Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2934 del 07/02/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 2934 Anno 2013
Presidente: VENUTI PIETRO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 20652-2008 proposto da:
BANCA

SELLA

S.P.A.,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA,
PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio legale TRIFIRC’ &
PARTNERS, rappresentata e difesa dagli avvocati
TRIFIRO’ SALVATORE, MOLTENI GIORGIO, giusta delega in
2012

atti;
– ricorrente –

3798

contro

STORELLI ERIKA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 07/02/2013

VACIRCA SERGIO,

che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LALLT CLAUDIO, giusta delega
in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 953/2007 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/11/2012 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato PAOLO ZUCCHINALI per delega TRIFIRO’
SALVATORE e MOLTENI GIORGIO;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

di TORINO, depositata il 07/08/2007, r.g.n. 554/07;

R.G. n. 20652/08
Ud. 14 nov. 2012

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
2007,

in riforma della

sentenza di primo grado, ha annullato il licenziamento intimato a Storcili Erika
dalla Banca Sella S.p.A., ordinando alla Banca di reintegrare la dipendente nel
posto di lavoro, di corrisponderle le retribuzioni globali di fatto dalla data di
licenziamento sino a quella della effettiva reintegra, dedotto l’importo al lordo
percepito dalla ricorrente dal giugno

2005,

data in cui la ricorrente aveva trovato

una nuova occupazione, e di versare i relativi contributi assistenziali e
previdenziali.
La Corte territoriale ha ritenuto che la consulenza grafica disposta dal
Tribunale, la quale aveva accertato la falsità della firma apposta sul documento
contabile con il quale era stata effettuata un’operazione di addebito di C 869,31
sul conto corrente intestato a 13ajocatto Alessandro, non costituisse elemento
idoneo a far ritenere la falsità della firma ivi apposta. Anzi doveva escludersi una
siffatta evenienza, dal momento che il predetto Bajocatto, nel corso dell’esame
testimoniale, aveva affermato che la firma apposta sul documento contabile
esibitogli era sua. A fronte di tale affermazione, da un lato la consulenza grafica
non avrebbe dovuto trovare ingresso nel giudizio, dall’altro non poteva ritenersi
che la stessa, così come aveva affermato il Tribunale, costituisse elemento
sufficiente per considerare apocrifa la firma in questione.
Sotto altro profilo, ad avviso della Corte del merito, non vi era proporzione tra
la mancanza addebitata alla dipendente e la sanzione espulsiva, atteso che
l’operazione bancaria corrispondeva effettivamente alla volontà dispositiva del
cliente, il quale non aveva subito alcun danno. Parimenti alcun danno
all’immagine aveva subito la Banca, tenuto conto che in definitiva l’operazione
era stata autorizzata.
Per la riforma della sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Banca sulla
base di due motivi.
La lavoratrice resiste con controricorso. La Banca ha depositato memoria ex
art. 378 c.p.c.

La Corte di Appello di Torino, con sentenza del io luglio

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MOTIVI DELLA DECISIONE
i. Con il primo motivo, denunziando omessa, insufficiente e/o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio
(art. 360, primo comma, n. 5 c.p.e.), la ricorrente deduce che le dichiarazioni del
teste Bajocatto, che la Corte territoriale ha assunto a base della decisione, non
sono attendibili, atteso che all’epoca del licenziamento il medesimo, come da lui
Né il fatto che il teste avesse mensilmente l’obbligo di pagare gli alimenti
per il figlio esclude che la firma possa essere stata falsificata dalla Storelli.
In tale situazione bene ha fatto il Tribunale a disporre la perizia grafica, la
quale ha definitivamente chiarito — dopo aver preso in esame, contrariamente a
quanto affermato nella sentenza impugnata, le osservazioni del consulente
tecnico di parte della Storcili — che la firma apposta sul documento contabile era
falsa.
2. Con il secondo motivo, cui fa seguito il relativo quesito di diritto, la
ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2106 e

2119

c.c., in

relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.
Deduce che la sentenza impugnata ha ritenuto che, in ogni caso, la sanzione
inflitta non fosse proporzionata all’entità del fatto, sul rilievo che la condotta della

Storcili non aveva procurato alla Banca alcun danno, nemmeno potenziale, posto
che la disposizione bancaria in questione era comunque conforme alla volontà
dispositiva del cliente.
Un siffatto argomentare, ad avviso della ricorrente, non tiene conto del
fatto che, a prescindere dal danno, la condotta della dipendente ha fatto venir
meno irrimediabilmente la fiducia che sta alla base del rapporto di lavoro.
3. Il primo motivo non è fondato.
E’ principio consolidato di questa Corte che in tema di licenziamento per
giusta causa, ai fini della proporzionalità fra fatto addebitato e recesso, viene in
considerazione ogni comportamento che, per la sua gravità, sia suscettibile di
scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del
rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, dovendosi ritenere
determinante, a tal fine, l’influenza che sul rapporto di lavoro sia in grado di
esercitare il comportamento del lavoratore che, per le sue concrete modalità e per
il contesto di riferimento, appaia suscettibile di porre in dubbio la futura
correttezza dell’adempimento e denoti una scarsa inclinazione ad attuare

affermato, aveva una relazione con la Stordii.

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diligentemente gli obblighi assunti, conformando il proprio comportamento ai
canoni di buona fede e correttezza (cfr., fra le altre, Cass.
14586; Cass. 26 luglio

2010 11.

