Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2935 del 07/02/2020

Cassazione civile sez. I, 07/02/2020, (ud. 17/09/2019, dep. 07/02/2020), n.2935

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19515/2018 proposto da:

D.I., elettivamente domiciliato in Roma Viale Angelico 38

presso lo studio dell’avvocato Marco Lanzilao, che lo rappresenta e

difende in forza di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale Per il Riconoscimento Della Protezione

Internazionale Di Roma, Ministero Dell’interno (OMISSIS),

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, R.G. n. 82378/2017

depositato il 31/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/09/2019 dal Consigliere Dott. IRENE SCORDAMAGLIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Roma, con decreto pubblicato il 31 maggio 2018, ha rigettato il ricorso presentato da D.I., cittadino della (OMISSIS), contro il provvedimento, emesso dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma, di diniego della richiesta di protezione internazionale, anche sub specie di protezione umanitaria.

A motivo della decisione, il Tribunale, dopo avere evidenziato come non ricorressero i presupposti nè della protezione maggiore, nè di quella sussidiaria, quanto alla protezione umanitaria (la sola oggetto di ricorso per cassazione), ha osservato come la relativa istanza non potesse essere accolta, non essendo stati allegati dal richiedente, nè risultando altrimenti comprovati, elementi attestanti una situazione di particolare e personale vulnerabilità ovvero l’esistenza in Italia di significativi legami familiari, posto che, anzi, nel Paese di origine – non interessato, peraltro, da attuali focolai di conflittualità politica o sociale tali da esporre a rischio generalizzato la popolazione civile – egli aveva moglie, figli e suoceri, tutti in buone condizioni, così da doversi escludere l’eventualità di isolamento socio – affettivo in caso di rimpatrio.

2. Il ricorso per cassazione consta di un solo motivo, che denuncia il vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19 non avendo la Corte territoriale correttamente interpretato ed applicato le dette norme, che impongono il rilascio del permesso umanitario in presenza di gravi motivi umanitari e vietano il rimpatrio dello straniero ove sussistano oggettive e gravi situazioni tali da esporre a pericolo lo straniero: tra queste, il grave vulnus per la salute nel quale sarebbe potuto incappare il richiedente a cagione dell’estrema penuria alimentare, registrata nel Paese di origine, come conseguenza del significativo tasso di instabilità politico-economico-sociale, ivi esistente.

3. L’intimato Ministero dell’Interno non si è costituito in giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Il ricorso è inammissibile, risultando generiche le doglianze in esso articolate – riferite al solo profilo del diniego della protezione umanitaria -, in quanto meramente enunciative di proposizione astratte, del tutto svincolate da qualsivoglia concreto riferimento alla specifica vicenda per cui è processo.

4.2. In particolare, il motivo cui esso è affidato non si misura affatto con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha negato la protezione umanitaria osservando come non risultassero allegati, nè altrimenti comprovati, seri motivi umanitari connessi ad una situazione di particolare vulnerabilità del richiedente ovvero l’esistenza in Italia di suoi significativi legami familiari. A fronte di tale argomentazione il ricorrente si è limitato ad invocare una compromissione del diritto alla salute e all’alimentazione che, per un verso, non risulta sia stato allegato nella precorsa fase di merito – ed è da rimarcare, in proposito, che anche in tema di protezione internazionale il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 27336 del 29/10/2018, Rv. 651146 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 19197 del 28/09/2015, Rv. 637125 01) – e che, per altro verso, non appare affatto circostanziato con riguardo alla persona della richiedente: evenienza, quest’ultima, pure munita di sicura rilevanza, giacchè la violazione dei diritti umani inalienabili, che può giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria, deve “necessariamente correlarsi alla vicenda personale del richiedente, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6” (Sez. 1 -, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298, in motivazione).

4.3. Il profilo di censura relativo al riconoscimento della protezione umanitaria in applicazione del principio di non respingimento resta anch’esso genericamente articolato.

Sebbene il detto principio non abbia rilevanza autonoma nella delibazione da compiersi in materia di riconoscimento della protezione umanitaria, dovendo essere piuttosto preso in considerazione ai fini della valutazione dell’esistenza di eventuali cause ostative nella successiva fase dell’espulsione dello straniero, va evidenziato che, in ogni caso, nella vicenda che occupa è privo di qualsivoglia significato dimostrativo, in difetto di una perspicua allegazione circa l’estremo del “danno grave” corso dal richiedente.

5. Le anzidette ragioni determinano l’inammissibilità del ricorso. Nulla è dovuto a titolo di spese, l’intimato non essendosi costituito in giudizio. Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla è dovuto a titolo di spese. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, ove dovuto, a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2020

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