Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29357 del 14/11/2018

Cassazione civile sez. I, 14/11/2018, (ud. 19/09/2018, dep. 14/11/2018), n.29357

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3873/2014 proposto da:

Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Sesto Rufo n. 23, presso lo

studio dell’avvocato Taverniti Bruno, che la rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Mottola (TA), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Cosseria n. 2, presso lo

studio del Dott. Placidi Alfredo, rappresentato e difeso

dall’avvocato Misserini Giuseppe, giusta procura a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

M.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Monte Santo

n. 25, presso lo studio dell’avvocato Botti Andrea, rappresentato e

difeso dall’avvocato Mastroviti Fulvio, giusta procura a margine del

controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

AUSL TA, in persona del Direttore Generale pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Nicolò da Pistoia n. 40, presso la sig.ra

Berardini Federica, rappresentata e difesa dall’avvocato Cecinato

Luigi, giusta procura a margine del controricorso al ricorso

incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 75/2013 della CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZIONE

DISTACCATA DI TARANTO, depositata il 07/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/09/2018 dal Cons. Dott. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che chiede che Codesta

Corte di Cassazione voglia rigettare il ricorso principale e

rigettare il ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione notificata il 25 e 26.8.1999, M.G. convenne in giudizio il Comune di Mottola, la Regione Puglia e l’AUSL

TA (OMISSIS), per sentirli condannare alla restituzione della sua proprietà occupata con decreto del 18.4.1979 ed illegittimamente trasformata con la realizzazione di una struttura ospedaliera, quando si erano esauriti gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità ed in assenza di decreto ablativo, o, in subordine al risarcimento del danno oltre che alla corresponsione dell’indennità di occupazione legittima. Il Tribunale adito, con sentenza non definitiva del 3.10.2003, affermò la propria giurisdizione, e con sentenza n. 999 del 2009, condannò il Comune e la Regione, in solido tra loro, al risarcimento del danno da occupazione c.d. usurpativa della porzione di mq. 501, quantificato in Euro 12.973,00, oltre rivalutazione, ed assolse l’AUSL TA (OMISSIS) dalla domanda.

La Corte d’Appello di Lecce, con sentenza del 7.2.2013, accolse in parte l’appello del M., riconoscendo in suo favore la spettanza degli interessi sulla somma riconosciuta e rivalutata, e rilevò, per quanto d’interesse, che: a) sussisteva la giurisdizione dell’AGO, trattandosi di occupazione c.d. usurpativa – essendo i termini della dichiarazione di pubblica utilità scaduti il 30.5.1986 e l’opera stata realizzata nel dicembre 1990 – e quindi di un illecito aquiliano riconducibile ad comportamento materiale della p.A.; b) il difetto di legittimazione passiva, o meglio di titolarità passiva nel rapporto, dedotto dal Comune era inammissibile ex art. 342 c.p.c., non avendo l’Ente criticato l’ampia motivazione svolta al riguardo dal Tribunale, ed era in ogni caso infondato, non avendo il Comune delegante esercitato i suoi poteri di controllo e stimolo sullo svolgimento della procedura; c) la dichiarazione di pubblica utilità era scaduta nel 1986 e trattandosi di illecito permanente, il diritto al risarcimento del danno non era prescritto, essendo sorto con la rinuncia al diritto reale contenuta con la citazione introduttiva; d) il difetto di legittimazione passiva dedotto dalla Regione Puglia, era inammissibile per genericità, ed era comunque infondato, in quanto, ferma la responsabilità della USL TA (OMISSIS), che aveva proseguito i lavori pur dopo la scadenza di ogni termine, la relativa obbligazione risarcitoria si era trasferita ex lege alla Regione, col riordino del Servizio Sanitario regionale; e) il Comune non aveva formulato alcuna domanda nei confronti dell’AUSL TA (OMISSIS) e la prospettazione di esso, quale unico soggetto responsabile, era infondata, non avendo tale ente preso parte al procedimento espropriativo ed alla costruzione dell’Ospedale, completato prima della sua istituzione.

Per la cassazione di tali statuizioni, hanno proposto ricorso in via principale, la Regione Puglia, con due motivi, ed in via incidentale il Comune di Mottola, con tre motivi; M.G. e l’AUSL TA hanno resistito con controricorso. Il PG ha formulato conclusioni scritte e le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con i due motivi del proposto ricorso, la Regione censura la statuizione sub d) della narrativa, rispettivamente per: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e dei principi in tema di sufficienza del motivo di appello, e 2) per violazione e falsa applicazione della L. n. 724 del 1994, L. n. 549 del 1995, D.Lgs. n. 502 del 1992, della L.R. Puglia n. 16 del 1997; L.R. Puglia n. 18 del 1994 e L.R. Puglia n. 19 del 1995. In particolare, col primo mezzo, si deduce che, nel negare la propria estraneità al giudizio, per essere solo l’Ente preposto all’adozione del provvedimento, essa ricorrente aveva escluso in radice qualunque suo coinvolgimento. Con la seconda censura, la Regione contesta che sia intervenuto il suo diretto subingresso nelle posizioni debitorie della disciolta USL, essendo tale funzione riservata alle gestioni liquidatorie, come peraltro affermato da giurisprudenza di legittimità.

