Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29371 del 14/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 14/11/2018, (ud. 27/06/2018, dep. 14/11/2018), n.29371

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12220/2013 proposto da:

C.G.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CIVININI 105, presso lo studio dell’avvocato ENRICO FIORETTI,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati STEFANO

ROVETA, PIERA SOMMOVIGO;

– ricorrente –

contro

REGIONE LIGURIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TOSCANA 10,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO RIZZO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALESSANDRA MANIGLIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1109/2012 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 27/11/2012 R.G.N. 705/2012.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. C.G.A., dipendente della Regione Liguria, premesso di avere partecipato senza successo al corso-concorso interno per la copertura di n. 41 posti di ottava qualifica funzionale, profilo professionale amministrativo, indetto dalla Regione nel 1998, agiva per il risarcimento dei danni che assumeva essergli derivati dal comportamento della P.A., essendo il suddetto concorso stato dichiarato illegittimo dal Tar Liguria con sentenza del 2007.

2. Adito il giudice ordinario, la domanda risarcitoria veniva rigettata in primo grado. Osservava il Giudice del lavoro di Genova che l’Amministrazione non aveva l’obbligo di rinnovare la procedura concorsuale annullata, tanto più che il C.C.N.L. entrato in vigore nel 1999 aveva modificato le categorie di inquadramento del personale sopprimendo le vecchie qualifiche funzionali e creando quattro nuove categorie suddivise posizioni economiche, per cui nella nuova classificazione un concorso per il passaggio dalla settima all’ottava qualifica funzionale non avrebbe più potuto essere indetto; che, inoltre, nell’anno 2000 il dipendente aveva conseguito una valutazione negativa a differenza dei vincitori del corso-concorso, che erano stati valutati positivamente; che non valeva a fondare la domanda il fatto che la Regione, con una sua legge, avesse consolidato la posizione economica e giuridica dei vincitori delle procedure concorsuali, i quali avevano svolto nelle more del giudizio amministrativo le mansioni proprie delle relative qualifiche; che, difatti, l’eventuale illegittimità della legge regionale avrebbe potuto comportare esclusivamente la caducazione delle condizioni migliorative attribuite ai vincitori della selezione, ma non ne avrebbe determinato l’estensione a tutti i partecipanti al corso-concorso in questione.

3. La Corte di appello, condividendo gli argomenti del Giudice di primo grado, rigettava appello del C., osservando che il consolidamento degli effetti giuridici ed economici del concorso dichiarato illegittimo dal Tar Liguria era avvenuto ad opera della legge regionale, la cui illegittimità avrebbe potuto essere dichiarata solo dalla Corte costituzionale, non essendone possibile la disapplicazione da parte del giudice ordinario; che, in ogni caso, anche qualora la Corte costituzionale dovesse dichiarare l’incostituzionalità delle norme in questione, ciò non varrebbe a fondare la domanda dell’appellante dal momento che il venir meno della legge comporterebbe esclusivamente la vanificazione dei suoi effetti nei confronti coloro che ne avevano beneficiato, ma non il riconoscimento in capo al C. del diritto alla progressione di carriera e al risarcimento del danno conseguente alla mancata realizzazione di tale progressione; che, una volta annullato il concorso, l’Amministrazione non era tenuta a ritrovarlo, ne è consentito al giudice ordinario ordinare all’Amministrazione di provvedere a rinnovare il procedimento ora per allora al solo fine di determinare le condizioni per l’eventuale accertamento dei diritti azionabili dal ricorrente; che neppure varrebbe, al fine di sostenere l’esistenza di un danno ingiusto del ricorrente, rilevare che nel frattempo i vincitori del concorso avevano comunque fruito di vantaggi, in quanto ciò non comporterebbe attribuzione degli stessi vantaggi, o vantaggi equivalenti, al ricorrente.

4. Avverso tale sentenza il C. ha proposto ricorso affidato a due motivi. La Regione Liguria ha resistito con controricorso.

5. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c. (inserito dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1,lett. f, conv. in L. n. 25 ottobre 2016, n. 197).

