Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29368 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 23/12/2020), n.29368

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21171/2013 promosso da:

C.E. e B.A., in persona del procuratore

generale Luigi Bugliosi, elettivamente domiciliati in Roma, via

Appia Nuova 478, presso lo studio dell’avv. Luigi Bugliosi, che li

rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al

ricorso introduttivo;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore;

– intimata –

e

C.F., in persona del tutore pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 24/2/2013 della CTR del Lazio, depositata il

01/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2020 dal Consigliere ELEONORA REGGIANI;

letti gli atti del procedimento in epigrafe;

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 24/2/2013, depositata l’01/02/2013,ò la CTR del Lazio, ha confermato la decisione di primo grado, nella parte in cui, rilevando la mancata prospettazione di vizi propri della cartella, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da C.E. e B.A., insieme a C.F., contro la cartella di pagamento n. (OMISSIS), notificata a seguito dell’iscrizione a ruolo, in pendenza del giudizio di impugnazione, di un terzo della pretesa tributaria portata dall’avviso di rettifica e liquidazione n. (OMISSIS), relativa alle imposte di registro, ipotecaria e catastale (ed anche sanzioni), spettanti in riferimento ad un atto di compravendita, registrato il 03/07/2002, avente ad oggetto terreni che l’Amministrazione ha ritenuto edifica bili.

In particolare, la CTR ha evidenziato che l’iscrizione a ruolo era consentita dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 56, essendo intervenuto il rigetto in appello dell’impugnazione del menzionato avviso di rettifica e liquidazione, e che con l’impugnazione della cartella erano stati prospettati solo vizi del menzionato avviso, senza alcuna censura alla cartella stessa.

Avverso la sentenza di appello, le contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione, formulando due motivi di impugnazione.

L’Agenzia delle entrate non si è difesa con controricorso, ma ha depositato un atto di costituzione, per partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Le ricorrenti hanno depositato memoria difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, riferito alla L. n. 289 del 2002, art. 11, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non avere la CTR rilevato la decadenza in cui era incorsa l’Amministrazione, in ragione della notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione oltre il termine previsto dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 1 bis, non potendo fare ricorso alla proroga stabilita dalla L. n. 289 del 2002, perchè contraria alla L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 3.

Le ricorrenti hanno precisato di avere eccepito tale decadenza in primo grado e di non aver riproposto detta eccezione in appello, ritenendo di poter sollecitare un rilievo ufficioso del giudice in questa sede.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), l’omesso esame di un punto decisivo della controversia e, in particolare, l’omesso esame della sentenza della CTP di Roma n. 243/47/2010, pronunciata in un altro giudizio tra le stesse parti (riguardante l’impugnazione dell’avviso di accertamento IRPEF 2002), poi confermata anche in appello, ove il giudice tributario aveva affermato il carattere non edificabile dei terreni in questione, con il conseguente rilievo che, pertanto, non poteva essere esercitato il potere di rettifica, previsto dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, solo con riferimento a terreni edificabili.

2. I motivi possono essere esaminati congiuntamente, tenuto conto della stretta connessione tra loro esistente, rivelandosi entrambi infondati.

Come già evidenziato, la CTR ha confermato la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, pronunciata dal giudice di primo grado, affermando che, con essa, non erano stati dedotti vizi della cartella impugnata, ma dell’avviso già impugnato, con giudizio (all’epoca) ancora pendente.

Com’è noto, l’avviso di liquidazione e la cartella di pagamento costituiscono atti autonomamente impugnabili e pertanto, i ricorsi promossi contro ciascuno di essi devono riguardare i vizi propri del singolo atto impugnato (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, commi 1 e 3), salva l’ipotesi in cui l’atto presupposto non sia stato notificato (potendo, in questo caso, essere impugnato insieme all’atto che lo presuppone).

Nel caso di specie, le stesse contribuenti hanno allegato di avere ricevuto (e impugnato) l’avviso in questione, sicchè, proponendo ricorso contro la successiva cartella di pagamento, avrebbero potuto solo far valere i vizi propri di quest’ultima.

Pertanto, la CTR correttamente non ha esaminato le censure proposte contro l’avviso di rettifica e liquidazione, confermando l’inammissibilità ciel ricorso.

Ciò vale sia per la dedotta decadenza per tardiva notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione (primo motivo di ricorso) e sia per la prospettata mancata valutazione dell’esito di altri procedimenti.

Si tratta sempre e comunque di censure che attengono alla questione della legittimità dell’avviso di rettifica e liquidazione, e non della cartella impugnata, come tali inammissibili.

3. Deve altresì rilevarsi che le stesse ricorrenti, precisando di avere impugnato anche l’avviso di rettifica e liquidazione, hanno aggiunto quanto segue: “l’esito del presente ricorso è palesemente subordinato all’esito del ricorso n. 15574/2012 r.g. Cassazione, che pertanto viene segnalato come procedimento tra le stesse parti e con il medesimo oggetto, essendo questo costituito dall’impugnazione dell’avviso di rettifica e liquidazione che l’ufficio indica come (OMISSIS), che di fatto costituisce il ‘titolo esecutivò per la cartella di pagamento qui impugnata” (p. 2 del ricorso per cassazione).

Tale giudizio risulta, tuttavia, definito con sentenza passata in giudicato.

Questa Corte, ha infatti rigettato il ricorso per cassazione proposto dai contribuenti, così determinando il passaggio in giudicato della decisione di merito che ha respinto l’impugnazione del menzionato avviso (Cass., Sez. 5, n. 29639 del 14/09/2019).

E’ dunque precluso ogni esame delle censure formulate, riguardanti tutte, come sopra evidenziato, l’avviso di rettifica e liquidazione.

Com’è noto, nel giudizio di cassazione il giudicato esterno è, al pari del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo quando emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nel caso in cui si sia formato successivamente alla sentenza impugnata (cfr. Cass., Sez. 3, n. 11754 del 15/05/2018 e Cass., Sez. L, n. 16847 del 26/06/2018), potendo essere rilevato dal giudice di legittimità, Mediante quell’attività di ricerca (relazioni, massime ufficiali e consultazione del CED), che costituisce corredo del giudice nell’adempimento della funzione nomofilattica di cui all’art. 65 dell’ordinamento giudiziario e del dovere di prevenire contrasti tra giudicati (così Cass., Sez. L, n. 24740 del 04/12/2015 e Sez. 1, n. 18634 del 27/07/2017).

Nel caso di specie, la stessa parte ricorrente ha fornito gli estremi per verificare la definizione o meno del procedimento illustrato, riguardante le spesse parti di questo giudizio, mediante la semplice consultazione della banca dati dell’Ufficio.

4. Il ricorso deve pertanto essere respinto.

5. Nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, tenuto conto che la parte intimata non si è difesa con controricorso.

6. In applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

PQM

La Corte respinge il ricorso;

dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 1, comma 1 quater, art. 13, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

 

 

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