avvocato MECCARIELLO VITO, rappresentati e difesi dall’avvocato

BASILICATA ALBERTO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 428/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 15/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2011 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito l’Avvocato Basilicata Alberto difensore dei controricorrenti

che si riporta al ricorso e alla memoria;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L.F., premesso che la confinante E.A. aveva demolito una baracca ricostruendola e ampliandola anche in altezza con installazione di una struttura metallica sul terrazzo, la conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli per sentire dichiarare illegittime le opere edificate a distanza illegale con la condanna della medesima alla loro rimozione.

Si costituiva la convenuta, chiedendo il rigetto della domanda, deducendo che le opere erano state assentite dalla autorità ed erano rispettose delle distanze legali, mentre la struttura metallica era amovibile.

Con sentenza dep. il 27 novembre 2002 il Tribunale accoglieva la domanda, condannando ala convenuta alla rimozione delle opere realizzate a distanza inferiore a quella prescritta dal vigente strumento urbanistico.

Con sentenza dep. il 15 febbraio 2005 la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della decisione impugnata dalla convenuta, rigettava la domanda volta all’eliminazione della struttura metallica; confermava l’accoglimento della domanda di demolizione del manufatto realizzato a distanza illegale.

Per quel che ancora interessa, era disatteso il motivo di gravame con cui la convenuta aveva sostenuto che l’immobile in oggetto rientrava nella previsione della Legge Tognoli che consente la costruzione di parcheggi in deroga alle norme sulle distanze previste dagli strumenti urbanistici, tenuto conto che il manufatto in questione era costituito da un corpo di fabbrica adibito in parte a soggiorno e in parte a bagno padronale, per cui era da considerarsi non pertinente il richiamo alla normativa sui parcheggi.

Relativamente, poi, al motivo, con il quale l’appellante aveva invocato il diritto di prevenzione i Giudici, dopo avere rilevato la tardività dell’eccezione che era stata proposta in primo grado soltanto con la comparsa conclusionale e che doveva considerarsi inammissibile in appello, la esaminavano comunque nel merito disattendendola sul rilievo che, in sostituzione del preesistente deposito la convenuta aveva realizzato un manufatto del tutto diverso per forma, superficie, cubatura e destinazione di uso.

2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione E. A. sulla base di due motivi. Resistono con controricorso L.M., + ALTRI OMESSI nelle more deceduto, depositando memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 873 e 907 cod. civ., della L. n. 122 del 1989 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la decisione gravata che non aveva esaminato la documentazione in atti da cui era emerso il rilascio della concessione per realizzare un box auto a distanza in deroga a quella prescritta dallo strumento urbanistico; lo stato dei luoghi accertato dal consulente d’ufficio era del tutto irrilevante ai fini dell’applicazione della Legge Tognoli, atteso che il diverso uso avrebbe potuto essere sanzionato esclusivamente dalla P.A.: il mutamento di destinazione senza la creazione di opere visibili e permanenti tali da connotare la loro difformità rispetto all’atto concessorio avrebbero potuto comportare la messa in conformità dell’uso agli scopi di cui alla concessione soltanto attraverso un provvedimento amministrativo ma non con l’ordine di abbattimento da parte del giudice civile.

Il motivo è infondato.

1.2. In tema di distanze nelle costruzioni, il rilascio o meno del provvedimento amministrativo che autorizzi o consenta di costruire ovvero la difformità della costruzione rispetto ad esso rilevano esclusivamente nell’ambito del rapporto pubblicistico tra P.A. e privato ma non hanno alcuna incidenza in quello fra privati atteso che il conflitto tra i proprietari interessati in senso opposto alla costruzione deve essere risolto in base al diretto raffronto tra le caratteristiche oggettive dell’opera e le norme edilizie che disciplinano le distanze legali, tra le quali non possono comprendersi anche quelle concernenti la licenza e la concessione edilizia, perchè queste riguardano solo l’aspetto formale dell’attività costruttiva.

