Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2937 del 08/02/2021

Cassazione civile sez. I, 08/02/2021, (ud. 27/11/2019, dep. 08/02/2021), n.2937

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1145/2014 proposto da:

Ecotrade S.p.a., (già Ecotrade s.r.l.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

delle Quattro Fontane n. 161, presso lo studio dell’avvocato Angiani

Angelo, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Rossi

Alberto Massimo, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

La Colombo Finanziaria S.p.a., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Giosuè Borsin.

4, presso lo studio dell’avvocato Scafarelli Federica, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Casa Federico, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS) Spa, in Amministrazione Straordinaria;

– intimata –

avverso la sentenza n. 467/2013 della CORTE D’APPELLO di Trieste;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/11/2019 dal cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1) Ecotrade s.r.l. (ora s.p.a.), in forza di decreto ingiuntivo divenuto irrevocabile, promosse procedura esecutiva presso terzi nei confronti della debitrice (OMISSIS) s.p.a. (nel prosieguo (OMISSIS)) e, con provvedimento del G.E. del 30 luglio 1992, ottenne l’assegnazione della somma pignorata, di Lire 149.108.190 oltre interessi e accessori, che le venne corrisposta dal debitor debitoris.

2) Nelle more del procedimento, con D.M. 23 luglio 1992, (OMISSIS) venne posta in Amministrazione Straordinaria ai sensi del D.L. n. 26 del 1979, convertito nella L. n. 95 del 1979 (c.d. legge Prodi).

3) Il Commissario Straordinario della procedura richiese ad Ecotrade la restituzione della somma, in quanto incassata in violazione del divieto di promovimento e di prosecuzione di azioni esecutive individuali, previsto dal D.L. n. 414 del 1981, art. 4, comma 2, convertito nella L. n. 544 del 1981.

4) La creditrice rifiutò la restituzione e convenne in giudizio (OMISSIS) in A.S. dinanzi al Tribunale di Trieste per sentir accertare di non esservi tenuta, stante l’illegittimità del D.M. di ammissione della convenuta alla procedura, in quanto in contrasto con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato; (OMISSIS) in A.S. si costituì in giudizio resistendo alla domanda e chiedendo – in via riconvenzionale – la condanna dell’attrice alla restituzione della somma incassata.

5) Con sentenza n. 900/93 del 1/23.10.1993 il tribunale, previa declaratoria di legittimità e conformità all’ordinamento comunitario del decreto ministeriale de quo e della normativa di riferimento, respinse la domanda di Ecotrade ed accolse la domanda riconvenzionale.

6) L’appello proposto da Ecotrade contro la decisione fu respinto dalla Corte di Appello di Trieste, con sentenza n. 45/96 del 27.1.1996.

7) La sentenza fu impugnata dalla soccombente con ricorso per cassazione.

8) Questa Corte – con ordinanza dd. 10.2.1997, emessa ai sensi dell’art. 177 del Trattato C.E. – investì la Corte di Giustizia delle Comunità Europee della questione pregiudiziale concernente la possibile riconducibilità della L. n. 95 del 1979, nell’ambito di applicazione degli artt. 92 e segg. del Trattato in materia di aiuti di Stato alle imprese, anche in considerazione del fatto che la L. n. 544 del 1981, art. 4, dispone che “.. le azioni esecutive individuali…non possono essere iniziate nè proseguite dopo l’emanazione del provvedimento che dispone l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria”.

9) La Corte Europea, con pronunzia del 1.12.1998 C-200/97, statuì che “.. l’applicazione a un’impresa ai sensi dell’art. 80 del Trattato CECA di un regime quale quello introdotto dalla L. 3 aprile 1979, n. 95 e derogatorio alle regole normalmente vigenti in materia di fallimento, dà luogo alla concessione di un aiuto di Stato, vietato dall’art. 4, lett. c) del CECA, allorchè è dimostrato che questa impresa: – è stata autorizzata a continuare la sua attività economica in circostanze in cui una tale eventualità sarebbe stata esclusa nell’ambito della applicazione delle regole normalmente vigenti in materia di fallimento, oppure ha beneficiato di uno o più vantaggi, quali una garanzia di Stato, un’aliquota di imposta ridotta, un’esenzione dall’obbligo di pagamento di ammende e altre sanzioni pecuniarie o una rinuncia effettiva, totale o parziale, ai crediti pubblici, dei quali non avrebbe potuto usufruire un’altra impresa insolvente nell’ambito di applicazione delle regole normalmente vigenti in materia di fallimento”.

