Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29372 del 14/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 14/11/2018, (ud. 28/06/2018, dep. 14/11/2018), n.29372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4567/2017 proposto da:

E.G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.

ZANARDELLI 36, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GIULIO ROMEO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO FIRRIOLO;

– ricorrente –

contro

IMPRESA EDILE VALERIANI SRL, in persona del legale rappresentante

p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMIN1A VECCHIA 7321,

presso lo studio dall’avvocato GIUSEPPINA MICELI, rappresentato e

difeso dall’avvocato RICCARDO DELLACASA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 366/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 27/09/2016 R.G.N. 171/2016.

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza del 27 settembre 2016 la Corte d’Appello di Genova ha confermato la pronuncia di primo grado, emessa all’esito del procedimento regolato dalla L. n. 92 del 2012, che aveva respinto l’impugnativa del licenziamento disciplinare intimato il 21 aprile 2015 a E.G.M. dalla Impresa Edile Valeriani Srl;

la Corte, conformemente al giudice di prime cure e sulla base dell’istruttoria espletata, ha ritenuto la legittimità del licenziamento per giusta causa irrogato dalla società per avere il lavoratore “sottratto nei giorni compresi tra il 20.3.2015 ed il 25.3.2015, nel cantiere di Chiavari ove lavorava, un apprezzabile quantitativo di piombo derivante da opere di smontaggio di scarichi vetusti ed ivi giacenti in attesa di cessione a terzi”;

E.G.M. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza impugnata sulla base di un unico motivo, al quale ha resistito la società con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorso, con cui si denuncia violazione “ex art. 360 c.p.c., punto 3, L. 20 maggio 1970, n. 300, ex art. 7, anche in riferimento alle disposizioni artt. 99 e 100 del CCNL Edili ed ex art. 624 c.p.c.”, risulta, per come formulato, inammissibile;

con esso, infatti, solo formalmente si denunciano errori di diritto – i quali, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ricorrono o non ricorrono per l’esclusivo rilievo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata “male” applicata, e cioè applicata a fattispecie non esattamente comprensibile nella norma (tra le molteplici, Cass. n. 26307 del 2014; Cass. n. 22348 del 2007), sicchè il sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata perchè è quella che è stata operata dai giudici del merito – mentre nella specie parte ricorrente nella sostanza critica proprio la ricostruzione della vicenda storica quale accertata dai giudici cui compete;

ogni accertamento di fatto non è sindacabile in sede di legittimità oltre i limiti imposti dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di questa Corte con le sent. nn. 8053 e 8054 del 2014 (con principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici), di cui parte ricorrente non tiene alcun conto, pretendendo nella sostanza una rivalutazione degli accadimenti che hanno dato luogo al licenziamento, anche con riferimento all’attendibilità di testi ed all’esame di documenti, assolutamente preclusa a questa Corte, tanto più in un giudizio in cui opera la preclusione imposta dall’art. 348 ter c.p.c., u.c., secondo cui il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme (v. Cass. n. 23021 del 2014);

conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo; occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 3.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese forfettario al 15% e accessori secondo legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 28 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2018

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA