Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29373 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 23/12/2020), n.29373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6960-2015 proposto da:

FINGEM SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

268A, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO GIUGNI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CIVITAVECCHIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

VITTORIO VENETO 108, presso lo studio dell’avvocato MICHELE LO

RUSSO, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO OCCAGNA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5714/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 24/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/10/2020 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

In data 17.10.2006 il Comune di Civitavecchia notificava a Fingem Immobiliare s.r.l. l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) per omessa dichiarazione ICI, anno di imposta 2002, per un totale di 18.837,12. La società contribuente non provvedeva al pagamento del debito tributario, pertanto, l’Ufficio notificava l’ingiunzione prot. n. (OMISSIS) del 2020. L’atto veniva impugnato innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, sulla base del rilievo che avverso l’avviso di accertamento era stato proposto ricorso, accolto dall’adita Commissione con sentenza passata in giudicato. Si precisava che proprio a seguito della sentenza n. 56/17/08 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, l’Ufficio non avrebbe potuto emettere l’ingiunzione di pagamento opposta, ma era tenuto a notificare un ulteriore avviso di accertamento, con l’indicazione della pretesa impositiva conforme alle statuizioni giudiziali, nell’ambito delle quali era stato accertato che l’immobile in (OMISSIS) non era di proprietà della contribuente ed era stato disposto che gli immobili in (OMISSIS) dovevano essere ricondotti alla loro reale classificazione catastale. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma con sentenza n. 382/46/12, accoglieva la parte dell’accertamento relativa al cespite di (OMISSIS), mentre con riferimento all’immobile di (OMISSIS), posto che il Comune di Civitavecchia aveva ammesso di avere erroneamente addebitato l’ICI alla società contribuente su una rendita non conforme alla classificazione catastale, stabiliva che doveva essere effettuato un nuovo conteggio. Il Comune di Civitavecchia proponeva appello, ritenendo che l’Ente comunale non era tenuta ad emettere un ulteriore avviso di accertamento. La Commissione Tributaria Regionale, con sentenza n. 5714/2/14, accoglieva l’appello del Comune.

Fingem s.r.l. (già Figem Immobiliare s.r.l.) propone ricorso per cassazione, svolgendo quattro motivi, illustrati con memorie. Il Comune di Civitavecchia si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., e del D.Lgs. n. 54 del 1992, art. 57, per il mancato rilievo dell’inammissibilità dell’appello del Comune di Civitavecchia, in quanto basato su eccezioni relative a questioni non rilevabili d’ufficio che l’Ente avrebbe avuto l’onere di introdurre nel giudizio di primo grado, ove, viceversa, era rimasto contumace. La ricorrente precisa che, nel ricorso in appello, controparte postulava che la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale n. 56/17/08, relativa all’avviso di accertamento, sarebbe stata oggetto di erronea interpretazione, da parte dello stesso Giudice che, nella successiva pronuncia (n. 382/46/12), relativa all’ingiunzione di pagamento basata sull’avviso di accertamento medesimo, aveva rilevato come l’Ente non si fosse conformato alle statuizioni giudiziali, che censuravano detto ultimo atto poichè relativo ad un bene (in (OMISSIS)) che non era di proprietà della contribuente, ed a beni immobili (in (OMISSIS)) la cui classificazione catastale non era corretta.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., per il mancato rispetto del giudicato sostanziale formatosi sulle statuizioni di cui alla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale n. 56/17/08. La contribuente deduce che la Commissione Tributaria Provinciale di Roma aveva disposto l’annullamento dell’avviso di accertamento, rilevando come fosse stata avanzata una pretesa relativa ad un immobile (in (OMISSIS)) che non era di proprietà della Fingem Immobiliare s.r.l., stabilendo che gli altri immobili oggetto della medesima pretesa (in (OMISSIS)) fossero ricondotti alla loro reale classificazione catastale. Nella motivazione della ingiunzione di pagamento si faceva riferimento alla precedente notifica dell’avviso di accertamento ed all’omesso pagamento da parte del contribuente delle relative somme, senza alcuna specificazione sulla vicenda giudiziale e senza alcun riferimento alla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale n. 56/17/08, passata in giudicato.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. n. 639 del 1910, art. 2, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 11, e 12, atteso che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe violato le suddette norme, laddove aveva affermato che il Comune aveva omesso legittimamente l’ingiunzione di pagamento, in esito all’originario giudizio sugli avvisi di accertamento, individuando in questo atto gli importi corretti secondo le indicazioni giudiziali ed escludendo la sussistenza di un difetto di motivazione, perchè l’ingiunzione di pagamento non avrebbe avuto contenuto discrezionale, ma avrebbe integrato un mero calcolo aritmetico agevolmente verificabile dal contribuente, laddove la verifica dell’esattezza degli importi ingiunti, nella fattispecie, presupponeva che Fingem Immobiliare S.r.l., informata solo del valore finale dell’imposta, potesse, dal medesimo, risalire a ritroso alla categoria catastale assegnata a ciascun bene, al valore accertato per gli stessi ed all’aliquota applicata, mentre nessuno di detti dati figurava nell’ingiunzione di pagamento notificata dall’Ente.

