Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29367 del 21/10/2021

Cassazione civile sez. lav., 21/10/2021, (ud. 05/05/2021, dep. 21/10/2021), n.29367

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANCINO Rossana – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28690/2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati CARLA

D’ALOISIO, LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE;

– ricorrente –

contro

SEA METAL S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI

SANSONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 253/2015 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 05/08/2015 R.G.N. 200/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/05/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con sentenza del 5.8.15 la Corte di Appello di Trieste, confermando sentenza del tribunale della stessa sede del 28.5.14, annullava l’avviso di addebito con il quale l’INPS aveva chiesto il pagamento di Euro 548.318 in relazione all’indebita fruizione del beneficio L. n. 223 del 1991, ex art. 8, per assunzioni di lavoratori in mobilità. In particolare, premesso che l’onere della prova dell’indebito previdenziale è a carico dell’INPS che lo ha affermato, la corte territoriale ha ritenuto che la ricorrente, benché successivamente si fosse resa cessionaria di ramo di azienda dell’impresa Ortolan Spa già ammessa alla procedura di mobilità, era società distinta dalla cedente, e che l’assunzione di parte delle maestranze della prima rispondeva ad esigenze economiche reali.

Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per due motivi, cui resiste la società con controricorso.

Con il primo motivo si deduce violazione della L. n. 223 del 1991, art. 8, comma 1 e art. 4 e art. 2697 c.c., per avere trascurato che l’onere della prova del diritto agli sgravi grava sul beneficiario degli stessi.

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 8 predetto e della L. n. 264 del 1949, art. 15, comma 6 e art. 2555 c.c., per avere trascurato che le assunzioni di lavoratori in mobilità erano oggetto di obbligo a seguito di acquisto di ramo di azienda e di accordo con socio unico dell’opponente e che l’attività era svolta con le medesime maestranze occupate nelle stesse mansioni, ed era la medesima attività.

Il motivo è fondato. In ordine all’onere della prova del carattere indebito degli sgravi, questa Corte ha già affermato (Sez. L, Ordinanza n. 9140 del 12/04/2018, Rv. 648635 – 01) che, in tema di contributo collegato alla messa in mobilità del personale, il datore di lavoro che invochi la riduzione dell’onere economico su di sé gravante, in applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 5, comma 5, è tenuto a dimostrare la ricorrenza di tutte le condizioni richieste dalla legge per averne diritto, inclusa l’assenza di collegamenti tra l’impresa che colloca in mobilità i dipendenti e quella che li assume. Si è altresì specificato (Sez. L, Ordinanza n. 9662 del 05/04/2019, Rv. 653616 – 02) che, in tema di sgravi contributivi, qualora l’INPS contesti e dimostri l’esistenza di un collegamento societario o di altre fattispecie di fatto (quali, ad esempio, i cd. assetti proprietari sostanzialmente coincidenti) giuridicamente idonee a imporre di valutare gli incrementi occupazionali utili al godimento degli sgravi nell’ambito di una base aziendale più ampia di quella riguardante una sola impresa o società, spetta al datore di lavoro dimostrare l’esistenza di ulteriori elementi tali da far escludere la ricorrenza di un controllo di diritto o di fatto o comprovare, su tale più ampia base aziendale, il sussistere comunque dell’incremento occupazionale che sia condizione, come è nel caso della L. n. 448 del 1998, art. 3, comma 6, lett. d), del diritto alla fruizione degli sgravi stessi (altresì Sez. L, Sentenza n. 10428 del 27/04/2017, Rv. 644038 – 01, secondo la quale, in tema di sgravi contributivi, ai fini di ottenere l’applicazione dei benefici previsti dalla L. n. 223 del 1991, art. 8, nell’ipotesi di cessione d’azienda, è onere del datore di lavoro fornire la dimostrazione degli elementi di novità intervenuti nella struttura societaria e delle significative integrazioni apportate al complesso originario per consentire a quello ceduto di svolgere autonomamente la propria funzione produttiva).

