Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2936 del 03/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 03/02/2017, (ud. 13/01/2017, dep.03/02/2017),  n. 2936

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8068-2012 proposto da:

P.F., (OMISSIS), L.G. (OMISSIS), CONSULTEX DI

L. E & C SNC 00933140964, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA TRIONFALE, 6551, presso lo studio dell’avvocato MARIA GIOVANNA

RUO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

EDILSAS SRL, (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.

PISANELLI 4, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GIGLI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FAUSTO MARTINETTI;

– controricorrente –

nonchè

sul ricorso 8068/2012 proposto da:

EDILSAS SRL (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

G.PISANELLI 4, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GIGLI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FAUSTO MARTINETTI;

– ricorrente incidentale –

contro

P.F. (OMISSIS), L.G. (OMISSIS), CONSULTEX DI

L. E & C SNC 00933140964;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1407/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 16/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

uditi l’Avvocato Valensise per delega dell’Avvocato Ruo e l’Avvocato

Gigli;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, il quale ha concluso per l’accoglimento del sesto,

settimo, ottavo e nono motivo del ricorso principale, il rigetto dei

residui motivi del ricorso principale ed il rigetto del ricorso

incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.F., L.G. e la società Consultex s.n.c. stipularono il (OMISSIS) distinti contratti preliminari di compravendita con la Edilsas s.r.l., per l’acquisto di due appartamenti e due box in corso di costruzione in (OMISSIS), da consegnare entro marzo 1998. Stanti i ritardi nella consegna degli immobili e nella stipula dei contratti definitivi, P.F., L.G. e la Consultex s.n.c. promossero un primo giudizio nei confronti della Edilsas s.r.l. davanti al Tribunale di Monza, che si concluse con sentenza del 31.5.2002, n. 1299 (passata in giudicato), la quale dispose il trasferimento della proprietà dei beni e l’accollo del mutuo da parte degli acquirenti. Un secondo giudizio venne intrapreso il 27.10.2003 dalla Edilsas s.r.l., sempre davanti al Tribunale di Monza, volto a sentir condannare P.F., L.G. e la Consultex s.n.c. al pagamento delle opere extra-capitolato eseguite negli anni 1997-1999 secondo il prezzo concordato, o, in subordine, del correlativo indennizzo ex art. 2041 c.c.. I convenuti si costituirono formulando altresì domande riconvenzionali per risarcimento dei danni e restituzioni. Il Tribunale di Monza, con sentenza del 22 marzo 2007, rigettò tutte le domande. In particolare, quanto alle pretese della Edilsas s.r.l., il Tribunale osservava che l’art. 5 dei contratti preliminari inter partes imponeva l’accordo scritto per le “opere di modifica e/o di miglioramenti”, che i lavori ordinati dai promissari acquirenti rientravano comunque nel prezzo delle compravendite, e che perciò tutte le domande in esame erano comunque coperte dal giudicato della sentenza del Tribunale di Monza 31.5.2002, n. 1299.

Proposto appello dalla Edilsas s.r.l., la Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 1407/2011 del 16.5.2011, riformava parzialmente la decisione di primo grado e condannava P.F., L.G. e la Consultex s.n.c. al pagamento in favore dell’appellante dei rispettivi indennizzi ex art. 2041 c.c.. La Corte d’Appello, per quanto qui ancora rilevi, negava che le opere extracontratto costituissero oggetto di un autonomo appalto, trattandosi, peraltro, non di lavori nuovi rispetto a quelli stabiliti nel contratto originario, ma di modifiche o aggiunte a quanto previsto nel capitolato. La sentenza impugnata aggiunge che, in occasione della consegna degli appartamenti (3 agosto 1999), gli acquirenti avevano versato, oltre all’importo di Lire 120.000.000 previsto nei preliminari, altresì la somma di Lire 10.000.000 a titolo di acconto sul maggior importo dovuto per le opere extracontratto, convenendosi che il saldo sarebbe stato versato quando gli immobili fossero stati in condizione di usufruire di tutti i servizi. Essendo, pertanto, stabilito che il pagamento delle opere extracontratto integrasse il prezzo della compravendita, la Corte d’Appello di Milano conveniva che la relativa pretesa della Edilsas s.r.l. si sarebbe dovuta far valere nel giudizio ex art. 2932 c.c., definito con sentenza passata in giudicato. Sennonchè, per la Corte di Milano, la domanda ora oggetto di lite proposta dalla venditrice non poteva dirsi coperta da quel giudicato, in quanto, alla data di costituzione della promittente venditrice nel primo giudizio (2 febbraio 2000), i crediti per le opere extracontratto non erano ancora esigibili, sussistendo la previsione pattizia per cui tali opere venivano compensate solo dopo che gli immobili fossero “stati in condizione di usufruire di tutti i servizi di utenza e condominiali”. Ritenuta, peraltro, la nullità dell’accordo relativo ai lavori extracontratto, per difetto della necessaria forma scritta, i giudici d’appello affermavano l’ammissibilità e la fondatezza della domanda di ingiustificato arricchimento, liquidando l’indennizzo sulla base del prezzo di mercato delle prestazioni rese dall’appaltatrice.