2. Col primo motivo del ricorso incidentale, il Comune di Mottola censura la statuizione sub a) di parte narrativa, evidenziando che la controversia volta alla declaratoria d’inefficacia della dichiarazione di p.u. è rimessa, com’è jus receptum, al giudice amministrativo, e tale giurisdizione si radica, anche, in base al D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, comma 18, applicabile ratione temporis al presente giudizio, secondo cui la cognizione del GA abbraccia atti, comportamenti e provvedimenti della p.A., inerenti all’uso del territorio.

3. Col secondo motivo, il Comune deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 502 del 1992, e della L.R. Puglia n. 38 del 1994, in riferimento alla statuizione sub b) di parte narrativa. La giurisprudenza di legittimità, afferma il ricorrente incidentale, ha ritenuto che, in ipotesi di sostituzione amministrativa, l’Ente sostituto opera per competenza propria e non in sostituzione dell’Amministrazione sostituita, e che nel caso della c.d. accessione invertita, la legittimazione passiva va ravvisata in capo all’Ente che diviene proprietario dell’opera, principi che avrebbero dovuto comportare la sua assoluzione dalla domanda, tenuto conto che la USL aveva promosso l’occupazione dei fondi, che dell’attività svolta era il delegato ad essere responsabile nei confronti dei terzi e che, per effetto del provvedimento della GR del 15.7.1999, l’Ospedale era divenuto di proprietà dell’Azienda sanitaria, circostanza che comportava il suo sopravvenuto difetto di legittimazione passiva in virtù dei principi in tema di successione a titolo particolare nel diritto controverso.

4. Con il terzo motivo, il ricorrente incidentale deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 47 del 1988 e L. n. 158 del 1991, in riferimento alla statuizione sub c), osservando che la data di scadenza della dichiarazione di pubblica utilità doveva ritenersi prorogata, per effetto delle invocate leggi, erroneamente non applicate, sicchè il decreto di occupazione non poteva dirsi scaduto nel 1983, e che l’irreversibile trasformazione del fondo aveva segnato il dies a quo del termine quinquennale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, evidenziando, inoltre, che la richiesta di corresponsione dell’indennità di occupazione legittima era tardiva in riferimento al termine ordinario di prescrizione decennale.

5. Il primo motivo del ricorso incidentale del Comune, che va esaminato con priorità, è infondato. 6. Va premesso, al riguardo, che questa sezione può decidere della questione di giurisdizione, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 1, essendosi su di essa pronunciate ripetutamente le S.U. (n. 14794 del 2007, e tra le altre, Cass. n. 22803 del 2010 in riferimento alla medesima vicenda) con orientamento univoco, in base al quale le controversie risarcitorie per il danno da occupazione illegittima, iniziate in periodo antecedente al 1 luglio 1998, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, secondo l’antico criterio di riparto diritti soggettivi – interessi legittimi, e così anche le stesse controversie, se iniziate nel periodo dal 1 luglio 1998 al 10 agosto 2000, data di entrata in vigore della L. n. 205 del 2000, restano attribuite al giudice ordinario, per effetto della sentenza n. 281 del 2004 della Corte Costituzionale, che ravvisando nel D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, anteriormente alla riscrittura con la L. n. 2005, art. 7, un eccesso di delega, ha dichiarato incostituzionali le nuove ipotesi di giurisdizione esclusiva. Sono, per contro, attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie per l’occupazione appropriativa iniziate a partire dal 10 agosto 2000, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 80 del 1998, come riformulato dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, non già perchè la dichiarazione di pubblica utilità sia di per sè idonea ad affievolire il diritto di proprietà (l’occupazione e la trasformazione del suolo in assenza di decreto di espropriazione comporta lesione del diritto soggettivo), ma perchè ricomprese nella giurisdizione esclusiva in materia urbanistico – edilizia. 7. Nel caso di specie, la controversia è stata introdotta dinanzi al Tribunale di Taranto con citazione notificata in data 25 e 26 agosto 1999, e quindi alla luce del riportato orientamento, la giurisdizione va determinata secondo l’antico criterio di riparto diritti soggettivi – interessi legittimi, tenuto conto che, in base all’art. 5 c.p.c., la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda e che non hanno rilevanza rispetto ad essa i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo. Ne consegue che la presente controversia, sia che si debba qualificare la fattispecie come occupazione usurpativa (come ritenuto dal giudice a quo) sia che la si debba qualificare come occupazione acquisitiva (ma la distinzione non ha più rilevanza al lume del principio sancito da Cass. SU n. 735 del 2015, su cui infra), rientra nell’ambito della giurisdizione del giudice ordinario.