10) All’esito di tale pronunzia, questa Corte, con sentenza n. 9681/99 dell’11.9.1999, accolse il ricorso di Ecotrade, cassò la sentenza impugnata e rimise la causa ad una diversa sezione della Corte di Appello di Trieste, perchè, sulla scorta del principio enunciato dalla CGUE, accertasse se il D.M. di ammissione di (OMISSIS) ad amministrazione straordinaria dovesse o meno ritenersi illegittimo, valutando le condizioni che avevano determinato l’assoggettamento della società alla procedura, attraverso l’esame non solo del decreto, ma anche degli atti conseguenti, che avevano previsto vantaggi per l’impresa, e comparandone gli effetti con quelli che sarebbero derivati dal fallimento.

11) La causa fu riassunta dinanzi alla Corte di Appello di Trieste, che, con sentenza depositata in data 10.02.04, recante il n. 88/04, accolse l’appello di Ecotrade e, in totale riforma della pronuncia di primo grado, previa disapplicazione del D.M. 23 luglio 1992, dichiarò infondata la pretesa restitutoria avanzata da AFS in A.S. e la condannò alla restituzione della somma riscossa in forza della sentenza del tribunale.

12) Il ricorso per cassazione proposto dalla società in amministrazione straordinaria contro la decisione fu accolto da questa Corte, che, con la sentenza n. 14223/2010 del 14.6.2010, ritenuto sussistente il vizio di motivazione denunciato dalla ricorrente, annullò la pronuncia impugnata e rimise nuovamente la causa alla Corte d’appello di Trieste.

13) Quest’ultima, investita per la terza volta della decisione, con sentenza depositata il 14.5.2013, ha rigettato l’appello di Ecotrade s.p.a. (erroneamente definita appellata) e, confermando la sentenza di primo grado, l’ha condannata a restituire la somma incassata a seguito del pignoramento presso terzi a La Colombo Finanziaria s.p.a., intervenuta in giudizio quale successore a titolo particolare di (OMISSIS) in Amministrazione Straordinaria.

13.1) Il giudice del rinvio ha rilevato che, secondo il principio, ormai consolidato, enunciato dalla CGUE proprio con la pronuncia del 1.12.1998 in C-200/97, e secondo quanto ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza di annullamento, la c.d. legge Prodi non è incompatibile in toto con la legislazione comunitaria, ma solo relativamente alle sue disposizioni che prevedano aiuti di Stato non consentiti.

13.2) Ciò premesso, ha osservato: che, quand’anche fosse stato accertato, sulla base delle allegazioni di Ecostrade s.p.a., che (OMISSIS) aveva beneficiato di aiuti di Stato (segnatamente, di una garanzia di Stato di 26,5, miliardi di lire senza il versamento di alcun premio, di un’ aliquota ridotta dell’imposta di registro in occasione della cessione dell’azienda al gruppo Lucchini e della esenzione dall’obbligo di pagamento di ammende e sanzioni pecuniarie per contributi previdenziali obbligatori) l’unica conseguenza che da ciò sarebbe derivata sarebbe stata l’illegittimità di tali “aiuti di Stato”, e non la caducazione dell’intera procedura; che ciò comportava, in definitiva, e con rilievo assorbente, la persistenza del diritto di (OMISSIS) in A.S. (e per essa della cessionaria del credito in contestazione) ad ottenere la restituzione di quanto a suo tempo riscosso dalla creditrice all’esito di un’azione esecutiva individuale proseguita in violazione del divieto di cui al D.L. n. 414 del 1981, art. 4 conv. dalla L. n. 544 del 1981; che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, tale divieto non rientra nel novero degli “aiuti di Stato”, ma è un effetto legale che discende automaticamente dalla dichiarazione di insolvenza di un’impresa commerciale e dalla sua sottoposizione ad una procedura concorsuale.

