Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29342 del 13/11/2019

Cassazione civile sez. III, 13/11/2019, (ud. 13/09/2019, dep. 13/11/2019), n.29342

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 16745 dell’anno 2016 proposto da:

EQUITALIA SUD S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del

rappresentante per procura D.G.A. rappresentato e difeso,

giusta procura a margine del ricorso, dall’avvocato Maria Rosaria

Savoia (C.F.: SVAMRS69H671119K);

– ricorrente –

nei confronti di:

P.C.D., (C.F.: (OMISSIS));

– intimato –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Taranto n.

4069/2015, depositata in data 30 dicembre 2015;

udita la relazione sulla causa svolta alla Camera di consiglio del 13

settembre 2019 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.C.D. ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., nel corso di un processo di espropriazione forzata di crediti promosso nei suoi confronti dal locale agente della riscossione, Equitalia Sud S.p.A.. L’opposizione è stata accolta dal Tribunale di Taranto.

Ricorre Equitalia Sud S.p.A., sulla base di cinque motivi.

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimato.

Il ricorso è stato trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Nullità della sentenza – violazione dell’art. 618 c.p.c., comma 2 e dell’art. 24 Cost. – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, punto 3) e 4)”.

Con il secondo motivo si denunzia “Nullità della sentenza per violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 – violazione dell’art. 112 c.p.c. – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, punto 3)”.

Con il terzo motivo si denunzia “Nullità della sentenza per inammissibilità dell’azione in primo grado per intervenuta decadenza; violazione dell’art. 617 c.p.c. – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, punto 4)”.

Con il quarto motivo si denunzia “Nullità della sentenza – Validità probatoria della documentazione prodotta in primo grado (estratti di ruolo – relata di notifica – avvisi di ricevimento); violazione e falsa applicazione degli artt. 2700 e 2718 c.c., D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 25,49 e 57; del combinato disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60; falsa applicazione dell’art. 137 c.p.c.; D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 5, comma 5, D.M. n. 321 del 1999, artt. 1 e 6, art. 2700 c.c. – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, punto 3)”.

Con il quinto motivo si denunzia “Violazione dell’art. 112 c.p.c. – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, punto 4)”.

Il primo motivo è fondato, il che assorbe ogni altra censura.

La ricorrente deduce che il procedimento per la trattazione dell’opposizione agli atti esecutivi proposta dal debitore, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., comma 2, con ricorso al giudice dell’esecuzione, non si sarebbe svolto secondo le modalità previste dalla legge (art. 618 c.p.c.), con la necessaria preliminare fase sommaria davanti allo stesso giudice dell’esecuzione, l’eventuale emissione dei provvedimenti indilazionabili e la fissazione del termine per la successiva (anch’essa solo eventuale) instaurazione della fase di merito a cognizione piena.

Il giudice dell’esecuzione, cui spettava esclusivamente la iniziale trattazione del procedimento (nella sua preliminare fase sommaria) avrebbe infatti trattenuto la causa in decisione, pronunciando egli stesso sentenza definitiva di merito.

Orbene, effettivamente risulta dagli atti che lo svolgimento del procedimento di opposizione agli atti esecutivi non ha rispettato la necessaria distinzione tra fase sommaria e successiva fase di merito a cognizione piena, in violazione di quanto previsto dall’art. 618 c.p.c. (analogamente del resto a quanto previsto dagli artt. 616 e 619 c.p.c., per le altre opposizioni esecutive).

Sebbene risulti che la parte opponente abbia proceduto regolarmente alla instaurazione della fase sommaria del suddetto procedimento, con ricorso al giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., comma 2, quest’ultimo (dopo aver sospeso l’esecuzione, provvedimento cautelare a lui riservato e che egli solo può emettere, nella fase sommaria del procedimento, ciò che conferma quanto appena osservato) non ha proceduto nelle forme previste dalla legge, finendo per sovrapporre, arbitrariamente e del tutto illegittimamente, le due indicate fasi del giudizio di opposizione (e cioè la prima inderogabile fase sommaria che si deve svolgere davanti allo stesso giudice dell’esecuzione e la successiva eventuale fase di merito a cognizione piena, che si svolge, solo a seguito di iniziativa di una delle parti, davanti al giudice competente per materia e/o territorio).