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione di norme di diritto; segnatamente della L.R. 1 luglio 2008, n. 20, art. 2,artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione al consolidamento degli effetti giuridici ed economici del corso-concorso del 9.1.1998 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), addebita alla sentenza di avere trascurato di considerare che i n. 41 vincitori del corso-concorso annullato dalla sentenza del TAR Liguria n. 1863/2007 avevano promosso separate vertenze rivendicando il loro diritto al consolidamento delle qualifiche che nel frattempo avevano conseguito e che tali vertenze si erano concluse con verbali di conciliazione ex art. 410 c.p.c., i quali avevano fatto salve le posizioni giuridiche di ciascuno di essi. Deduce che erroneamente la Corte di appello aveva ascritto alla legge regionale, anzichè ai verbali di conciliazione il consolidamento degli effetti giuridici ed economici del corso-concorso in capo agli originari vincitori e che si era in presenza di una condotta della Regione Liguria del tutto arbitraria, che aveva violato il disposto di cui agli artt. 97 e 4 Cost., attesa l’accertata illegittimità del concorso. Il ricorrente si duole del mancato accoglimento dell’istanza esibizione dei verbali di conciliazione, formulata ex art. 210 c.p.c..

2. Con il secondo motivo lamenta omesso e/o insufficiente esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per avere la Corte territoriale trascurato di considerare che la condotta tenuta dalla Regione Liguria nella vicenda, oltre a ingenerare una ingiustificata discriminazione tra coloro che avevano partecipato alla procedura concorsuale con esito positivo e coloro per i quali ciò non era avvenuto, aveva vanificato gli effetti dell’iniziativa giudiziaria avviata dal C. e dagli altri partecipanti alla procedura selettiva risultati non vincitori.

3. Preliminarmente, quanto alla prima censura, che si incentra sull’asserito mancato esame dei verbali di conciliazione da cui deriverebbe la lesione di diritti del C. asseritamente ingenerati dalla condotta della Regione, deve rilevarsi che il motivo difetta di specificità al decisum, in relazione all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 e che il fatto costituito dalla stipulazione di verbali di conciliazione con i vincitori del concorso poi annullato non ha carattere decisivo.

3.1. La sentenza impugnata ha evidenziato come l’eventuale accertamento dell’illegittimità dei benefici attribuiti dalla Regione ai vincitori del corso-concorso non avrebbe potuto comportare il riconoscimento in capo al C. dei medesimi diritti o di altri equivalenti, e precisamente il diritto alla progressione di carriera e al risarcimento del danno conseguente alla mancata realizzazione di tale progressione. Siffatto accertamento avrebbe potuto incidere unicamente sulla posizione degli interessati, senza alcun effetto estensivo a soggetti estranei a tale condotta, così configurando un’ipotesi di difetto di interesse, in capo al C., a proporre tale genere di impugnazione (art. 100 c.p.c.). L’ordine argomentativo su cui la sentenza si fonda non risulta specificamente impugnato, in violazione degli oneri di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4. Il difetto di pertinente censura ha carattere assorbente di ogni altro rilievo, non essendo state chiarite le ragioni per cui l’acquisizione in giudizio dei verbali di conciliazione, che avevano fatto seguito all’adozione della legge regionale, avrebbe dovuto condurre ad una diversa soluzione della controversia.

4. La seconda censura è del pari generica rispetto all’ordine argomentativo su cui la sentenza impugnata si fonda, basandosi sul mero rilievo della vanificazione degli effetti dell’iniziativa giudiziaria intrapresa dal C. e da altri concorrenti, laddove la domanda risarcitoria postula innanzitutto la dimostrazione degli elementi costitutivi dell’inadempimento colpevole, del danno cagionato e del nesso di causalità tra l’uno e l’altro.

4.1. Altra controversia inerente alla stessa vicenda è stata già esaminata da questa Corte (sent. n. 11165 del 2018), con esito negativo per la ricorrente che versava in una situazione giuridica analoga a quella del C.. In tale occasione, è stato affermato che l’espletamento di una procedura concorsuale illegittima non comporta di per sè il diritto al risarcimento del danno da perdita di chance, occorrendo che il dipendente provi il nesso di causalità tra l’inadempimento datoriale ed il suddetto danno in termini prossimi alla certezza, essendo insufficiente il mero criterio di probabilità quantitativa dell’esito favorevole (con tale pronuncia è stata confermata la sentenza di merito che non aveva ritenuto sufficiente ai fini della prova di tale danno il mero superamento della soglia del 50% nel rapporto tra posti disponibili e partecipanti al concorso).

5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2.

6. Sussistono i presupposti processuali (nella specie, inammissibilità del ricorso) per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.500,00 per compensi e in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma, dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 27 agosto 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2018

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