Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29345 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. II, 28/12/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 28/12/2011), n.29345

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

E.V., (OMISSIS) rappresentata e difesa, in

forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti Spataro

Giuseppe e Fausto Buccellato del foro di Roma, ed elettivamente

domiciliata presso loro studio in Roma, viale Angelico, n. 45;

– ricorrente –

contro

T.G., (OMISSIS) rappresentata e difesa

dall’Avv.to De Marco Franco de foro di Udine e dall’Avv.to

Fiaccavento Mario del foro di Siracursa, in virtù di procura

speciale apposta su foglio separato, ed elettivamente domiciliata

presso lo studio dell’Avv.to Prof. C. Punzi in Roma, viale Bruno

Buozzi, n. 99;

– controricorrente –

e contro

Q.S.C.;

– controricorrente non intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 673/04

depositata il 7 giugno 2004;

Udita la relazione della causa svolta nella c.c. del 20 ottobre 2011

dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. APICE Umberto, che – in assenza delle parti costituite

– ha concluso per l’improcedibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 10 giungo 1993 G. T. evocava in giudizio, dinanzi al Tribunale di Palermo, E.V. per sentire dichiarate risolto di diritto e, in subordine, per grave inadempimento della convenuta, il contratto preliminare stipulato fra le parti il 4.11.1984 avente ad oggetto la vendita di un appezzamento di terreno con insistente fabbricato sito in Comune di (OMISSIS), distinto al catasto al foglio 15, particelle 45 e 305.

Instauratosi il contraddittorio, la convenuta, nel costituirsi, contestava il fondamento della pretesa attorea, per avere provveduto al pagamento delle somme dovute prima della stipula dell’atto pubblico (L. 42.000.000 su un totale di L. 87.000.000) e per avere messo in mora in data 10.4.1993 l’attrice ed il marito della stessa, comproprietario degli immobili promessi in vendita, a comparire avanti al notaio per la stipula del definitivo, il quale non aveva seguito, in riconvenzionale chiedeva pronuncia di sentenza ex art. 2932 c.c., il Tribunale adito, atteso che il preliminare di vendita era stato sottoscritto anche da Q.S.C., marito della T., ne ordinava la chiamata in giudizio, assegnando termine perentorio per l’adempimento. Accertata la mancata citazione del Q., ed eccepita dalla convenuta l’estinzione del giudizio ex art. 307 c.p.c., il Tribunale, disattesa l’eccezione di estinzione, accoglieva la domanda attorea e dichiarava risolto il contratto preliminare di vendita stipulato fra le parti il 4.11.1983, con condanna della E. al rilascio dell’appezzamento di terreno con insistente fabbricato, rigettata la domanda riconvenzionale e le altre domande attoree.

In virtù di rituale appello interposto dalla E., con il quale lamentava che il giudice di prime cure non avesse pronunciato sull’eccezione di estinzione, nonchè l’accoglimento della domanda di risoluzione del preliminare, la Corte di appello di Palermo, nella resistenza della T., che proponeva appello incidentale, rimasto contumace il Q. (regolarmente citato dalla appellante), rigettava il gravame.

A sostegno dell’adottata sentenza, la Corte territoriale evidenziava che correttamente il giudice di prime cure aveva ritenuto di non accogliere l’eccezione di estinzione del giudizio in quanto il Q., comproprietario degli immobili, era litisconsorte necessario rispetto alla domanda riconvenzionale di trasferimento de bene, ma non rispetto alla domanda principale di risoluzione del contratto preliminare, mancando nel contratto qualsiasi riferimento alla procura cui la T. si assumeva titolare, procura che necessariamente doveva rivestire forma scritta dal combinato disposto degli artt. 1392 e 1351 c.c..

Aggiungeva che, comunque, l’atto aveva raggiunto il suo scopo in quanto la E. aveva notificato al Q. l’atto di chiamata.

Affermava, inoltre, che la censura della sentenza impugnata per avere accolto la domanda di risoluzione per inadempimento della promissaria acquirente era inammissibile in quanto il contratto era stato risolto per inosservanza del termine essenziale. Rigettava anche l’appello incidentale.

Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Palermo ha proposto ricorso per cassazione la E., che risulta articolato su tre motivi, al quale non ha replicato con memoria scritta la T., pur depositata in atti procura speciale nei termini.

All’udienza del 1 marzo 2011 questa Corte, alla presenza del solo difensore di parte ricorrente, ha disposto l’integrazione del contraddittorio mediante notifica del ricorso a C. (per mero errore indicato quale ” S.”) Q., contraddittore necessario nel giudizio di legittimità.

A norma degli artt. 366 e 375 c.p.c., gli atti sono stati trasmessi al Procuratore Generale, il quale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi improcedibile il ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La ricorrente, come emerge dalla certificazione della cancelleria in atti, non ha provveduto ad integrare il contraddittorio ed è noto che l’inadempimento anche solo parziale al relativo ordine di integrazione determina l’inammissibilità dell’impugnazione e, come questa Corte ha avuto modo di precisare, non l’improcedibilità ex art. 371 bis c.p.c., che si riferisce al difetto del successivo adempimento del deposito del ricorso debitamente notificato (v. Cass. 5 maggio 2010 n. 10863; Cass. 2 luglio 2003 n. 10463; Cass. 4 aprile 2001 n. 4986).

Va solo precisato che l’integrazione del contraddittorio è stata disposta con riferimento a C. (per mero errore materiale riportata nell’ordinanza adottata nell’udienza del 1.3.2011 il nome ” S.”) Q., in quanto comproprietario degli immobili promessi in vendita.

Per il principio della soccombenza le spese processuali del presente giudizio vanno poste a carico della ricorrente.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;

condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2A Sezione Civile, il 20 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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