Egli avrebbe dovuto limitarsi a trattare la fase preliminare sommaria del procedimento, ai sensi dell’art. 618 c.p.c., emettendo, anche di ufficio, gli eventuali provvedimenti indilazionabili e comunque fissando il termine per la instaurazione della fase di merito a cognizione piena del giudizio di opposizione.

Al contrario, il giudice dell’esecuzione, oltre alla fase sommaria (definita, come emerge dalla sentenza, con la sospensione dell’esecuzione), ha direttamente provveduto anche alla trattazione della fase a cognizione piena dell’opposizione, riservando la causa per la decisione all’udienza del 18 settembre 2013 (senza che risulti lo svolgimento dell’udienza di prima comparizione e l’assegnazione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, per la precisazione delle domande e l’integrazione dei mezzi istruttori, e senza che risulti espressamente, in verità, neanche l’avvenuta assegnazione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali).

E’ stato ormai definitivamente affermato da questa Corte (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25170 del 11/10/2018, Rv. 651161 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 28848 del 12/11/2018, Rv. 651505 – 01) che la fase preliminare sommaria delle opposizioni esecutive che deve svolgersi davanti al giudice dell’esecuzione non è facoltativa, trattandosi al contrario di una fase del procedimento necessaria e inderogabile, il cui svolgimento non può essere omesso per volontà delle parti (e, tanto meno, per iniziativa del giudice).

Nelle pronunzie appena richiamate è stato altresì chiarito che, laddove la fase sommaria non venga neanche introdotta, per una scelta o comunque per un errore imputabile alla parte, la quale, invece di proporre il ricorso al giudice dell’esecuzione per lo svolgimento di essa, introduca direttamente il giudizio di merito a cognizione piena (sempre che il vizio non sia stato sanato attraverso la trasmissione di ufficio degli atti allo stesso giudice dell’esecuzione o la richiesta della parte in tal senso, entro il termine di cui all’art. 617 c.p.c.), la conseguenza è la dichiarazione di improponibilità della domanda di merito; se, invece, la parte abbia correttamente adito il giudice dell’esecuzione con ricorso, la trasmissione del ricorso allo stesso giudice dell’esecuzione è atto dovuto e la sua eventuale omissione costituisce un errore imputabile all’ufficio, con la conseguenza che l’eventuale rispetto del termine di cui all’art. 617 c.p.c., deve valutarsi con riguardo alla data di deposito del ricorso stesso e non alla data in cui di esso sia richiesta o disposta la trasmissione al giudice dell’esecuzione.

Sotto altro aspetto, è stato sancito, in diversi ulteriori precedenti di questa Corte, che, laddove il giudice dell’esecuzione, correttamente adito ai sensi dell’art. 615 o dell’art. 617 c.p.c., invece di limitarsi a svolgere la fase sommaria del procedimento e a fissare il termine per l’instaurazione del giudizio di merito a cognizione piena, emetta direttamente la sentenza di merito, senza peraltro neanche osservare le corrette modalità di svolgimento del giudizio contenzioso e senza far precisare le conclusioni di merito, si determina la nullità del procedimento e della stessa sentenza di merito (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21258 del 20/10/2016, Rv. 642952 – 01; Sez. 6 3, Ordinanza n. 19061 del 31/07/2017, Rv. 645354 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 25255 del 25/10/2017, Rv. 646826 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 26830 del 14/11/2017, Rv. 646639 – 02). Coordinando gli indicati indirizzi, deve quindi concludersi che, nella specie, effettivamente sussiste la dedotta nullità del procedimento e della sentenza impugnata, che di conseguenza va cassata.