8. Il primo motivo del ricorso principale è infondato. 9. La stessa ricorrente riporta la decisione del Tribunale, che, dopo avere affermato la responsabilità della USL TA/(OMISSIS), per avere portato a termine i lavori di realizzazione dell’Ospedale nonostante la scadenza dei termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, aveva ritenuto la Regione responsabile, quale successore ex lege della USL. Ora, l’atto d’appello non ha contestato tale titolo di responsabilità, limitandosi a negarla genericamente per essere “soltanto l’Ente preposto ex lege all’adozione del provvedimento su impulso… dell’espropriante” e non poter perciò esser considerata parte del giudizio, id est in riferimento ad ordine di argomenti diversi da quelli considerati dal Tribunale. Pur tenuto conto del principio affermato di recente affermato SU di questa Corte, con la sentenza n. 27199 del 2017 – che nel ribadire la natura di revisio prioris instantiae del giudizio d’appello, ha escluso la necessità dell’utilizzo di particolari forme sacramentali-, la censura non incide sulla riportata ratio decidendi, contenendo, bensì, una chiara individuazione del punto contestato della sentenza impugnata ma senza che sia stata svolta una parte argomentativa idonea a confutare e contrastare le ragioni addotte dal primo giudice.

10. Tale statuizione rende irrevocabile l’accertamento della responsabilità della Regione e, dunque, superfluo l’esame del secondo profilo del motivo in esame, con cui si critica nel merito tale accertamento, in quanto la relativa valutazione deve intendersi resa ad abundantiam dalla Corte territoriale, avendo le SU di questa Corte chiarito (sentenza n. 3840 del 2007 e n. 24469 del 2013) che: “Qualora il giudice che abbia ritenuto inammissibile una domanda, o un capo di essa, o un singolo motivo di gravame, così spogliandosi della potestas iudicandi sul relativo merito, proceda poi comunque all’esame di quest’ultimo, è inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di impugnazione della sentenza da lui pronunciata che ne contesti solo la motivazione, da considerarsi svolta ad abundantiam, su tale ultimo aspetto”.

11. Inammissibile è, in base a tale principio, il secondo motivo del ricorso incidentale del Comune, in quanto l’Ente non ha in alcun modo censurato la statuizione d’inammissibilità, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., del motivo d’appello riferito alla ritenuta sua responsabilità nella causazione del danno, ma si è direttamente doluto della statuizione di rigetto nel merito: l’Ente civico non ha insomma censurato la questione (di rito) decisa principaliter muovendo, inammissibilmente, critiche alle statuizioni rese ad abundantiam.

12. Il terzo motivo del ricorso del Comune è, anch’esso inammissibile. 13. Innanzitutto, non è chiaro l’interesse alla contestazione della data di scadenza della dichiarazione di pubblica utilità, una volta che sia il giudice di primo grado che la Corte d’appello hanno ravvisato un caso di c.d. occupazione usurpativa, che costituisce un illecito permanente; inoltre, ove volesse reputarsi in tal modo dedotta la fattispecie dell’occupazione acquisitiva, va rilevato che, per effetto della sentenza delle SU di questa Corte n. 735 del 2015, sopra menzionata, l’istituto, di genesi pretoria, dell’occupazione acquisitiva è stato ritenuto non conforme con il principio enunciato dalla CEDU, secondo cui l’espropriazione deve sempre avvenire in “buona e debita forma”, sicchè esso, al pari di quello della c.d. occupazione usurpativa, costituisce un illecito a carattere permanente, che non comporta l’acquisizione autoritativa del bene alla mano pubblica, nonostante la manipolazione del bene, venendo nella specie in rilievo il danno per la dismissione della proprietà, che è sorto per effetto della rinunzia del proprietario al suo diritto, implicita nella formulazione della domanda subordinata di risarcimento dei danni per equivalente, che è stata accolta in primo grado e non è stata appellata.

14. Il riferimento alla prescrizione decennale in ordine all’indennità di occupazione legittima, è fuor d’opera, in quanto il credito indennitario non è stato riconosciuto.

15. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo

PQM

Rigetta i ricorsi principale ed incidentale e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio, che si liquidano in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre accessori. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti principale ed incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi principale ed incidentale.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2018

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