P.F., L.G. e la società Consultex s.n.c. hanno proposto ricorso per cassazione articolato in dieci motivi.

La Edilsas s.r.l. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato articolato in tre motivi.

I ricorrenti hanno presentato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

E’ infondata l’eccezione pregiudiziale di improcedibilità ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, formulata dalla controricorrente, risultando depositata con il ricorso copia autentica della sentenza impugnata rilasciata il 20 ottobre 2011.

1. Il primo motivo di ricorso deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., denunciando che la Corte d’Appello prima avrebbe affermato che l’intero prezzo dell’immobile – comprensivo dei lavori ex art. 5 – era stato pagato, poi avrebbe riconosciuto per tale lavori l’indennizzo ex art. 2041 c.c..

Il secondo motivo di ricorso deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1117 c.c., sostenendo che la Corte d’Appello avrebbe ricompreso in quest’ultima disposizione una fattispecie ad essa estranea, e avrebbe erroneamente ritenuto che le pretese di adempimento contrattuale e di ingiustificato arricchimento non fossero azionabili nel giudizio ex art. 2932 c.c., perchè assoggettate a condizione sospensiva, e ciò con riguardo a circostanze diverse da quelle pattuite, le quali si erano già avverate al momento del primo procedimento.

Il terzo motivo di ricorso denuncia l’omessa e/o contraddittoria motivazione, in quanto la Corte d’Appello prima avrebbe affermato che l’intero prezzo dell’immobile – comprensivo dei lavori ex art. 5 – era stato pagato, e poi avrebbe riconosciuto per tale lavori l’indennizzo ex art. 2041 c.c..

Il quarto motivo deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2042 c.c. e dell’art. 2909 c.c., avendo la Corte di Milano erroneamente escluso che l’azione di ingiustificato arricchimento sarebbe stata esperibile nel giudizio ex art. 2932 c.c., culminato nella sentenza del Tribunale di Monza 31.5.2002, n. 1299, passata in giudicato. Sostengono i ricorrenti che già all’epoca di quel primo giudizio, stante la nullità preclusiva dell’azione contrattuale, l’appaltatrice avrebbe potuto far valere l’azione di cui all’art. 2041 c.c..

Il quinto motivo deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. e dell’art. 2909 c.c., avendo la Corte di Milano erroneamente escluso che l’azione di ingiustificato arricchimento sarebbe stata esperibile nel giudizio ex art. 2932 c.c., culminato nella sentenza del Tribunale di Monza 31.5.2002, n. 1299, passata in giudicato.

1.1. I primi cinque motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione e si rivelano infondati.

La Corte d’Appello di Milano ha affermato che la pretesa di pagamento, a titolo di corrispettivo contrattuale o di indennizzo ex art. 2041 c.c., avanzata dalla Edilsas s.r.l. per le opere extracontratto eseguite negli anni 1997 – 1999 negli appartamenti acquistati da P.F., L.G. e dalla Consultex s.n.c., in forza dei contratti del 15.2.1996 e dell’11.9.1996, non fosse preclusa dal giudicato contenuto nella sentenza del Tribunale di Monza 31.5.2002, n. 1299 (che aveva accolto la domanda dei promissari acquirenti ai sensi dell’art. 2932 c.c.). Ciò perchè, secondo i giudici d’appello, alla data di costituzione della promittente venditrice Edilsas s.r.l. nel primo giudizio (2 febbraio 2000), i crediti per le opere extracontratto non erano ancora esigibili, avendo le parti stabilito che gli acquirenti avrebbero dovuto versarne il saldo solo quando gli immobili fossero “stati in condizione di usufruire di tutti i servizi di utenza e condominiali”. Ora, è vero che l’autorità del giudicato copre il dedotto e il deducibile, e cioè non solo le ragioni giuridiche fatte valere in giudizio (giudicato esplicito) ma anche tutte le altre – proponibili sia in via di azione che di eccezione – le quali, sebbene non dedotte specificamente, si caratterizzino per la loro comune inerenza ai fatti costitutivi delle pretese anteriormente svolte (giudicato implicito). Sicchè, la sentenza costitutiva che, ai sensi dell’art. 2932 c.c., accoglie la domanda di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare di vendita, ha efficacia di giudicato sui relativi presupposti, tra i quali va inclusa la determinazione del prezzo. Tuttavia, ove, come nel caso in esame, sia stato accertato dai giudici del merito (nell’ambito della ricostruzione della volontà negoziale loro spettante) che i contraenti avessero rinviato, ai sensi dell’art. 1498 c.c., comma 3, il pagamento del saldo del prezzo per le opere extracontratto al momento del completamento dei servizi di utenza e di allaccio agli impianti condominiali, deve escludersi che la sentenza ex art. 2932 c.c., possa avere efficacia di giudicato quanto all’assunta insussistenza di quei crediti del venditore che, appunto, non erano ancora esigibili, e dei quali, perciò, il venditore stesso non poteva ancora utilmente chiederne il pagamento in giudizio.