Non è possibile in questa sede prendere in considerazione eventuali vizi o irregolarità dello svolgimento della fase sommaria, in quanto in relazione ai suddetti vizi, omissioni o irregolarità non è ammissibile alcuna censura in sede di legittimità, trattandosi di procedimento sommario non idoneo a sfociare in una decisione definitiva su diritti (giurisprudenza costante di questa Corte: cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22033 del 24/10/2011, Rv. 620286 – 01; conf., ex multis: Sez. 3, Sentenza n. 10862 del 28/06/2012, Rv. 623104 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 5060 del 04/03/2014, Rv. 630644 – 01; Sez. 6 3, Ordinanza n. 25111 del 14/12/2015, Rv. 638308 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12170 del 14/06/2016, Rv. 640317 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 25902 del 15/12/2016, Rv. 642321 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9652 del 13/04/2017, Rv. 643828 – 01).

Le parti devono peraltro essere messe in condizioni di valutare se instaurare il giudizio di merito a cognizione piena, ciò che è stato loro impedito, dal momento che il giudice dell’esecuzione non solo ha omesso di fissare il termine per la sua instaurazione, ma ha addirittura deciso illegittimamente la relativa controversia, pur non avendo nessuna delle stesse parti, cui tale attività è riservata dagli artt. 616,618 e 619 c.p.c., proposto il relativo (nuovo e necessario) atto introduttivo.

Deve in altri termini, a seguito della cassazione della sentenza illegittimamente pronunciata sul merito dell’opposizione, rimanere consentito alle parti (e cioè sia alla parte opponente che alla parte opposta, anche in relazione all’esito della fase cautelare, ai sensi dell’art. 624 c.p.c.) di valutare se instaurare o meno la fase di merito a cognizione piena della stessa, laddove lo ritengano opportuno (eventualmente anche chiedendo al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 289 c.p.c., la fissazione all’uopo di un termine perentorio, secondo quanto chiarito dalla richiamata Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22033 del 24/10/2011, Rv. 620286 – 01). E’ infatti appena il caso di osservare che, finchè non sia rimossa la sentenza che ha deciso il merito dell’opposizione, la proposizione della fase di merito del giudizio stesso è ovviamente da ritenersi impedita (per il principio del ne bis in idem); solo una volta rimossa la suddetta decisione, sarà possibile l’eventuale instaurazione, secondo le corrette modalità, della fase di merito del giudizio di opposizione, ed il relativo termine non potrà che decorrere dal momento della cassazione della illegittima decisione impeditiva, cioè dalla presente sentenza (cfr. di recente, in ipotesi analoga alla presente: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 18332 del 09/07/2019, decisione ancora non massimata, peraltro emessa all’esito della pubblica udienza della Terza Sezione Civile, nell’ambito della particolare metodologia organizzativa adottata dalla suddetta sezione per la trattazione dei ricorsi su questioni di diritto di particolare rilevanza in materia di esecuzione forzata – cd. “progetto esecuzioni”, sul quale v. già Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 26049 del 26/10/2018, nonchè Sez. 6-3, Ordinanza n. 4964 del 20/02/2019,).

In definitiva: la sentenza impugnata va cassata senza rinvio; la presente decisione non potrà comportare alcun effetto sulla fase sommaria dell’opposizione (ormai definitivamente chiusa); saranno invece da ritenersi riaperti, in conseguenza della cassazione della decisione di merito, i termini per l’eventuale instaurazione della fase a cognizione piena del giudizio di merito dell’opposizione.

2. Il primo motivo del ricorso è accolto, nei sensi di cui in motivazione, assorbiti gli altri.

La sentenza impugnata è cassata senza rinvio.

Le spese del giudizio di merito possono essere integralmente compensate, in ragione delle precedenti incertezze giurisprudenziali (che solo di recente hanno trovato definitivo chiarimento nella giurisprudenza di questa Corte) sulla inderogabilità della fase sommaria delle opposizioni esecutive e dell’anomala trattazione del procedimento da parte del giudice di merito.

Le spese del giudizio di legittimità seguono invece la (sostanziale) soccombenza.

PQM

La Corte:

– accoglie il primo motivo del ricorso, nei sensi di cui in motivazione, assorbiti gli altri;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, senza rinvio;

– compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di merito;

– condanna l’intimato a pagare, in favore della ricorrente, le spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA