Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29373 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. II, 28/12/2011, (ud. 05/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29688-2007 proposto da:

T.M. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI 7, presso lo studio dell’avvocato

ZACCAGNINI LUCIA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PASINO ANGELO;

– ricorrente –

contro

C.R. C.F. (OMISSIS), CA.AN. IN

C. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA OVIDIO 20, presso lo studio dell’avvocato DELFINI FRANCESCA, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato BERDON BOGDAN;

– controricorrenti –

e contro

T.G., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso la sentenza n. 450/2007 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 28/06/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2011 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito l’Avvocato Zaccagnini Lucia difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Delfini Francesca difensore dei controricorrenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso e deposita cartolina di ritorno della

notifica del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. T.M. esponeva che: per effetto del decreto di omologazione della separazione consensuale aveva acquistato dal marito S.D. l’appartamento con le relative parti comuni sito in (OMISSIS) di cui alla p.t. 43626 del C.C. di Trieste nonchè 2/25 pp.ii dell’autorimessa comune esistente al piano cantinato di cui alla p.t. 43627;

il marito S. aveva acquistato il suddetto cespite da Ch.Gi. al quale era pervenuto da V.B. e Ch.Ga. ai quali era stato venduto dal costruttore e originario unico proprietario del fabbricato, l’impresa di Costruzioni Edilzini s.a.s. di ing. Z.; quest’ultimo aveva apposto sulle pareti dell’autorimessa, in corrispondenza di ciascun posto-macchina, il numero di interno dell’appartamento;

che all’appartamento di proprietà dell’attrice, recante il numero 64, era stato assegnato uno spazio corrispondente a due posti auto;

peraltro, il proprio remoto dante causa aveva scambiato informalmente lo spazio relativo ai posti auto di sua spettanza con quello assegnato alla condomina S.C. contrassegnato con il numero relativo all’appartamento n. 22 corrispondente a un solo posto auto; che gli aventi causa da S.C., Ca.

A. e C.R., pur ripetutamente sollecitati, non avevano inteso rilasciare lo spazio dell’autorimessa, pertinente all’appartamento di sua proprietà pari a due posti auto, e dai medesimi occupato, oltre al risarcimento dei danni.

Pertanto, la T. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Trieste Ca.An. e C.R. nonchè l’Amministratore del Condominio e gli altri condomini per sentire accertare il diritto di proprietà o, in via subordinata, il diritto all’uso dello spazio pari a due posti auto assegnatole dal costruttore e corrispondente alla quota di 2/25, lo scioglimento della comunione con l’attribuzione in suo favore dello spazio dell’autorimessa e la condanna della Ca. e del C. a rilasciarglielo oltre al risarcimento dei danni.

Si costituivano la Ca. e il C., chiedendo il rigetto della domanda, deducendo che nella specie veniva in rilievo non già il diritto di proprietà esclusiva sui singoli posti macchina ma la comunione pro indiviso dell’autorimessa, per cui non poteva procedersi alla individuazione in concreto della quota spettante nè poteva considerarsi privo di titolo il maggior utilizzo da parte dei convenuti.

Con sentenza del 7 maggio 2003 il Tribunale accoglieva in parte la domanda.

Il Giudice riteneva il diritto di proprietà dell’attrice nella misura della quota di 2/25 sull’autorimessa comune marcata con il numero 46 e, respinta la richiesta di scioglimento della comunione in assenza della volontà unanime dei condomini, riconosceva il diritto personale dell’attrice all’assegnazione in uso dello spazio;

dell’autorimessa pari a due posti macchina contrassegnato con il numero 64, e ciò sulla base della regolamentazione pattizia predisposta dall’originario costruttore il quale aveva attribuito un posto macchina a favore di ciascun alloggio con regolamento definito atipico ad efficacia obbligatoria avente a oggetto la disciplina della cosa comune, contenente la rinuncia di ciascuno dei comunisti al godimento delle porzioni materiali del bene assegnate in uso.

Con sentenza dep. il 28 giugno 2007 la Corte di appello di Trieste, in riforma della decisione impugnata dai convenuti, rigettava la domanda proposta dall’attrice.

Secondo i Giudici, la disciplina relativa all’assegnazione dei posti auto prevista dal costruttore avrebbe dovuto formare oggetto del regolamento per la cui adozione – in considerazione della natura e dell’oggetto della relative disposizioni – sarebbe stata necessaria la manifestazione da parte di tutti i condomini della volontà che doveva essere espressa in forma scritta, prevista ad substantiam, e che, dunque, non poteva risultare per facta concludentia come invece ritenuto dal primo Giudice che aveva dato rilevanza alla apposizione da parte del costruttore – in corrispondenza di ciascun posto macchina – del numero relativo all’appartamento del quale veniva a costituire pertinenza.

2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione T. M. sulla base di tre motivi. Resistono con controricorso la Ca. e il C..

In ottemperanza all’ordinanza emessa il 30 settembre 2010 dal Collegio, la ricorrente ha provveduto rispettivamente a rinnovare la notificazione e a integrare il contraddittorio nei confronti delle parti ivi indicate. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1106, 1102, 1138 e 1322 cod. civ. difettosa e insufficiente motivazione nonchè nullità della sentenza per omessa o soltanto apparente motivazione, deduce che occorre distinguere il regolamento condominiale, riferibile all’ente condominiale che ha carattere di astrattezza, definitività e di realità dai patti obbligatori atipici che si riferiscono alle sole persone dei patiscenti, hanno natura personale e obbligatoria, ben potendo i condomini prevedere il godimento separato della cosa comune.

