Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29355 del 13/11/2019

Cassazione civile sez. III, 13/11/2019, (ud. 01/10/2019, dep. 13/11/2019), n.29355

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12401-2017 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato

ANTONIETTA CORETTI, che lo rappresenta e difende unitamente agli

avvocati VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO;

– ricorrente –

contro

S.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RODI 32,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPINA BONITO, rappresentato e

difeso dall’avvocato S.V.;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3347/2016 del TRIBUNALE di FOGGIA, depositata

il 24/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/10/2019 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA, che ha concluso per l’inammissibilità opposizione

agli atti esecutivi perchè tardiva;

udito l’Avvocato PASSARELLI MARIA per delega;

udito l’Avvocato S.V..

Fatto

I FATTI DI CAUSA

1. – Nel 2006 il Tribunale di Foggia condannava l’INPS a corrispondere ad un lavoratore agricolo una differenza in relazione al trattamento di disoccupazione, e lo condannava al pagamento di un terzo delle spese di lite (compensando il resto) in favore del difensore distrattario avvocato S.V..

2. – Nel 2013 l’avv. S., pur dando atto di aver ricevuto il pagamento della sorte capitale e di spese successive, intimava precetto all’INPS per altre spese che sosteneva essergli dovute, quindi procedeva al pignoramento presso terzi nei confronti dell’INPS.

3. – Il giudice dell’esecuzione, con provvedimento del 12 maggio 2015, dichiarava improcedibile la procedura esecutiva ritenendo non consentita la autoliquidazione del credito effettuata con il precetto, dichiarava l’estinzione della procedura e disponeva lo svincolo delle somme pignorate.

4. – Avverso questo provvedimento l’avv. S. proponeva direttamente opposizione agli atti esecutivi con ricorso depositato il 13 maggio 2015. Il giudice fissava il termine per la comparizione e il termine per la notifica del ricorso e del decreto, quindi adottava il 15 ottobre 2015 una ordinanza con la quale dichiarava l’incompetenza del tribunale adito, per essere competente per valore il giudice di pace1davanti al quale rimetteva la causa, e dichiarava estinta la procedura esecutiva.

5. – Con ricorso depositato in data 4 novembre 2015 l’avv. S. proponeva una seconda opposizione agli atti esecutivi contro quest’ultimo provvedimento del giudice dell’esecuzione, ed il g.e., non ritenendo di dover adottare provvedimenti, si limitava a fissare il termine per l’inizio del giudizio di merito davanti al giudice competente.

6. – Infine, l’avv. S. introduceva il giudizio di merito relativo alla seconda opposizione agli atti esecutivi citando l’INPS a comparire davanti al Tribunale di Foggia, ove il giudice monocratico pronunciava la sentenza n. 3347 del 20161 accogliendo l’opposizione agli atti esecutivi del S., revocando la ordinanza di improcedibilità, condannando l’Inps al pagamento delle spese di precetto e al pagamento delle spese di lite che liquidava in Euro 3.800,00 per onorari.

7. – l’INPS ricorre, affidandosi a cinque motivi illustrati da memoria, con atto notificato il 15/05/2017, per la cassazione della sentenza n. 3347 del 24/11/2016, in causa iscritta al n. 2624/16 r.g. del Tribunale di Foggia, con cui questo ha accolto l’opposizione agli atti esecutivi proposta dall’avv. S.V. contro il provvedimento del 15/10/2015 adottato dal g.e., a conclusione della fase sommaria della opposizione sempre da lui proposta (con ricorso dep. il 13/05/2015) avverso il precedente provvedimento del g.e., con cui era stata definita l’espropriazione presso terzi intrapresa dall’avvocato nei suoi confronti (per il recupero delle spese successive al pagamento della sorta capitale recata da una sentenza di quel tribunale in funzione di giudice del lavoro, che aveva pronunciato la distrazione delle spese di lite in suo favore), liberando nel contempo le somme pignorate.

8. – Resiste l’intimato con controricorso, illustrato da memoria e da produzione di documenti.

