Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29351 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 23/12/2020), n.29351

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18918/2013 R.G. proposto da:

Vetor s.r.l., con gli avv.ti Francesco Napolitano e Alessandra

Militerno nel domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma,

via Po, n. 9;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ed ivi domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il

Lazio n. 242/10/2012, depositata il 23 novembre 2012, non

notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 luglio

2020 dal Co: Marcello M. Fracanzani.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La contribuente società è armatrice di natanti e stipulava contratti di associazione in partecipazione con la soc. Marnavi s.p.a. relativamente a due natanti, le motonavi cisterna “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)”, ciascuna in proprietà al 50% fra le due società.

Nel corso del 2003 la comproprietaria Marnavi s.p.a., nella sua qualità di unica armatrice, faceva svolgere opere di straordinaria manutenzione, ricevendo fattura dai prestatori di servizio e fornitori come prestazioni non imponibili Iva D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 8 bis rivalendosi verso Vetor s.r.l. per la propria parte di costi, emettendo nei suoi confronti due fatture, assoggettandole ad Iva che Vetor s.r.l. saldava ritualmente e portava poi in deduzione. Con avviso di accertamento notificato il 29 dicembre 2006, redatto su pvc formato e consegnato il 30 marzo 2006, l’Ufficio riprendeva a tassazione l’Iva dedotta su tali due fatture, per un totale di Euro 139.540,00, irrogando sanzioni per eguale importo.

Insorgeva la contribuente, affermando esistente l’operazione, assolta l’Iva e legittimamente dedotta, senza aver avuto alcun vantaggio fiscale e ritenendo comunque l’operazione soggetta ad Iva.

I gradi di merito erano sfavorevoli alla contribuente, che ricorre per cassazione affidandosi a due motivi di gravame, cui replica con controricorso l’Avvocatura generale dello Stato.

Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, la parte contribuente ha invocato lo ius superveniens in tema di sanzioni su controversie attinenti all’Iva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Vengono rappresentati due motivi di ricorso.

1. Con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione dell’art. 1, dell’art. 3, comma 1 e comma 3, u.p., dell’art. 8 bis, dell’art. 15, n. 3 e dell’art. 19, comma 1, ove la CTR avrebbe errato nel guardare al rapporto fra Marnavi s.p.a. ed i suoi fornitori per i lavori di straordinaria manutenzione, mentre avrebbe dovuto indagare il rapporto fra Marnavi s.p.a. e Vetor s.r.l., riconoscendone la soggezione ad Iva, quale rimborso per spese sostenute.

1.1. Occorre esaminare preliminarmente l’eccezione di parte pubblica, ove rileva introdursi qui motivo nuovo, cioè che il rapporto fra Marnavi e Vetor sia da ritenere come soggetto ad Iva, mentre nei gradi di merito il patrono privato avrebbe sostenuto essere operazione non imponibile. L’eccezione, così come posta, non esclude una difesa articolata, riscontrandosi nella gravata sentenza che l’unico profilo non contestato sia l’esenzione Iva dei lavori di straordinaria manutenzione svolti da terzi e sostenuti dall’armatore Marnavi, che poi ne trasferisce i costi di competenza all’associata Vetor, per la quota di sua competenza in adempimento del contratto di associazione in partecipazione. Altresì la sentenza gravata dà atto delle censure – mosse dalla società – che le operazioni rientrano nel campo di applicazione del tributo (cfr. pag. 3, secondo capoverso gravata sentenza). Seppure è vero che La CTR afferma, con accertamento in fatto non attinto dal ricorso, essere pacifico tra le parti che i costi riaddebitati alla società Vetor fossero relativi a operazioni esenti ex art. 8 bis, non di meno l’eccezione secondo cui vertendosi di riaddebito costi si tratterebbe di operazioni ricadenti nell’imponibile non può considerarsi nuova o esterna alla più ampia contestazione sempre mossa fin dal principiare del giudizio.