Censura la sentenza impugnata laddove: aveva considerato soltanto la disciplina, peraltro pacificamente inesistente, del regolamento condominiale, ritenendo la non vincolatività della convenzione atipica obbligatoria ritenuta dal Tribunale; senza motivare aveva trascurato di considerare l’insussistenza, e la negazione da parte dell’attrice, di un regolamento condominiale e la esistenza invece di singoli patti obbligatori tra le parti interessate (nella specie i C. nei confronti della T.). La sentenza aveva trascurato il fatto che l’obbligo di formulazione, con atto scritto e sua trascrizione, della regolamentazione introdotta dal proprietario originario o dalla totalità o dalla maggioranza qualificata dei condomini, presuppone necessariamente la ricorrenza di un regolamento di condominio, limitante i diritto dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni ovvero attributive ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetto agli altri o disciplinanti le cose comuni, privo dei requisiti formali di legge: in assenza di tali presupposti, nella specie non potevano invocarsi tali principi per escludere l’ammissibilità della convenzione atipica stipulata attraverso comportamenti concludenti delle parti, non avendo i Giudici tenuto conto e motivato in ordine a quanto al riguardo emerso dalle risultanze processuali.

1.2. Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1106 e 1139 cod. civ., difettosa e insufficiente motivazione nonchè nullità della sentenza per omessa o soltanto apparente motivazione, censura la sentenza impugnata laddove aveva applicato la disciplina di cui all’art. 1138 cod. civ. e non quella di cui all’art. 1106 cod. civ., tenuto conto che fra i comproprietari dell’autorimessa vi erano soggetti non partecipi del Condominio.

1.3. Il terzo motivo denuncia la nullità della sentenza impugnata (violazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ.) che, d’ufficio, aveva rilevato la non vincolatività della convenzione atipica e obbligatoria posta dal Tribunale a fondamento della sua decisione.

1.4. I motivi – che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – vanno disattesi.

Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dai resistenti ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ. ratione temporis applicabile, tenuto che, con i riferimenti in calce ai quesiti, la ricorrente ha indicato la fattispecie concreta in relazione alla quale i predetti quesiti erano formulati, consentendo così alla Corte di comprendere la questione sottoposta al suo esame.

Ciò posto, occorre premettere che:

a) la natura delle convenzioni intervenute fra il costruttore e i condomini ovvero di quelle intercorse fra i condomini va determinata in base al contenuto della disciplina ivi prevista, dovendo in astratto qualificarsi come regolamento quello che concerne l’uso e il godimento dei beni e dei servizi comuni e che, come tale, non può non riguardare tutti i comproprietari;

b) il regolamento di condominio predisposto dall’originario unico proprietario dell’intero edificio, ove accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente trascritto nei registri immobiliari, assume carattere convenzionale e vincola tutti i successivi acquirenti non solo con riferimento alle clausole che disciplinano l’uso o il godimento dei servizi o delle parti comuni (cd. di natura regolamentare), ma anche a quelle (a contenuto contrattuale) che restringono i poteri e le facoltà dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca (Cass. 3749/1999; 49/1992);

d) peraltro, il requisito della forma scritta ad substantiam è prescritto non soltanto per le norme del regolamento condominiale di contenuto contrattuale ma anche per quelle che si definiscono di natura regolamentare (S.U. 943/1999).

Ciò premesso, innanzitutto va osservato che le previsioni circa l’assegnazione di posti auto stabilite per facta concludentia dal costruttore – secondo quanto invocato dalla stessa ricorrente – avrebbero integrato una regolamentazione della cosa comune, in quanto diretta a disciplinare l’uso della autorimessa e, come tale, avrebbe richiesto l’accettazione delle relative clausole da parte dei condomini con atto scritto, previsto ad substantiam, in mancanza del quale le determinazioni del costruttore erano prive di alcun valore e di efficacia: correttamente i Giudici di appello hanno escluso la validità di quella che dal Tribunale era stata erroneamente qualificata come una pattuizione di natura meramente obbligatoria produttiva di effetti nell’ambito delle parti contraenti. D’altra parte, nell’escludere l’efficacia vincolante delle determinazioni del costruttore, la Corte di appello correttamente ha verificato, alla stregua delle stesse circostanze di fatto allegate dall’attrice, la natura e, quindi, gli effetti degli accordi invocati che, riguardando il fatto costitutivo della pretesa azionata, dovevano essere esaminati d’ufficio, dovendo qui appena accennarsi che eccezioni non rilevabili d’ufficio sono solo quelle in cui la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nel caso di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un’azione costitutiva), ovvero quando singole disposizioni espressamente prevedano come indispensabile l’iniziativa di parte, dovendosi in ogni altro caso ritenere la rilevabilità d’ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito (Cass. 12353/2010).

Per quel che concerne l’applicabilità dell’art. 1106 cod. civ., dedotta con il secondo motivo, a prescindere dal rilevare che la questione circa l’esistenza o meno di un condominio ovvero di una comunione, non risultando trattata dalla sentenza impugnata, è da ritenere nuova e, come tale, è inammissibile in sede di legittimità involgendo anche accertamenti di fatto, il motivo va comunque disatteso: infatti, il ricorrente non spiega perchè la disciplina di cui all’art. 1106 cod. civ. sarebbe più favorevole di quella di cui all’art. 1138 cod. civ..

Il ricorso va rigettato.

Le spese della presente fase vanno poste a carico della ricorrente, risultata soccombente, a favore dei resistenti costituiti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore dei resistenti costituiti delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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