Quanto alla spettanza nel merito degli sgravi, il relativo presupposto è costituito dall’effettivo incremento occupazionale realizzato dall’impresa, e dunque – nel caso di impresa che ha acquistato ramo di azienda cui erano addette le maestranze in relazione alle quali gli sgravi sono richiesti – dalla diversità delle imprese e delle relative attività e dall’inesistenza di un obbligo assuntivo in capo al cessionario.

Questa Corte ha sul tema affermato (Sez. L, Sentenza n. 8988 del 07/04/2008, Rv. 602856 01) che il riconoscimento dei benefici contributivi previsti dalla L. n. 223 del 1991, art. 8, comma 4, in favore delle imprese che assumono personale dipendente in mobilità, presuppone che queste ultime non abbiano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che ebbe a procedere ai licenziamenti – come deriva ove esistano rapporti di coniugio o di parentela – e, comunque, deve essere insussistente un collegamento o controllo tra le due imprese che si traduca in operazioni coordinate, anche di ristrutturazione complessiva, con spostamento di parte della forza lavoro dall’una all’altra impresa ed esclusione di un reale incremento della forza complessivamente occupata; ne consegue, pertanto, che, ai sensi dell’art. 2697 c.c., grava sull’impresa, che – in deroga all’ordinario obbligo contributivo – invoca il diritto al riconoscimento dei benefici, la prova dell’inesistenza dei fatti negativi e il relativo onere può essere soddisfatto con la dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario ovvero mediante presunzioni.

Altre pronunce hanno invece posto l’accento sull’obbligo assuntivo a carico del cessionario, essendosi osservato (Sez. L, Sentenza n. 17838 del 09/09/2015, Rv. 636944 – 01) che della L. n. 223 del 1991, art. 8, comma 4, prevede il beneficio della decontribuzione in favore del datore di lavoro che, “senza esservi tenuto”, assuma a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, al fine di incentivare le assunzioni dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro e presuppone la creazione di nuovi posti per esigenze proprie dell’azienda, in assenza di un obbligo all’assunzione, sicché l’agevolazione non compete nelle ipotesi di automatico trasferimento dei rapporti di lavoro subordinato, esistenti al momento della cessione, effettuato ai sensi dell’art. 2112 c.c., senza soluzione di continuità, in capo al cessionario. Anche per Sez. L, Sentenza n. 16444 del 03/11/2003, Rv. 567842 – 01, il riconoscimento dei benefici contributivi previsti dalla L. n. 223 del 1991, art. 8, comma 4, in favore delle imprese che assumono personale dipendente già licenziato a seguito della procedura di mobilità ex art. 4 e 24 della stessa Legge, presuppone che vengano accertate l’effettiva cessazione dell’originaria azienda e la nuova assunzione da parte di altra impresa in base ad esigenze economiche effettivamente sussistenti; ne consegue che, ove l’azienda originaria, intesa nel suo complesso, abbia continuato o riprenda ad operare (non importando né se titolare sia lo stesso imprenditore o altro subentrante né lo strumento negoziale attraverso cui si sia verificata la cessione dell’azienda), la prosecuzione del rapporto di lavoro o la sua riattivazione presso la nuova impresa costituiscono non la manifestazione di una libera opzione del datore di lavoro, ma l’effetto di un preciso obbligo previsto dalla legge (art. 2112 c.c., come modificato dalla L. n. 428 del 1990, art. 47 e dal D.Lgs. n. 18 del 2001), come tale non meritevole dei benefici della decontribuzione.

Nella specie, l’assunzione dei lavoratori in mobilità era conseguenza di un obbligo sia a seguito dell’acquisto del ramo di azienda (ove veniva svolta la medesima attività, anche con le stesse maestranze già occupate), sia in ragione di accordo sindacale stipulato con il socio unico della Sea Metal s.r.l..

La sentenza impugnata, che non si è attenuta ai principi su indicati, va dunque cassata e la causa rinviata alla corte d’appello di Venezia anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia per un nuovo esame ed anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2021

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