L’esigibilità è un carattere intrinseco del credito, attinente alla sua natura (credito scaduto, non sottoposto a condizione sospensiva, ecc.), e ricorre quando il creditore può chiederne il pagamento o perchè è scaduto il termine stabilito a favore del debitore, oppure perchè il pagamento possa essere richiesto in qualsiasi momento. La condizione di esigibilità di un credito, derivando dalla ricostruzione della volontà contrattuale delle parti, è oggetto di accertamento riservato al giudice di merito e, come tale, è incensurabile in sede di legittimità, se immune da vizi di motivazione. I ricorrenti si limitano al riguardo a contrapporre una diversa interpretazione degli accordi contrattuali rispetto a quella prescelta nel provvedimento gravato, senza specificare i canoni ermeneutici che in concreto sarebbero stati violati dai giudici del merito, e senza neppure provvedere, in ossequio all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 5, alla trascrizione delle clausole individuative dell’effettiva volontà delle parti.

E’ poi evidente che se un giudicato ex art. 2932 c.c., non preclude l’esperibilità di una futura azione contrattuale per chiedere il pagamento di un credito del venditore ancora non esigibile al momento della formazione di quello, tanto meno detta voce di credito può intendersi preclusa a titolo di arricchimento senza causa, atteso che il requisito di sussidiarietà evocato dall’art. 2041 c.c., comunque non consente che la relativa azione possa essere utilizzata in alternativa subordinata a quella ex contractu per eluderne l’esito sfavorevole collegato alla perdurante inesigibilità dell’adempimento della prestazione fondata su titolo contrattuale (arg. da Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6295 del 13/03/2013).

2. Il sesto motivo afferma la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2041 c.c., avendo la Corte di Milano parificato l’indennità dovuta per l’ingiustificato arricchimento ad un asserito prezzo di mercato non provato e ritenuto coincidente con quanto richiesto dalla Edilsas s.r.l..

Il settimo motivo afferma la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. e dell’art. 2697 c.c., avendo la Corte di Milano parificato l’indennità dovuta per l’ingiustificato arricchimento ad un asserito prezzo di mercato, senza considerare l’effettivo impoverimento della Edilsas s.r.l. nè l’effettivo arricchimento di P.F., L.G. e della società Consultex.

L’ottavo motivo di ricorso denuncia l’omessa e/o contraddittoria motivazione in ordine alla parificazione tra l’indennità dovuta per l’ingiustificato arricchimento e un asserito prezzo di mercato, nonchè circa l’effettivo impoverimento della Edilsas s.r.l. e l’effettivo arricchimento di P.F., L.G. e della società Consultex.

2.1. Sesto, settimo ed ottavo motivo possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessone, e risultano fondati, per quanto di ragione.