14) Ecotrade s.p.a. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a quattro motivi, cui La Colombo Finanziaria s.p.a. ha resistito con controricorso; (OMISSIS) in A.S. non ha svolto attività difensiva.

Ecotrade s.p.a., ha formulato in data 22.9.2020 istanza di fissazione per la trattazione della causa in pubblica udienza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1) Con il primo motivo Ecotrade s.p.a. deduce la nullità della sentenza impugnata, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: assume che la pronuncia si fonda su una motivazione apparente, in quanto il giudice del rinvio, in spregio al disposto dell’art. 384 c.p.c., che gli imponeva di uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione e comunque a quanto dalla stessa statuito, ha omesso di compiere l’accertamento demandatogli con le due sentenze di annullamento, ovvero di verificare se il decreto di ammissione dovesse ritenersi illegittimo per avere (OMISSIS) beneficiato di aiuti di Stato.

2) Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 392 e segg. e art. 384 c.p.c., per aver il giudice del rinvio omesso di applicare il principio di diritto – al quale era vincolato – enunciato dalla Cassazione nella sentenza n. 9681/99, secondo cui la eventuale natura di aiuto di Stato delle misure accordate all’impresa in amministrazione straordinaria avrebbe determinato l’illegittimità del decreto ministeriale di apertura della procedura, che dunque non avrebbe potuto spiegare efficacia nei suoi confronti.

3) Con il terzo motivo Ecotrade deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 99,112 e 163 c.p.c., anche con riferimento alle disposizioni normative in materia di amministrazione straordinaria e aiuti di Stato; osserva che il giudice di rinvio, anzichè eseguire l’accertamento demandatogli, si è pronunciato su questioni coperte da giudicato.

4). Con il quarto motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame dei fatti decisivi per il giudizio, che sono stati oggetto di discussione tra le parti, che dimostravano che (OMISSIS) aveva usufruito di vantaggi di cui non avrebbe potuto godere in caso di fallimento.

5). Preliminarmente, va rigettata l’istanza di trattazione della causa in pubblica udienza, non sussistendo un’esigenza di natura nomofilattica che renda opportuna la trattazione con le modalità richieste.

5.1) I primi tre motivi del ricorso, da esaminarsi unitariamente avendo ad oggetto questioni strettamente collegate, sono fondati, con conseguente assorbimento del quarto motivo.

5.2) L’art. 384 c.p.c., comma 2, imponeva al giudice del rinvio di attenersi a quanto statuito da questa Corte nelle due sentenze di annullamento.

5.3) La prima di esse (n. 9681/99) aveva cassato la sentenza d’appello n. 45/96 demandando alla Corte del merito di valutare se il decreto di ammissione di (OMISSIS) fosse o meno da disapplicare, in quanto concretante esso stesso aiuto di Stato non consentito, mediante: a) l’accertamento delle condizioni che avevano determinato l’assoggettamento della società alla procedura di amministrazione straordinaria, nonchè l’esame non solo del decreto, ma anche degli atti conseguenti all’ammissione che avevano previsto vantaggi per l’impresa dalla stessa gestita; b) la successiva comparazione fra gli effetti derivati dall’amministrazione straordinaria e quelli che sarebbero invece derivati dalla dichiarazione di fallimento di (OMISSIS).

La sentenza, in particolare, aveva sottolineato come l’illegittimità potesse investire il decreto nella sua totalità, tenuto conto anche degli atti successivi, che detto decreto presupponevano, emanati in favore dell’impresa.

Aveva inoltre escluso, con statuizione anch’essa vincolante, stante la natura “chiusa” del giudizio di rinvio, che l’assunto della Corte d’appello, secondo cui l’ipotetica disapplicazione del D.M., sarebbe stata irrilevante in quanto, anche in caso di fallimento di (OMISSIS), gli effetti della sentenza dichiarativa sarebbero retroagiti alla data di accertamento dello stato di insolvenza, si risolveva in un’affermazione astratta, svincolata dal riferimento sia alla fattispecie sia alla normativa: occorreva infatti tener conto, sotto il primo profilo, che la disapplicazione del decreto avrebbe imposto una nuova individuazione delle domande; sotto il secondo che della L. n. 95 del 1979, art. 1, dispone che le imprese (…) sono soggette a procedura di amministrazione straordinaria con esclusione del fallimento.