L’eccezione è quindi infondata ed il motivo può essere scrutinato 1.2. Sotto un primo profilo, questa Corte ha ritenuto che nel sistema dell’Iva, ove si considera il mandatario senza rappresentanza operatore in proprio (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3, comma 3, e art, 13, comma 2, lett. b)), le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate autonomi presupposti per l’applicazione del tributo anche nei rapporti tra mandante e mandatario. Ne consegue che le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte da un mandatario senza rappresentanza nell’interesse della controparte – ma in nome proprio – concorrono a formare la base imponibile (cfr. Cass. V, n. 28285/2013) ed ancora che, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 15, comma 1, n. 3, “le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte” non concorrono a formare la base imponibile, “purchè regolarmente documentate”. A tal fine, in epoca precedente alla L. 8 agosto 1991, n. 264, recante la “disciplina dell’attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto”, la quale ha previsto la redazione di un apposito registro-giornale (art. 6), la prova che le somme in questione costituissero anticipazioni in nome e per conto delle controparti poteva essere fornita in qualsiasi forma documentale, da cui risultasse il nominativo della controparte e la natura della prestazione svolta, la cui efficacia e attendibilità era rimessa al prudente apprezzamento, congruamente motivato, del giudice di merito (cfr. Cass. V, n. 13324/2011).

1.3. Nella fattispecie concreta, il pagamento delle fatture ai fornitori ed esecutori dei lavori di straordinaria manutenzione effettuato dal Marnavi s.p.a. non risulta configurarsi nè come anticipazione di mandatario senza rappresentanza di Vetor s.r.l., nè la fattura emessa verso quest’ultima può considerarsi rimborso di anticipazione fatta in nome e per conto di Vetor. Non di meno, per costante giurisprudenza di questa Corte occorre rilevare che in tema di IVA, ai sensi del D.P.R. 23 ottobre 1972, n. 633, art. 19 ed in conformità con l’art. 17 della direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, nonchè con gli artt. 167 e 63 della successiva direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006 n.

2006/112/CE, non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata a monte per l’acquisto o l’importazione di beni o servizi – ovvero per conseguire la prestazione di servizi necessari all’impresa – per il solo fatto che tali operazioni attengano all’oggetto dell’impresa e siano fatturate, poichè è, invece, indispensabile che esse siano effettivamente assoggettabili all’IVA nella misura dovuta, sicchè, ove l’operazione sia stata erroneamente assoggettata all’IVA, restano privi di fondamento il pagamento dell’imposta da parte del cedente, la rivalsa da costui effettuata nei confronti del cessionario e la detrazione da quest’ultimo operata nella sua dichiarazione IVA, con la conseguenza che il cedente ha diritto di chiedere all’Amministrazione il rimborso dell’IVA, il cessionario ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell’IVA versata in via di rivalsa, e l’Amministrazione ha il potere-dovere di escludere la detrazione dell’IVA pagata in rivalsa dalla dichiarazione IVA presentata dal cessionario (così Cass., V, n. 9946/2015; nello stesso senso anche Cass. V, n. 17299/2014 e n. 15536/2018, in linea con Cass. S.U. n. 10136/2009).

In altri termini, l’operazione – così come accertato dalla CTR e non controverso fra le parti – risulta quindi originariamente esente IVA e non poteva quindi esservi attratta nel passaggio dal comproprietario – committente al comproprietario obbligato in solido.

Il motivo è dunque infondato e va disatteso.

2. Con il secondo motivo si profila ancora censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 lamentandosi che al comportamento – in tesi – scorretto di Marnavi che avrebbe ricaricato l’Iva non dovuta, Vetor sia stata sanzionata per aver pagato l’Iva e poi averla dedotta, mentre la norma invocata consente al giudice tributario di merito di disapplicare le sanzioni non penali in caso di obbiettiva incertezza normativa.

Tale disposizione, in verità, prevede un apprezzamento motivato del giudice di merito che nella fattispecie ha ritenuto non sussistere i presupposti di incertezza inevitabile. Ed infatti, questa Corte ha ritenuto che in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, alla stregua del D.Lgs. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 postula una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita non già ad un generico contribuente, nè a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, nè all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere – dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (Cfr. Cass., V, n. 23845/2016).

Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

3. Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, la parte contribuente invoca lo ius superveniens, relativo alla L. n. 472 del 1997, art. 6, comma 6, come novellato dalla L. n. 205 del 2017 in punto di sanzioni per obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni soggette ad Iva, esplicitando potersi ora dedurre comunque l’imposta da parte del cessionario o committente, sanzionando eventualmente il suo illegittimo comportamento con pena pecuniaria. Il motivo è fondato ed il giudice del rinvio sarà tenuto a rivalutare la sanzioni irrogate alla luce dell’intervenuta disciplina più favorevole.

P.Q.M.

La Corte, decidendo sul ricorso, rigetta i motivi, cassa la sentenza impugnata limitatamente allo ius superveniens in materia di sanzioni e rinvia alla CTR per il Lazio per la loro rideterminazione, demandando anche la regolazione delle spese del presente grado di giudizio.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

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