La Corte d’Appello di Milano, ritenuta la nullità per difetto delle forma scritta essenziale dell’accordo avente ad oggetto l’esecuzione delle opere extra capitolato, ha poi quantificato l’indennizzo ex art. 2041 c.c., affermando che l’arricchimento del beneficiario delle prestazioni eseguite senza valida causa negoziale e la diminuzione patrimoniale subita dall’impoverito dovessero equivalere al “prezzo di mercato” di tali prestazioni. Rilevato che risultavano emesse fatture con riguardo a tali prestazioni, la Corte di Milano ha sostenuto che la diminuzione patrimoniale indennizzabile in favore della Edilsas s.r.l. coincidesse proprio con il prezzo fatturato, ma non riscosso, comprensivo dei costi sostenuti e del mancato guadagno, e che, invece, il vantaggio conseguito dagli acquirenti degli immobili corrispondesse al valore di mercato delle prestazioni ricevute, pari al prezzo normalmente praticato nella zona per prestazioni dello stesso tipo. In definitiva, i giudici d’appello hanno reputato ragionevole liquidare l’importo preteso a titolo di ingiustificato arricchimento in misura pari all’importo vantato a titolo di prezzo, comprensivo altresì dell’IVA.

La soluzione prescelta dalla Corte d’Appello di Milano contrasta, tuttavia, con l’orientamento più volte affermato in proposito da questa Corte, in forza del quale, quanto si verte in tema di azione d’indebito arricchimento conseguente all’assenza di un valido contratto, l’indennità prevista dall’art. 2041 c.c., va liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dall’esecutore della prestazione resa in virtù del contratto invalido, ma con esclusione di quanto lo stesso avrebbe percepito a titolo di lucro cessante se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace. La liquidazione dell’indennità ex art. 2041 c.c., non può mai, pertanto, avvenire in misura corrispondente al prezzo fatturato dei beni ceduti o dei servizi resi, comprensivo del guadagno, atteso che non si tratta di determinare un corrispettivo delle prestazioni effettuate in forza del contratto invalido, ma di quantificare una somma, in base alle prove offerte dal richiedente, se ed in quanto vi sia stato vantaggio economico di una parte cui abbia fatto riscontro l’impoverimento dell’altra (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23780 del 07/11/2014; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20648 del 07/10/2011; Cass. Sez. U, Sentenza n. 1875 del 27/01/2009; Cass. Sez. U., Sentenza n. 23385 del 11/09/2008).

3. Il nono motivo censura la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 1, 14 e 15, avendo la Corte di Milano liquidato l’IVA sull’indennità dovuta per l’ingiustificato arricchimento, debito di valore che non ha natura di corrispettivo.

3.1. Il nono motivo è infondato, avendo questa Corte già affermato, in precedente decisione cui va data continuità, che è dovuta l’IVA sull’indennità attribuita con sentenza a titolo di indennizzo ex art. 2041 c.c., in favore dell’imprenditore che abbia ceduto beni o prestato servizi in base a negozio nullo (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12493 del 10/12/1997).

4. Il decimo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. e l’omessa o insufficiente motivazione quanto all’ammissione dei nuovi documenti prodotti in appello dalla Edilsas. I ricorrenti fanno generico riferimento a documenti che sarebbero stati prodotti dall’appellante Edilsas davanti alla Corte d’Appello di Milano, occorrenti per verificare l’ambito di estensione del giudicato esterno.

4.1. Il decimo motivo di ricorso è inammissibile La questione dell’inammissibilità delle produzioni documentali compiuta nel giudizio di appello non è affrontata nella sentenza impugnata, sicchè era onere dei ricorrenti, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, allegare l’avvenuta deduzione di tale questione innanzi alla Corte d’Appello, in ossequio all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Il tema dell’ammissibilità dei nuovi documenti allegati nel giudizio di secondo grado, ex art. 345 c.p.c., comma 3, non può, del resto, essere dedotto per la prima volta come motivo di ricorso per cassazione.

5. Il primo motivo del ricorso incidentale della Edilsas s.r.l. deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg., dell’art. 1322 c.c. e dell’art. 1350 c.c., nonchè insufficiente motivazione, sostenendo che la Corte d’Appello abbia illegittimamente qualificato le vicende afferenti alle opere extracontratto quali accordi modificativi dei preliminari di vendita, anzichè quali autonomi contratti d’appalto (seppur a quelli connessi), e conseguentemente ritenuto nulli i relativi accordi verbali intercorsi tra le parti. La ricorrente incidentale contesta la ricostruzione operata dalla Corte di merito, che ha enucleato al riguardo una nozione di “opere extracontratto in senso proprio”, ravvisabile soltanto per variazioni non più riconducibili al contratto originario. Con ciò la sentenza impugnata avrebbe ignorato la concreta volontà delle parti, visto che i preliminari di vendita prevedevano un corrispettivo a “prezzo fisso ed invariabile”, sicchè le opere extra capitolato esulavano dall’iniziale accordo.