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 1990, art. 7, in quanto nella fattispecie, l’ingiunzione di pagamento emanata dal Comune di Civitavecchia recava il mero richiamo ad un avviso di accertamento, che, tuttavia, era stato oggetto delle disposizioni giudiziali di cui alla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale n. 56/17/08 e, pertanto, non era oltremodo efficace nel suo originale contenuto.

5. Il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso vanno esaminati congiuntamente per connessione logica.

Le critiche sono fondate. Dall’accoglimento dei predetti motivi consegue l’assorbimento del primo mezzo.

5.1. Non è contestato che Finem Immobiliare s.r.l. aveva impugnato, con separati ricorsi, gli avvisi di accertamento emessi dal Comune di Civitavecchia per omesso versamento ICI, relativi agli anni 2002, 2003 e 2004. L’adita Commissione, con sentenza n. 56/17/18, previa riunione delle impugnazioni, aveva accolto parzialmente le doglianze della contribuente, annullando gli accertamenti in relazione all’immobile di (OMISSIS) che non era di proprietà della Fingem Immobiliare s.r.l. e disponendo che gli altri immobili oggetto della medesima pretesa (in (OMISSIS)) fossero ricondotti alla loro reale classificazione catastale, che era stata oggetto di contestazione.

Non è contestato, essendo stato confermato anche dal giudice del merito nella sentenza impugnata, che la sentenza n. 56/17/18 è passata in giudicato.

Ciò premesso, la questione all’esame della Corte è se, a seguito della suddetta pronuncia che aveva disposto l’annullamento degli atti presupposti (ossia anche dell’avviso di accertamento n. (OMISSIS)), l’ente comunale era tenuto ad emettere un nuovo avviso di accertamento relativo alla rideterminazione dell’imposta, prima di provvedere a notificare l’ingiunzione di pagamento oggetto di impugnazione nel presente giudizio.

Va, preliminarmente, precisato che l’ingiunzione di pagamento, il cui contenuto è stato riportato in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, non reca alcun riferimento alla sentenza n. 56/17/08 e, quindi, all’annullamento dell’avviso di accertamento presupposto. In sostanza, il Comune non ha dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto di richiedere nuovamente la medesima imposta per gli immobili in relazione ai quali avrebbe dovuto compiere, secondo quanto accertato dalla Commissione Tributaria Provinciale con la sentenza n. 56/17/08 la verifica della reale classificazione catastale, tenuto conto che la parte aveva contestato gli importi pretesi assumendo che gli stessi facevano riferimento a rendite non conformi a quelle che si evincevano catastalmente.

L’ingiunzione, pertanto, è stata emessa sulla base di un avviso di accertamento parzialmente annullato con sentenza passata in giudicato.

L’Amministrazione finanziaria, in ipotesi di annullamento di un atto impositivo (nella specie disposto con sentenza passata in giudicato) è tenuta ad ottemperare al giudicato di annullamento, al quale deve adempiere, quale atto doveroso, costituente esercizio dello stesso potere impositivo, che nell’ordinamento fiscale non può avere carattere discrezionale (v. in motivazione Cass. n. 14377 del 2007).

E’ stato precisato che: “In caso di annullamento dell’avviso di accertamento da parte del giudice del merito, l’Amministrazione finanziaria, se non siano maturate decadenze o prescrizioni e non vi sia violazione del giudicato, può emettere per il medesimo periodo di imposta un nuovo atto impositivo purchè nel rispetto del divieto di plurime imposizioni di cui al D.P.R. n. 500 del 1973, art. 67, e dunque previo annullamento nell’esercizio del potere di autotutela, di quello precedente” (Cass. n. 27091 de 2019).

Ne consegue che il Comune di Civitavecchia, a seguito dell’annullamento dell’avviso di accertamento, come da dispositivo precisato nella sentenza n. 56/17/08, era tenuto ad emettere un nuovo avviso di accertamento ottemperando al predetto giudicato onde dare conto delle ragioni per le quali, sulla base dei rilievi della contribuente, riteneva che le rendite poste a base della pretesa erano corrette (Cass. n. 10671 del 2019; Cass. n. 10672 del 2019) e, successivamente, in caso di inadempimento da parte della società contribuente, provvedere alla notifica della relativa ingiunzione.

6. In definitiva, la Corte accoglie il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, dichiara assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata e, non essendo necessari nuovi accertamenti in fatto, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente. Le spese di lite dei gradi di merito, tenuto conto della vicenda processuale e dell’andamento della lite, vanno interamente compensate tra le parti, mentre la parte soccombente va condannata al pagamento della spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

PQM

La corte accoglie il secondo, il terzo ed il quarto motivo ricorso, dichiara assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente. Compensa la spese di lite dei gradi di merito e condanna la parte soccombente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.900,00 per compensi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

 

 

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