Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2934 del 16/02/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 2934 Anno 2016
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: ROSELLI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 3893-2013 proposto da:
BOSAZZI REMIGIO C.F. BSZRMG48A15F952U, elettivamente
domiciliato in RONA, VIA ASIAGO 8, presso lo studio
dell’avvocato SILVIA VILLANI, rappresentato e difeso
dall’avvocato ROBERTO DAMONTE, giusta delega in atti;
– ricorrente 2015
4790

contro

COMUNE GENOVA C.F. 00856930102, in persona del Sindaco
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato
GABRIELE PAFUNDI, che lo rappresenta e difende

Data pubblicazione: 16/02/2016

unitamente all’avvocato RAFFAELLA MARIA PARODI, giusta
delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1242/2012 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 10/01/2012 r.g.n. 628/2009;

udienza del 10/12/2015 dal Consigliere Dott. FEDERICO
ROSELLI;
udito l’Avvocato DOMONTE ROBERTO;
udito l’Avvocato ROMANELLI EMANUELA per delega
Avvocato PAFUNADI GABRIELE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per

l’inammissibilità

rigetto.

del

ricorso – in
)

subordine

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

2;531i3
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 10 gennaio 2012 la Corte d’appello di Genova
confermava la decisione di primo grado con cui il Tribunale aveva rigettato
la domanda proposta da Remigio Bosazzi contro il Comune ed intesa alla
riassunzione in servizio ed al pagamento delle retribuzioni maturate dal
giorno del suo arresto per una imputazione penale, poi seguita da condanna
La Corte osservava che, dopo la conclusione del procedimento penale, il
Comune aveva licenziato il Bosazzi per giusta causa ed il provvedimento
era stato ritenuto legittimo dal Consiglio di Stato con decisione passata in
giudicato. Non esisteva alcuna norma che gli attribuisse il diritto alla
riassunzione. In particolare, l’invocato art.10 1. 7 febbraio 1990 n.19
prevedeva espressamente la riammissione in servizio solo se all’impiegato
condannato in sede penale non fosse stata in sede disciplinare inflitta la
destituzione, eventualità che non si era verificata nel caso di specie.
La decisione del Consiglio di Stato, che aveva riconosciuto soltanto le
spettanze “di garanzia e di mantenimento”, era passata in giudicato onde il
giudice ordinario di primo grado esattamente aveva nrgato il diritto alle
retribuzioni.
Contro questa sentenza ricorre per cassazione il Bosazzi mentre il Comune
di Genova resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt.3, 35, 97
Cost., 12 preleggi e 10 1. n.19 del 1990, osservando che, subita dal pubblico
impiegato un’applicazione di pena exart.444 cod. proc. pen., la legge non
vieta la riammissione in servizio dopo l’espiazione, ed anzi la tutela
costituzionale dell’eguaglianza sostanziale, del lavoro e del buon
andamento della pubblica amministrazione dovrebbero indurre a colmare la
lacuna normativa nel senso favorevole al lavoratore.
Il motivo non è fondato.

passata in giudicato.

185311′)
Non esiste nel caso di specie alcuna lacuna normativa ma l’invocato
art.10, comma 3, 1. n.19 del 1990 stabilisce al contrario: “La riammissione
(dopo la destituzione di diritto) è concessa solo se all’esito del
procedimento disciplinare, che deve essere proseguito o promosso entro
novanta giorni dalla ricezione della domanda di riammissione da parte
dell’amministrazione competente e che deve essere concluso entro i
Nel caso in esame l’espulsione è stata inflitta con provvedimento dichiarato
legittimo dal Consiglio di Stato, la cui decisione è passata in giudicato, con
la conseguente esattezza della sentenza qui impugnata.
Col secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art.2909 cod.
civ. e difetto di motivazione. Egli trascrive un brano della sentenza del
T.A.R. Liguria n.455 del 1998, in cui si parla di difetto “di congrua
motivazione” del provvedimento comunale di destituzione; afferma la
mancanza d’impugnazione di questa affermazione, posta a base della
sentenza di accoglimento dell’impugnativa dello stesso provvedimento, e di
conseguenza assume la violazione, da parte della sentenza qui impugnata,
di quella che secondo lui è una cosa giudicata.
Il motivo è inammissibile per inosservanza dell’art.366 n.4 cod. proc. civ. e
del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in esso espresso.
Infatti per verificare la fondatezza della doglianza il ricorrente avrebbe
dovuto trascrivere, nella parte che qui interessa, l’atto d’appello del Comune
contro la sentenza del T.A.R., ciò che avrebbe permesso di identificare la
parte di essa asseritamente non toccata dall’impugnazione.
Rigettato il ricorso, le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali in euro cento/00, oltre ad euro quattromila per compenso
professionale, più accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.p.R. n.115 del 2002, dà atto della

2

successivi novanta giorni, non venga inflitta la destituzione”.

12t3ì’5
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma il 10 dicembre 2015

il Presidente ed estensore

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