Il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 183 c.p.c., nonchè omessa motivazione, censurando la sentenza della Corte di Milano nella parte in cui, dopo aver riconosciuto al facoltà della Edilsas di formulare le istanze istruttorie rese necessarie, la stessa ometteva di pronunciarsi sulle richieste di prova per interrogatorio e per testimoni formulate nell’atto di appello, il cui contenuto viene trascritto in ricorso.

Il terzo motivo del ricorso incidentale deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1348 e 1350 c.c., nonchè insufficiente motivazione, censurando la sentenza della Corte di Milano nella parte in cui, dopo aver rilevato che le pretese creditorie della Edilsas non risultavano coperte dal giudicato, rilevava non di meno la nullità degli accordi intercorsi per mancanza di forma scritta. La ricorrente incidentale sostiene che gli acquirenti, in base alla documentazione prodotta in giudizio, richiesero per iscritto le modifiche e le migliorie ed accettarono i prezzi relativi.

5.1. Il primo motivo del ricorso incidentale risulta fondato, ed il suo accoglimento determina l’assorbimento del secondo e del terzo motivo del ricorso incidentale.

La Corte d’Appello di Milano ha escluso che i lavori extracontratto costituissero oggetto di un distinto ed autonomo appalto, valendo essi, piuttosto, quale esercizio delle facoltà, prevista nei preliminari del (OMISSIS), di realizzare, previo accordo scritto, “opere di modifica e/o di miglioramenti”. Tali opere, secondo i giudici d’appello, costituivano aggiunte di quanto stabilito nel capitolato, aggiunte già preventivate nei contratti preliminari. Quindi, la sentenza impugnata ravvisava il difetto della forma scritta ad substantiam degli accordi inerenti l’esecuzione di siffatti lavori extracontratto, sia in quanto gli stessi valevano quali modifiche di compravendite immobiliari, sia per la sussistenza di una forma convenzionale ex art. 1352 c.c., pattuita per le variazioni degli elementi essenziali dei contratti originari.

Il ragionamento seguito dalla Corte di Milano contrasta con l’interpretazione seguita da questa Corte in una precedente pronuncia, alla quale il Collegio intende uniformarsi, ad avviso della quale quando, nel corso dell’esecuzione del contratto d’appalto, l’appaltatore abbia realizzato lavori extracontrattuali, non è applicabile la forma scritta prevista convenzionalmente dai contraenti per ogni modifica o integrazione del contratto, atteso che i suddetti lavori non vanno ad incidere sulle clausole negoziali (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23291 del 31/10/2014).

La Corte d’Appello di Milano, nell’ambito dell’apprezzamento di fatto ad essa spettante circa la natura dei lavori svolti dalla Edilsas negli anni 1997 – 1999 sugli immobili compravenduti, ha smentito che si trattasse di opere extracontratto “in senso proprio”, riproducendo in proposito il principio dettato da Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1531 del 19/05/1972, per il quale le variazioni ed addizioni, quantitative o qualitative, alle opere appaltate non sono più riconducibili al contratto originario, e diventano perciò extra contrattuali, quando i lavori nuovi, aggiunti all’opera iniziale, non ne costituiscono un completamento o uno sviluppo ma integrano un’opera a sè stante, ovvero quando comportano radicali modifiche alla natura dell’opera.

Proprio allora perchè i giudici del merito hanno ritenuto che i lavori diversi da quelli considerati nei preliminari non imponessero una nuova ed autonoma pattuizione, in quanto mero completamento e sviluppo delle opere già determinate, la fattispecie esula dall’ambito di applicazione della previsione degli artt. 1350 e 1352 c.c., non occorrendo un accordo scritto modificativo del contenuto dei contratti del (OMISSIS), nè la stipula di un’ulteriore convenzione secondo la forma scritta voluta dalle parti.

6. Vanno, in definitiva, rigettati il primo, il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, il nono ed il decimo motivo del ricorso principale; vanno invece accolti il sesto, il settimo e l’ottavo motivo del ricorso principale; va accolto il primo motivo del ricorso incidentale, rimanendo assorbiti il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale; va, quindi, cassata la sentenza impugnata e la causa rinviata ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano, che procederà a nuovo esame della stessa tenendo conto dei rilievi svolti ed uniformandosi ai principi di diritto richiamati. Il giudice di rinvio procederà altresì a liquidare le spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il sesto, il settimo e l’ottavo motivo del ricorso principale, rigetta il primo, il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, il nono ed il decimo motivo del ricorso principale; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbiti il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2017

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