Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29339 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 23/12/2020), n.29339

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso iscritto ai n. 27881/2013 proposto da:

Agenzia delle Entrate rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale

dello Stato domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12.

– ricorrente-

contro

Società Immobiliare S. di S.A. & C. s.a.s. e

in persona di S.A. quale legale rappresentante e

S.A., S.M. e S.N. in qualità di soci,

tutti rappresentati e difesi dall’avv. Alessandra Stasi

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Luigi Marsico

in Roma viale Regina Margherita n. 262;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia n. 76/26/13 depositata il 2/05/2013;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 11/02/2020 dal

Consigliere Dott. Catello Pandolfi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

venerale dott.ssa Zeno Immacolata, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso;

udito per la difesa erariale l’avv. Giulio Bacosi e per la società

l’avv. Luigi Marsico.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della CTR della Puglia sezione di Foggia n. 79/26/2013 depositata 2.05.2013.

La vicenda scaturisce dall’attività di accertamento condotta sulla società Immobiliare S. di S. Antonia & C. s.a.s. e suoi per gli anni dal 2005 al 2008.

In esito alla verifica l’Ufficio ha notificato all’una e agli altri avvisi di accertamento, per ciascuno degli anni interessati, con cui deduceva maggiori redditi d’impresa e conseguente richiesta di maggior imposta sul reddito pro quota a ciascuno dei soci. Gli avvisi di accertamento venivano opposti dalla società e dai soci innanzi alla CTP di Foggia, che accoglieva i ricorsi.

L’Ufficio proponeva appello che la CTR sezione di Foggia rigettava, basando il ricorso su tre motivi.

Hanno resistito S.A. in proprio e nella qualità di socia accomandataria della società suindicata, nonchè S.M. e S.N. in qualità di soci. I resistenti hanno anche depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Tanto premesso, si pone in via pregiudiziale la necessità di valutare se il ricorso in esame sia stato proposto tempestivamente.

Infatti, il gravame è stato notificato in data 29 novembre 2013, ma va ricordato, come eccepito dai resistenti nella loro memoria, che in precedenza era stato depositato dagli stessi, in data 8/05/2013, presso la sezione di Foggia della Commissione tributaria regionale della Puglia, un ricorso di revocazione della sentenza della stessa CTR n. 79/26/13, la stessa oggetto anche dell’impugnativa qui in esame. Ora, è noto che la notifica del ricorso per revocazione equivale alla notifica della sentenza revocanda tal che il termine per impugnare quest’ultima per la sua cassazione decorre dalla data di notifica del primo, nella specie avvenuta il 7 maggio 2013.

Ne discende che il ricorso per la cassazione della citata sentenza della CTR Puglia-sezione di Foggia avrebbe dovuto essere proposto entro il termine breve, a far tempo dal 7 maggio 2013 e cadente il 6 luglio 2013, laddove è stata notificato, come detto, il 29.11.2013.

Nel caso in esame trova, dunque, applicazione la giurisprudenza di questa Corte secondo cui “La notificazione della citazione per la revocazione di una sentenza di appello equivale, sia per la parte notificante che per la parte destinataria, alla notificazione della sentenza stessa ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, onde la tempestività del successivo ricorso per cassazione va accertata non soltanto con riguardo al termine di un anno dal deposito della pronuncia impugnata, ma anche con riferimento a quello di sessanta giorni dalla notificazione della citazione per revocazione, a meno che il giudice della revocazione, a seguito di istanza di parte, abbia sospeso il termine per ricorrere per cassazione, ai sensi dell’art. 398 c.p.c., comma 4” (Sez. 5 -, 05/09/2019, n. 22220).

Il ricorso è, pertanto, da ritenere inammissibile.

Le spese possono essere compensate in considerazione della stabilizzazione solo recente del suddetto principio.

Non ricorrono i presupposti per il versamento del c.d. doppio contributo da parte dell’Amministrazione ricorrente, posto che, come pure affermato da questa Corte, “Nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo” (Sez. 6 – L, 29/01/2016, n. 1778).

La decisione testè richiamata riflette il “principio generale dell’assetto tributario che lo Stato e le altre pubbliche amministrazioni parificate non sono tenute a versare imposte e tasse che gravano sul processo per la evidente ragione che lo Stato verrebbe ad essere al tempo stesso debitore e creditore di sè stesso, con la conseguenza che l’obbligazione non sorge” (SS.UU.,8/5/2014, n. 9938).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

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