9. – La causa è stata dapprima avviata alla trattazione in adunanza camerale non partecipata, previa formulazione di una proposta di definizione in camera di consiglio ex art. 380-bis c.p.c., comma 1, , come modif. dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 ma il Collegio ha disposto la rimessione della causa alla pubblica udienza.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorrente propone cinque motivi: il primo, di “violazione degli artt. 616,617 e 618 c.p.c.”; il secondo, di “violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 93,409,617,618 e 618 bis c.p.c.”; il terzo, di “nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c.”; il quarto, di “violazione dell’art. 480 c.p.c.” in ordine alle spese successive al titolo autoliquidate dal precettante in precetto; il quinto, di “violazione o falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 91 c.p.c. e del D.M. n. 55 del 2014, art. 4”.

Preliminarmente il ricorso, proposto avverso una sentenza di primo grado, è ammissibile in quanto non vi è una esplicita qualificazione dell’azione introdotta nel procedimento impugnato in termini di opposizione all’esecuzione, che avrebbe imposto di utilizzare il mezzo di impugnazione dell’appello sulla base del principio dell’apparenza, e per contro l’opposizione è rettamente qualificabile come opposizione agli atti esecutivi atteso che con essa si contesta la regolarità dell’atto che definisce la fase sommaria.

Con il primo motivo, l’istituto deduce in via preliminare la nullità della sentenza impugnata, per aver ritenuto ammissibile la proposizione di una opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza che definiva la fase sommaria.

Ciò premesso, sulla base della ricostruzione dei fatti processuali faticosamente effettuata, attesa la loro scarsa linearità unita alla non chiara esposizione del ricorrente, ai limiti dell’inammissibilità, può dunque circoscriversi il thema decidendum evidenziando che la sentenza del Tribunale di Foggia oggetto del ricorso ha ad oggetto la impugnazione della ordinanza del 15.10.2015 con la quale il giudice dell’esecuzione, ha provveduto a definizione della fase sommaria di una opposizione agli atti esecutivi, ribadendo anche la estinzione di un procedimento di espropriazione, ovvero confermando quanto già statuito con precedente provvedimento del 12.5.2015, con il quale disponeva la liberazione delle somme pignorate.

Il motivo va accolto ed assorbe i successivi, in quanto l’opposizione non avrebbe mai potuto essere proposta, e la sentenza deve essere cassata senza rinvio.

E’ pacifico infatti che l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione chiude la fase sommaria, in quanto provvedimento privo di definitività, non è autonomamente impugnabile, nè con il ricorso straordinario di cui all’art. 111 Cost., in quanto priva di definitività (v. Cass. n. 25111 del 2015) e comunque non con l’opposizione agli atti esecutivi (v. Cass. n. 2353 del 2017), avendo la parte altri strumenti a fronte dell’omessa fissazione del termine per l’inizio del giudizio di merito: potrà tutelarsi dando direttamente inizio al giudizio di merito, ovvero formulando la richiesta di fissazione del termine (v. Cass. n. 5060 del 20141; Cass. 22033 del 2011).

Analoga soluzione non può adottarsi nel solo caso in cui con il provvedimento che conclude la fase sommaria non si sospenda ma addirittura si chiuda la procedura esecutiva. In questo caso, l’esigenza di salvaguardare il diritto del creditore a scongiurare il rischio della definitiva dispersione dei beni sottoposti ad esecuzione impone di ritenere ammissibile l’impugnazione del provvedimento “definitorio” con l’opposizione agli atti (v. Cass. n. 13108 del 2017).

Questa residuale ipotesi non ricorre però nel caso di specie, in cui risulta impugnato un provvedimento adottato a definizione della fase sommaria di una opposizione esecutiva che conteneva anche una affermazione di estinzione del processo esecutivo) a contenuto non decisorio) ma meramente ripetitivo e riepilogativo di quanto già statuito con un precedente provvedimento in tal senso mai revocato: tale provvedimento, in quanto privo di contenuto precettivo autonomo, non necessita nè, di conseguenza, può, essere autonomamente impugnato con opposizione agli atti esecutivi.

In accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio, perchè l’opposizione agli atti esecutivi non poteva essere proposta.

I restanti motivi rimangono assorbiti.

La particolarità della vicenda induce a compensare le spese del presente giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri; cassa senza rinvio la sentenza impugnata. Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 1 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2019

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