17514; Cass. 13 febbraio

2012

22

giugno

2009

n.

n. 2013).

La gravità dell’inadempimento deve essere valutata nel rispetto della regola
generale della “non scarsa importanza” di cui all’art. 1455 c.c., sicchè l’irrogazione
della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di
consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro per essersi irrimediabilmente
incrinato il rapporto di fiducia, da valutarsi in concreto in considerazione della
realtà aziendale e delle mansioni svolte (Cass. io dicembre

2007

n. 25743).

Inoltre va assegnato rilievo all’intensità dell’elemento intenzionale, al
grado di affidamento richiesto dalle mansioni, alle precedenti modalità di
attuazione del rapporto, alla durata dello stesso, all’assenza di pregresse sanzioni,
alla natura e alla tipologia del rapporto medesimo (Cass. 13 febbraio

2012

n.

2013).
Il giudizio di proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito
contestato è devoluto al giudice di merito, la cui valutazione non è censurabile in
sede di legittimità, ove sorretta da motivazione sufficiente e non contraddittoria
(Cass. 25 maggio

2012 n.

8293; Cass. 7 aprile

2011

n. 7948; Cass. 15 novembre

2006 n. 24349)

E’ stato infine precisato da questa Corte che il controllo sulla congruità e
sufficienza della motivazione, consentito dall’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.,
non deve risolversi in nuovo giudizio di merito attraverso una autonoma, propria
valutazione delle risultanze degli atti di causa, risultando ciò estraneo alla
funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità (cfr. Cass. 26 luglio
2010 n.

17514; Cass. 23 febbraio

Cass. 7 giugno

2005

2009 n.

4369; Cass. io dicembre 2007 n. 2 5743;

n. 11789).

Nella fattispecie in esame la Corte di merito, con motivazione congrua e

priva di vizi logici, ha valutato i fatti nella loro interezza, attribuendo rilievo
decisivo alla circostanza che il teste Bojacatto, la cui firma era stata asseritamente
falsificata, ha viceversa affermato che essa era stata apposta da lui ed era relativa
ad un bonifico per il pagamento degli alimenti a favore del figlio, bonifico peraltro
effettuato mensilmente.
La Corte ha ritenuto tali dichiarazioni attendibili e coerenti, da un lato
perché al momento dell’esame testimoniale il teste non era più legato da alcun

un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali, tale cioè da non

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vincolo con la ricorrente, dall’altro perché tali affermazioni si inserivano in un
contesto del tutto piano e trasparente, che offriva sufficienti garanzie per ritenere
genuina la deposizione.
Ha quindi affermato che la consulenza grafica non era in grado di scalfire
le dichiarazioni del teste, tenuto conto dei limiti probatori che il predetto mezzo
istruttorio obiettivamente offre e degli elementi contrari risultanti dalla prova
Alla stregua di tali coerenti e compiute argomentazioni ritiene questo
Collegio che la decisione impugnata si sottragga alle censure che le vengono
mosse, essendo peraltro in linea con i principi in materia affermati da questa
Corte.
E’ stato in particolare ritenuto che nel procedimento di verificazione della
scrittura privata, il giudice del merito, ancorchè abbia disposto una consulenza
sull’autografia di una sottoscrizione disconosciuta, ha il potere-dovere di formare
il proprio convincimento sulla base di ogni altro elemento di prova
obiettivamente conferente, comprese le risultanze della prova testimoniale, senza
essere vincolato ad alcuna graduatoria fra le varie fonti di accertamento della
verità (Cass.

20

aprile 2007 n. 9523; Cass. i marzo

2002

n. 3009; Cass. 17

dicembre 1999 n. 14227).
Ed ancora: “In tema di verifica dell’autenticità della scrittura privata, la

limitata consistenza probatoria della consulenza grafologica, non suscettiva di
conclusioni obiettivamente ed assolutamente certe, esige non solo che il giudice
fornisca un’adeguata giustificazione del proprio convincimento in ordine alla
condivisibilità delle conclusioni raggiunte dal consulente (giustificazione cui è
tenuto con riguardo ad ogni genere di consulenza, le cui conclusioni condivida o
disattenda), ma anche che egli valuti l’autenticità della sottoscrizione dell’atto,
eventualmente ritenuta dalla consulenza, anche in correlazione a tutti gli altri
elementi concreti sottoposti al suo esame. Per le stesse ragioni, la consulenza
grafologica non costituisce un mezzo imprescindibile per la verifica
dell’autenticità della sottoscrizione, potendo il giudice evitare di fare ricorso ad
essa ove tale accertamento possa essere effettuato direttamente sulla base degli
elementi acquisiti o mediante l’espletamento di altri mezzi istruttori” (Cass. 28
aprile 2005 n. 8881; negli stessi termini Cass. 20 maggio 2004 n. 9631; Cass. 2
febbraio 2009 n. 2579).
Il motivo in esame va pertanto respinto.

orale acquisita.

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4. Diventa a questo punto superfluo l’esame del secondo motivo, relativo
alla proporzionalità della sanzione, una volta escluso che la firma apposta sul
documento contabile in questione sia opera grafica della Stordii.
5. Per il criterio legale della soccombenza la Banca ricorrente va
condannata al pagamento delle spese di questo giudizio, come in dispositivo.
P.Q.M.
condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida
in complessivi C 40,00 per esborsi ed C

3.000,00

accessori di legge.
Così deciso in Roma in data 14 novembre

2012.

per compensi difensivi, oltre

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo e

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