Nella specie, la sentenza impugnata ha correttamente verificato le caratteristiche obiettive della costruzione (manufatto costituito da un corpo di fabbrica adibito in parte a soggiorno e in parte a bagno padronale), escludendo di conseguenza che lo stesso potesse rientrare nella previsione di cui alla L. n. 122 del 1989: per quel che si è detto, il rilascio della concessione ovvero la difformità dell’opera realizzata o ancora i provvedimenti che in relazione ala richiamata normativa potevano essere legittimamente adottati sono privi di alcuna rilevanza nella presente sede in cui – come correttamente ha fatto la Corte – andava verificata, in relazione alla natura dell’opera realizzata, la lesione del diritto del proprietario confinante per effetto della denunciata violazione delle norme in materia di distanze legali e, quindi, le condizioni per la tutela ripristinatoria dal medesimo invocata ai sensi degli artt. 872 e 873 cod. civ. in materia di distanze legali.

2.1. Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 873 e ss. cod. civ., artt. 183 e 345 cod. proc. civ. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza laddove aveva ritenuto tardiva la proposizione dell’eccezione di prevenzione che è comunque ammissibile anche in sede di appello, non rientrando in quelle in senso stretto.

Contesta, nel merito, il rigetto dell’eccezione, posto che la sentenza aveva escluso la prevenzione per avere essa convenuta realizzato un’opera non conforme al titolo concessorio, quando la legittimità o meno formale non assume rilevanza nei rapporti fra privati: nella specie, peraltro, la ricorrente era munita di un valido titolo per costruire.

Il motivo va disatteso.

2.2. Va, in primo luogo, rilevata l’erroneità dell’affermazione della sentenza impugnata secondo cui era precluso, ai sensi dell’art. 183 c.c. e dell’art. 345 cod. proc. civ., l’esame della questione relativa all’invocato diritto di prevenzione sul rilievo che tale eccezione era tardiva e, come tale, inammissibile. Occorre qui ricordare che le eccezioni non rilevabili d’ufficio sono solo quelle in cui la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nel caso di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un’azione costitutiva), ovvero quando singole disposizioni espressamente prevedano come indispensabile l’iniziativa di parte, dovendosi in ogni altro caso ritenere la rilevabilità d’ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito (Cass. 12353/2010).

Orbene, qualora l’attore abbia dedotto la realizzazione della costruzione a distanza inferiore a quella legale (fatto costitutivo), la verifica che il convenuto abbia edificato legittimamente in virtù del principio della prevenzione ha a oggetto un fatto impeditivo della pretesa attorea che è rilevabile d’ufficio dal Giudice – evidentemente alla stregua delle allegazioni e delle prove acquisite – non essendo previsto dalla legge che la relativa eccezione sia riservata alla parte nè, d’altra parte, il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile.

Peraltro, l’errore compiuto dalla Corte nella qualificazione dell’eccezione è irrilevante, posto che i Giudici hanno esaminato nel merito la questione che era comunque da ritenersi infondata e non avrebbe potuto portare a una decisione difforme da quella adottata.

Infatti, la ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata posto che il diritto di prevenzione, invocato dalla medesima a sostegno della asserita legittimità della costruzione, era infatti da escludere, a stregua degli accertamenti compiuti dai Giudici: il manufatto realizzato (un corpo di fabbrica in muratura di mq. 26,41, alto mt. 3, adibito in parte a soggiorno e in parte a bagno padronale) era risultato del tutto diverso – per forma, superficie, cubatura e destinazione – dal preesistente deposito di mt. 3 x3,10 x per mt. 2 di altezza, che era stato demolito. Pertanto, l’opera realizzata non poteva considerarsi ricostruzione di quella preesistente ma integrava la realizzazione di un corpo di fabbrica che andava considerato come nuova costruzione e, come tale, era assoggettata alle norme sulla distanze prescritte dallo strumento urbanistico vigente appunto per le nuove costruzioni, e ciò evidentemente a prescindere dalla esistenza o meno di un valido titolo concessorio o della sua conformità ad esso, che sotto il profilo in esame, era del tutto irrilevante.

Il ricorso va rigettato.

Le spese della presente fase vanno poste a carico della ricorrente, risultata soccombente.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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