5.3) Cass. n. 14233/2010, nel ribadire le predette enunciazioni, ha poi annullato la seconda sentenza d’appello esclusivamente per vizio di motivazione, osservando: che il primo giudice del rinvio, anzichè analizzare la specifica procedura di amministrazione straordinaria di (OMISSIS), si era limitato a compiere una valutazione astratta degli effetti derivanti dall’ammissione di un’impresa alla procedura in questione, ricavandone un giudizio globale di incompatibilità della legge Prodi con la normativa comunitaria in contrasto sia con i principi affermati dalla Corte di Giustizia sia con la sentenza n. 9681/99; che, infatti, quest’ultima gli aveva demandato unicamente di svolgere un’indagine di fatto, che era stata invece del tutto omessa (“di cui non si rinviene traccia”), ovvero di accertare se le concrete disposizioni relative alla continuazione dell’impresa di (OMISSIS), previste nel D.M., che aveva disposto l’assoggettamento della società all’A.S., fossero di natura tale da costituire aiuti di Stato; che anche il capo della sentenza nel quale il giudice del rinvio aveva ritenuto di dover disapplicare il citato D.M., in ragione dei vantaggi derivanti all’impresa dai provvedimenti conseguenti all’ammissione appariva sorretto da una motivazione inadeguata, siccome riferita agli aiuti di Stato in astratto previsti dalla L. n. 95 del 1979, senza che risultasse chiarito se, in concreto, tali aiuti fossero stati effettivamente concessi ad (OMISSIS) per effetto della sua sottoposizione ad amministrazione straordinaria, e con quali modalità e conseguenze.

5.4) Entrambe le sentenze, in buona sostanza, avevano richiesto alla Corte d’appello di Trieste di svolgere, in sede di rinvio, un’indagine in fatto, onde accertare se (OMISSIS) fosse stata autorizzata a continuare la sua attività economica in circostanze in cui tale eventualità sarebbe stata esclusa nell’ambito delle regole normalmente vigenti in materia di fallimento e se, anche per i concreti vantaggi di cui la società aveva beneficiato grazie all’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, lo stesso D.M. 23 luglio 1992, integrasse un aiuto di Stato vietato dalla normativa comunitaria.

5.5) L’indagine è stata, ancora una volta, totalmente omessa dalla Corte d’appello di Trieste: nel probabile, e comprensibile, disorientamento derivante dalla cassazione in sequenza di sentenze di segno opposto, il giudice dell’ultimo rinvio ha infatti erroneamente ritenuto di poter decidere la causa sulla scorta dell’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la c.d. legge Prodi è incompatibile con la legislazione comunitaria solo nelle specifiche disposizioni in cui deroga alla disciplina generale sul fallimento, prevedendo aiuti non consentiti in favore delle imprese ammesse all’A.S..

Tale indirizzo, per quanto ormai consolidato, non poteva invece trovare applicazione nella specie, posto che le sentenze rescindenti muovevano dal diverso presupposto di diritto, vincolante per il giudice del rescissorio e per questa stessa Corte di legittimità (cfr. Cass. nn. 17442/2006, 26167/2006, 10496/2009), che anche il D.M., di ammissione alla procedura può in astratto qualificarsi come aiuto di Stato vietato dalla normativa comunitaria.

5.6) La corte di merito è, in definitiva, venuta meno al compito assegnatole dalle sentenze nn. 9681/99 e 214223/2010, che le imponevano di accertare se il D.M. 23 luglio 1992 cit., fosse da disapplicare, in quanto in sè concretante un illegittimo aiuto di Stato, giacchè non solo non si è fatta carico di valutare se, in caso di fallimento, (OMISSIS) avrebbe potuto ottenere l’autorizzazione a proseguire temporaneamente l’attività di impresa, nell’interesse dei creditori, secondo quanto disposto nel decreto, ma ha ritenuto superfluo verificare se la società avesse effettivamente ottenuto benefici di cui non avrebbe potuto usufruire se fosse stata dichiarata fallita.

5.7) La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, perchè compia l’accertamento richiesto. Il giudice del rinvio liquiderà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso, assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Trieste, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2021

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