Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2937 del 07/02/2020

Cassazione civile sez. I, 07/02/2020, (ud. 17/09/2019, dep. 07/02/2020), n.2937

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 19558/2018 proposto da:

E.R., elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Faà Di Bruno

n. 15, presso lo studio dell’avvocato Marta Di Tullio, che lo

rappresenta e difende in forza di procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto n. 7373/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il

23/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/09/2019 dal Consigliere Dottoressa IRENE SCORDAMAGLIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con il decreto impugnato, il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso proposto da E.R., cittadino (OMISSIS) proveniente dall'(OMISSIS), avverso il provvedimento reiettivo della domanda di protezione internazionale – sub specie di riconoscimento dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria o di protezione umanitaria – emesso dalla competente Commissione Territoriale.

A ragione della decisione, il Tribunale ha rilevato come le deduzioni articolate per contrastare il diniego del riconoscimento dello status di rifugiato ovvero della protezione sussidiaria fossero infondate, vuoi perchè il racconto del richiedente, quanto al pericolo di essere vittima di persecuzioni nel proprio Paese di origine o di rimanere esposto ad una grave minaccia per mano degli (OMISSIS), setta dominante in (OMISSIS), della quale era stato adepto il padre ed a cui egli aveva rifiutato di aderire, era stato giudicato inverosimile; vuoi perchè, secondo le più aggiornate ed attendibili fonti di informazione compulsate, in (OMISSIS), soprattutto nella regione ove era ubicata (OMISSIS), città di provenienza del richiedente, non era presente una situazione di conflitto armato interno, suscettibile di generare un clima di violenza generalizzata, tale da esporre ad un danno grave la vita di chiunque vi si fosse trovato. Nulla, infine, era stato allegato dal richiedente in ordine ad una sua specifica situazione di vulnerabilità, in funzione di una revisione del diniego della protezione umanitaria.

2. Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di E.R. è affidato a sette motivi, che prospettano:

2.1. ai sensi dell’art. 360 c.p.p., comma 1, n. 3:

I. la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per non essere state acquisite o, comunque, valutate correttamente, le informazioni circa la situazione del Paese di provenienza del richiedente la protezione internazionale;

II. la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 17 e art. 2, lett. g), per avere il Tribunale ritenuto insussistente per il ricorrente il rischio di subire un grave danno in caso di rientro nel suo Paese;

III. la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, lett. f);

IV. la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 15, commi 1 e 2, artt. 16 e 17 per l’inesistenza delle cause di esclusione della protezione sussidiaria alla luce dei principi costituzionali e della giustizia Europea;

V. la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in relazione al mancato riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

VI. la violazione dell’art. 3 Cost., non essendosi il richiedente macchiato di alcun delitto, nè di alcun’altra condotta suscettibile di ridondare in danno dell’ordine e della sicurezza pubblica;

2.2 ai sensi dell’art. 360 c.p.p., comma 1, n. 5:

VII. l’omesso esame di fatti decisivi attinenti alla credibilità del richiedente.

3. L’intimato Ministero dell’Interno non si è costituito in giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Il ricorso è improcedibile.

4.1. Avuto riguardo al principio di diritto secondo il quale, in tema di ricorso per cassazione, ove la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, è necessario che il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, estragga copia cartacea del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e dei suoi allegati (relazione di notifica e provvedimento impugnato) ed attesti, con propria sottoscrizione autografa, la conformità agli originali digitali della copia formata su supporto analogico, ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1-bis e 1-ter, depositando nei termini quest’ultima presso la cancelleria della Suprema Corte (Sez. 6 -, Ordinanza n. 30765 del 22/12/2017, Rv. 647029 – 01), occorre rilevare che al suddetto onere non si è correttamente adempiuto da parte del difensore di E.R., che si è limitato ad allegare al ricorso la copia comunicata dal Tribunale di Roma della sentenza oggetto di impugnazione.

4.2. A ciò deve aggiungersi che le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 8312 del 25 marzo 2019, hanno affermato che il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica della decisione impugnata redatta in formato elettronico e firmata digitalmente (e necessariamente inserita nel fascicolo informatico) senza attestazione di conformità del difensore D.L. n. 179 del 2012, ex art. 16-bis, comma 9-bis, convertito dalla L. n. 221 del 2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non comporta l’applicazione della sanzione dell’improcedibilità ove l’unico controricorrente o uno dei controricorrenti (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica della decisione stessa ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale della medesima decisione. Mentre se alcune o tutte le parti rimangano intimate o, comunque, disconoscano la conformità all’originale della copia analogica non autenticata della decisione tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica della decisione impugnata sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio.

4.3. Poichè l’intimato Ministero dell’Interno è rimasto tale e il difensore del ricorrente non ha depositato, entro la data dell’odierna adunanza in camera di consiglio, l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica della decisione impugnata, il proposto ricorso non può che essere dichiarato improcedibile. Nulla è dovuto a titolo di spese, non essendosi l’intimato costituito in giudizio. Ricorrono i presupposti per l’applicazione, ove dovuto, del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Dichiara improcedibile il ricorso. Nulla è dovuto a titolo di spese. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2020

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